lunedì 24 giugno 2013

Se "cristianesimo" nuoce al Cristianesimo - Processo postumo contro San Paolo e Sant'Agostino


Quando la Chiesa cattolica era cristiana solo di nome.
Ovvero. Il difficile compito di papa Francesco di riscattare un passato compromesso.
di Franco Libero Manco
           
            Negli ultimi decenni all’interno della Chiesa cattolica si avverte la volontà a riconoscere gli errori del passato, ed una timida tendenza a riscoprire i valori fondamentali del cristianesimo primitivo, soprattutto in virtù delle pressanti condizioni storico contestuali che hanno caratterizzato gli ultimi secoli. Ma se nel corso di due millenni il cristianesimo ha subito profonde ferite queste sono in parte dovute al pensiero di due grandi santi che hanno indirizzato a comportamenti a dir poco discutibili. Ricordare la pagine più buie della storia serve a scongiurare errori nel presente e preparare un futuro migliore.

            Se da una parte è innegabile il contributo di S. Paolo alla diffusione del cristianesimo, il troppo zelo e l’ardore che caratterizza la sua forte personalità hanno finito con l’alterare in parte la purezza di alcuni aspetti dell’insegnamento di Gesù spostando l’attenzione sulla propria filosofia al punto che oggi sarebbe giusto parlare di chiesa paolina più che di chiesa cristiana.

            Ma quali sono state le cause che hanno emarginato il cristianesimo originale degli Apostoli istruiti direttamente da Gesù? Per rispondere a questa domanda è necessario fare una breve cronistoria della figura di Paolo di Tarso il quale, giudeo e collaborazionista dei romani, al punto da latinizzare il proprio nome in Saul, dopo aver perseguitato per anni i primi cristiani si convertì al cristianesimo 35 anni dopo la morte di Gesù. Paolo, nonostante non avesse conosciuto Gesù, in virtù della sua buona cultura e della sua retorica, riuscì a far prevalere la propria personale visione del cristianesimo e la propria dottrina, impregnata di cultura ebraica e culti pagani, su quella delle prime comunità cristiane che si stavano a fatica organizzando. Paolo iniziò la predicazione senza prepararsi in alcun modo e senza mai consultare le comunità cristiane guidate dagli Apostoli, anzi con queste spesso entrò in contrasto verbale ed arrivò anche ad accusare lo stesso Pietro di ipocrisia (Gal 2,11-14). Né si lasciò mai correggere, al contrario, parlava di rivelazioni proprie e si oppose in modo minaccioso alle rivelazioni dello Spirito delle prime comunità che potevano mettere in discussione i suoi insegnamenti. Disse che la sua ignoranza in merito all’istruzione diretta di Gesù per lui aveva poca importanza.

            Paolo, ponendosi al di sopra degli Apostoli e delle Comunità del cristianesimo originario e facendo concentrare l’attenzione sulla propria persona e sulla propria dottrina, pone di fatto le basi della Religione di Stato, che si attuerà più tardi per mezzo dell’imperatore Costantino con l’editto di Teodosio. Da questo momento la legge dei Dieci Comandamenti e il discorso della Montagna (fulcro del messaggio evangelico) passano in secondo piano. Paolo edifica la chiesa del culto (cosa a cui Gesù non aveva mai accennato) con vescovi e sacerdoti, riportando in vita riti antichi, cerimonie, talari, pulpiti e altari che facevano parte delle vecchie religioni seguite fino a quel momento, autorizzando i suoi seguaci Tito e Timoteo a nominare un vescovo da porre a fianco degli anziani: “Se uno aspira all’episcopato, desidera un nobile lavoro” (1 Tm 3,1). E già fin dall’inizio del 2° sec. viene istituita una rigida gerarchia ecclesiastica con a capo un vescovo che diventa potente come un re al quale nessun poteva obiettare alcun verdetto. Il vescovo della capitale, cioè di Roma, divenne il Papa che, nella religione pagana, era (guarda caso) il pontefice massimo.

