Mentre
tutti i giornali e le TV nostrane sono impegnati sulle modeste
vicende politiche di casa nostra fatte di patteggiamenti di basso
livello, veti incrociati, piccoli ricatti, false promesse, a molti
sfugge la drammaticità del contesto internazionale dove assistiamo
ad uno scontro epocale dai risvolti molto pericolosi.
Le
potenze nord-atlantiche, guidate dagli USA, puntano in modo sempre
più aggressivo sulla Russia di Putin, rea di non inchinarsi agli
interessi imperiali statunitensi come ai bei vecchi tempi di
Gorbaciov ed Eltsin.
Contemporaneamente cercano di far fronte alla
perdurante stagnazione economica occidentale, ed ai continui pericoli
di nuove crisi, cercando di tamponare l’ascesa impetuosa di
concorrenti politici ed economici, tra cui si distingue la Cina.
Questo grande ex-paese coloniale, un tempo preda privilegiata di
imperialismi occidentali e giapponesi, non solo ha da tempo superato
gli USA in termini di produzione globale (espressa in termini reali,
cioè tenuto conto dei prezzi interni), ma ormai supera gli USA anche
in settori tecnologici di avanguardia come quello dei supercomputer e
della computazione quantistica (1).
Dopo
le ridicole mai provate accuse lanciate agli hacker russi che
avrebbero determinato la sconfitta della povera Clinton, ora la
campagna denigratoria è stata lanciata dagli Inglesi, capeggiati dal
borioso ministro degli Esteri Boris Johnson. Il cattivo Putin in
persona è accusato di aver fatto avvelenare col gas Sarin (perbacco!
Lo stesso che sarebbe stato usato anche in Siria!) una ex-spia di
basso livello ormai in tranquilla pensione in Inghilterra da otto
anni. Questa follia sarebbe stata commessa da Putin giusto alla
vigilia delle elezioni presidenziali russe e dei Campionati di Calcio
in Russia cui quel paese teneva moltissimo come rilancio di immagine.
Un vero autogol! Peccato che gli Inglesi, pur di fronte alle
argomentate richieste russe, non abbiano fornito alcuna prova.
La
mancanza di prove non ha impedito però all’Unione Europea ed a
tutti i paesi della NATO di seguire l’esempio britannico ed
espellere circa 150 diplomatici russi. Anche il nostro Governo
leccapiedi guidato da Gentiloni non ha voluto essere da meno ed ha
espulso due diplomatici. Bisogna dare atto al leghista Salvini di
essere stato l’unico a criticare questa decisione, forse perché i
tanto deprecati “populisti” in questo momento sono più in grado
di “leggere” la situazione, rispetto alle ormai decerebrate
ex-sinistre. Tutta l’operazione si è dimostrata un completo
fallimento visto l’autentico plebiscito ottenuto da Putin, intorno
a cui tutto il popolo russo si è stretto, compresi i due principali
candidati dell’opposizione (il comunista ed il nazionalista) che in
fatto di politica estera sostengono pienamente il loro governo.
Il
problema è che queste operazioni propagandistiche servono in realtà
a preparare l’opinione pubblica occidentale a non opporsi ad un
confronto anche sul piano militare con la Russia. Mentre i missili e
le truppe corazzate della NATO sono ormai schierati a pochi
chilometri dai confini russi e si minaccia una ripresa dei
combattimenti in Ucraina, lo scontro più duro e diretto avviene in
Siria. Qui il Governo laico del Presidente Assad si è dimostrato
molto più forte del previsto. Spalleggiato da gran parte della
civilissima multi-etnica e multi-religiosa popolazione siriana, e con
l’aiuto importante dei Russi, il Governo ha progressivamente
sconfitto tutti i gruppi di fanatici jihadisti e salafiti, in gran
parte formati da estremisti stranieri, che avevano cercato di
destabilizzare il paese.
