venerdì 30 giugno 2017

M5S: di Di Maio si muore...- Alcune desolanti conferme sulla politica estera del M5S


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Fugati i dubbi sul da che parte stanno i cinque stelluti.  Come volevasi dimostrare  si scopre che  "IL MOVIMENTO 5 STELLE E' COLONIZZATO DAGLI USA." - Finalmente alcune chiare (e desolanti) conferme sulla linea di politica estera del M5S"
...di  Di Maio si muore:

“Noi vogliamo restare nella NATO”

“Noi chiediamo di, giustamente, punire la Russia per quello che ha fatto in Ucraina”

Si, ma a nome di chi parla Luigi di Maio? Del Movimento Cinque Stelle? Strano, perché sulla Nato, sulle sanzioni alla Russia, sulle nuove guerre che gli USA stanno pianificando… da parte di altri parlamentari, avevamo sentito opinioni completamente diverse.

Concludo con una noterella personale. Dopo aver visto il video - https://www.youtube.com/watch?v=bmn41_2-e3E - dell’ottimo Giulietto Chiesa – essendo indignato e Attivista Certificato Cinquestelle – ho inserito sul Sistema Rosseau una “Call to Action” proponendo che sulla permanenza nella NATO siano gli attivisti a decidere, con una votazione nazionale on line.

“Democrazia della Rete”?

“Uno vale Uno”?

Sti cazzi! Dopo neanche tre ore la mia proposta risultava cancellata.

C’è qualche altro Attivista Certificato Cinque Stelle che vuole fare la mia stessa proposta?

Francesco Santoianni

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Di Maio PARLA COME UN SIONISTA. Non vuole una politica "FILOITALIANA". Vuole la Nato "parlamentarizzata" (sai che cambiamento; il parlamento quante volte ha votato per la guerra?).  

Vuole "punire giustamente la Russia" (ma perché non va a chiedere agli abitanti della Crimea o del Donbass?) però non a scapito delle sue care imprese italiote. Che schifo.
Quindi SE UNA GUERRA CONVENISSE ALL'ITALIA, BISOGNEREBBE PARTECIPARE?

Marinella Correggia


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Quello di  Di Maio  è solo  squallido e vergognoso opportunismo. Di Maio sa che se parlasse di uscita dalla NATO o se non condannasse la Russia, i padroni (ovvero USA e Sionisti) porrebbero il veto ad una sua candidatura alla Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Bene ha fatto Giulietto Chiesa, in questo caso, a denunciarlo.
Resta da vedere quanti nel movimento 5 Stelle sono d'accordo con lui. Certamente c'è Di Battista che ha fatto dichiarazioni simili.
Nel Movimento vi sono anche ottime persone che la pensano diversamente come Manlio Di Stefano o la senatrice Bertorotta, ma probabilmente sono in minoranza.

Vincenzo Brandi

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giovedì 29 giugno 2017

CNN News - "Son solo bufalette"


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Le notizie della CNN su Donald Trump e sulla Russia sono in gran parte bufale. Ad ammetterlo, ignaro della telecamera nascosta che stava registrando tutto, è il producer della CNN, John Bonifield. 


Il tempo dell’etica giornalistica è finito, al suo posto, ora, c’è il business. Una politica mediatica deplorevole, ma che garantisce “ascolti incredibili” alla CNN, i cui spettatori, principalmente liberali, sono ghiotti di notizie sul presidente americano. 


Donald Trump, intanto, aspetta che vengano smascherati anche gli altri media mainstream, mentre il ministero degli Esteri russo ha reagito alla notizia con un breve, ma significativo hashtag: “lo sapevamo”. 


Pandora TV 

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Video Menzionato:  https://youtu.be/Qd4b5Q99X34


mercoledì 28 giugno 2017

EEU - La Via della Seta e la grande "Eurasia"


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Il progetto della Via della Seta di Pechino ha spinto Mosca ad accelerare sulla Grande Eurasia. Nei piani del Presidente Putin, la Grande Eurasia consiste nel conseguire una politica d’influenza della Russia sull’estero vicino (Asia Centrale ed Oriente) mantenendo al contempo una “convivenza” con la Cina, a cui spetterebbe la competenza in ambito economico e finanziario.

Gli interessi del Cremlino
Putin, dal 2014 in poi, ha compiuto un’inversione degli interessi di Mosca, spostandosi verso Oriente e rimettendo così in primo piano i sogni di una Russia d’Oriente. Il piano è ambizioso, ma prima Mosca deve risolvere lo spettro della crisi economica che ha colpito l’economia russa dal 2015 a causa del crollo dei prezzi di petrolio e gas. Per conseguire l’obiettivo della Grande Eurasia il Cremlino ha iniziato a muovere le sue pedine nelle zone più vicine alla Russia per legami storici e culturali: l’Asia Centrale e le ex repubbliche sovietiche. La partita è incominciata nell’ottobre del 2015, quando venne ufficializzata la nascita dell’Unione Economica Eurasiatica (EEU), di cui sono membri Russia, Kazakistan, Armenia, Kirgyzistan e la Bielorussia, oltre ad Uzbekistan e Tagikistan che per il momento hanno lo status di osservatori. Con l’EEU il Cremlino ha intenzione di sviluppare uno spazio economico che sia a cavallo tra Europa ed Asia, in cui Mosca tenga le redini dell’organizzazione.

