Pietro Ichino: chi?
Questo "insigne" professore, infilatosi nel ventre della sinistra e sfilatosi dallo stesso, ora si candida quale aiuto-vampiro nelle file montiane. Ha fiutato che con le primarie del PD nessuno lo avrebbe cagato e ha pensato bene di fare il salto della quaglia: nella lista del liquidatore del nostro disgraziato paese. Corriamo il serio rischio di trovarcelo, dio non voglia, quale futuro ministro.
Breve storia di
un arrampicatore sociale: ovvero, come ha
potuto uno scarrafone, intrufulatosi tra le file operaie che hanno fatto
dure lotte sindacali, trasformarsi, una volta giunto nel bel mezzo
della piramide sociale, e mostrare la sua vera natura.
Dott. Ichino
- Esperto in lavoro (degli altri) –
Abbiamo letto
qualcosa di Pietro Ichino dopo aver sentito discutere delle sue opere in tv in questi giorni e soprattutto a proposito del suo libro ‘I nullafacenti’. Allora abbiamo pensato..... Questo qui ne capisce di lavoro... lavora, avrà lavorato?!
Insomma,
siamo andati a vedere il suo curriculum.
L’Ichino nasce
a Milano nel 1949, fin da giovanissimo si appassiona al
mondo del lavoro (non al lavoro ma al mondo del
lavoro) ed alla tenera età di vent’anni (nel 1969) diviene
dirigente sindacale della CGIL-FIOM, incarico che ricoprirà fino
al 1972.
Assolve gli
obblighi di leva come marconista trasmettitore (dove tutt’ora
si canta la canzoncina ‘onda su onda noi siam trasmission,
gente che non fa niente che non c’ha voglia di lavorar, gente
specializzata a stare in branda a riposar’) ed è quindi
pronto a rientrare nel mondo del lavoro, ritorna infatti tra i
ranghi della CGIL dove resterà sino al 1979.
Nel 1979 Ichino
ha ormai trent’anni, possiamo immaginare la moglie che gli
dice: “Pie’ ormai c’hai trent’anni, se non vuoi trovare un
lavoro almeno trova uno stipendio ed una pensione”.
Detto fatto
l’Ichino viene eletto alla Camera dei deputati, e va pure in
Commissione Lavoro. Però non è ancora contento, ha lo stipendio,
si è assicurato una ricchissima ‘pensione’, che comincerà a
percepire nell’aprile del 2009 dopo aver ‘lavorato’ ben 4 anni
alla Camera (dal 1979 al 1983), ma sente che gli manca
qualcosa. E qualcosa arriva, nel 1981 (non vi sfugga che nello
stesso momento era parlamentare) viene assunto come ricercatore
all’Università di Milano. Nel 1986 diviene
docente di Diritto del lavoro dopo concorso.
Quasi
dimenticavamo la cosiddetta Legge Mosca, una leggina allucinante
(poco) nota per aver contribuito a creare una piccola voragine nei
conti pubblici italiani, tale legge era nata come legge numero 252 del
1974 e consentiva a chi avesse collaborato con partiti e
sindacati di vedersi regolarizzata la propria posizione contributiva
scaricando i costi sulla fiscalità complessiva e dietro una piccola
certificazione presentata dal partito o dal sindacato.
In buona
sostanza, con questa legge vennero “regolarizzate” le posizioni di
migliaia di persone che risultarono essere state impegnate come
dirigenti sindacali sin dalle scuole medie.
Questa orda
assetata di soldi è costata alle casse dello stato una cosuccia come
25mila miliardi di lire distribuiti tra oltre 40.000 persone; si badi
bene non tra 40.000 lavoratori ma tra 40.000 oscuri
funzionari di partito e nobilissimi rappresentanti dei lavoratori.
Comprendiamo bene la vostra obiezione: la Legge è del
1974, l’Ichino è stato sindacalista fino al 1979, se ne ha goduto
è solo per una parte della sua carriera ed in fondo la legge
c’era, lui che poteva fare. Errore, la legge era del 1974 ma è
stata prorogata più volte; particolarmente interessante per
meglio illuminare il personaggio Ichinesco è l’ultima
proroga, avvenuta nel 1979; abbiamo detto come il nostro eroe sia
stato deputato nella VIII legislatura, durata dal 20 giugno 1979
all’11 luglio 1983, ma l’Ichino non è arrivato alla Camera il
20 giugno 1979 ma il 12 luglio in sostituzione di un collega ed il
suo primo atto, da vero alfiere dei veri lavoratori, è stato quello
di correre ad aggiungere la sua preziosa firma alla proposta di
legge numero 291 presentata il 10 luglio 1979 ed avente a titolo
“Riapertura di termini in materia di posizione previdenziale di
talune categorie di lavoratori dipendenti pubblici e privati”,
così facendo il deputato Ichino si affrettava ad aggiungere la
sua firma sotto un progetto di legge che favoriva spudoratamente
i sindacalisti come Ichino, contribuendo a causare una
voragine nei conti pubblici che il professor Ichino propone oggi
di sanare per il mezzo di rigore, sacrifici e duro lavoro
(degli altri).
In buona
sostanza, noi non sappiamo ancora come e quando andremo in
pensione mentre il castigatore dei nullafacenti si trova ad avere già
diritto a due pensioni ottime (quella di docente universitario e
quella di deputato che SONO CUMULABILI) più un altro paio
potenziali, quella di giornalista e quella di sindacalista.
Insomma Ichino,
abbiamo capito che dovremo lavorare almeno fino a 70 anni
di età per pagare LE SUE pensioni, ma almeno non potrebbe evitare
di prenderci per il culo?
P.S. Credo che
già gli paghiamo anche una scorta armata 24h su 24.
(Sebastiano)
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