giovedì 30 gennaio 2020

"Me ne frego..!" - Dopo il 26 gennaio 2020 e la pratica sodomitica del M5S...



Sfuggiamo a fatica all’onda anomala dello tsunami orgasmatico del 98% dei media italiani, scatenato dagli esiti giudicati esaltanti da chi padroneggia l’intero sistema di fake news nazionale, simboleggiato dalle 10 pagine della “Repubblica” dedicate ai sette punti di vantaggio di Bonaccini su Borgonzoni, seguite da una pagina sola in cui si nascondono i quasi venti punti di vantaggio del centrodestra in Calabria. Ecchissenefrega, alla Calabria (e molto oltre) ci pensa la ‘ndrangheta.

Quanto ai Cinque Stelle, hanno raccolto quanto hanno seminato Grillo, l’equivoco chierichetto degli orchi piattaformisti di Silicon Valley, il suo ragazzo di bottega Di Maio, il premier all’orecchio della Curia e soci. Hanno raccolto il frutto marcio prodotto dall’inquinamento di Sistema, dalla perdita di alterità, terzietà, rispetto a coloro che dovevano restare l’opposto e il contrario su tutti i piani, internazionale e domestico. Dall’ambiente abbandonato agli ecocidi, ai diritti degli ultimi, penultimi e non primi, dalle servitù in politica estera, all’annacquamento del contrasto all’etnocida operazione migranti del globalista Soros, con le sanguisughe Ong attaccate al bancomat costruito dalle Ong con la pelle degli africani, siriani, afghani. Fino al mancato recupero di una sovranità indispensabile alla democrazia, al riscatto sociale, alla liberazione dal cappio degli eurotiranni. Sulle loro spoglie mortali, ora si erge luminosa la figura di Vito Crimi, uno che suscita lo stesso entusiasmo ed emana lo stesso carisma di una patatina abbandonata dopo il Camparino.

Nell’armata brancaleonica dei parlamentari 5S, scesa dalla piscina sull’attico direttamente nelle canalizzazioni sotterranee, c’è una truppa di sprovveduti e opportunisti che dalla catastrofe trae il rimedio letale: consacrare in matrimonio la pratica sodomitica subita dalla Lega e poi dal PD.


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mercoledì 29 gennaio 2020

Pacifismo o imperialismo? - Cronistoria di una "manifestazione controversa"



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La recente manifestazione “pacifista” svoltasi a Roma il 25 gennaio 2020, a Piazza dell’Esquilino, ha lasciato uno strascico di polemiche che hanno intasato le reti dell’informazione (ma non certamente i media che l’hanno semplicemente ignorata). Cerchiamo di fare chiarezza procedendo con ordine.

Una giornata di protesta internazionale per il giorno 25  (*) era stata indetta da organizzazioni pacifiste statunitensi in risposta al vile assassinio in Iraq del generale iraniano Soleimani, ucciso insieme al comandante delle milizie irachene che avevano sconfitto l’ISIS, ed ai loro stretti collaboratori. Ricordiamo che Soleimani, 
considerato un eroe in Iran e da larga parte delle popolazioni in altri paesi del Medio Oriente, era stato il coordinatore e lo stratega di tutte le forze che avevano combattuto contro l’ISIS ed altre formazioni terroristiche in Siria, Iraq, Libano, riuscendo a mantenere l’unità e la sovranità di quei paesi minacciati da attacchi esterni e dalla sovversione interna alimentata da Israele, USA, Turchia, Arabia Saudita, Qatar, e da vari altri governi filo-imperialisti dell’area. L’assassinio, seguito alla denuncia da parte USA dell’accordo sul nucleare iraniano, aveva portato il Medio Oriente, e forse il mondo intero, sull’orlo di una guerra devastante, evitata grazie anche alla moderazione ed al sangue freddo delle autorità iraniane.

L’iniziativa della manifestazione del 25 in Italia è stata - però - abilmente tolta dalle mani dei movimenti pacifisti italiani più coerenti ed antimperialisti – come il Comitato contro la Guerra di Milano, No War, i Cittadini USA per la Pace e la Giustizia, ma anche Rete dei Comunisti, PCI, ecc.) che avevano già indetto delle prime manifestazioni al centro di Roma e di Milano e sotto l’Ambasciata USA. Un Appello è stato sottoscritto da una miriade di associazioni a forte influenza PD e cattolico-moderata (come ACLI, ARCI, Assopace, Beati Costruttori di Pace, Tavolo della Pace, CGIL, FIOM, ANPI, ecc.), nonché da ONG, come Un Ponte Per, che da anni si sono votate ad un’azione di fiancheggiamento alle politiche dei vari governi italiani, che le finanziano ampiamente. 

Nell’Appello dal titolo: “spegniamo la Guerra, accendiamo la Pace”, accanto a giuste e ovvie richieste come quella di non usare la basi USA-NATO in Italia per azioni unilaterali di guerra, di vietare la vendita di armi a paesi belligeranti, di rinunciare all’acquisto degli F-35, ecc., si riscontrano evidenti ed inaccettabili ambiguità che prefigurano l’indirizzo che poi sarà dato alla manifestazione, indirizzo di senso del tutto opposto a quello antimperialista contenuto nel precedente appello internazionale. Infatti si denunciano esplicitamente “ingerenze iraniane in Iraq”; si denuncia l’azione di “potenze regionali e globali che si contendono con la guerra le zone di influenza sulle popolazioni locali”, mettendo sullo stesso piano le aggressioni USA-israeliane e saudite (aggressioni dirette ma anche indirette con l’uso di bande mercenarie prezzolate e sovversione interna), con il tentativo finora riuscito di Iran, Russia, con la Cina sullo sfondo, di salvare l’indipendenza e la sovranità dei paesi attaccati; si parla di solidarietà con i tentativi di sollevazioni in atto a Baghdad, Teheran, Beirut, Algeri, Damasco, Cairo, accreditandoli come reali moti popolari, e non come chiari tentativi di rivoluzioni “colorate” indotte dall’esterno dai servizi segreti e dalle ONG Occidentali, come quelle riuscite in Jugoslavia, Libia, Ucraina, Georgia, Bolivia, e finora fallite in Venezuela, Iraq, Siria, Egitto, Algeria, Hong Kong, ecc. ; si parla di “regimi teocratici e militari – comunque illiberali e non rispettosi dei diritti umani …” che praticherebbero “repressione, torture, corruzione”, con chiaro riferimento ai governi di Iran, Siria, Egitto, Algeria, ecc., avvallando di fatto la versione statunitense sull’assassinio degli importanti esponenti della Resistenza iraniana ed irachena.

Anche le proposte risultano evidentemente orientate nel senso di offrire la sponda ai governi USA-NATO: infatti si chiede il ritiro dei soldati da Afghanistan e Iraq, ma contemporaneamente si richiede “una missione di peace-keeping a mandato ONU ed inviare corpi civili di pace”, in un chiaro tentativo di coprire sotto la bandiera dell’ONU operazioni militari neo-coloniali, come tante che sono già avvenute in passato (basti ricordare le aggressioni militari alla Corea e alla Libia con copertura ONU); non si nega l’uso delle basi militari in Italia se ciò avvenisse sotto la copertura dell’ONU; si chiede di “adoperarsi per la sicurezza del contingente italiano ed internazionale in missione UNIFIL in Libano”: come? Con l’invio di nuove truppe per controllare i movimenti della Resistenza Libanese?