Putin vuole utilizzare l’EEU per raggiungere due obiettivi:
  • aumentare l’influenza russa nell’Asia Centrale per mettere pressione ai confini orientali dell’Europa con accordi economici e partnership commerciali;
  • avere un peso nei negoziati, per raggiungere accordi vantaggiosi per la Russia, attraverso la fusione in diversi livelli di cooperazione tra i paesi dell’EEU, quelli della SCO (Shanghai Cooperation Organization, organizzazione sino-russa che dovrebbe coinvolgere in breve tempo anche Iran, India, Pakistan e Afghanistan) e dell’ASEAN (Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico).
Putin non ha solo intenzione di rafforzare l’alleanza con Pechino, ma anche di stringere accordi e future alleanze con altre potenze asiatiche come l’Iran, il Giappone di Shinzo Abe e l’India di Narendra Modi, nazioni in cui la Russia sta consolidando una partnership in diversi settori, da quello energetico alla cooperazione militare.

L’alleanza con la Cina di Xi Jinping
Putin ha rinnovato l’alleanza con Pechino riguardo al progetto della Belt and Road Iniziative, la nuova via della seta: Mosca si è posta come partner privilegiato per avere in consegna la via terrestre che collegherà la Cina con il mercato europeo grazie al collegamento della ferrovia Transiberiana, che dovrebbe arrivare fino in Germania. Per il Presidente russo l’Oriente è rappresentato soprattutto dalla Cina. L’interscambio russo-cinese, nel 2016, ha raggiunto la cifra di 69,5 miliardi di dollari (+2,2% rispetto al 2015), mentre nei primi due mesi del 2017 la crescita degli scambi è stata del 37,1%. Il grosso degli scambi economici è rappresentato dagli idrocarburi, in primis il gas russo. Nel maggio del 2014 Mosca e Pechino hanno firmato un contratto dal valore complessivo di 400 miliardi di dollari in cui si prevede una fornitura triennale di metano (quasi 38 miliardi di metri cubi annui) da parte di Mosca. Partendo dalle regioni siberiane, il gas dovrebbe viaggiare in un gasdotto (il Power of Siberia) lungo 2,200 chilometri per giungere nella Cina orientale. L’alleanza Mosca-Pechino non è solamente economica ma anche militare e politica. L’asse russo-cinese punta ad avere un maggiore peso negoziale e geopolitico all’interno degli organismi internazionali (Consiglio di Sicurezza dell’ONU).

Il ruolo della Russia nel Mediterraneo e in Medio Oriente
Nel progetto della Grande Eurasia è presente anche il fronte sud del Mediterraneo e del Medio Oriente. Nei due scacchieri Putin si è mosso abilmente, riuscendo a realizzare il sogno che molti zar russi non erano riusciti a raggiungere: garantire un accesso a Mosca sul Mare Nostrum. In Siria il Cremlino ha rafforzato la propria presenza militare con le tre basi di Tartus (base navale della Marina), di Latakia e quella dell’Aeronautica di Humaymim; in Libia ha deciso di appoggiare il generale della Cirenaica Khalifa Haftar .

I rapporti con la Turchia e con l’Europa
Putin ha rafforzato i suoi rapporti con la Turchia e con Erdogan. Per il governo turco, visto che l’adesione all’Unione Europea sembra allontanarsi, si profila un avvicinamento al contesto eurasiatico. Ankara sembra disponibile ad entrare nell’Unione Economica Eurasiatica o nella SCO, ma l’adesione a quest’ultima metterebbe la Turchia in conflitto con i membri dell’Alleanza Atlantica.
A causa della crisi ucraina, il rapporto della Russia con l’Europa è ai ferri corti A pagare non è solo il Cremlino ma anche tutto il continente europeo, compreso il nostro paese. Si pensi che il Made in Italy, in Russia, ha subito un forte ridimensionamento, passando dai 10 miliardi di euro del 2013 ai 6,5 del 2016. Con la vittoria di Emmanuel Macron l’Ue si è rafforzata: ora deve trattare con Mosca e mantenere unità nei confronti degli Usa di Donald Trump. Da questo equilibrio Usa-Ue-Russia dipende anche la tenuta economica del Vecchio continente.

I limiti della Russia
La nazione di Putin si trova a dover fronteggiare la debole struttura del suo apparato economico, messo a dura prova a causa della forte crisi che sta subendo il settore degli idrocarburi. Anche se la Russia ha raggiunto con i paesi dell’OPEC (Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio) un accordo che riguarda il taglio della produzione di greggio, il quale garantirebbe a Mosca una chiusura del Pil in attivo per il 2017, e nonostante i profitti che derivano dalle esportazioni di materiale bellico (15 miliardi di dollari all’anno), ciò non basta a garantire al Cremlino di avere l’aggressività necessaria per creare la Grande Eurasia.


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Carta di Limes
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Carta di Stratfor

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(Fonte: https://nmgiblog.wordpress.com/2017/06/24/la-grande-eurasia-di-vladimir-putin/)

martedì 27 giugno 2017

Altri miliardi per la Nato e per la guerra


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Il «Fondo per la difesa», che l’Unione europea ha lanciato il 22 giugno 2017, è stato definito un «passo storico» dal presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker. Resta da vedere in quale direzione. Il Fondo rappresenta una massiccia iniezione di denaro pubblico nell’industria bellica europea.

Esso comincia con lo stanziare 90 milioni di euro nel 2017-2019 per la ricerca su nuove tecnologie militari, in particolare sistemi robotici per le forze navali e terrestri. Dal 2020 lo stanziamento per la ricerca militare salirà a 500 milioni di euro l’anno.

A questo si aggiunge uno stanziamento ancora maggiore per incentivare la cooperazione tra i paesi Ue nello sviluppo congiunto e nell’acquisizione di sistemi d’arma: essi possono, ad esempio, investire congiuntamente per sviluppare lo stesso tipo di drone o acquistare in blocco lo stesso carrarmato per ridurne il costo (una sorta di «gruppo di acquisto solidale» per la guerra). Per tale settore il Fondo stanzia 500 milioni di euro per il 1919 e 2020 e un miliardo di euro l’anno dopo il 2020.

