domenica 9 ottobre 2016

Siria, alla mercé dell'Occidente (o "uccidente"?) - Il genocidio siriano all'insaputa del vaticano


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In margine alla conferenza stampa 5 Stelle con l’arcivescovo di Aleppo

Un popolo eroico, con ormai solo 17 milioni di abitanti su 23, di cui non si sa quanti uccisi e circa 5 sradicati, in fuga, sparsi nel mondo, perlopiù alla mercé di schiavisti turchi e di negrieri europei, centinaia di migliaia di vittime tra civili e combattenti patrioti, una delle più antiche civiltà del mondo, quella che ha dato i natali al meglio di noi e poi ci ha restituito Aristotile ed Eschilo, un popolo sepolto sotto il vilipendio di una narrazione falsa e bugiarda da parte di mandanti e sicari, il 5 ottobre 2016 ha potuto far sentire la sua voce in una sede istituzionale del più alto livello, nella casa deputata all’esercizio della sovranità del popolo. Per la prima volta. Grazie al Movimento Cinque Stelle, grazie al deputato Manlio Di Stefano, responsabile Esteri del Movimento.

Un popolo eroico, avanguardia del riscatto nazionale anticoloniale arabo, affermatosi come il più valido resistente nella tre guerre d’aggressione dell’elemento estraneo incistato dal neocolonialismo nel corpo della nazione araba, oggi in piedi, sanguinante, ma non piegato, dopo quasi sei anni in cui gli si è lanciato contro quanto di più criminale e orrendo l’Uccidente imperialista, con il suo presidio locale israeliano, abbia saputo concepire nei secoli delle sue scorribande genocide e predatrici: le più sofisticate tecnologie di morte insieme ai perenni strumenti della fame, delle malattie (sanzioni) e delle armate di lanzichenecchi.

Un popolo a cui noi, decerebrati dai gas tossici sparatici addosso ogni giorno, ogni ora dal menzognificio mediatico (Udo Ufkotte, già direttore del più importante quotidiano tedesco, “Frankfurter Allgemeine Zeitung”: “Non c’è giornalista di rilievo europeo che non sia al soldo della Cia”), guardiamo con la complice indifferenza con cui, consci della superiorità cristiana e bianca, come ora, seguivamo le spedizioni devastatrici dei rapinatori crociati. Un popolo colpito alle spalle da sedicenti “sinistre” che, detriti spiaggiati dalla storia, respirano attaccati alle bombole di un ossigeno contaminato.

Di questo popolo, incredibilmente in piedi, ma che è dato per morituro e forse lo è, se teniamo conto dell’immane potenza che gli si è scagliato addosso, a dispetto di quanto la Russia potrà o vorrà fare, ci è negata la voce. Per quanto urli verità, collera, agonia, quella voce viene annegata,, come i suoi cittadini sotto le macerie o tra i flutti del Mediterraneo, dal concorso cospiratorio di boia e becchini nel frastuono mediatico. Ma ieri quella voce, fattasi strada tra le rovine e gli inganni di Aleppo, l’abbiamo udita.

Ho visto tutte le guerre di quando, crollato il muro, gli Usa si sono erti come unica potenza autonominatasi reggitrice del mondo e decisora di ciò che vi è bianco e nero. E in ognuna la prima preoccupazione è stata quella di annientare la voce dell’altro, dell’aggredito, della vittima. A Belgrado la Tv di Stato, 1999, con i suoi 13 giornalisti e tecnici, a Baghdad uguale nel 2003, a Tripoli e a Damasco nel 2011. E dove gli agenti della menzogna che copre il delitto non potevano arrivare con le bombe o gli ordigni dei lanzichenecchi, la voce veniva tolta di mezzo cancellandola dai satelliti e dalle frequenze. Segno di una paura tremenda della verità, segno della perfetta consapevolezza del proprio inganno. Con una distruzione sistematica e pianificata dell’epistemologia, ci è stata fatta accettare, dall’inizio delle cosiddette primavere arabe (le vere e le fasulle) una versione rovesciata della realtà. L’arcivescovo di Aleppo, Joseph Tobji, l’ha rimessa in piedi.