Forse il massimo di ipocrisia si raggiunge quando si dice che l’Unione Europea “nata per difendere la pace deve assumere una forte iniziativa con azioni diplomatiche, economiche, commerciali e di sicurezza” e che bisogna “avviare una rapida implementazione del Piano Europeo per l’Africa”. Gli Jugoslavi ed i Libici che si sono trovati sotto le bombe europee negli anni ’90 e nel 2011, gli abitanti di Mali, Niger, Ciad, Repubblica Centro-africana, che languono sotto lo sfruttamento neo-coloniale francese e che si trovano le truppe francesi in casa, pronte ad effettuare colpi di stato come quello del 2011 in Costa d’Avorio, saranno molto rassicurati da questa incredibile proposta. Anche noi europei – come ricordava un recente articolo di Contropiano – sappiamo che EU significa neo-liberismo selvaggio, attacco alle conquiste parziali ottenute dai lavoratori in anni di lotte nei decenni passati, Jobs Act, Legge Fornero e Legge delle Pensioni in Francia, compressione dei salari persino nella “ricca” Germania, per non parlare del disastro della Grecia massacrata dalle banche tedesche.

Nonostante queste premesse, alcuni pacifisti isolati, o intere organizzazioni politiche (tra cui il neo-PCI , come risulta da una comunicazione di Bruno Steri) hanno deciso di partecipare alla manifestazione, anche senza aderire ufficialmente. Si sono trovati a gestire una situazione difficile. Gli organizzatori hanno invitato sul palco prima F. R. , un noto sostenitore dei terroristi islamici sunniti che insanguinano da anni la Siria, che ha inneggiato all’uccisione del “maledettissimo generale iraniano”; poi hanno permesso l’intervento di una giovane iraniana sostenitrice dell’opposizione filo-occidentale in Iran che ha parlato ovviamente contro la “dittatura iraniana”, mentre l’amico giornalista iraniano Amid – sempre pronto a fornire un’informazione veritiera su tutte le manifestazioni pacifiste e perseguitato, non a caso, dallo Stato italiano che lo aveva persino arrestato per una falsa accusa di traffico di armi, poi crollata – veniva provocato e insultato da alcuni “oppositori” iraniani. Marco Palombo di No War ha inutilmente protestato, mentre il noto pacifista statunitense, che vive da anni a Roma, Patrick Boylan si è allontanato ed ha poi indirizzato una lettera di protesta a Fabio Alberti, responsabile di Un Ponte Per e principale gestore della manifestazione. La risposta scritta di Alberti è stata arrogante e durissima. 

 La verità è che queste ONG, e le associazioni che le spalleggiano di area PD-cattolici moderati, sono portatrici di un’ideologia neo-colonialista secondo cui solo i paesi occidentali possono essere portatori di istanze democratiche, per cui sono giustificate tutte le operazioni militari di peace-keeping, magari sotto le bandiere dell’ONU, e gli “interventi umanitari”, magari a suon di bombe, contro paesi ex-coloniali, considerati “dittature”. Il diritto all’indipendenza degli stati che escono da situazioni coloniali non viene riconosciuto, e questi paesi sono indicati come “stati canaglia che violano i Diritti Umani”, come la Siria, l’Iran o la Corea Popolare. Quest’atteggiamento si ritrova nelle formazioni trotskiste, come PCL e Sinistra Anticapitalista, e – per esempio- anche nella “sinistra” britannica alla Orwell. E’ necessario per chi si trova su posizioni genuinamente antimperialiste, nella tradizione di Lenin e Mao, di discutere a fondo su questi problemi e prendere le distanze dai falsi pacifisti. Roma 

 Vincenzo Brandi



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(*) - Articolo collegato: http://www.circolovegetarianocalcata.it/2020/01/18/25-gennaio-2020-dai-pacifisti-usa-appello-internazionale-contro-la-guerra-in-medio-oriente/

domenica 26 gennaio 2020

Parma - Il consiglio di stato sospende la condanna a morte dei macachi... (per tre mesi)


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Il Consiglio di Stato ha ribaltato la sentenza del TAR del dicembre scorso, ordinando la sospensione degli esperimenti sui macachi in quanto la Direzione Generale del Ministero della Salute non è riuscita a dimostrare che sia impossibile trovare alternative a una sperimentazione considerata invasiva sugli animali.

Il Presidente degli Animalisti Italiani Walter Caporale dichiara: “Prendiamo atto dell’importante risultato conseguito. Per il momento sembra che i poveri 6 macachi detenuti negli stabulari di Parma potranno tirare un respiro di sollievo. Si tratta di una sospensione, ma almeno le loro speranze di salvezza aumentano. Grazie a tutti coloro che si sono impegnati con azioni mirate e concrete per il raggiungimento di questo risultato”. 

Aggiunge: “Animalisti Italiani comunque non si ferma e  insieme ad altri attivisti animalisti saremo presenti  con un presidio  a Parma sotto agli stabulari affinché si arrivi allo stop definitivo, tutelando gli animali dagli esperimenti più atroci ed invasivi che successivamente li condurranno alla morte”.

Animalisti Italiani insieme ad altre sigle e ad altri attivisti non rinuncia a dare battaglia al progetto LightUp. Dopo gli appelli attraverso i tantissimi striscioni di protesta appesi anche stavolta (come lo scorso novembre) per la liberazione dei macachi in più di 30 città italiane. 
La nostra priorità è, e sarà sempre, la protezione degli animali.


Associazione "Animalisti Italiani Onlus"
Via Tommaso Inghirami,82 - 00179 ROMA
Tel.: 342 8949304 - 06 78 04 171



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Nota  di LEAL:

Una buona notizia non è una vittoria!  L’Ordinanza 230 di sospensiva adottata ieri 23 gennaio dai Magistrati della Terza Sezione del Consiglio di Stato motiva che: “L’Ente che sperimenta (Ministero della Salute) deve provare che non esistono alternative a una sperimentazione invasiva sugli animali e foriera di sofferenze che la normativa europea e nazionale sul benessere animale, anche nelle sedi di sperimentazione, prescrive di evitare o ridurre entro rigorosi parametri fisiologi nonché depositare una dettagliata relazione sulla somministrazione agli animali oggetto di sperimentazione di liquidi e cibo sufficienti, astenendosi da misure che finiscano per trasformare la doverosa erogazione di cibo e liquidi in forma di premio per asservire la volontà di animali sensibili come i primati”.  (Gian Marco Prampolini presidente LEAL)

lunedì 20 gennaio 2020

Parma, 25 gennaio 2020. Basta oppressioni verso i nostri fratelli animali: "Macachi liberi!"