Grazie all’«effetto moltiplicatore» si prevede di generare investimenti complessivi nell’industria bellica Ue pari a 5 miliardi di euro l’anno dopo il 2020.

Il Fondo non è alternativo ma complementare agli impegni finanziari che i paesi Ue membri della Nato hanno assunto nella Alleanza, di cui fanno parte (dopo la Brexit) 21 dei 27 membri dell’Unione europea. Nel 2014 essi hanno assunto l’impegno, richiesto dall’amministrazione Obama, di destinare al militare almeno il 2% del pil. Finora, oltre agli Usa, solo Grecia, Estonia, Gran Bretagna e Polonia hanno superato tale soglia.

L’Italia, calcola il Sipri, spende per il militare l’1,55% del pil, ossia circa 70 milioni di euro al giorno di denaro pubblico. Salendo al livello della Grecia (2,36%, nonostante la crisi economica), spenderebbe oltre 100 milioni al giorno; salendo a quello degli Usa (3,61%), spenderebbe oltre 160 milioni di euro al giorno. Il 2%, insiste Trump, è ormai insufficente per i crescenti compiti della Alleanza.

La spesa militare dell’Italia, che il Sipri colloca all’11° posto mondiale nel 2016, è in realtà più alta di quella iscritta nel bilancio del ministero della Difesa. Nell’ultima Legge di bilancio vengono stanziati (sempre con denaro pubblico) quasi 10 miliardi di euro per produrre carri da combattimento Freccia e Centauro 2, fregate Fremm, elicotteri da attacco Mangusta.

Sotto la voce «Edilizia pubblica, compresa quella scolastica» sono stanziati 2,6 miliardi per il Pentagono italiano, voluto dalla ministra Pinotti per riunire in un’unica struttura i vertici di tutte le forze armate. Essa sorgerà nella zona aeroportuale di Centocelle a Roma, dove è già stata trasferita la Direzione generale degli armamenti con il suo staff di 1500 persone.

La Direzione degli armamenti dovrà ora ingrandirsi per gestire l’ulteriore potenziamento dell’industria bellica italiana, già in ottima forma. Nel 2016, l’export italiano di armi è aumentato di oltre l’85% rispetto al 2015, salendo a 14,6 miliardi di euro. Grazie alla vendita di 28 cacciabombardieri Eurofighter al Kuwait, un maxi-contrattto da 8 miliardi di euro, merito della ministra Pinotti, efficiente piazzista di armi.

Nel disegno di legge per l’implementazione del «Libro Bianco per la sicurezza internazionale e la difesa», approvato lo scorso febbraio dal Consiglio dei ministri, l’industria militare viene definita «pilastro del Sistema Paese». Esso viene ora rafforzato dal Fondo Ue per la «difesa», mentre si demolisce l’Articolo 11, pilastro della Costituzione.

Manlio Dinucci

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(il manifesto, 24 giugno 2017)

venerdì 23 giugno 2017

Siria. Grande è la confusione sotto il cielo. Di chi fidarsi?



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Dando prova di incredibile resilienza, a sette anni dall’inizio dell’aggressione l’esercito arabo siriano,  a dispetto dei ricorrenti bombardamenti della coalizione Usa, qui come in Iraq addirittura con il criminale fosforo bianco, ha riconquistato larghe fasce di territorio nel deserto che unisce Siria e Iraq e pare possa riprendersi anche Deir Ezzor, centro strategico assediato dall’Isis dal 2013. Che si possa congetturare uno scambio Raqqa-Deir Ezzor concordato tra Usa e russi? E la svolta anti-Qatar, con turchi e iraniani uniti nel sostegno dello spuntone gassifero, modificherà il ruolo, fin qui scellerato, del Qatar in Siria? I jihadisti, sostituiti dai curdi e sotto tiro, quanto meno verbale, di sauditi e Usa, metteranno la coda tra le gambe e svaporeranno, o saranno adibiti ad altri compiti, tipo terrorismo stragista dove occorre? I britannici, da sempre affettuosi padrini dei Fratelli Musulmani, li molleranno per affinità anglosassone con gli Usa e rapporti di mercato e istituzioni con i Saud?

E i russi? Che assistono abbastanza passivi alle ricorrenti incursioni di israeliani e Usa contro civili ed esercito siriani, limitandosi a una deplorazione e a un’invocazione che non si faccia più. E che hanno sancito le aree di de-escalation sottratte al  governo di Damasco. Eppure sono impegnati nella guerra all’Isis. Eppure figurano da difensori della Siria e del diritto internazionale…Ora, finalmente, dopo lo scandaloso abbattimento di un jet siriano che stava operando contro l’avanzata della marmaglia curdo-statunitense su Deir Ezzor, la reazione russa pare diventare più dignitosa: qualsiasi intervento aereo della coalizione Usa al di qua dell’Eufrate (perché non al di là???) sarà legittimo bersaglio delle forze patriottiche. Se son rose fioriranno…
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Le variabili sono parecchie. E così le domande in attesa di risposta. Però le spine ci sono e pungenti. Azzardo, io, una variabile. La risposta che i russi hanno annunciato nel caso che gli invasori Usa e i pulitori etnici curdi continuassero a colpire le truppe siriane – risposta difensiva che per il “manifesto”  si deve definire “minaccia” – potrebbe essere uno zuccherino offerto a Damasco per l’ormai evidente abbandono dell’impegno all’integrità territoriale del paese. Con il progetto di costituzione “decentralizzata” (leggi spartizione) fatto circolare a inizio anno e l’istituzione delle quattro aree di de-escalation lasciate in mano a turchi, jihadisti e curdi, ci sarebbero buoni motivi per sospettare che tra russi e Usa si sia arrivati a un tacito accordo sul male minore per entrambi: la divisione del paese in sfere d’influenza. Fine della Siria libera, indipendente, laica, sovrana, democratica. La domanda è se gli altri ci stanno.

