In margine alla conferenza stampa 5 Stelle
con l’arcivescovo di Aleppo
Un popolo
eroico, con ormai solo 17 milioni di abitanti su 23, di cui non si sa
quanti uccisi e circa 5 sradicati, in fuga, sparsi nel mondo,
perlopiù alla mercé di schiavisti turchi e di negrieri europei,
centinaia di migliaia di vittime tra civili e combattenti patrioti,
una delle più antiche civiltà del mondo, quella che ha dato i
natali al meglio di noi e poi ci ha restituito Aristotile ed Eschilo,
un popolo sepolto sotto il vilipendio di una narrazione falsa e
bugiarda da parte di mandanti e sicari, il 5 ottobre 2016 ha potuto far sentire la
sua voce in una sede istituzionale del più alto livello, nella casa
deputata all’esercizio della sovranità del popolo. Per la prima
volta. Grazie al Movimento Cinque Stelle, grazie al deputato Manlio
Di Stefano, responsabile Esteri del Movimento.
Un popolo
eroico, avanguardia del riscatto nazionale anticoloniale arabo,
affermatosi come il più valido resistente nella tre guerre
d’aggressione dell’elemento estraneo incistato dal
neocolonialismo nel corpo della nazione araba, oggi in piedi,
sanguinante, ma non piegato, dopo quasi sei anni in cui gli si è
lanciato contro quanto di più criminale e orrendo l’Uccidente
imperialista, con il suo presidio locale israeliano, abbia saputo
concepire nei secoli delle sue scorribande genocide e predatrici: le
più sofisticate tecnologie di morte insieme ai perenni strumenti
della fame, delle malattie (sanzioni) e delle armate di
lanzichenecchi.
Un popolo a
cui noi, decerebrati dai gas tossici sparatici addosso ogni giorno,
ogni ora dal menzognificio mediatico (Udo Ufkotte, già direttore del
più importante quotidiano tedesco, “Frankfurter Allgemeine
Zeitung”: “Non c’è
giornalista di rilievo europeo che non sia al soldo della Cia”),
guardiamo con la complice indifferenza con cui, consci della
superiorità cristiana e bianca, come ora, seguivamo le spedizioni
devastatrici dei rapinatori crociati. Un popolo colpito alle spalle
da sedicenti “sinistre” che, detriti spiaggiati dalla storia,
respirano attaccati alle bombole di un ossigeno contaminato.
Di questo
popolo, incredibilmente in piedi, ma che è dato per morituro e forse
lo è, se teniamo conto dell’immane potenza che gli si è scagliato
addosso, a dispetto di quanto la Russia potrà o vorrà fare, ci è
negata la voce. Per quanto urli verità, collera, agonia, quella voce
viene annegata,, come i suoi cittadini sotto le macerie o tra i
flutti del Mediterraneo, dal concorso cospiratorio di boia e becchini
nel frastuono mediatico. Ma ieri quella voce, fattasi strada tra le
rovine e gli inganni di Aleppo, l’abbiamo udita.
Ho visto
tutte le guerre di quando, crollato il muro, gli Usa si sono erti
come unica potenza autonominatasi reggitrice del mondo e decisora di
ciò che vi è bianco e nero. E in ognuna la prima preoccupazione è
stata quella di annientare la voce dell’altro, dell’aggredito,
della vittima. A Belgrado la Tv di Stato, 1999, con i suoi 13
giornalisti e tecnici, a Baghdad uguale nel 2003, a Tripoli e a
Damasco nel 2011. E dove gli agenti della menzogna che copre il
delitto non potevano arrivare con le bombe o gli ordigni dei
lanzichenecchi, la voce veniva tolta di mezzo cancellandola dai
satelliti e dalle frequenze. Segno
di una paura tremenda della verità, segno della perfetta
consapevolezza del proprio inganno.
Con una distruzione sistematica e pianificata dell’epistemologia,
ci è stata fatta accettare, dall’inizio delle cosiddette primavere
arabe (le vere e le fasulle) una versione rovesciata della realtà.
L’arcivescovo di Aleppo, Joseph Tobji, l’ha rimessa in piedi.
Una voce
contro tutti.
Una
coalizione di regimi a guida psicopatica, a cui la resistenza siriana
e i suoi alleati hanno gettato un bastone tra le ruote del carro fin
lì vincitore, in queste ore ha deciso di giocarsi il tutto per il
tutto. Tanto più che la partita, per la prima volta, non sta
volgendo a suo favore e il progetto sion-imperialista di un Grande
Medio Oriente degli Stati frantumati e soggiogati, vacilla.