L’ultima
grande vittoria dell’esercito governativo è quella ottenuta con la
liberazione dei sobborghi di Damasco definiti Ghouta. Qui da sei anni
alcune bande terroriste tenevano in ostaggio la popolazione
tormentando la popolazione del centro di Damasco, e specialmente i
quartieri cristiani, con continui bombardamenti con mortai che
mietevano molte vittime civili. Ora, quasi tutti i gruppi (Jaish
Al-Islam finanziato dall’Arabia Saudita, Failaq Al-Ahram finanziato
dal Qatar, Ahrar Al-Sham finanziato dalla Turchia, Tahrir Al-Sham
facente parte di Al Qaida), sconfitti sul campo, hanno accettato di
sgombrare la zona mediante salvacondotti. Questo ha posto fine anche
all’assurda campagna pseudo-umanitaria, alimentata anche da
giornalisti di regime, come Ricucci e le note Botteri e Goracci, che
ha cercato fino alla fine di fermare l’operazione dell’esercito
ed evitare la sconfitta dei fondamentalisti.
Purtroppo
i protettori dei cosiddetti “ribelli” non demordono. L’esercito
USA, servendosi anche dei miliziani curdi come carne da cannone, con
la scusa della lotta all’ISIS, ha occupato tutte le zone della
Siria orientale dove si trova il 70% dei giacimenti di gas e petrolio
per sottrarre risorse al Governo siriano vittorioso per la
ricostruzione post-bellica. Anche la zona strategica di Al Tanf,
posta sulla grande autostrada Bagdad-Damasco è stata occupata dagli
USA per bloccare le comunicazioni tra Siria ed Iraq. Gli USA
dichiarano che non se ne andranno più e bombardano chi osa
avvicinarsi.
I Russi dichiarano che risponderanno se minacciati, e
Putin fa sapere di possedere missili che possono colpire ogni zona
del mondo senza essere intercettati. Da parte loro i Curdi, dopo aver
fatto da mercenari agli USA sperando nel loro aiuto, tradendo Assad
che li aveva accolti in Siria insieme al loro capo Ocalan rifugiato e
protetto in Siria per 20 anni, ora sono “scaricati” e devono
sostenere l’attacco della Turchia di Erdogan. Chi scrive è stato
in passato sostenitore del PKK (Partito Comunista Curdo) visitando
varie volte le zone di confine tra Turchia, Siria ed Iraq; ma oggi
non può far altro che criticare le sciagurate ed autolesioniste
scelte dei dirigenti curdi.
Anche
Israele, mentre continua a massacrare e scacciare la gente
palestinese e ad arrestare anche le ragazzine che hanno osato
resistere ai soldati, sostiene alla frontiera siriana, nel Golan e
nel bacino dello Yarmuk, le formazioni salafite e dello Stato
Islamico per tenere a distanza l’esercito di Assad ed i suoi
alleati, gli Hezbollah libanesi, che già sconfissero lo stato
sionista nel 2000 e nel 2006.
“Dulcis
in fundo”: ora Trump, dopo aver minacciato di denunciare l’accordo
di compromesso raggiunto tra Obama e l’Iran, dopo aver spostato
l’Ambasciata USA a Gerusalemme (“capitale indivisa dello stato
ebraico”), scatena anche una avventata guerra dei dazi contro la
Cina, che certamente gli si ritorcerà contro. Invece, rimanendo in
Estremo Oriente, sembra essersi ammosciata la campagna di minacce
contro la Corea Popolare. Il fatto è che questo piccolo e combattivo
stato si è dotato di armi atomiche; non come l’Iraq di Saddam e la
Libia di Gheddafi che non avevano l’atomica; e se ne sono viste le
conseguenze.
Ma
l’eco di questo scontro epocale che vede un confronto duro e
pericoloso tra gli USA ed i loro alleati, da un lato, e Russia, Cina,
Siria, Iran, Venezuela, Cuba, ed altri stati indipendenti dall’altro,
giunge attutito in Italia dove si discute solo “de minimis”.
Anche l’ex-sinistra “radicale”, quella che abboccò all’inganno
delle “primavere arabe” e, ancor prima, alla “rivoluzione”
contro Milosevic finanziata da George Soros, dorme sonni tranquilli
parlando al massimo, ed impropriamente, di “migranti” o
ricorrendo ad un “antifascismo” strumentale.
Vincenzo Brandi
(1)”La
sfida USA-Cina per l’egemonia tecnologica”, F. Garofalo,
Marx21.it
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