venerdì 30 marzo 2018

USA e l'arte della destabilizzazione... Guerre incombenti e notizie false


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Siamo entrati in una nuova fase dell’età delle destabilizzazione. Non bastava la bufala delle armi di distruzione di massa di Saddam Hussein nel 2003, non erano sufficienti i disastri delle primavere arabe con la guerra per procura contro l’Iran in Siria e il bombardamento di Gheddafi in Libia: bisognava fare un salto di qualità mettendo alle strette la Russia che ha vinto la guerra in Ucraina con l’annessione e della Crimea nel 2014 ed è diventata dal settembre 2015 il player decisivo a Damasco.

Ci voleva una nuova guerra fredda perché gli Stati Uniti e la Nato sono usciti strategicamente a pezzi dal confronto con Mosca, in particolare proprio in quel conflitto al terrorismo iniziato nel 2001 dopo le Torri Gemelle. Gli europei, pur di abbattere Assad insieme agli Usa e alle monarchie arabe, sotto lo sguardo attivo dell’aviazione di Israele nel Golan siriano occupato dal 1967, hanno esportato dalle loro periferie e poi importato il jihadismo del Medio Oriente mentre gli Stati Uniti sono stati costretti a tornare sul terreno in Iraq e poi anche in Siria con risultati quanto meno contradditori, fino al tradimento degli alleati curdi siriani abbandonati alla furia turca.

Inoltre gli europei hanno visto arrivare ondate di profughi: pur di bloccare la rotta balcanica la Germania e l’Europa si sono gettate in braccia al ricatto del presidente turco Tayyip Erdogan. Che oggi si è fatto la sua «fascia di sicurezza» in territorio siriano con l’approvazione di Russia e Iran.

Spicca in questo quadro la posizione dell’Italia che persevera nella sua dabbenaggine atlantica. Non paga di avere visto distruggere il suo più importante alleato nel Mediterraneo, di avere accolto maree di rifugiati dall’Africa – con la conseguenza che l’immigrazione è diventato il tema che ha ribaltato il quadro politico interno – si è accodata alle espulsioni dei diplomatici russi con un governo Gentiloni che neppure all’ultimo è stato capace di emettere un sussulto. Ci vogliono così, docili.

E Di Maio e Salvini, i «nuovi», sono subito corsi dall’ambasciatore americano a Roma mentre si stava facendo ancora il nuovo esecutivo: come se non bastasse per andare al governo la legittimazione del voto del popolo italiano, dimostrando che l’anelito di sudditanza dei nostri politici non conosce salti e vuoti generazionali: meglio, di sicuro, della Nazionale di calcio.
Ma per stare al passo nella nuova era della destabilizzazione non basta seguire i vecchi copioni. Quando a Istanbul il 4 aprile si incontreranno Erdogan, Putin e il presidente iraniano Hassan Rohani, si materializzerà probabilmente un serio tentativo di spartizione in zone di influenza della Siria: un Paese della Nato, la Turchia, prova dunque a mettersi d’accordo con il «nemico», ma nessuno osa dire una parola, né l’Alleanza Atlantica né gli americani.

La Turchia ha cambiato campo ma non si può certificare perché ospita dozzine di basi Nato e i missili Usa puntati contro Mosca e Teheran.

Per mascherare questi fallimenti la Gran Bretagna, in concorso con gli Usa e la Nato, non ha esitato a strumentalizzare l’oscura vicenda dell’agente russo Skipral e del gas nervino. In mano però non abbiamo nessuna prova come pure sottolineava non un foglio particolarmente radicale ma il cattolico Avvenire, quotidiano moderato, puntuale nel rivelare le pesanti discrepanze che agitano l’Occidente.

Passa così in sordina anche la rielezione del presidente egiziano Abdel Fattah Al Sisi: è così imbarazzante che non ne parla nessuno; dagli Stati Uniti alla Russia, alla Cina, all’Europa, si fa finta di niente. È uno dei pochi argomenti che uniscono nel silenzio la comunità internazionale: siccome tutti vendono armi al Cairo o ci fanno affari, nessuno ha intenzione di sollevare la questione della democrazia in Egitto.

Alberto Negri
Il manifesto, 30 marzo 2018

1 commento:


  1. Commento di Fulvio Grimaldi:

    "Alberto Negri è uno dei giornalisti più astutamente ambigui della scena mediatica di regime. Non per nulla sta al Sole24 ore dove deve far finta di rappresentare la voce contro. In questo pezzo, dopo aver cianciato un po’ di destabilizzazioni che tuti conoscono e aver buttato su Russia e Iran il sospetto di traditori di Damasco, arriva al nocciolo del pezzo, cioè alla falsità propagandistica che conta: la criminalizzazione di Al Sisi  e la riesumazione della False Flag Regeni. Il tutto inserito in un paginone del lurido strumento dell’imperialismo di “sinistra” che è il manifesto, tracimante di fake news e calunnie senza prove della “sorella musulmana” Cruciati, mentre il “palestinese” Michele Giorgio si assume il compito di “destabilizzare” il governo di Assad, ventilando una totalmente inventata sostituzione del presidente votato dall’80% dei siriani con un generale, “Tigre” , (che poi non è la qualifica del generale Suheil Hassan, ma delle unità d’élite che lui comanda), bufala generata da un organo del Kuwait, colonia dell’Arabia Saudita, sostituzione cui penserebbero russi e iraniani, dopo aver sacrificato uomini e fondi per sostenere Assad massimo simbolo dell’unità e dignità della nazione. Veleno puro"

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