Una voce contro tutti.
Una coalizione di regimi a guida psicopatica, a cui la resistenza siriana e i suoi alleati hanno gettato un bastone tra le ruote del carro fin lì vincitore, in queste ore ha deciso di giocarsi il tutto per il tutto. Tanto più che la partita, per la prima volta, non sta volgendo a suo favore e il progetto sion-imperialista di un Grande Medio Oriente degli Stati frantumati e soggiogati, vacilla. All’assalto diretto alle forze armate siriane a supporto dei jihadisti, al rovesciamento del fronte fatto fare ai curdi, fin lì dalla parte del loro paese e contro l’Isis, alle false flag delle armi chimiche, o degli attacchi ai convogli di aiuti, alla minaccia dell’intervento diretto contro i russi, di cui gli Usa avevano finto di essere alleati contro il terrorismo jihadista, si accoppia un’escalation propagandistica senza precedenti, - i bambini e gli ospedali di Aleppo-Sarajevo - da travolgere ogni percezione delle cose, ogni discernimento. Con tanto di “Elmetti Bianchi samaritani”, scoperti dai video in combutta con i terroristi, sempre e solo dalla loro parte, fondati da arnesi dei servizi Usa e riforniti dai turchi.

Capifila, di nuovo e sempre, i due giornali “d’opposizione”: “manifesto” e “Fatto Quotidiano” dalla curiosa deontologia che contraddice nelle pagine delle falsità estere quanto di corretto raccontano in quelle degli interni. E poi qualcuno nella corporazione si adombra quando si parla di canea giornalistica. Indignazione quando si osa offendere la categoria parlando di “accanimento giornalistico contro Virginia Raggi”. E l’accanimento contro altri bersagli da obliterare? I meccanismi messi in campo e gli obiettivi dettati sono analoghi. In casa veniamo bombardati da oscenità come la mostra al Maxi di Roma di un anonimo fotografo “del regime di Assad” che avrebbe fotografo la decimazione e le sevizie di migliaia di detenuti. Misterioso, anzi assurdo, lo scopo per il quale un governo documenterebbe e archivierebbe i suoi crimini. E da rapporti di Amnesty, pure fondati su fonti anonime e mai consultate sul posto, sulle decine di migliaia di prigionieri torturati e fatti scomparire. Entrambe le vomitevoli bufale sono riesumazioni, ma le date sono significative: 2016 alla vigilia della conferenza di pace di Ginevra, per sabotarla. e, oggi, nel pieno della battaglia finale per la liberazione di Aleppo , per giustificare altre atrocità e, possibilmente, lo scontro diretto Usa-Russia, cioè l’Armageddon.

Manlio Di Stefano, nel presentare Monsignor Tobji, ha detto che, diffidando di quanto ci arriva da Tel Aviv, New York e Doha, ritiene preferibile ascoltare da un testimone diretto cosa pensano i siriani. Un’iniziativa che fa onore al M5S e segue altre analoghe a rettifica di una politica estera nazionale sciagurata, al servizio delle guerre altrui: sulla Nato, sui paesi latinoamericani dell’A.L.B.A., sulla Libia, organizzata dalla senatrice Ornella Bertorotta della Commissione Esteri del Senato, pure presente alla sala stampa di Montecitorio. Un’iniziativa che accompagna la richiesta di porre fine alle sanzioni genocide contro la Siria, di riaprire l’ambasciata siriana a Roma, di sospendere i rapporti commerciali e le vendite di armi all’Arabia Saudita. Di Stefano ricorda quanto, nell’imperversare della propaganda, si tende a trascurare: in Siria operano mercenari da 89 paesi, all’Isis si è permesso di occupare territori siriani e iracheni e, se quei paesi sono diventati “il parco giochi degli Usa”, le colpe sono anche le nostre che rifiutiamo di adottare una politica estera basata sulla carta delle Nazioni Unite:”Non ingerenza e convivenza pacifica”.

L’arcivescovo di Aleppo, non limitandosi a invocare basta guerra, morte, distruzione, “nelle quali nessuno vince e tutti perdono”, ha denunciato i giochi sporchi condotti sulla pelle dei siriani, utilizzati come pezzi di una scacchiera in una guerra per procura, condotta con forze surrogate. A noi, che veniamo schiacciati contro uno specchio deformante da notizie esclusivamente su Aleppo Est, occupata dai jihadisti, Monsignor Tobji ha finalmente raccontato cosa avviene negli altri tre quarti di una città che era patrimonio dell’umanità, come ricorda l’altro relatore, Alberto Negri, del “Sole 24 Ore” (Negri che, peraltro, non ci risparmia una quota di cerchiobottismo quando ripete la giaculatoria sul “regime duro di Damasco” e quando riesuma la favola di una ribellione siriana “autentica e pacifica”, repressa dal “duro regime”. “Rivolta pacifica” di cui io stesso, e tanti altri sul posto, abbiamo potuto constatare la falsità, sapendola pianificata da decenni a Tel Aviv e Washington, e vedendola infiltrata da subito da armati che sparavano su una polizia allora disarmata e sugli stessi manifestanti. Numerosi video lo documentano, ma in Occidente non hanno corso legale).

