Gottfried Wilhelm Leibnitz nacque a Lipsia nel 1646 da una famiglia agiata che gli permise ampi studi. Collaborò con importanti famiglie regnanti, ed in particolare con colui che doveva diventare nel 1692 il grande elettore dell’Hannover. Adottò come suoi principi politici il rilancio dell’autonomia tedesca insidiata dalla Francia e la riunificazione delle chiese cristiane dopo i disastri della Guerra interreligiosa dei 30 anni. Viaggiò in Francia ed Olanda facendo conoscenza con Huyghens ed il filosofo Spinoza. Nel 1673 fu in Inghilterra dove ebbe notizia degli studi intrapresi da Newton sulla matematica infinitesimale (oggi nota come “analisi matematica”).
I suoi interessi matematici, orientati negli anni giovanili verso il calcolo combinatorio e l’algebra, si orientarono poi decisamente nel campo dell’analisi matematica in cui ottenne brillanti risultati mettendo a punto sia i fondamenti del “calcolo differenziale” basato sulle differenze infinitesime, sia del “calcolo integrale” per il calcolo delle aree sottese ad una curva. Comprese inoltre che l'operazione di “derivazione” che riguarda la determinazione della tangente alla curva è inversa dell’operazione di “integrazione” per il calcolo delle aree.
Poiché nel frattempo Newton era giunto ad analoghi risultati, sorse a partire dal 1699 un’aspra polemica su chi avesse preceduto l’altro negli studi. Newton, divenuto nel 1703 presidente della Royal Society (di cui era entrato a far parte anche Leibnitz, già membro anche dell’Accademia di Francia) manovrò per avere la meglio. Leibnitz fu addirittura accusato di plagio.
In realtà il matematico tedesco era giunto ai suoi risultati autonomamente, anche se cronologicamente dopo Newton. Inoltre il suo simbolismo matematico è più preciso di quello più oscuro di Newton. Fu ripreso dallo svizzero Giovanni Bernouilli e dal francese Guillaume dell’Hopital, e viene tuttora adottato (come il celebre differenziale “dx” ben noto agli studenti di matematica, ingegneria e scienze, ed il simbolo tuttora usato di “integrale”). La sconfitta di Leibnitz divenne definitiva quando l’elettore di Hannover nel 1714 divenne re di Inghilterra, ma, per ingraziarsi gli Inglesi, dette torto a Leibnitz, che morì solo e dimenticato due anni dopo.
Un altro campo in cui Leibnitz viene considerato ancora oggi come un anticipatore della filosofia logica moderna, a partire da Boole e Frege (opinione condivisa dallo stesso filosofo logico Bertrand Russell operante all’inizio del ‘900) è stato quello della logica.
Lebnitz riteneva che ad ogni entità ( reale, o anche solo logicamente possibile) potesse corrispondere un simbolo, o combinazioni di simboli per le entità complesse, fino a formare un “alfabeto” dei pensieri e delle conoscenze umane. Riteneva che sui vari simboli si potessero compiere delle operazioni, impostando un vero e proprio calcolo logico, utile non solo ad effettuare dimostrazioni, ma anche a giungere a nuove verità ottenibili con la pura logica, indicate come “verità di ragione”. Tali verità si sarebbero andate ad aggiungere a quelle “di fatto” ricavabili direttamente dall’esperienza. Questo formalismo logico anticipa quello moderno sviluppato tra ‘800 e ‘900, anche se, a differenza di quello moderno, pretende di corrispondere anche ad entità reali (cosiddetto “simbolismo semantizzato”).
C’è da aggiungere che però l’ambizioso programma del filosofo tedesco non fu mai realizzato, ma solo impostato nei suoi presupposti logici.
Nel campo della fisica Leibnitz si oppose al meccanicismo di Cartesio e Newton e fu contrario alle teorie atomiche (“perché la natura non procede per salti”), ma senza riuscire a creare una fisica nuova. Il suoi principali risultati sono stati una giusta critica alla (errata) teoria newtoniana dello spazio e del tempo “assoluti” ed una giusta critica del principio cartesiano di conservazione nell’universo della “quantità di moto” (cioè del prodotto della massa dei corpi per le velocità) sostituito dal principio di conservazione della “forza viva” (oggi chiamata “energia cinetica” , proporzionale al prodotto della massa per il quadrato della velocità). Questo principio è più vicino alla fisica moderna ed è valido nel caso di energie puramente meccaniche connesse con la velocità. Il moderno principio generale di “conservazione dell’energia” tiene però conto di tutti i tipi di energia (elettrica, termica, chimica, ecc.).
Nel campo biologico Leibnitz fu contrario ad ogni teoria “evoluzionista” , sempre perché convinto erroneamente che “la natura non procede per salti”. Riteneva che tutte le specie biologiche provenissero da una lenta trasformazione di forme primitive distinte create da Dio (teoria detta “preformismo”).
La parte più obsoleta del pensiero del filosofo di Lipsia – ben lontana dalla modernità del contemporaneo Locke di cui abbiamo scritto al numero precedente - è la sua concezione metafisica ricca di suggestioni platonico-pitagoriche. La realtà sarebbe formata da un coacervo di entità logico-metafisiche indipendenti l’una dall’altra, dette “monadi”. Dio le ha create e le coordina secondo un suo disegno, per cui questo è “il migliore dei mondi possibili”. L’irriverente Voltaire ha impietosamente sbeffeggiato questa teoria nell’opera satirica “Candido”. L’ingenuo protagonista incappa in una serie impressionante di disgrazie individuali e collettive – da guerre a terremoti ad amori infelici – ma è sempre convinto di vivere nel “mondo migliore possibile” come sostenuto dal suo maestro, il ridicolo filosofo Pangloss, seguace della filosofia di Leibnitz.
Vincenzo Brandi - brandienzo@libero.it
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