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Gli attivisti antivivisezionisti del Coordinamento Macachi Liberi non rinunciano a dare battaglia al progetto che vede l’Università di Torino e Parma coinvolte nell’esperimento della durata di 5 anni sui deficit visivi umani causati da traumi su 6 macachi che a fine esperimento saranno soppressi. Durante la notte sono stati appesi numerosi striscioni per la liberazione dei macachi e il 20 gennaio in più di 30 città italiane (*) erano  visibili le scritte che chiedono con forza al ministro Roberto Speranza di bloccare l’esperimento. Anche questa azione come la precedente del 26 novembre 2019 ha visto i cancelli di decine di Facoltà scientifiche e di Psicologia nonché diversi luoghi strategici, tra cui la sede del Ministero della Salute a Roma, portare il messaggio di liberazione dei macachi.
"IL MINISTRO SPERANZA BLOCCHI L’ESPERIMENTO SUI MACACHI DI PARMA!"
I primati sono stabulati a Parma e l’esperimento “Lightup – Turning the cortically blind brain to see” (che ha come scopo lo studio del fenomeno “blindsight" o "visione cieca" che si basa sulla consapevolezza o meno della presenza di uno stimolo visivo) dopo una prima prima fase di addestramento è già passato alla fase invasiva che prevede un intervento molto doloroso alla corteccia cerebrale per limitare al minimo la vista e studiarne i deficit. L’esperimento ha ottenuto un finanziamento per due milioni di euro di fondi pubblici dall’European Research Council.
Una nota del Coordinamento sottolinea: “Come è possibile sapere se un primate ha la consapevolezza di uno stimolo visivo? Evidentemente non lo è, infatti è dal 1974 che si cerca di usare il fenomeno di visione cieca per riabilitare persone ipovedenti, sempre e solo sperimentando su primati non umani, e non si è arrivati a nessuna conclusione. Pazienti affetti da cecità corticale si sono proposti come volontari per studi non invasivi, ma non sono stati tenuti in considerazione. D'altronde uno studio condotto nel 2017 su esseri umani è costato "solo" 20mila euro, non abbastanza per riempire le tasche dei vivisettori. Chiediamo che questi animali siano liberati e affidati ad un centro di recupero e chiediamo al Ministero della Salute una ricerca scientifica etica, sicura ed efficace condotta con i già esistenti metodi sostitutivi. Sempre e comunque nel rispetto di ogni forma di vita”.
A Parma il 25 gennaio 2020 ci sarà il Corteo Nazionale Per i Macachi di Parma Fino Agli Stabulari partenza alle ore 13.30 dalla stazione FS.

Coordinamento Macachi Liberi
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Ufficio Stampa
Silvia Premoli



(*) Elenco delle città: Aosta, Alessandria, Bergamo, Catania, Ferrara, Firenze, Foligno, Genova, Grosseto, Lodi, Milano, Napoli, Novara,Origgio (Novartis), Padova, Parma, Perugia, Pisa, Pordenone, Prato, Riccione, Rimini, Roma, Savona, Siena, Torino, Trento, Trieste, Udine, Verona, Viareggio, Vicenza.

venerdì 17 gennaio 2020

Le notizie che vi nascondono e la solita manina "uncinata" dietro i fattacci di Tehran e Tripoli


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Le notizie-bomba che vi nascondono sono: 

1) Un cyberattacco USA che con ogni probabilità, secondo il NYT, nella notte dell’8 gennaio ha abbattuto il Boeing 737-800 ucraino sopra Tehran, con i suoi 176 passeggeri ed equipaggio e che forse darà il via alla battaglia finale tra patrioti e vendipatria iraniani;  

2) Il generale Soleimani, che aveva lo status diplomatico, era in missione di pace con piena consapevolezza USA. Era stato invitato a Baghdad dal premier iracheno Abdul Mahdi per mediare nella contesa tra Iraq e Arabia Saudita. Gli americani ne erano al corrente e ne hanno approfittato per allestire la trappola e ucciderlo. 

3) il regime fantoccio dei Fratelli musulmani a Tripoli, difeso dagli stessi tagliagole Isis e Al Qaida che, per conto Usa-Nato-Turchia, hanno imperversato in Siria, Iraq, Nigeria e a cui corrono in soccorso gli sponsor neocolonialisti che pretendevano di combatterli. Allora servivano a frantumare Siria e Iraq, oggi li si impiega per spartirsi la Libia, come si progetta dai convenuti a Berlino.


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Si abbattono torri, si abbattono aerei....
La prova degli occultamenti relativi all’abbattimento dell’aereo sopra Tehran nella notte della risposta iraniana all’assassinio del generale Qassem Soleimani, viene pubblicata nientemeno che dal New York Times, standard aureo del giornalismo imperiale e guerrafondaio. Pur di vantarsi di un crimine riuscito, a volte i suoi apologeti si scordano della riservatezza. Di Libia e degli irresponsabili e fieri sguatteri Nato, Conte, Di Maio e Guerini, che cianciano di interventi più o meno armati, più o meno nazionali o internazionali, ne parleremo dopo...


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martedì 14 gennaio 2020

Nel mondo di Bengodi - Proteste eterodirette e informazioni telecomandate


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I falsari dell’informazione ci stanno saturando con le immagini di proteste giovanili in paesi accuratamente selezionati. Di altre manifestazioni e di repressioni ben più feroci si sforzano di non farci sapere nulla. Sono documenti come quello che vi propongo che ci fanno avere bagliori di verità e che riducono alla vergogna e al ridicolo le manipolazioni ormai ontologiche e generalizzate, a sinistra-destra come a destra-destra.

Così veniamo inondati da cronache stampate e televisive che ci dovrebbero entusiasmare sulla “rivolta dei giovani iraniani” contro il loro governo. Prima, perché erano stati decisi prezzi appena più alti sui carburanti (10 centesimi al litro) per poter convogliare questo aumento alle fasce più colpite e impoverite dalle sanzioni genocide che, da Obama a Trump e dai loro rispettivi referenti, colpiscono una nazione che rifiuta di inchinarsi ai presunti padroni del mondo. E, successivamente, in protesta contro l’abbattimento dell’aereo delle aviolinee ucraine e le sue 170 vittime  a causa dell’errore dell’antiaerea iraniana. Non “ammesso con colpevole ritardo”, come infieriscono i media, ma dopo due giorni, con l’inchiesta neanche terminata. 

Vorremmo altrettanta onestà da parte di chi bombarda Siria e Iraq e nasconde la mano. Oppure da chi ha abbattuto il DC-9 dell’Itavia su Ustica e da chi sa tutto. O da chi ha fatto ammazzare Ilaria Alpi e Miran Hovratin a Mogadiscio. O da chi ha ordinato e supervisionato tutte le stragi di Stato da noi. O alle Torri Gemelle...


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domenica 12 gennaio 2020

Indebitamento e salute mentale: i due tipi di patologia “da credito”...


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Il fenomeno dell’indebitamento è, in tempi di crisi economica, crescente e più evidente. Si può restare stupiti dal fatto che, nonostante la ridotta disponibilità di danaro, aumenti la tendenza a indebitarsi, a meno che ciò non avvenga per il sostentamento. L’indebitamento sembra invece essere quello di chi cerca disperatamente di non scendere di livello sociale, o di chi cerca di mantenere un’attività (commerciale, imprenditoriale) anziché chiuderla o fallire. Il fatto che di indebitamento e di usura si parli non ha modificato il ricorso a questo tipo di soluzione.