Su Aleppo il nostro testimone oculare racconta: “ I terroristi sparano senza posa a tutti. La settimana scorsa abbiamo avuto 75 morti e 185 feriti, tutti civili. Queste persone sparano, sgozzano. Uccidono prigionieri e ne mangiano il cuore (ne ho inserito i video nel mio “Armageddon sulla via di Damasco”) Crollano gli edifici con dentro tutti gli abitanti. Vengono colpiti ospedali, scuole, fabbriche, forni, depositi di viveri. La centrale elettrica è stata distrutta. Quella idrica è sotto controllo dei terroristi che ci negano l’acqua. Mancano carburante e combustibili. Le sanzioni imposte dall’Occidente hanno ridotto tutti sotto il livello di povertà. La città che un tempo ospitava 4 milioni d cittadini è ora ridotta a 1,5 milioni, senza pane e senza medicine. E i mezzi d’informazione parlano sempre e solo di Aleppo Est, mai di noi. Ne consegue un’emigrazione di fuga per la vita. Forse è in prospettiva il male più grande. Senza giovani, senza diplomati, chi ricostruirà il nostro paese? Eravamo un mosaico di genti, confessioni, etnie. Eravamo prosperi, si stava bene. Se passa il progetto degli aggressori, domani saremo un paese in frantumi e a colore unico. Fermiamo la vendita di armi, basta pagare i terroristi, blocchiamo i flussi di armi e mercenari dalla Turchia e, soprattutto, togliamo le sanzioni, sono peggiori delle bombe, uccidono milioni. Uccidono tutti, perché uccidono la cultura”.

La saletta stampa di Montecitorio era affollata di operatori tv e cronisti. Alcuni hanno interloquito. Chi, presente in fasi della tragedia mediorientale, per denunciare le omissioni e falsificazioni della propria categoria, chi, al contrario, per esprimere risentito stupore per quanto, nel racconto del testimone e nell’analisi del deputato, contrastava con la vulgata discesa dall’empireo della vera informazione, quella compatta occidentale di tutti gli schieramenti. Tra costoro Vincenzo Nigro - che sul tabloid scandalistico “La Repubblica” da lunga pezza ci conforta con le valutazioni indefettibili della realtà di Dipartimento di Stato, Mossad e Cia – opponeva alle evidenti manipolazioni del prelato le provate nefandezze di Assad e dei russi, ultimamente con il bombardamento su convogli di aiuti. 

“Il Fatto Quotidiano” faceva il signore pubblicando un colonnino in cui si riportavano le parole del testimone, per poi sommergerle, però, nel riferimento alla fetida bufala delle foto di Caesar, esibite al Maxi di Roma, nelle quali neanche una sola vittima risulta identificata. Una roba che si affianca alle armi di distruzione di massa di Saddam, alla pulizia etnica di Milosevic, alle fosse comuni di Gheddafi.

Sulle denunce dei presunti crimini del regime di Damasco il religioso avrebbe risposto “Non so di cosa parla, non ne sono al corrente, non posso rispondere”. E se ne sarebbe andato sorridendo. Bel quadretto di un testimone fasullo che si schermisce e scappa. Tutto falso: le parole, il sorriso, il “se ne va”. Ma il sublime della manipolazione dei supposti gonzi cui si indirizza il giornale che Travaglio dichiara “indipendente e libero” è raggiunto nell’impaginazione. Accanto a detto colonnino, quattro colonne e due foto: Assad accanto a Pol Pot, uguali nei genocidi, e, nel corpo del testo, “Assad come Al Baghdadi” e “una vergogna che Assad mantenga un seggio all’Onu, è un macabro teatro dell’assurdo che il veto russo rende ancora più grottesco”. Grottesco teatro dell'assurdo, appunto: quello di un giornale che per affondare un barchino tra le onde usa gli F16. L’autrice si chiama Roberta Zunini. Da Pulitzer. Silenzio, invece, del “manifesto”. Imbarazzo da cerchiobottismo.

Di verità ha invece parlato un siriano, un giusto, un cittadino di quella parte di Aleppo dove nessun ascaro mediatico ritiene di dover mettere piede, taccuino, obiettivo. Che non rimanga vox clamantis in deserto. Che il deserto disperda gli schiamazzi dei presstituti. Che si faccia di tutto perché, quello del popolo di Aleppo, della Siria, non sia il saluto del morituro. Grazie 5 Stelle.

 Fulvio Grimaldi  fulvio.grimaldi@gmail.com




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