Il
più grande popolo semita della Terra è il popolo arabo del Medio
Oriente. Ma perché un suo rappresentante, il palestinese Mohamed
Abbas, detto Abu Mazen, dovrebbe fare dichiarazioni antisemite?
I
mass media occidentali, zeppi di giornalisti asserviti ai poteri
forti occidentali ed al loro alleato Israele, si sono scatenati su
alcune dichiarazioni di Abu Mazen bollandolo come razzista
antisemita.
Ma cosa ha detto esattamente il notoriamente moderato
rappresentante palestinese? Egli è certamente esacerbato dal
fallimento di 20 anni di inutili trattative con Israele, la cui
politica diventa sempre più spietata verso la popolazione
palestinese cacciata, espropriata, assediata e sottoposta ad
occupazione militare, e sempre più guerrafondaia con le continue
provocazioni e gli attacchi contro Siria, Libano e Iran. Ma le
dichiarazioni di Abu Mazen in realtà espongono con chiarezza fatti
noti che si cerca di oscurare con un fuoco di sbarramento fatto di
false accuse infamanti.
Il
Presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese ha ricordato che
Israele è una realtà coloniale creata dall’Impero Britannico. Ed
infatti è noto che la Palestina, dopo la caduta dell’Impero
Ottomano, fu data in custodia coloniale (o “mandato”) alla Gran
Bretagna che ne profittò per far affluire nell’area un gran numero
di immigrati ebrei conquistati dall’ideologia sionista che
predicava il “ritorno” in Palestina. La cosa era stata concordata
tra il ministro inglese Lord Balfour ed i dirigenti sionisti.
Affluirono
così in Palestina, paese allora abitato quasi esclusivamente da
Arabi, centinaia di migliaia di coloni ebrei sionisti. Le proteste e
le rivolte palestinesi tra il 1936 ed il 1939 furono represse con
migliaia di morti dall’esercito britannico spalleggiato da milizie
ebraiche.
Abu
Mazen ha giustamente ricordato che la maggior parte di questi coloni
non avevano nulla a che fare con gli antichi Ebrei (antiche tribù
semite simili agli Arabi), ma erano Askenaziti, ovvero popolazioni di
origini turco-ucraine. Per chi non vuole crederci consiglio di
leggere il bel libro del professore ordinario di storia
dell’Università di Tel Aviv, l’israeliano ebreo Shlomo Sand:
“L’Invenzione del Popolo Ebraico”. Sand ricordava che altri
Ebrei moderni sono di origine berbera (i Sefarditi), o etiopica (i
Falashah). Solo una minoranza è semita (quella di origine araba!).
Dopo
la seconda guerra mondiale, nel 1947, sotto la spinta degli Stati
Uniti, l’ONU propose una spartizione truffaldina della Palestina:
il 55% del territorio doveva andare ai coloni ebrei, che allora erano
meno del 30% della popolazione. Intere zone abitate solo da Arabi
venivano assegnate al progettato stato ebraico. Questo fu il segnale
per le ben organizzate milizie ebraiche e per i gruppi terroristi
ebraici guidati da Begin e Shamir per iniziare una feroce pulizia
etnica delle popolazione arabe, che continuò nel 1948 con la
cacciata di due terzi della popolazione araba, finita profuga nei
paesi vicini. Il 15 maggio 1948 fu proclamato lo stato di Israele su
quasi il 78% della Palestina, ben oltre i confini previsti dalla
stessa ONU. Questo avvenimento è giustamente ricordato dai
Palestinesi come la “Nakba”, cioè la catastrofe. Il tardivo e
debole intervento di alcuni stati arabi non modificò la situazione.
Nel
1967 l’occupazione della Palestina fu completata con la guerra dei
6 giorni ed iniziò l’ulteriore colonizzazione di quel 22% di
territorio rimasto ai Palestinesi, compresa Gerusalemme Est, cioè la
parte araba di Gerusalemme.
I
soliti giornalisti ed i sionisti fanatici, come la nota Fiammetta
Nierestein, residente come colona a Gerusalemme Est, si sono accaniti
in particolare contro una frase di Abu Mazen che ricordava come le
passate persecuzioni contro le comunità ebraiche in Europa (ma non
nei paesi arabi dove gli Ebrei potevano vivere tranquillamente!)
erano legate anche a fattori non religiosi, ma sociali, come la
pratica del prestito ad interesse che era praticato da alcuni
rappresentanti delle comunità ebraiche, essendo vietata nel Medio
Evo ai Cristiani. Sul perché delle passate persecuzioni, che nessuno
nega, ci sarebbe da discutere, ma profittare di questa frase per
gettare fango su un esponente sempre molto moderato e fin troppo
disponibile come Abu Mazen è ridicolo.
Ci
sarebbe da discutere anche sui motivi di più recenti persecuzioni,
come quella operata dai Nazisti in Germania. Si può pensare che
abbia giocato un motivo cinicamente demagogico come quello di gettare
sugli Ebrei (che in realtà erano molto ben inseriti nella società
tedesca) la colpa delle difficoltà economiche in cui versavano il
proletariato e la piccola borghesia tedesca, fidando sul consenso
della parte meno cosciente del proletariato e della piccola borghesia
sciovinista. Questo però non giustifica la feroce occupazione e la
pulizia etnica della Palestina (così ben descritta nel classico
libro di un altro noto storico israeliano, Ilan Pappe) operata contro
una popolazione che mai aveva perseguitato gli Ebrei.
Vincenzo Brandi
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