Parrebbe invece che il sistema economico abbia assecondato questa tendenza all’indebitamento tramite strumenti dedicati, ovvero finanziamenti a rischio, che in qualche caso hanno prodotto il crack delle stesse finanziarie erogatrici. Nella maggior parte dei casi invece il sistema riesce a salvare se stesso attraverso un sistema di indebitamento progressivo, ovvero di sollecito automatico del debitore tramite interessi, super-interessi, prospettiva di pignoramenti e altre conseguenze legali, tra cui l’esclusione definitiva dal credito mediante le denunce di insolvenza.

Due sono gli aspetti psichiatrici che emergono: uno, più logico, è quello relativo alle conseguenze dello stato di indebitamento cronico e del rischio di definitivo dissesto finanziario sullo stato umorale e di allarme (sindromi ansioso-depressive, condotte suicidarie). Questo aspetto è stato recentemente descritto con il termine di “sindrome del debito ingiusto”, e riferito a quelle situazioni in cui la condotta della banca è illecita. La sindrome del debito ingiusto è di fatto sovrapponibile in termini di sintomi e segni alla sindrome “da mobbing”, e riproduce lo stesso tipo di situazione in cui un soggetto deve fronteggiare un rischio che però corrisponde anche alla sua fonte di sicurezza economica (nel caso del mobbing, il lavoro; nel caso del debito, la banca).
L’altro aspetto, meno spesso evidenziato, è quello dell’uso del credito come strumento per indurre un “rinforzo” comportamentale, e legare la persona al meccanismo di indebitamento tramite il credito facile e immediato, salvo poi pretendere il rientro quando l’indebitamento ha raggiunto una certa soglia. Da questo momento in poi il credito è negato in maniera secca ed invece si “lavora” sul debito accumulato, cercando accordi per la sua traduzione in beni o altro indebitamento secondario.

La prima fase del meccanismo induce una vera e propria “dipendenza da credito” in individui predisposti, specialmente se il credito è fornito in maniera rapida e a piccole tranche, così da far ripetere alla persona il meccanismo della richiesta e ottenimento rapido, fatto che tende a far scordare l’eccezionalità dell’operazione.
Individui con tendenza a cercare la soluzione più rapida, e che non intendono ridimensionare il proprio tenore di vita sono facilitati nell’entrare in questo meccanismo, sviluppando anche una fiducia nel sistema che eroga loro il danaro, un sistema percepito come “amico” per la facilità con cui dà soldi a ripetizione. Non di rado poi, anche nelle fasi di alienazione di beni, di accettazione di condizioni “capestro” per gli interessi da restituire, si fa leva sulla tendenza che l’individuo ha a mantenere con la banca o con la finanziaria un buon rappporto, funzionale a nuove richieste di credito. In qualche modo questo meccanismo somiglia al quello dello “spendere patologico”, o del gioco patologico, e talvolta è collegato direttamente a situazioni come queste, che sono la causa prima dell’indebitamento.

Usura e Banche: non solo tasso, ma anche fattore psicologico

La differenza tra banca e usura è spesso presentata come una questione di tasso di interesse. Ciò può essere vero, ma l’aspettativa che il cittadino nutre nei confronti della banca è certamente diversa.
L’aspetto tranquillizzante del rapporto con la banca (non violento) è però controbilanciata da una capacità da parte della banca di ottenere per vie legali il debito in maniera inesorabile e rapida, a fronte invece di una possibilità di rivalsa del cittadino nei confronti della banca lenta e onerosa.
Il rapporto impari produce situazioni a fondo cieco

  • il cliente può non avere le risorse di partenza per poter intraprendere azioni legali efficaci contro le banche
  • il cliente non ha gli strumenti conoscitivi per conoscere le effettive e realistiche conseguenze delle iniziative della banca nei suoi confronti
  • il cliente percepisce, realisticamente, di avere a che fare con una rete istituzionale (a cui le banche fanno capo) che ne protegge una posizione di privilegio rispetto al cittadino, e in maniera preordinata, che ammortizza il potere di rivalsa del cittadino, o crea dei santuari legali che rendono possibili, in maniera unilaterale, comportamenti illeciti.

Si potrebbe pensare che, a differenza dell’usura, nel rapporto con un istituto bancario il cittadino è informato, e quindi non ha ragione di avere aspettative diverse da quelle che poi si concretizzano quando si indebita.

In realtà, l’attività bancaria si fonda sull’incoraggiamento sociale del ricorso al credito, ovvero non è soltanto qualcosa che copre un bisogno, ma uno strumento imprenditoriale. In questo senso il cittadino si aspetta che l’istituto bancario, proprio perché protetto istituzionalmente, svolga un compito sociale, risentendo anche della situazione generale, e senza quindi accanirsi contro il singolo temporaneamente indebitato. In altre parole, il cittadino si aspetta che la banca sia diversa da un creditore privato, che agisce per suo conto, risponde per suo conto e rischia per suo conto, semplicemente per trarne guadagno. L’istituzione bancaria dovrebbe condividere guadagni e rischi, con un guadagno che è comunque sempre presente in misura minima, poiché è scelta della banca di finanziare il cittadino, ed è quindi responsabilità condivisa se l’esito del finanziamento, per motivi legati all’economia generale, non va a buon fine.
I disturbi psichici del debitore “impotente” si riconducono a tre modelli generali di stress:
  • la sindrome da burn out: termine originariamente coniato per indicare l’esaurimento sul lavoro in situazioni di stress, rischio o conflitti. Il soggetto si paralizza e non riesce più a fornire risposte, ha reazioni aggressive o estreme, o semplicemente si isola e non riesce più a prendere decisioni anche elementari. Si produce nella fase di sollecito, in cui la persona è ricattata o minacciata al fine di ottenere la restituzione del debito.
  • la sindrome da shock inevitabile: questa situazione caratterizza le situazioni in cui si sa di dover affrontare una catastrofe senza possibilità di immaginare o di produrre alcuna risposta efficace, ma soltanto un tempo in cui si immaginano le conseguenze e il trauma.
  • La sindrome della rievocazione: i soggetti sottoposti a minacce, o che hanno vissuto i traumi da shock inevitabile, o che si sono trovati improvvisamente in situazioni di indebitamento grave, mantengono un danno mentale anche a distanza di tempo, e dopo la risoluzione del problema. Questa sindrome risponde al paradigma dello stress post-traumatico.

Credito “temerario”: è lecito offrire credito senza escludere l’origine patologica del debito ?

Si osservano invece casi crescenti di finanziamenti concessi a soggetti in stato di indebitamento per disturbi mentali quali gioco patologico, dipendenza da stupefacenti, spese compulsive, ovvero persone che tramite il finanziamento producono altri danni tramite la loro condizione, e si riducono in condizioni di indebitamento inevitabilmente peggiori.