All’assalto diretto alle forze armate siriane a supporto dei
jihadisti, al rovesciamento del fronte fatto fare ai curdi, fin lì
dalla parte del loro paese e contro l’Isis, alle false flag delle
armi chimiche, o degli attacchi ai convogli di aiuti, alla minaccia
dell’intervento diretto contro i russi, di cui gli Usa avevano
finto di essere alleati contro il terrorismo jihadista, si accoppia
un’escalation propagandistica senza precedenti, - i bambini e gli
ospedali di Aleppo-Sarajevo - da travolgere ogni percezione delle
cose, ogni discernimento. Con tanto di “Elmetti Bianchi
samaritani”, scoperti dai video in combutta con i terroristi,
sempre e solo dalla loro parte, fondati da arnesi dei servizi Usa e
riforniti dai turchi.
Capifila, di
nuovo e sempre, i due giornali “d’opposizione”: “manifesto”
e “Fatto Quotidiano” dalla curiosa deontologia che contraddice
nelle pagine delle falsità estere quanto di corretto raccontano in
quelle degli interni. E poi qualcuno nella corporazione si adombra
quando si parla di canea giornalistica. Indignazione quando si osa
offendere la categoria parlando di “accanimento giornalistico
contro Virginia Raggi”. E l’accanimento contro altri bersagli da
obliterare? I meccanismi messi in campo e gli obiettivi dettati
sono analoghi. In casa veniamo bombardati da oscenità come la mostra
al Maxi di Roma di un anonimo fotografo “del regime di Assad” che
avrebbe fotografo la decimazione e le sevizie di migliaia di
detenuti. Misterioso, anzi assurdo, lo scopo per il quale un governo
documenterebbe e archivierebbe i suoi crimini. E da rapporti di
Amnesty, pure fondati su fonti anonime e mai consultate sul posto,
sulle decine di migliaia di prigionieri torturati e fatti scomparire.
Entrambe le vomitevoli bufale sono riesumazioni, ma le date sono
significative: 2016 alla vigilia della conferenza di pace di Ginevra,
per sabotarla. e, oggi, nel pieno della battaglia finale per la
liberazione di Aleppo , per giustificare altre atrocità e,
possibilmente, lo scontro diretto Usa-Russia, cioè l’Armageddon.
Manlio Di
Stefano, nel presentare Monsignor Tobji, ha detto che, diffidando di
quanto ci arriva da Tel Aviv, New York e Doha, ritiene preferibile
ascoltare da un testimone diretto cosa pensano i siriani.
Un’iniziativa che fa onore al M5S e segue altre analoghe a
rettifica di una politica estera nazionale sciagurata, al servizio
delle guerre altrui: sulla Nato, sui paesi latinoamericani
dell’A.L.B.A., sulla Libia, organizzata dalla senatrice Ornella
Bertorotta della Commissione Esteri del Senato, pure presente alla
sala stampa di Montecitorio. Un’iniziativa che accompagna la
richiesta di porre fine alle sanzioni genocide contro la Siria, di
riaprire l’ambasciata siriana a Roma, di sospendere i rapporti
commerciali e le vendite di armi all’Arabia Saudita. Di Stefano
ricorda quanto, nell’imperversare della propaganda, si tende a
trascurare: in Siria operano mercenari da 89 paesi, all’Isis si è
permesso di occupare territori siriani e iracheni e, se quei paesi
sono diventati “il parco giochi degli Usa”, le colpe sono anche
le nostre che rifiutiamo di adottare una politica estera basata sulla
carta delle Nazioni Unite:”Non ingerenza e convivenza pacifica”.
L’arcivescovo
di Aleppo, non limitandosi a invocare basta guerra, morte,
distruzione, “nelle quali
nessuno vince e tutti perdono”, ha
denunciato i giochi sporchi condotti sulla pelle dei siriani,
utilizzati come pezzi di una scacchiera in una guerra per procura,
condotta con forze surrogate. A noi, che veniamo schiacciati contro
uno specchio deformante da notizie esclusivamente su Aleppo Est,
occupata dai jihadisti, Monsignor Tobji ha finalmente raccontato cosa
avviene negli altri tre quarti di una città che era patrimonio
dell’umanità, come ricorda l’altro relatore, Alberto Negri, del
“Sole 24 Ore” (Negri che, peraltro, non ci risparmia una quota di
cerchiobottismo quando ripete la giaculatoria sul “regime duro di
Damasco” e quando riesuma la favola di una ribellione siriana
“autentica e pacifica”, repressa dal “duro regime”. “Rivolta
pacifica” di cui io stesso, e tanti altri sul posto, abbiamo
potuto constatare la falsità, sapendola pianificata da decenni a
Tel Aviv e Washington, e vedendola infiltrata da subito da armati che
sparavano su una polizia allora disarmata e sugli stessi
manifestanti. Numerosi video lo documentano, ma in Occidente non
hanno corso legale).
