In Siria, facendo leva su iniziali
mobilitazioni di dissenso contro il governo, si è scatenata da subito una
iniziativa di intromissione e di manomissione di quelle stesse proteste da parte
delle principali potenze imperialiste mondiali e dei più totalitari regimi della
regione. Un’attività che si è concretizzata con il finanziamento, l’armamento ed
il supporto militare di presunti rivoltosi, per la maggior parte mercenari ed a
militanti islamici provenienti da altri paesi.
Per tale via le ragioni della protesta
sono state completamente stravolte e riassorbite in un uno scontro geopolitico
la cui posta è innanzitutto la ricolonizzazione della Siria da parte dei suoi
vecchi dominanti francesi in primis ed occidentali in genere e tramite questo
primo passaggio preparare l’ulteriore aggressione all’Iran. L’altro obiettivo,
non meno importante è di sferrare un colpo definitivo alle istanze di
cambiamento espresse dalle rivolte arabe in tutto il mondo arabo, come è
avvenuto già con l’aggressione alla Libia. Un progetto che non esclude nessuna
soluzione: tanto una caduta del regime attraverso l’ulteriore armamento dei
rivoltosi; una balcanizzazione della Siria in diverse aree semistatuali, quanto
un’aggressione militare diretta da parte degli eserciti gestita in condominio
dalle principali potenze occidentali e dalle petromonarchie dell’area.
Un’aggressione che però è già in atto attraverso le manovre diplomatiche,
l’embargo, l’invio di istruttori militari e la fornitura di armamenti super
specialistici ai presunti rivoltosi, la creazione di governi fantoccio
totalmente succubi delle potenze che li sponsorizzano da poter insediare alla
eventuale caduta del regime.
Il sostengo ad Israele nella sua nuova
aggressione militare alle masse palestinesi a Gaza, come in precedenza alla
repressione delle masse in rivolta in Bahrain, è la dimostrazione di quanto
stiano a cuore i pretesi diritti umani alle potenze occidentali, e quanto siano
effettivamente sensibili all’oppressione dei popoli.
In questo progetto di ricolonizzazione
della Siria e di un suo eventuale smembramento è in prima fila il governo
italiano e le principali istituzioni dello stato. In particolare il ministro
degli esteri si distingue per una linea aggressiva e militarista che tradisce le
mire imperialiste e colonialiste del nostro governo. Ancora una volta l’Italia,
come già avvenuto nella vicenda libica, si candida ad essere la portaerei delle
potenze occidentali per una micidiale aggressione diretta innanzitutto contro le
masse siriane e quelle arabe in generale per assecondare la sete di profitti e
di rapina del grande capitale di cui è espressione questo governo.
Tale aggressività in politica estera è
semplicemente l’altra faccia della altrettanto micidiale politica interna di
questo governo che, anche in questo caso con il sostengo di tutti i partiti
istituzionali, sta sferrando un attacco inaudito alle condizioni di vita e di
lavoro dei proletari italiani con un crescendo di militarizzazione e di
repressione, non a caso gestito da poliziotti provenienti dalle esperienze delle
precedenti missioni militari all’estero.
In tale contesto il compito degli
attivisti contro la guerra non può essere quello di sostenere una improbabile
mediazione tra le parti in lotta, tantomeno accodarsi, sia pura in maniera
camuffata, al sostegno di un regime change, che nei fatti significa sostenere i
progetti di aggressione alla Siria. Il nostro compito fondamentale è denunciare
e ostacolare in tutti i modi possibili questa politica guerrafondaia e
neocolonialista, sia dando vita a mobilitazioni specifiche contro
l’intromissione nelle vicende siriane e la minaccia di un’aggressione diretta
alle masse di questo paese, ma soprattutto inserendo nelle nostre piattaforme
contro la politica interna del governo italiano e dei suoi sodali europei la
tematica della lotta contro la politica imperialista delle istituzioni italiane
come unitario progetto finalizzato alla difesa dei profitti e al rafforzamento
del dominio capitalistico.
Su tali tematiche pensiamo che gli
attivisti contro la guerra debbano organizzare una campagna coordinata di
denuncia e puntare ad una prima significativa mobilitazione nazionale che renda
evidente l’opposizione alle politiche imperialiste del nostro governo e delle
istituzioni italiane.
Attivisti napoletani contro la guerra
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