Di solito a queste persone sono richieste garanzie minime per accedere al credito e invece condizioni strette per rientrare, quando sia richiesto. In altre parole vi è una sostanziale differenza tra la facilità di ingresso e quella di risoluzione: nel meccanismo si preferisce vincolare in maniera stretta la persona a restituire il debito, piuttosto che tentennare prima di concedere credito.

E’ evidente che ad una Banca può non convenire prestare a soggetti che non offrono garanzie, ma èè altrettanto evidente che se invece i prestiti sono erogati in maniera disinvolta, la percezione da parte del cliente è di un atteggiamento “comprensivo” della situazione di scarsa garanzia, che dovrebbe poi ritrovarsi nel momento della difficoltà nella resistuzione del debito. Altrimenti, se il meccanismo prevede finanziamento facile e severità nell’esigere il pagamento del debito, la differenza con l’usura è chiaramente solo quantitativa.
Altra situazione è quella in cui le persone si indebitano su prestiti richiesti per mantenere elevati tenori di vita, e non sono in alcun modo incoraggiati invece a ridimensionarli. Questo accade per persone che offrono invece elevate garanzie di produttività, e che, potendo evitare di indebitarsi, lo fanno in quanto facilitati dall’accesso al credito. Essi si troveranno indebitati perché un loro “difetto” comportamentale, magari legato alla personalità, è gradito al sistema di offerta del credito, mentre invece sarebbe motivo di preoccupazione in termini di garanzie sulla restituzione.

In conclusione, in queste situazioni le istituzioni vengono meno al loro ruolo sociale, in ragione del quale hanno determinati privilegi e protezione del capitale prestato e degli interessi. Invece, questo sistema di protezione, apparentemente invincibile, è utilizzato per riscuotere crediti anche quando questi sono stati incoraggiati, erogati in maniera temeraria, e presentati come “condivisioni” di rischio ad individui che non possono ritenersi protetti dalla semplice “informazione” scritta sui dettagli tecnici.

Danno biologico e debito ingiusto

I soggetti che patiscono le sindromi descritte sopra possono ragionevolmente documentare la loro condizione e richiedere un risarcimento, sia per i sintomi transitori che per quelli persistenti o con prognosi riservata (permanenti fino a prova contraria). Il danno biologico è attualmente già previsto per le sindromi pos-traumatiche, così come per le sindromi risultanti da stress protratto e derivate da ingiustizie lavorative (mobbing) o discriminazioni ambientali.

Alcuni soggetti riportano in ragione dei meccanismi di indebitamento “infinito”, o per effetto della fine della loro attività imprenditoriale, un cambiamento della loro prospettiva. Questo tipo di aspetto, definito “esistenziale”, non è tuttavia scindibile dal piano biologico. Molte persone abituate a livelli produttivi e sociali elevati, una volta privati del loro status, non solo e non meramente econmomico, sviluppano quadri depressivi da disadattamento, poiché quanto è loro possibile fare nella vita non corrisponde più a quanto il loro temperamento richiederebbe. Anche questo tipo di danno, nella storia naturale di un debito ingiusto, rientra tra le voci contestabili.

Esiste poi un tipo di danno derivato dalla condizione di “morosità”, ed inquadrabile come danno morale, che consiste nella perdita della reputazione specifica di chi, operando in ambito commerciale o finanziario, ha sempre fondato il suo prestigio e il suo ruolo sul rispetto dei rapporti di credito/debito. I soggetti indebitati, pur dichiarando in partenza le proprie difficoltà economiche, si trovano in seguito trattati pubblicamente e in maniera spesso irreversibile come soggetti che non meritano più credito, così da essere esclusi non solo dalla possibilità di ritrovare denaro per condurre attività, ma dalla stima sociale minima per poterlo fare.

Per quanto riguarda i soggetti “patologici” al momento dell’indebitamento, la condizione di incapacità naturale può essere invocata, sia come base per annullare la validità del debito, sia come elemento che anzi costituisce un danno al soggetto stesso, incoraggiato al credito così da ricavarne un aggravamento della sua condizione specifica, ad esempio una dipendenza da gioco, da spese, da droghe.

 Hypnos Artista metafisico  - gilberto.dibenedetto@gmail.com

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sabato 11 gennaio 2020

MATTANZA DI DAINI NEL PARCO NAZIONALE DEL CIRCEO


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Si chiama “Piano di gestione del daino“. Si legge contenimento della specie con il pretesto del proliferare dei daini che starebbero creando danni all’ecosistema del Parco e alla sicurezza delle persone. Si concretizza nella decisione di abbattere centinaia di capi. La denuncia arriva dall’ex sindaco di Ponza, Piero Vigorelli. La decisione era annunciata. Lo aveva stabilito il consiglio direttivo del Parco del Circeo nella seduta del 23 gennaio 2017, con la delibera n. 2 che aveva avuto tre voti favorevoli e un voto contrario, quello appunto del sindaco di Ponza Piero Vigorelli.

Due anni più tardi, il 30 dicembre 2019, una delibera del direttore del Parco, Paolo Cassola, rendeva operativa quella decisione. I daini, introdotti nel Parco nel 1953 nell’ambito dei programmi di allevamento della selvaggina da ripopolamento, svolti dall’ex Azienda di Stato delle Foreste Demaniali e mantenuti all’interno di un grande recinto di 400 ettari, sono fuggiti dalla cattività e hanno dato origine alla popolazione che occupa attualmente l’intera foresta, con densità variabili.

Sono stati stanziati 170.000 euro per un’operazione che viene battezzata “Piano gestionale del controllo del daino nella foresta demaniale”.

Saranno abbattuti almeno 350 capi. La popolazione dei daini dovrà, infatti, essere ridotta del 30 per cento ogni anno per i prossimi tre anni. Si prevedono “battute” notturne per convogliare i daini in “corral” mobili di almeno mille mq, che sono dei recinti-prigione, un po’ come la “camera della morte” della mattanza dei tonni.

Appostati su altane a circa 15 metri da terra, ci saranno i fucilieri equipaggiati con fucili a canna rigata, di calibro non inferiore a 6,5 millimetri, dotati di cannocchiale di mira a 12 ingrandimenti e adatti alla visione notturna. Il Parco calcola un peso medio di 40 chili per capo, e quindi un totale di 14.000 chili di carne fresca da immettere sul mercato.

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giovedì 9 gennaio 2020

Pax o caos all'americana...? Il venefico mix dello zio Sam



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... inquadrati nella Nato, siamo occupanti e complici degli Usa, quanto lo erano i repubblichini con le formazioni della Wehrmacht. C’è chi ciancia di “un ruolo dell’Italia” in Iraq, in Libia, ovunque. Ovunque le vecchie e nuove potenze coloniali provino a ricuperare i beni perduti. E’ una vergogna senza fine. 

Ne erano consapevoli i 5Stelle fino a qualche tempo fa. Ora condividono la fola e la vergogna di questo “ruolo dell’Italia”. Magari con effetto “collaterale” di qualche altra Nassiriya, da far inorgoglire il Quirinale e piagnucolare il Vaticano. Noi con Mussolini, Graziani, Balbo e Badoglio, con Crispi e Giolitti, abbiamo già dato. Già rubato, già distrutto, già ucciso. Nessun ruolo, mai, a noi e a chiunque altro pretenda di farsi ancora vedere da quelle parti. Fuori dalle palle, punto.