            Paolo, la cui dottrina appare caratterizzata da due aspetti fondamentali che rasentano l’ossessione, quello della sottomissione al potere e quello della salvezza dovuta nella fede verso Cristo quale vittima sostitutiva, sembra fosse un uomo a cui piaceva mangiare molta carne e cercò di riportare l’uso di tale alimento nelle mense dei primi cristiani che si opponevano alla violenza sugli animali e all’impura abitudine di mangiare carne. A tal proposito Egli afferma: “Continuate a mangiare tutto quanto si vende al macello, senza informarvi a motivo della vostra coscienza. Ma io non mangerò la carne se questo può scandalizzare un mio fratello”. Questo dimostra quanto fosse sentita in quei tempi l’obiezione morale all’uso della carne che però Paolo riesce ad emarginare fino all’estinzione. Ed in effetti vi sono molte testimonianze a conferma del vegetarismo dei primi cristiani, se non altro perché lo erano le altre comunità spirituali del tempo come gli Ebioniti, i Nazorei, i Terapeuti, gli Gnostici, i Montanisti ed altri. E se nel corso di quasi due millenni                      di cattolicesimo miliardi di miliardi di animali sono stati massacrati e divorati dal clero e dalla gente comune, convinta dalla religione che questi sono stati fatti da Dio per essere mangiati dall’uomo, gran parte della responsabilità è dovuta al pensiero di S. Paolo.

Il potere a cui Paolo chiede sottomissione è quello dei romani la cui ferocia è conosciuta da tutti, come quello dei nazisti 20 secoli dopo a cui la Chiesa si allea inviando le sue benedizioni. Ma i forti per esistere hanno bisogno dei deboli e Paolo approva la condizione di schiavitù: “Servi, obbedite ai vostri padroni con rispetto e timore” (Lett Ef  6,5). “Voi servi obbedite in TUTTO ai vostri padroni” (Lett Col 3,22). “Ognuno sia soggetto alle autorità superiori, perché non vi è autorità che non venga da Dio e perciò chi si oppone al Potere si oppone all’ordine stabilito da Dio”. S. Agostino più tardi concorda perfettamente con Paolo, anzi egli dice che la schiavitù è una punizione del peccato originale, per cui è ineliminabile. E papa Niccolò V più tardi applica alla lettera tale insegnamento. Nella sua bolla “Divino amore communiti” del 18.6.1452 legittima la schiavitù autorizzando il re portoghese a “conquistare i paesi degli infedeli, a cacciare i loro abitanti, a sottometterli, a soggiogarli ad una schiavitù eterna.” Secondo tale editto il cristiano che scoprisse una terra di proprietà di un non-cristiano aveva il diritto di impossessarsi di quella terra.

            Ma da dove trae S. Paolo le sue motivazioni in merito al Potere? Sicuramente dall’affermazione di Cristo che disse a Pilato: “Tu non avresti alcun potere su di me se non ti fosse stato dato dall’alto: per questo chi mi ha consegnato nelle tue mani ha una colpa più grande:” (Gv 19.11). Tutto qui. Su questa affermazione sia Paolo che Agostino riescono a tessere  una trama di apologia del potere dagli effetti devastanti. Se il potere laico è dato da Dio tanto più lo è quello religioso. Ed in effetti la Chiesa, specialmente nell’ultimo secolo, non solo ha giustificato il potere delle più aberranti dittature nazi-fasciste ma essa stessa si è dimostrata capace di crimini nei confronti della civiltà e della vita.

            Della cieca ed assoluta obbedienza al Potere predicata da S. Paolo Costantino vide l’arma più potente con cui sfruttare a suo vantaggio il crescente numero di cristiani senza  più doverli sterminare. Infatti le persecuzioni a danno dei cristiani avvenivano non tanto perché questi rappresentassero una reale minaccia quanto perché si rifiutavano di adorare l’Imperatore (considerato una divinità che riuniva in se l’autorità civile e religiosa) e predicassero un Dio del cielo che avrebbe governato la terra. Ma quando l’Imperatore si rese conto che questa fede non poteva costituire una minaccia al suo potere decise di aprire le porte al cristianesimo e ai suoi vescovi i quali anche se sottraevano all’Imperatore il potere religioso restavano comunque sottomessi alla sua autorità.