Su Aleppo il
nostro testimone oculare racconta: “
I terroristi sparano senza posa a tutti. La settimana scorsa abbiamo
avuto 75 morti e 185 feriti, tutti civili. Queste persone sparano,
sgozzano. Uccidono prigionieri e ne mangiano il cuore (ne
ho inserito i video nel mio “Armageddon sulla via di Damasco”)
Crollano gli edifici con dentro tutti gli abitanti. Vengono colpiti
ospedali, scuole, fabbriche, forni, depositi di viveri. La centrale
elettrica è stata distrutta. Quella idrica è sotto controllo dei
terroristi che ci negano l’acqua. Mancano carburante e
combustibili. Le sanzioni imposte dall’Occidente hanno ridotto
tutti sotto il livello di povertà. La città che un tempo ospitava 4
milioni d cittadini è ora ridotta a 1,5 milioni, senza pane e senza
medicine. E i mezzi d’informazione parlano sempre e solo di Aleppo
Est, mai di noi. Ne consegue un’emigrazione di fuga per la vita.
Forse è in prospettiva il male più grande. Senza giovani, senza
diplomati, chi ricostruirà il nostro paese? Eravamo un mosaico di
genti, confessioni, etnie. Eravamo prosperi, si stava bene. Se passa
il progetto degli aggressori, domani saremo un paese in frantumi e a
colore unico. Fermiamo la vendita di armi, basta pagare i terroristi,
blocchiamo i flussi di armi e mercenari dalla Turchia e, soprattutto,
togliamo le sanzioni, sono peggiori delle bombe, uccidono milioni.
Uccidono tutti, perché uccidono la cultura”.
La
saletta stampa di Montecitorio era affollata di operatori tv e
cronisti. Alcuni hanno interloquito. Chi, presente in fasi della
tragedia mediorientale, per denunciare le omissioni e falsificazioni
della propria categoria, chi, al contrario, per esprimere risentito
stupore per quanto, nel racconto del testimone e nell’analisi del
deputato, contrastava con la vulgata discesa dall’empireo della
vera informazione, quella compatta occidentale di tutti gli
schieramenti. Tra costoro Vincenzo Nigro - che sul tabloid
scandalistico “La Repubblica” da lunga pezza ci conforta con le
valutazioni indefettibili della realtà di Dipartimento di Stato,
Mossad e Cia – opponeva alle evidenti manipolazioni del prelato le
provate nefandezze di Assad e dei russi, ultimamente con il
bombardamento su convogli di aiuti.
“Il Fatto Quotidiano” faceva
il signore pubblicando un colonnino in cui si riportavano le parole
del testimone, per poi sommergerle, però, nel riferimento alla
fetida bufala delle foto di Caesar, esibite al Maxi di Roma, nelle
quali neanche una sola vittima risulta identificata. Una roba che si
affianca alle armi di distruzione di massa di Saddam, alla pulizia
etnica di Milosevic, alle fosse comuni di Gheddafi.
Sulle
denunce dei presunti crimini del regime di Damasco il religioso avrebbe
risposto “Non so di cosa parla,
non ne sono al corrente, non posso rispondere”.
E se ne sarebbe andato sorridendo. Bel quadretto di un testimone
fasullo che si schermisce e scappa. Tutto falso: le parole, il
sorriso, il “se ne va”. Ma il sublime della manipolazione dei
supposti gonzi cui si indirizza il giornale che Travaglio dichiara
“indipendente e libero” è raggiunto nell’impaginazione.
Accanto a detto colonnino, quattro colonne e due foto: Assad accanto
a Pol Pot, uguali nei genocidi, e, nel corpo del testo, “Assad come
Al Baghdadi” e “una vergogna
che Assad mantenga un seggio all’Onu, è un macabro teatro
dell’assurdo che il veto russo rende ancora più grottesco”.
Grottesco
teatro dell'assurdo, appunto: quello di un giornale che per affondare
un barchino tra le onde usa gli F16. L’autrice si chiama Roberta
Zunini. Da Pulitzer. Silenzio, invece, del “manifesto”. Imbarazzo
da cerchiobottismo.
Di verità ha
invece parlato un siriano, un giusto, un cittadino di quella parte di
Aleppo dove nessun ascaro mediatico ritiene di dover mettere piede,
taccuino, obiettivo. Che non rimanga vox
clamantis in deserto. Che il
deserto disperda gli schiamazzi dei presstituti. Che si faccia di
tutto perché, quello del popolo di Aleppo, della Siria, non sia il
saluto del morituro. Grazie 5 Stelle.
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