Qualcuno valuta che avendole perse, o piuttosto non vinte, Washington non rischierebbe un’altra sconfitta. Ma quello che si sono ripromessi, a partire da Bush, Clinton e Obama, i poteri cosiddetti occulti, non è tanto la vittoria, quanto il caos. Una vittoria rischia di sistemare le cose per un verso o per l’altro. Il caos mantiene in vita le operazioni e, dunque, le catene di montaggio dell’industria militare a tempo indeterminato. 

E così il terrorismo, al quale è demandato anche di giustificare stati sempre più di polizia e sorveglianza. Il caos, poi è creativo, poiché impedisce che la Russia e i popoli si assicurino vittorie definitive e si mettano di traverso nella marcia per il dominio globale. Che un po’ nasce dal caos e un po’ dalla pax americana, in un venefico mix...

Fulvio Grimaldi -  www.fulviogrimaldi.controblog.com


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lunedì 6 gennaio 2020

Medio Oriente - Cause e retroscena di un grande misfatto...


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Nessuna persona che abbia un minimo di onestà ed avvedutezza può oggi continuare a credere che la guerra di Siria sia nata per volontà del popolo siriano di disfarsi del regime di Assad.
Anche i poco informati sanno che la stragrande maggioranza degli oppositori armati provengono dall’Europa, dall’Arabia Saudita, dal Qatar, dal Marocco, dalla Tunisia, dall’Egitto, dalla Turchia, dalla Cecenia, dalla Cina, dall’Afganistan, ecc.
Gli oppositori siriani sono una minoranza controllata dai Salafiti e dai Fratelli Musulmani. Costoro hanno potuto intraprendere una guerra in grande stile con i carri armati, i missili, le artiglierie pesati, i droni forniti dagli USA, dalla Francia, da Israele, dall’Arabia Saudita, dal Qatar, dalla Germania e Regno Unito.
Una coalizione internazionale a guida americana è stata costituita in Siria dove ha posto le sue basi. Quali dunque le vere cause della guerra? Il non aver la Repubblica Siriana accettato di adeguarsi all’ordine mondiale stabilito dagli USA, di voler disporre della propria economia per i propri interessi, di ritenersi proprietaria a pieno titolo del suo petrolio e delle sue risorse.
La propaganda occidentale (la stessa che aveva avvallato in Iraq la presenza delle inesistenti armi di sterminio di massa) ha giustificato la guerra con motivi umanitari. Furono motivi umanitari anche quelli che giustificarono le bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki! Gli USA e i loro alleati sono infatti convinti che i pluridecennali programmi europei per rendere i popoli babbei consentano oggi di avere buoni risultati propalando le falsità più melense.
Di fronte a forze ostili così numerose e poderose la Repubblica Araba Siriana, nel pieno rispetto delle norme internazionali, ha chiesto l’intervento della Russia, dell’Iran e degli Hezbollah libanesi. Gli Hezbollah, nell’incerta e caotica situazione del Libano, costituiscono una forza politica che ha numerosi rappresentanti in parlamento e ministri nel governo. Questi interventi di aiuto alla Repubblica Siriana non sono di gradimento ad Israele che dopo aver occupato illegalmente le alture del Golan aspira ad accaparrarsi altre porzioni di Siria e di Libano con la caduta del regime di Assad.
Non potendo colpire la Russia, Israele si limita per adesso a colpire obiettivi siriani, iraniani e di Hezbollah.
Alle ore 19,20 del 27 dicembre scorso un attacco missilistico ad una base americana nei pressi della città irakena di Kirkuk uccide un mercenario, probabilmente un istruttore militare, e ferisce quattro americani e due iracheni. Il capo della polizia di Kirkuk dichiara che l’attacco è stato con grande probabilità attuato dall’ISIS e le forze di sicurezza aprono un’inchiesta.
Il giorno 30 dicembre gli americani attaccano con missili 5 basi di Siria ed Iraq in cui si trovano militari iracheni e kata’ib hezbollah operanti tutti sotto il comando del ministero della difesa iracheno. Risultato: 35 militari morti e 45 feriti. Facciamo in proposito alcune considerazioni:
1° Se questa azione criminale la si vuol passare come giusto diritto di rappresaglia si tenga conto di quel che sempre è stato detto e cioè che in guerra la rappresaglia deve essere proporzionata al fatto. Durante la seconda guerra mondiale si riteneva che la regola dei tedeschi di fucilare 10 italiani per ogni loro militare ucciso da partigiani fosse eccessiva e disumana; in questo caso abbiamo invece un rapporto di 1 a 35. Si dovrebbe quindi concludere che la loro reazione è stata del tutto spropositata e quindi condannabile.
2° Nessuno (e quindi neppure gli americani) ha potuto dimostrare con fatti probanti che le milizie Kata’ib Hezbollah associate ai militari iracheni fossero responsabili dell’attacco alla base di Kirkuk.
3° La strage compiuta rappresenta inoltre un'agressione allo stato iracheno sia perché tra i morti ci sono stati soldati iracheni , sia perché i morti di Kata’ib Hezbollah fanno parte di una forza armata integrata e diretta dall’esercito iracheno.
Era cosa prevedibile ed inevitabile che un atto così scellerato avrebbe a Bagdad provocato gravi proteste e pesanti manifestazioni contro l’ambasciata americana.
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Non contenti di una strage gratuita gli americani hanno anche effettuato un grave assassinio. Il generale iraniano Soleimani era atteso a Bagdad per incontrarsi col primo ministro iracheno Adi Abdul-Mahdi al quale doveva consegnare una lettera del governo iraniano tendente a ridurre le tensioni tra Iran ed Arabia Saudita. Sceso dall’aereo qualcuno (CIA, Mossad?) lo vede e segnala la sua presenza agli americani. Bisogna impedire che Soleimani consegni la lettera ad Abdul-Mahdi perché gli americani, evidentemente informati, sono contrari ad una distensione di rapporti Iran-Arabia Saudita.
Rapidamente, con la consulenza e l’aiuto di Israele, un drone parte a tutta velocità, raggiunge l’auto che doveva portare Soleimani dall’aeroporto a Bagdad, lancia un missile e la prodezza è fatta. Soleimani ed il suo seguito sono eliminati. Ci rendiamo conto di che cosa è successo? Un alto esponente militare iraniano in missione diplomatica in Iraq viene assassinato per impedire che incontri il capo del governo iracheno ; non si tratta solo di un atto criminale ma di una gravissima violazione del diritto internazionale e della sovranità di uno stato membro dell’ONU.
Qualche idiota si chiede: ma non era Soleimani il capo delle famigerate (per chi?) milizie iraniane di stanza in Siria ed Iraq ? Certo che lo era ma in quanto Siria ed Iraq avevano chiesto aiuto all’Iran per combattere i terroristi; nessun aiuto invece è stato mai chiesto agli americani che si sono con le loro basi istallati di prepotenza. Aspetti giuridici a parte, resta il giudizio morale; questa lunga sequela di assassini politici effettuati nel tempo da USA ed Israele (tra l’altro assassini di scienziati iraniani) corrispondono ad una concezione degradata e banditesca della politica in cui ogni crimine può essere effettuato se si ritiene che porti giovamento.
Qualcuno ha ipotizzato che tutto quanto accaduto è stato effettuato dalle alte sfere militari e politiche all’insaputa di Trump che ne avrebbe avuta notizia a fatti compiuti. Io non sono d’accordo con questa versione. Trump ha già fatto due regalini al suo degno compare Netanyahu : il riconoscimento dell’appartenenza ad Israele delle alture siriane del Golan, la legittimazione di Gerusalemme come capitale d’Israele. Questo è il terzo regalino che dovrebbe essere la premessa di una guerra generalizzata all’Iran che è da tempo il sogno politico di Netanyau. Trump ha difficoltà a dire di no a Netanyahu sia perché soci in affari sia perché nella sua traballante situazione all’interno dell’America l’appoggio delle lobbies sioniste americane sono un puntello irrinunciabile.
Giuseppe Occhini