Spartizione sottobanco? Chi ci sta e chi no.

Gli altri sono Damasco, che ha già manifestato una sua autonomia in merito attaccando la coalizione Usa-curdi-Isis in avvicinamento dalle parti di Raqqa; l’Iran, che, per la prima volta, ha tirato missili sull’Isis a Deir Ezzor; gli Hezbollah che hanno liberato aree sul confine siro-iracheno e i turchi che stanno con chiunque stia contro i curdi. Sullo sfondo anche il Qatar, in odio ai concorrenti del Golfo, con però la libertà di manovra che (non) gli concede quella grande base Usa. Usa, Sauditi con satrapi minori e Israele, la triade fine-del mondo arabo (e non solo), questi sviluppi non li avevano calcolati e ora gli tocca vedere se, pur di far fuori il renitente Iran, gli conviene giocarsi il più forte contraente militare alleato, la Turchia, già contrappostasi vigorosamente con l’invio di truppe in Qatar. In Iran, poi, va visto chi tiene il mattarello, se il filoccidentale neoliberista Rouhani, o la Guida Khamenei con le Guardie della Rivoluzione impegnate in Siria sul terreno.


Fulvio Grimaldi 

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mercoledì 21 giugno 2017

Non tutte le ciambelle riescono col soros - Cristiani contro musulmani, sunniti contro sciiti... ma Saif al Islam Gheddafi è stato liberato


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Il mammasantissima della criminalità organizzata mondialista (soros) si frega le mani. Con l’ennesima punizione terroristica inflitta al Regno Unito per la sua uscita dall’UE, il solito veicolo stragista a economica e facile disposizione di qualsiasi sicario, cosciente o incosciente, stavolta antimusulmano, fornisce all’universo mondo occidentale, lanciato allo scontro di civiltà, il bonus supplementare del pretesto per una repressione ormai ultra-orwelliana. Se ne accorgeranno eventuali disperati, esasperati, sediziosi. Altro bonus dell’assalto alla moschea, il grattacielo, inceneritosi in 6 minuti insieme a cento inquilini per risparmiare le quattro sterline della verniciatura ignifuga, anzichè in gol è finito in tribuna, come il pallone del giocatore venduto. Non se ne parli più. Ora è tempo di prodromi di guerra civile: angli e sassoni contro tutti gli intrusi. Non ha funzionato forse molto bene con sciti e sunniti? E, prima, con cattolici e protestanti?

Tiriamo le somme. Trump celebrava la Brexit, ne vedeva motivazioni e sbocchi affini ai suoi e degli altri cosiddetti “populismi” sovranisti. Prometteva anche meno Nato e più Russia. Poi l’hanno messo in mezzo, il famigerato Stato Profondo, Cia, sinistri collateralisti, armieri e petrolieri e Trump non è più lui. E’ un pupazzetto di quelli e, per tenere a galla almeno la bananona aranciona, spara missili e minchiate a 360 gradi. Destino non difforme per la May, sua controfigura britannica che, tra coltellate e caroselli di camion, torri abitate che bruciano più rapide di uno zolfanello, dissolvenze elettorali, si ritrova alla prova del negoziato Brexit più esposta e inerme di Lady Godiva. Secondo voi, chi è che di tutto questo gioisce?

Poi, invece, ci sono  buone notizie.  

Il torero incornato dal toro in Francia, emblema di un aggiustamento morale e politico che qualcosa come 7 miliardi persone vorrebbero imporre a chi li incorna da secoli. E che quella testa di whisky di Hemingway, che sbavava in lettere e saliva su ogni corrida, riposi in pace. 

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Una vera  buona novella è la liberazione di Saif al Islam Gheddafi, figlio maggiore e successore designato del Grande Martire, da parte dei berberi di Zintan, alleati del generale Haftar, che a lui hanno consegnato Saif. Grottesca la reazione della Corte Penale Internazionale, nota per aver finora incriminato soltanto soggetti di pelle nera invisi all’Occidente: ne ha chiesto alle “autorità libiche” l’arresto e la consegna immediati.


Le “autorità libiche” (il magliaro Al Serraj ancorato al largo di Tripoli e la sua milizia di tagliagole e scuoiatori di neri a Misurata) vorrebbero bene assolvere all’ordine dello sponsor, tanto più che, già di loro, avevano condannato Saif all’impiccagione. Ma non possono, visto che il governo di Tobruk e Haftar, comandante delle Forze Armate Nazionali, gli stanno mettendo il sale sulla coda. Ben visti da Mosca e dal Cairo, i patrioti di Tobruk hanno riabilitato i gheddafiani e, forti di un consenso perciò crescente, hanno  conquistato i terminali petroliferi e si stanno riprendendo la Libia pezzo dopo pezzo. Nei giorni scorsi, con la conquista di Jufra, hanno liberato la regione centrale che dà accesso a Tripoli e a Sirte. 

