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Viva la muerte tua |
Il Deep State, con l'elezione di Biden, ha ripreso il potere negli USA, e giá i venti di
guerra sono tornati a soffiare gagliardi. C’era da aspettarselo. La politica estera degli Stati Uniti é
tornata al punto in cui le lobby dominanti l'avevano
lasciata, cioé sulla china che conduce alla guerra con la Russia. É
il sogno proibito del Deep State, lo Stato Profondo. Che
sarebbe poi – nella definizione datane da Eisenhower nel 1961 –
il “Complesso militar-industriale” (o
“militar-industrial-politico”) di Washington; o meglio – mi
permetto di chiosare – la sua parte piú reazionaria, oscurantista
e guerrafondaia.
Dell’esistenza di
questo Complesso si cominció a parlare negli anni ’30 del secolo
scorso, quando l’opinione pubblica americana inizió ad
interrogarsi sul perché il governo degli Stati Uniti avesse deciso –
venti anni prima – di intervenire nella Prima Guerra Mondiale, e
ció malgrado la netta contrarietá della stragrande maggioranza
della popolazione. Si scoprí allora che, se il popolo era stato
contrario alla guerra, le industrie degli armamenti erano state
favorevoli e, con quelle industrie, anche le lobby di deputati
e senatori che ne erano, di fatto, le proiezioni parlamentari. Il
Senato promosse una commissione d’inchiesta (nota come Commissione
Nye dal nome del suo presidente) che nel giro di poco piú d’un
anno accertó non soltanto le gravi responsabilitá dell’industria
bellica e dei suoi lobbysti, ma anche quelle di certe grandi banche
che avevano fatto pressione – illegittimamente – sul mondo della
politica, perché questa si orientasse in direzione interventista.
In un primo tempo si
pensó che ció fosse avvenuto perché le banche avevano voluto
salvaguardare i loro investimenti nel settore degli armamenti. Ma, a
poco a poco, cominció a farsi strada un’altra veritá: il mondo di
Wall Street era in guerra giá per conto suo, in alleanza con la City
e con le banche inglesi. L’alta finanza americana, infatti, aveva
giá investito nella Prima Guerra Mondiale una cifra astronomica
(qualcosa come due miliardi di dollari del tempo), finanziando lo
sforzo bellico di Londra e dei suoi alleati. Peraltro, la Commissione
si avvicinava a grandi passi verso uno snodo fondamentale: la prova
che l’ex Presidente USA, il democratico Thomas Woodrow Wilson,
avesse mentito al Congresso per poter avere modo di decretare
l’intervento nel conflitto. Era a quel punto, nel febbraio 1936,
che la maggioranza democratica del Senato tagliava i fondi necessari
per il funzionamento della Commissione, provocandone cosí la
cessazione.
Pochi anni ancóra e, nel
1941, era probabilmente un rinnovato “Complesso
militar-industrial-politico” a propiziare l’intervento degli
Stati Uniti in un altro conflitto lontano, la Seconda Guerra
Mondiale. Anche qui contro la volontá della popolazione, ed anche
qui con l’azione determinante di un Presidente democratico –
Franklin Delano Roosevelt – autore delle mille provocazioni che
spinsero il Giappone all’attacco di Pearl Harbour. In questo caso
non ci fu poi una Commissione d’inchiesta; forse per evitare la
scoperta di veritá scottanti, come ai tempi della Commissione Nye.
Non sono tuttavia mancate indagini e ricostruzioni che hanno
successivamente acclarato l’azione bellicista di ben determinati
ambienti politici ed economici degli Stati Uniti. Per inciso, segnalo
che proprio in questi giorni l’editrice Oaks di Milano ripresenta
in anastatica il libro di John T. Flynn “Il mito di Roosevelt”
(pubblicato per la prima volta in Italia da Longanesi nel 1949), che
contiene molte notizie interessanti in proposito.