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venerdì 3 gennaio 2020

Dopo la scoperta di Tamar e Leviathan... Povera Italia, da regina del Mediterraneo a hub del gas israeliano


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Lemme lemme le previsioni già da me anticipate una decina di anni fa si stanno avverando. L'immenso giacimento di idrocarburi nascosto sotto i fondali del Mediterraneo orientale sta diventando proprietà privata dello stato sionista, che prende a schiaffi sulle mani (ad usum bergogli) chiunque gli contenda lo sfruttamento già iniziato dei giacimenti Tamar e Leviathan, situati lungo una striscia sottomarina che parte dalla Libia, Egitto, israele, Libano, Siria, Cipro, toccando le isole greche... sino a giungere alla Turchia. Si dice che anche le acque territoriali del sud Italia siano ai margini dell'immenso deposito di gas e petrolio ma per il nostro stato servitorello si prevede solo la servitù di passaggio del nuovo gasdotto, che si aggiunge a quello già in costruzione, il famigerato TAP. Il nuovo hub di proprietà israeliana si chiama EastMed e dalla Grecia raggiungerà Otranto seguendo poi  più o meno il percorso già tracciato lungo la dorsale appenninica per arrivare sino al cuore dell'Europa.

Tutto ciò mentre la Turchia cerca di allargarsi, con la mossa a sorpresa di Erdogan d'inviare soldati a sostegno di Fayez al-Sarraj, il capo del complesso alberghiero di Tripoli, riconosciuto dall'ONU e dalla UE come “presidente legale” dello stato libico (ristretto alla sola capitale e ad una manciata di pozzi petroliferi). La mossa (neanche tanto misteriosa) del sultano turco ha il solo scopo di abbracciare da Ovest ad Est i giacimenti di combustibile, sia di terra che di mare (gettando eventualmente le basi di un ritorno all'impero ottomano). 

Ma è evidente che, in tutta questa guerra di accaparramento delle risorse fossili, il vero dominatore è sion, protetto e sorretto nell'impresa dal benefico zio Sam. Israele, infatti, è lo scopritore dei due primi giacimenti TAMAR (2009) e LEVIATHAN (2010) e avanza pretese egemoniche sul tutto, anche se altri stati adiacenti sostengono più o meno audacemente che il mare sul giacimento è anche loro.

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Conviene comunque affidarsi a una cronistoria.

Tutto comincia nel 2009 con la scoperta di un giacimento, chiamato poi TAMAR (dattero in arabo e in yiddish) da parte della Noble Energy, partner texano di Israele nella ricerca sottomarina. Il ritrovamento è situato a circa 80 Km a ovest di Haifa. Coi suoi 238 miliardi di metri cubi di gas naturale di eccellente qualità, TAMAR cambia la prospettiva energetica di Israele che fino a quel momento aveva una striminzita previsione di riserve a tre anni più un rifornimento infido dal gasdotto (40% del fabbisogno) egiziano che l’autorità egiziana del Petrolio ha appena disdettato accusando i contraenti di corruzione e di ribasso anomalo dei prezzi. La scoperta – sempre della Noble Energy – l’anno successivo del nuovo giacimento LEVIATHAN che ha ridotto TAMAR a una pozzanghera, ha complicato enormemente il problema, prima solo Israelo-libanese, coinvolgendo tutti i paesi affacciati sul mediterraneo orientale e perfino Puglia e Sicilia.

A questo punto entra in ballo l’USGS (United States Geological Survey) che presenta le sue stime su LEVIATHAN. ”Le risorse petrolifere e di gas del Bacino del Levante sono stimate a 1,68 miliardi di barili e 3450 miliardi di metri cubi di gas. Inoltre, sulla base di studi e perforazioni, l’USGS ha stimato ”le riserve non ancora scoperte del Bacino del Nilo in termini di petrolio e di gas, a 1,76 miliardi di barili e a 6850 miliardi di metri cubi di gas naturale”. Il totale delle riserve del mediterraneo orientale assommerebbe a 9700 miliardi di metri cubi di gas e a 3,4 miliardi di barili (altri studi indicano la quantità totale delle riserve in 3,5 trilioni di metri cubi di gas ed oltre 1,7 miliardi di barili di petrolio).

Altro detto famoso di un latinista dei tempi recenti è “..a pensar male si fa peccato ma spesso ci si azzecca”. Allora vediamo che l’Egitto è sotto giunta militare, la Palestina è praticamente cancellata, il Libano diviso e minacciato, la Siria aggredita da bande terroristiche e dagli USA, Cipro messa a tacere per i debiti, la Grecia svenduta ed in ginocchio, l’Italia commissariata e sotto ricatto… Dei paesi che si affacciano sul giacimento di gas resta in piedi la Turchia, nonché zona di confine con la Russia (quindi da tener sotto controllo, anche per via del gasdotto TurkStream frutto della joint-venture tra i due paesi).

Ovviamente su tutti impera l’accaparratore supremo: Israele!

Paolo D’Arpini

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mercoledì 1 gennaio 2020

Antisemitismo ed antisionismo secondo IHRA e secondo gli ebrei ortodossi


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Ho fatto una ricerchina sul sito del IHRA - International Holocaust Remembrance Alliance https://www.holocaustremembrance.com/  citato dal rappresentante della Comunità ebraica di Genova in risposta alla lettera di Ireo Bono (https://altracalcata-altromondo.blogspot.com/2019/12/ultime-chicche-sioniste-del-2019.html?showComment=1577807855372#c2594133344509730522)


Per quel che vi ho trovato, pare che non mi sono sbagliato andando a fiuto: l'aspersione di retorica e affermazioni pro Israele "unica democrazia in un mondo arabo" barbaro e incivile vi viaggia a piene frasi, con l'ovvia copertura "in difesa del ricordo dell'Olocausto", nonché una pregevole sezione a margine dedicata allo sterminio dei Rom che, visto il resto, fa la funzione di foglia di fico. Sezione che confesso di non aver letto a fondo (ma ci ritorno), ma anche ammesso sia di pregevole fattura conserva il ruolo suddetto. Solo per dirne una, nel sito non v'è alcun accenno della ferocia dispiegata del nazifascismo contro i popoli slavi, al cui confronto il resto impallidisce. Ad ogni modo vi invito a consultare il sito, così da farvi un quadro vostro.