 Fulvio Grimaldi -  fulvio.grimaldi@gmail.com

martedì 20 giugno 2017

Cloaca Maxima... il vero simbolo di Roma


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  • Non perdete la capacità di scandalizzarvi: i parassiti del potere contano sull’assuefazione della vita nel guano di tutti noi. Per poter continuare a scippare le risorse pubbliche.
  • Quando vedete pubblicità in tv dovreste cambiare canale. Per principio. Provate, se siete pigri, a togliere almeno l’audio: morirete dal ridere, meglio di Zelig.
  • Rendicontazione immediata: parole assenti dal vocabolario pubblico e sociale in questo squinternato Stivale.
  • Ricordate: l’ultima facoltà che il potere è disposto a cedere è la potestà impositiva. Rinunciano a tutto il resto (dignità compresa) ma non ai soldi.
  • L’Inghilterra tassa di più l’azienda che assume stranieri. Semplice ed efficace.
  • Contadini, operai, impiegati, quadri, imprenditori: tanti eroi che lavorano non solo per la pagnotta ma anche per il piacere di rispettare se stessi, di guardarsi allo specchio. Magari bestemmiando tutto e tutti, ma continuando a tirare il carro. Meritano di meglio. Basta che si sveglino.
  • In Europa masse sempre più ampie si stanno spostando verso Parti politiche eticamente individuabili, socialmente chiare. Difesa dell’identità, difesa della propria appartenenza. 
  • In Italia si fanno pochi figli? Si fanno meno figli perché hanno ucciso la speranza, hanno ammazzato il futuro. Fallimento di una cultura resistenziale e “democratica”. C.V.D.
  • Gli Italiani sono vagabondi elettorali: si affidano al “nuovo” o presunto tale di turno. Oggi tocca a Lega 2. Nessuno affronta seriamente il crescere dell’astensionismo. La casa della democrazia parlamentare si sta svuotando, è piena di polvere e di ragnatele. Ci divertiremo.
  • “Che i vili vengano governati dai malvagi, è giusto”. Plotino, filosofo neoplatonico, circa 200 a.C., Grecia.
  • I Romani, quelli veri, erano forti, tosti e spicci. Cioè civili. Ma non solo: erano anche profeti e preveggenti. Tanto è vero che costruirono la cloaca maxima. No, non per igiene pubblica. La costruirono perché sapevano che più di duemila anni dopo sarebbe diventata il simbolo della Città, al posto della lupa (“lupa” era il sinonimo di facildonna di pubblica utilità, tra l’altro. N.d.R.).

Fabrizio Belloni

domenica 18 giugno 2017

Quel che è la Grecia oggi, sarà l'Italia....


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...la Grecia massacrata da Commissione Europea, FMI e BCE  su mandato dell'élite mondialista finanziaria e tradita dal fellone infiltrato Tsipras. Quello Tsipras che abortì addirittura un partituccolo politico  capeggiato dal mangiacinquestelle Marco Revelli, quello Tsipras uno dei transeunti miti del "manifesto" e di altre animelle belle dei soliti collateralisti sinistri. Ricordate la grottesca "brigata Kalimera" che si aggirava tra greci accoltellati alla schiena e suonava cimbali e arpe e intesseva lauri e velli d'oro al nuovo Temistocle vincitore dei persiani.

Un fervore forse attribuibile alla preveggenza delle varie Castelline e Rossande e Rangiere manifestaiole: oracolesse che avevano previsto il connubio da lì a poco celebrato a Tel Aviv tra il loro eroe omerico e il campione locale di ogni scelleratezza, con tanto di territori dei due Stati circonfusi sul piano operativo militare e terroristico nello stesso ambito geografico. Avremo, dunque, dinamitardi Mossad a portata di traghetto sotto bandiera bianco-blu. Ne aveva da festeggiare la Brigata Kalimera. Chissà se i vari dinucci, giorgi, colotti hanno goduto del buffet.

Sarebbe utile (o forse inutile) che questo preludio al nostro prossimo docufilm sui crimini euroatlantici a danni del Sud Europa venisse fatto leggere agli irriducibili lisergici dell' "Altra Europa con Tsipras" nei quali si intravvede la sintomatologia dei lemmi che si suicidano in massa ("massa" si fa per dire) e che ora hanno insufflato fiati di autodistruzione nella già di per sè nata male consorteria elettorale confederativa di Anna Falcone e Tomaso Montanari. I girotondi continuano a girare. A quando finalmente "tutti giù per terra"? 

Fulvio Grimaldi - www.fulviogrimaldicontroblog.info

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sabato 17 giugno 2017

Arabia di rapina - I sauditi per pagare le armi comprate dagli USA hanno bisogno dei soldi del Qatar


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Tento normalmente di evitare la cronaca. C’è già commento e analisi a chili su questi temi, e non mi pare utile inflazionare oltre. Tuttavia, l’inattesa - e anomala - aggressione diplomatica ed economica saudita nei confronti dell’Emirato del Qatar forse merita un po’ d’attenzione.

È una daga che mira al cuore e al trono del giovane Emiro, Tamim bin Hamad al-Thani, ma la situazione presenta qualche complessità. Tra le altre cose, nei momenti più concitati del tentato golpe “gulenista” di un anno fa contro il Presidente della Turchia Erdoğan, la sicurezza personale di quest’ultimo sarebbe stata garantita non da truppe nazionali - chi poteva sapere con chi stessero? - ma da 150 uomini delle forze speciali del Qatar, prestati temporaneamente dall’Emiro al suo “fratello” turco…

Sono debiti che si pagano. I turchi ora si apprestano a mandare 5mila soldati e avieri nel Qatar per “ogni evenienza”…

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Nota Diplomatica - n. 131

L’espressione “grasping at straws” in inglese ha il senso di “appigliarsi a qualsiasi cosa”, e viene convenzionalmente tradotta con riferimenti ad arrampicate sugli specchi. Entrambi i modi di dire esprimono una disperata e confusa urgenza. L’Arabia Saudita ha improvvisamente deciso di isolare l’Emirato del Qatar e di espellerlo dal consesso sunnita, basandosi—così pare—su dei Tweet e commenti in libertà del notoriamente volubile Donald Trump. 