E giungiamo cosí a
quello che é sostanzialmente il terzo punto di questa specie di
profilo del Deep State, la “guerra fredda”. Era in piena
guerra fredda che – come ricordavo all’inizio – il 34°
Presidente (repubblicano) degli Stati Uniti d’America, generale
Dwight David Eisenhower, denunciava pubblicamente e clamorosamente
sia l’esistenza di un consolidato intreccio politico-affaristico
che brigava per la guerra, sia il concreto pericolo che questo
ambiente prendesse il sopravvento sulle legittime istituzioni
democratiche: «Nell’azione di governo dobbiamo premunirci
contro le influenze che, in modo palese o occulto, vengono esercitate
dal complesso militar-industriale. La possibilitá che certi
disastrosi poteri travalichino i loro limiti e le loro prerogative
esiste adesso, ed esisterà anche in futuro. Non dovremo mai
permettere che il peso di questo intreccio di poteri metta in
pericolo le nostre libertà e le istituzioni democratiche.»
L’allarme del generale
Eisenhower non cadde nel vuoto, grazie anche al polso fermo del suo
successore, il democratico John Fitzgerald Kennedy. Il quale Kennedy
– ricordo per inciso – perí poi in un attentato dai contorni
misteriosissimi.
E veniamo infine
all’ultimo capitolo, quello che va dagli anni ’90 ai giorni
nostri. Adesso il profilo del Deep State americano é
cambiato, con l’aggiunta di nuovi soggetti, animati da
irresistibili pulsioni “filantropiche”. Ma l’obiettivo rimane
il medesimo, quello di una guerra preventiva per abbattere ogni
ostacolo che si opponga al dominio dei poteri fortissimi della
finanza internazionale.
Naturalmente, salto a
pie’ pari la storia di un trentennio e vengo agli sviluppi di
questi ultimi mesi. La guerra – riferiscono fonti piú che
credibili – é sempre piú vicina, e il teatro di battaglia non
potrá che essere l’Ukraina. A quel punto, se la situazione dovesse
precipitare, gli Stati Uniti avranno la necessitá assoluta di
coinvolgere gli alleati europei della NATO. Da soli – é il parere
di tutti gli analisti – le poche divisioni americane schierate
nell’Europa Orientale non sarebbero minimamente in grado di
fronteggiare la micidiale macchina da guerra (terrestre, aerea e
navale) dei russi.
Ma, da quello che si
percepisce al momento, gli europei non sarebbero per nulla
intenzionati a farsi coinvolgere. E non soltanto per una generica
allergia alla guerra, ma soprattutto perché é interesse di tutti i
paesi europei (tutti, nessuno escluso) che un eventuale conflitto
russo-americano non degeneri in una terza guerra mondiale. Anche
perché, da sempre, si sa che la Russia non esclude di ricorrere
all’uso – sia pur circoscritto – di armi nucleari qualora
eventuali azioni del nemico dovessero superare una certa soglia. E,
siccome non é dato sapere quale sia quella “soglia”, c’é da
scommettere che nessuno, o quasi, si azzarderá a mettere il dito
nell’ingranaggio diabolico di un eventuale conflitto
russo-americano.
Il problema, per noi, sta
tutto in quel “quasi”. Sarebbe utile, in proposito, conoscere il
perché Mario Draghi, all’atto di assumere la guida del governo
italiano, abbia avvertito la necessitá di sottolineare che il nuovo
gabinetto si sarebbe mosso in una logica non soltanto europeista, ma
anche atlantista. Cosa a prima vista superflua, atteso che l’Italia
fa parte, oltre che dell’Unione Europea, anche dell’Alleanza
Atlantica. Alcuni hanno visto in quella sottolineatura soltanto una
dichiarazione d’amore verso gli Stati Uniti, paese che a Sir Drake
sta certamente piú a cuore che non la Germania di madame Merkel.
Io spero che si sia
trattato soltanto di una dichiarazione d’amore platonico, un po’
come nei bigliettini dei Baci Perugina. Spero che non si sia
trattato, invece, di qualche cosa di piú pregnante, di piú oneroso.
Cosí come spero che le
dichiarazioni di fuoco con cui il nostro eccelso Ministro degli
Esteri ha enfatizzato una vicenda spionistica di portata
limitatissima, siano soltanto una manifestazione di ossequio agli
amori atlantisti del Presidente del Consiglio, e non qualcosa di piú
impegnativo.
Francamente, l’idea che
in Italia qualcuno voglia giocare ai soldatini – e per giunta in un
momento drammatico come questo – mi fa accapponare la pelle.
Michele Rallo - ralmiche@gmail.com