Qui sotto riporto solo alcune cose trovate nella sezione italiana.

Ne "La definizione di antisemitismo adottata dai 31 Stati membri dell’IHRA, il 26 maggio 2016" una frase salta subito agli occhi: "Le manifestazioni retoriche e fisiche dell'antisemitismo sono dirette (...) verso le istituzioni della comunità ebraica".


Ecco la definizione per intero:

“L'antisemitismo è una certa percezione degli ebrei, che può essere espressa come odio verso gli ebrei. Le manifestazioni retoriche e fisiche dell'antisemitismo sono dirette verso individui ebrei o non ebrei e / o le loro proprietà, verso le istituzioni della comunità ebraica e le strutture religiose ".

Qui sotto la pagina che riporta la "Definizione" succitata nonché il "decalogo del buon anti-antisemita", ripieno di filosionismo, compreso il già citato dogma: "(E' antisemitismo) accusare i cittadini ebrei di essere più fedeli a Israele, o alle presunte priorità degli ebrei in tutto il mondo, che agli interessi dei propri paesi".
Non manca nel preambolo il concetto secondo il quale "manifestazioni (antisemite) possono comprendere attacchi contro lo Stato di Israele, concepito come collettività ebraica", appunto come ho scritto sopra. Ad ogni modo però senza esagerare: "Tuttavia, le critiche mosse a Israele, simili a quelle nei confronti di qualsiasi altro paese, non possono essere considerate antisemitismo." Chi decide il distinguo tra le due cose, con ogni probabilità, sarà lo stesso IHRA, immagino con preoccupazione. D'altro canto, non conosco al mondo altro Paese "occidentale" e/o "democratico" cui si possano imputare le recenti colpe storiche, e quelle attuali, del progetto sionista, se non risalendo alla invenzione tardocolonialista australiana e statunitense o allo sterminio cristiano cattolico in America latina.
Non manca nemmeno la legittimazione teologica di tale progetto: è antisemitismo "negare al popolo ebreo il diritto all’autodeterminazione sostenendo che l’esistenza di uno Stato di Israele è un atteggiamento razzista". Però senza responsabilità alcuna: altrettanto antisemita, mica antisionista, è "ritenere gli ebrei collettivamente responsabili delle azioni dello Stato di Israele". Amen.
(J. E.)


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La definizione di antisemitismo dell’Alleanza internazionale per la memoria dell’Olocausto IHRA

L’Alleanza internazionale per la memoria dell’Olocausto (IHRA) unisce governi ed esperti per rafforzare, far progredire e promuovere l’educazione, la memoria e la ricerca sull’Olocausto in tutto il mondo nonché per sostenere gli impegni della dichiarazione di Stoccolma del 2000.

La definizione di lavoro giuridicamente non vincolante di antisemitismo è stata adottata dai 31 Stati membri dell’IHRA, il 26 maggio 2016:
“L’antisemitismo è una certa percezione degli ebrei che può essere espressa come odio nei loro confronti. Le manifestazioni retoriche e fisiche di antisemitismo sono dirette verso le persone ebree, o non ebree, e/o la loro proprietà, le istituzioni delle comunità ebraiche e i loro luoghi di culto.”

Per orientare l’operato dell’IHRA, i seguenti esempi possono essere illustrativi:

le manifestazioni possono comprendere attacchi contro lo Stato di Israele, concepito come collettività ebraica. Tuttavia, le critiche mosse a Israele, simili a quelle nei confronti di qualsiasi altro paese, non possono essere considerate antisemitismo. L’antisemitismo di frequente accusa gli ebrei di cospirare ai danni dell’umanità ed è spesso utilizzato per accusare gli ebrei del fatto che “le cose vanno male”. Esso è espresso in termini di discorso, pubblicazioni, forma visiva e azioni, e utilizza stereotipi sinistri e tratti negativi del carattere.

I seguenti sono esempi contemporanei di antisemitismo nella vita pubblica, nei media, nelle scuole, sul luogo di lavoro e nella sfera religiosa, tenendo conto del contesto generale:
  • incitare e contribuire all’uccisione di ebrei o a danni a loro scapito, o a giustificarli, nel nome di un’ideologia radicale o di una visione estremista della religione,
  • avanzare accuse false, disumanizzanti, perverse o stereotipate sugli ebrei, in quanto tali, o sul potere degli ebrei come collettività, ad esempio, ma non esclusivamente, il mito di una cospirazione mondiale ebraica o degli ebrei che controllano i media, l’economia, il governo o altre istituzioni sociali,
  • accusare gli ebrei di essere responsabili di comportamenti scorretti, effettivi o immaginari, commessi da una sola persona o da un gruppo ebraico, o addirittura di atti commessi da non ebrei,
  • negare il fatto, l’ambito, i meccanismi (ad esempio le camere di gas) o l’intenzionalità del genocidio degli ebrei perpetrato dalla Germania nazionalsocialista e dai suoi sostenitori e complici durante la Seconda guerra mondiale (l’Olocausto),
  • accusare gli ebrei come popolo, o Israele come Stato, di aver inventato o esagerato le dimensioni dell’Olocausto,
  • accusare i cittadini ebrei di essere più fedeli a Israele, o alle presunte priorità degli ebrei in tutto il mondo, che agli interessi dei propri paesi,
  • negare al popolo ebreo il diritto all’autodeterminazione, ad esempio, sostenendo che l’esistenza di uno Stato di Israele è un atteggiamento razzista,
  • applicare una doppia misura, imponendo a Israele un comportamento non previsto o non richiesto a qualsiasi altro paese democratico,
  • usare simboli e immagini associati con l’antisemitismo classico (ad es. gli ebrei uccisori di Gesù o praticanti rituali cruenti) per caratterizzare Israele o gli israeliani,
  • paragonare la politica odierna di Israele a quella dei nazisti,
  • ritenere gli ebrei collettivamente responsabili delle azioni dello Stato di Israele.

Gli atti antisemiti sono considerati reati quando sono definiti tali dalla legge (ad esempio il rifiuto dell’Olocausto o la distribuzione di materiale antisemita in alcuni paesi).

Gli atti criminali sono considerati antisemiti quando gli obiettivi degli attacchi, siano essi persone o proprietà, quali edifici, scuole, luoghi di culto e cimiteri, sono scelti perché sono ebrei, o proprietà di ebrei, o sono percepiti come tali, o connessi con gli ebrei.

La discriminazione antisemita è il rifiuto di offrire agli ebrei opportunità o servizi a disposizione degli altri, cosa che è illegale in molti paesi.

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Articolo collegato: https://www.laluce.news/2019/12/04/127-accademici-ebrei-ai-deputati-francesi-antisionismo-e-antisemitismo-non-equiparabili/