Questa settimana Trump trova che i Qatari siano la fonte ultima del terrorismo islamico, mentre la scorsa voleva abbandonare la Nato e l’altra ancora troncare il commercio tra gli Usa e la Cina. Ha ragione comunque che l’Emirato dia ospitalità a delle persone disdicevoli. Khaled Meshal, il capo di Hamas fino al mese scorso, abita al Four Seasons di Doha—la capitale—mentre i ribelli del Darfur preferiscono lo Sheraton Grand e l’opposizione siriana scende al Ritz-Carlton. Il leader spirituale della Fratellanza Musulmana, Sheikh Yusuf al-Qaradawi, vi è residente e i talibani afghani mantengono una lussuosa villa di rappresentanza nella città. È vero anche che 10mila americani sono di stanza alla base aerea di al-Udeid, insieme con un centinaio di droni e aerei da combattimento. Il Qatar ospita anche la sorprendentemente liberale Al Jazeera (“Al Jazz” per gli amici), di proprietà della famiglia regnante. 

Da tempo non gliene va bene una all’Arabia Saudita. Gli americani hanno fatto finta di non vedere che dei 19 terroristi di al-Qaeda che hanno attaccato le Torri Gemelle, 15 fossero sauditi. Poi gli Sceicchi hanno fatto crollare il prezzo del petrolio, contando di affossare quel “fracking” che metteva a rischio il monopolio Opec. È l’Opec che si è affossata, danneggiando le petroeconomie—compresa quella saudita. 

Per trovare dei soldi si è pensato di vendere una quota del monopolio petrolifero, la Saudi Aramco, ma nessuno sembra avere granché voglia di comprare. Per dessert si sono cacciati in una guerra—costosa e tutt’altro che vinta—per lo Yemen. Il raddoppio della tassa sulle sigarette non basta certo a pagarla. 

Il Qatar è per molti versi il “Lugano” della penisola arabica, una sorta di porto franco dove si possono combinare gli affari in relativa tranquillità mentre le signore si mettono finalmente l’hijab “parigino” e fanno un po’ di shopping negli strepitosi centri commerciali di Doha prima che tutti si rivedano per un civilissimo cocktail serale. Se l’Emirato è, come si dice, il “Club Med” dei terroristi, lo è pure dei Sauditi. Una volta erano invece Londra e Parigi ad accogliere i monarchi esiliati e i rappresentanti dei rivoluzionari. Si calmavano, li trovavi al telefono se c’era bisogno, si potevano scambiare prigionieri, soldi, frequentare locali alla moda ed eventualmente raggiungere degli accordi per finire la violenza. Ora l’Arabia Saudita aggredisce il suo Lugano. 

Ci saranno interessanti motivi politici per farlo, alcuni perfino nobili. C’entreranno forse anche le casse incredibilmente pingue del Qatar? Che il fondo sovrano dell’Emirato gestisce oltre 300 miliardi di dollari? Che i Qatari posseggono (oltre all’Alitalia…) anche il Paris Saint-Germain, Harrods, grosse fette della banca Barclays, della London Stock Exchange, dell’aeroporto di Heathrow e, come dice il Times,“più di Londra della stessa Regina”? In altre parole, non è che si tratti di un semplice tentativo di operare la più grande rapina a mano armata della storia? 

James HANSEN - hansen@hansenworldwide.com

giovedì 15 giugno 2017

Siria. Ai "femministi" curdi piacciono i Saud e gli USA (perché pagano bene...)


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"Amicus meus, inimicus inimici mei". Il nemico del mio nemico è mio amico. Dando ennesima dimostrazione di un utilitarismo cinico e spregiudicato, le milizie curde di Siria non esitano un attimo ad incunearsi nello scontro in seno al "fronte sunnita", che vede contrapposti Arabia Saudita e Qatar con rispettivi alleati al seguito. 

Se Erdogan prende posizione a favore del regime di Doha, restando fedele agli storici legami sotto l'ombrello della Fratellanza Musulmana, le YPG intensificano i rapporti con Riad. Le truppe del "sultano" entrano in Qatar, per fungere da deterrente in caso di attacco degli ex alleati del Golfo. E, proprio in quel momento, i rappresentanti delle milizie della Rojava volano a Washington a concordare con i sauditi i termini della presa di Raqqa, capitale del califfato dell'Isis.

Ilham Ahmed, co-presidente del Consiglio Democratico Siriano, braccio politico delle Forze Democratiche Siriane di cui fanno parte i battaglioni curdi, ha coordinato la delegazione negli Usa ed ha espresso una forte apertura verso i regnanti wahabiti. "L'Arabia Saudita è una potenza importante nella regione e deve esercitare il suo ruolo nel promuovere la stabilità in Siria. Siamo pronti a collaborare con l'Arabia", ha dichiarato.

Riad non si è fatta certo pregare ed ha risposto con una massiccia campagna sui social media a favore dell'indipendenza curda. E' stato lanciato l'hashtag #SaudiWithKurdistan. Del resto, a sostegno della creazione di un'entità curda autonoma nei territori di Siria ed Iraq, si era espresso a favore lo stesso sovrano Salman, i cui emissari hanno già incontrato più volte esponenti curdi. 

Qualcosa lascia intendere che la luna di miele tra sauditi e YPG abbia influito in qualche modo sulle operazioni in corso a Raqqa. Dove i curdi ed i loro alleati stanno avanzando ma senza infliggere gravi perdite all'Isis. Il generale Sergei Surovikino, comandante delle forze russe in Siria, ha denunciato: "Invece di eliminare i terroristi, responsabili della morte di centinaia di migliaia di civili siriani, la coalizione diretta dagli Stati Uniti e le Forze Democratiche Siriane hanno trovato un’intesa con i capi di Daesh - ha aggiunto l'alto ufficiale -  che lasciano senza combattere le postazioni che avevano occupato per andare nelle province dove operano le truppe del governo siriano". 

Qualcuno ha fatto da tramite in queste trattative con i tagliagole? C'è lo zampino di Riad?

Le milizie curde di Siria, che continuano ad essere considerate fashion da gran parte della sinistra occidentale, non sono nuove a spericolate alleanze internazionali. Nonostante le YPG siano una filiazione del PKK di matrice marxista, negli ultimi anni sono diventate l'interlocutore privilegiato degli Usa, operando di fatto come la fanteria di quest'ultimi. Almeno tre basi militari di Washington sono state realizzate illegalmente sul suolo siriano, proprio nelle aree controllate dai curdi. Inoltre, Israele è tra i fan più accaniti del "confederalismo democratico e socialista" propugnato dalle YPG. Solidale con il separatismo curdo, mentre reprime nel sangue ogni aspirazione di sovranità dei palestinesi. 

Adesso la causa del Kurdistan diventa popolare anche presso la corte fondamentalista di Riad, in barba al tanto decantato femminismo militante delle guerrigliere della Rojava. E' la logica del nemico del mio nemico, con i curdi individuati come strumento utile a frammentare la Siria e l'Iraq su basi etniche e confessionali e lanciare un monito alla stessa Turchia. 

Omar Minniti 


Fonti:
http://www.lantidiplomatico.it/dettnews-i_curdi_di_siria_si_schierano_perfino_con_il_regime_saudita/82_20476/
http://www.lantidiplomatico.it/resizer/resiz/public/315984003.jpg/700x350c50.jpg
http://www.awdnews.com/top-news/saudi-arabia-supports-iraqi-kurdistan-independence
http://www.kurdistan24.net/en/news/b341be09-9be6-4707-bdfb-dc4d7fd68ed4
http://aranews.net/2017/06/after-turkeys-decision-to-deploy-troops-in-qatar-syrian-kurds-express-willingness-to-cooperate-with-saudi-arabia/
https://ruskarec.ru/news/2017/06/09/komandant-ruskih-snaga-u-siriji-optuzhio-koaliciju-sad-za-dogovor-sa-id_780047

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Commento di Jure Ellero: "Mentre Erdogan invia le truppe nel Qatar, le YPG intensificano i rapporti con il regime di Riad, che ricambia con una campagna sui social media. Perché concedersi agli Usa non basta: per avere uno Stato etnico serve prostrarsi alla feccia, per diventarne parte. Ecco servito il "confederalismo democratico e socialista", nonché "femminista", propugnato dalle YPG. E mi raccomando, inviate medicinali: i Saud non hanno che petrolio e armi..." 

mercoledì 14 giugno 2017

..."lo nero periglio che vien dallo mare"... ed il coraggio di dire "basta!"


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"Lo nero periglio che vien dallo mare"

...Oggi sembra di vivere in una specie di molliccia gelatina tremolante, in disfacimento. Stiamo assistendo al tentativo di disgregare il tessuto connettivo italiano, la trama e l’ordito della stoffa che  ha vestito la nostra identità. L’eredità di tre millenni è sul punto di affondare in un mare di vigliaccheria  sfibrata, in un liquame di incompetenza, di nullaggine, di indifferenza ed egoismo ripugnante.

Badate bene, nei suoi tre millenni più volte l’Italia è stata invasa. I cosiddetti barbari calavano a depredare. Poi si stanziavano, frammischiandosi, assimilati. La civiltà di Roma sopravvisse alla sua più che millenaria storia. Erano quasi tutti barbari che provenivano dal Nord o dall’Est.

Ci furono, è vero, due invasioni da Sud. Una araba, che si stanziò in Sicilia, in Calabria e in Parte in Puglia. Oltre ad incursioni piratesche (il pirata tunisino Barbarossa n.d.r.) sulle coste. Ma sia l’occupazione che le incursioni furono fortemente contrastate. I ducati Longobardi (35, fino a Benevento), la forze papaline, le Repubbliche Marinare, gli ordini Di Monaci Guerrieri combatterono eroicamente contro gli arabi. Fino alla strepitosa vittoria di Lepanto, quando la forza ottomana fu umiliata.

Oggi assistiamo ad una inversione di tutto questo. Stiamo assistendo ad una invasione africana e mediorientale.

Voluta, programmata, studiata.

“Fuggono dalla guerra!” Biascicano i servi e proni a 90 gradi, quando non sfruttatori e magnaccia. E’ una balla, non mi stancherò di ripeterlo: dei 54 Stati in Africa, pochissimi hanno una situazione bellica attiva. E non confondiamo le millenarie diatribe tribali con stati di guerra. L’Europa riconosce tale stato solo per Libia (Brava Francia! Bell’idea andare a bombardare insieme all’Inghilterra il Rais Gheddafi. Si è ripetuto lo schifo di Suez del 1956), l’Eritrea e la Siria. Tutto il resto dell’Africa non ha stato di guerra riconosciuto ed acclarato.

E allora? Allora l’Europa chiude le sue frontiere.  Noi no.

Noi permettiamo che si riempiano le nostre città di disperati. Gettati qua e là come animali, sostenuti solo in parte dal cuore dei volontari e dei cittadini. Le bestie hanno di solito trattamento migliore.


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Se poi nascono problemi di criminalità, di malattie, di scontri sociali, non stupitevi: è lo sbocco naturale di una situazione gestita da "cala braghe", da sciacalli sociali ed economici, da servi sciocchi ed incapaci. Se si va avanti così rimpiangeremo i personaggi che stanno tuonando: "Bisogna avere il coraggio di dire Basta!"

Fabrizio Belloni


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Mio commentino: 

Ieri sera con Caterina abbiamo rivisto un film storico "L'Armata Brancaleone", del 1966. Una vecchia cassetta recuperata delle storiche edizioni de L'Unità. Come cambiano i tempi! Quel che era ritenuto un messaggio politicamente corretto dal giornale che fu del PCI ed ora PD, sarebbe oggi considerato altamente incorretto e razzista. Per Brancaleone, l'eroico e sfortunato eroe da Norcia, altro che combattere lo  "nero periglio che vien dallo mare" oggi gli sarebbe dato di gestire un centro di accoglienza per neri e musulmani che approdano giornalmente sulle coste della penisola. Beh! Persino il Dalai Lama, egli stesso è profugo dal Tibet invaso dai cinesi, ha detto che ad un certo punto bisogna dire "basta!"

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Commento di Paolo Sensini: "Inutile girare intorno al problema: di fatto Eunavfor Med ha favorito il business dei trafficanti di clandestini nel Mediterraneo come del resto già visto in precedenza con l'operazione Frontex e oggi le flotte delle ONG. Eppure esiste una ricetta elementare, semplicissima, per porre fine in tempi rapidi al traffico di esseri umani tra Libia e Sud Italia: basterebbe che la marina militare, che con i mezzi tecnici di cui dispone può vedere in tempo reale ogni natante nello spazio marittimo di sua competenza, fermasse in acque internazionali e rispedisse subito ai porti di partenza un paio d'imbarcazioni cariche di clandestini, e il flusso sarebbe immediatamente bloccato. Il tutto in maniera pacifica, rifocillando i viaggiatori e assistendo chi nel caso avesse bisogno, ma rinviando l'imbarcazione e il suo carico da dove erano partiti. Chi spenderebbe più le esorbitanti cifre pagate per venire ricondotto seduta stante al porto libico di provenienza? Nessuno, o pochissimi temerari. Basterebbe questo atteggiamento inflessibile per fermare il grosso del flusso, perché la voce si propagherebbe in maniera fulminea a tutti i potenziali interessati. E il problema sarebbe risolto, o quantomeno in via di risoluzione. Lo ha fatto nei giorni scorsi la Guardia Costiera libica con i suoi pochi mezzi, perché non potrebbero metterlo in pratica le potenti navi da guerra ipertecnologiche di due flotte italiane e due europee schierate da anni nel Canale di Sicilia? Ma ciò vorrebbe anche dire fine della cuccagna per molti, troppi, che ci speculano sopra..."

martedì 13 giugno 2017

Marco Saba: "L'arte di creare denaro dal nulla" - Biella, 18 giugno 2017

Il  libro  di   Bernardino del Boca “ll  Segreto”,  edito nel 1986,  finisce con l’elenco delle associazioni  finanziarie che detengono le redini  dell’attuale potere economico/finanziario/bancario   e con la frase “Entra nella Vera Chiesa  di  Cristo solo chi non conosce l’uso del segreto”.  Ed è di questo  segreto bancario  che parlerà Marco Saba nella conferenza: "L'arte di creare denaro dal nulla"  


Conferenza del dr. MARCO SABA, economista, scrittore, membro del Centro Studi Monetari:    BIELLA  18  GIUGNO  2017, ore 15.30   (ingresso libero)

                                                                                                                                         MARCO SABA - volantino formato A5


Scrive Nino  Galloni, collega  di Saba ed ex dirigente del Tesoro Italiano, nel suo libro “Bank  - il futuro  della  banca” a pag. 71: “Storicamente i banchieri (e chi per loro) hanno sempre evitato  più della peste che si capisse  come funziona  una  banca,  meglio  come  funzionano  le  banche...”

B. del Boca  lo aveva ben  compreso come si può rilevare  qui:  
http://www.teosofia-bernardino-del-boca.it/categorie/scienze-finanziarie-economiche/ (vedi l’intervista ad Howard Zikto e le affermazioni di A.M. Trucco circa “il fantasma” moneta e la sua previsione della seconda guerra mondiale).  La creazione di denaro dal nulla da parte delle banche è ormai argomento ufficiale come si può leggere qui di seguito:

Marzo 2014:  La Banca d’Inghilterra  spiega nel suo bollettino  che le banche creano denaro facendo prestiti e che quindi nascono prima i prestiti e di seguito i depositi, al contrario di quanto comunemente creduto.
6 settembre 2016:   il giudice dell’esecuzione del Tribunale di Bolzano ha riconosciuto la verità: la banca  crea denaro. 

25 aprile 2017:    Jon Nicolaisen,  vice-governatore della banca centrale norvegese,   all’Accademia delle Scienze e delle Lettere, afferma  che le  banche  creano  denaro dal nulla  http://seigneuriage.blogspot.it/2017/05/ammissioni-interessanti-della-banca.html

prof. GUIDO TABELLINI –  Professore di Economia ed ex Rettore dell’Università Bocconi di Milano, in una intervista rilasciata nell’ottobre 2005 dichiara:  “…Il patrimonio e le riserve della Banca d’Italia sono il frutto del signoraggio pagato nel corso degli anni dai cittadini italiani e riscosso dalle autorità monetarie con la creazione di moneta. Appartengono alla collettività, non sono di proprietà delle banche….”

E nel   dicembre 2008: “…se ci si basa sul patrimonio della Banca d’Italia, la valutazione complessiva è intorno ai 20 miliardi di euro. Ma il patrimonio della Banca Centrale è frutto del signoraggio passato e appartiene a tutti i cittadini, non può essere riconosciuto alle banche azioniste”. (da “Il sole 24 ore” sabato 27-12-2008)      http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2016-04-19/deflazione-e-moneta-che-piove-cielo-071642.shtml?uuid=ACUMYYAD

Paola Botta Beltramo 

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