            Ma chi era l’imperatore che permise al cristianesimo di divenire la religione ufficiale dello stato? Costantino era un uomo crudele che amava la guerra, nelle sue molte battaglie sterminò molte tribù germaniche. Fece dare in pasto alle belve un gran numero di nemici sconfitti e dilaniare dagli orsi due prìncipi. In una guerra civile durata 10 anni riuscì a sottomettere gli imperatori delle altre parti dell’impero: i loro seguaci e le famiglie dei suoi nemici furono sterminate senza pietà. Costantino tagliò la gola a suo figlio, strangolò sua moglie, assassinò suo suocero e suo cognato; si faceva chiamare “rappresentante di Dio” e onorare come una divinità. E il clero, che cercava la connivenza con il Potere, lo chiamava “salvatore e redentore” del mondo.

            Per i primi anni Costantino sostenne il paganesimo e fino a poco prima della sua morte non fu ufficialmente cristiano: si fece battezzare, come eretico, solo prima di morire. Si alleò con la Chiesa al fine di manipolare i suoi adepti. Donò grandi appezzamenti di terreno e restituì tutte le proprietà ecclesiastiche: la sola Chiesa di Roma ricevette più di una tonnellata d’oro e dieci d’argento. Finanziò giganteschi edifici ecclesiastici; esonerò il clero dalle imposte, gli conferì il diritto di eredità e gli affidò competenze giuridiche ed infine lasciò mano libera alla Chiesa nella persecuzione di persone di altra fede. Ma siccome, si sa, una mano lava l’altra, Costantino, uomo di grande astuzia, esigeva dalla Chiesa una contropartita. Infatti sempre più cristiani accettavano di andare in guerra e nel 314 coloro che rifiutavano venivano esclusi dalle comunità cristiane.
            Costantino era considerato un dio e le eminenze ecclesiastiche, che venivano subito dopo di lui e che vivevano nello stesso sfarzo dell’imperatore (davanti ad un vescovo, seduto su un trono che era l’immagine del trono divino, ci si inginocchiava per salutarlo) e che lo adulavano con lusinghe di ogni genere, servivano a coprire i suoi crimini e a giustificare i suoi misfatti nei confronti della pubblica opinione. In questo periodo appare per la prima volta il termine di “cattolico”, come distinzione delle cosiddette eresie e dagli eretici definiti “insani e dementi.” Con queste premesse la vera religione cristiana, quella dell’umiltà, della povertà in spirito, della mitezza, della tolleranza, del “porgi l’altra guancia”, venne per “sempre”? sacrificata a Paolo e a Costantino.

            Ma il potere, una volta ottenuto va mantenuto ad ogni costo ed il mezzo più efficace è quello di reprimere tutto ciò che si oppone al pensiero che lo anima. Per mantenere il potere la Chiesa dovette non solo rinnegare gli ideali cristiani ma ricorrere ad ogni mezzo per poterlo perpetuare. Così, gradualmente, la Chiesa, che doveva essere la chiesa degli umili, dei miti, dei misericordiosi, si trasformò nella più tirannica e sanguinaria delle istituzioni. Nel solo periodo del Medioevo, tra crociate, guerre, roghi e persecuzioni hanno trovato la morte non meno di 50 milioni di persone (quanto le vittime della seconda guerra mondiale) e circa altri 100 milioni di persone sono state sterminate dai conquistadores nell’opera di evangelizzazione forzata delle nuove terre nell’arco di due secoli.

            Gli effetti dell’insegnamento di S. Paolo sul cristianesimo originario e, di conseguenza, sulle popolazioni furono devastanti. Da allora la Chiesa si è sentita giustificata ad imporre con la forza la sua dottrina, avallata anche da S. Agostino il quale riteneva, nelle sue Epistole, “necessario e salutare il castigo corporale”. La facoltà di correggere con la forza il peccatore per avviarlo, anche suo malgrado, verso la Patria Celeste, mettendo in atto minacce e castighi considerati “atti d’amore forieri di salvezza,” aprì di fatto le porte al capitolo più oscuro della Chiesa: se era lecito flagellare un adepto, massacrare uno d’altra fede era cosa benedetta e voluta da Dio. Molti uomini del clero applicarono con zelo e con ferocia le indicazioni di Agostino e fecero largo uso della tortura istituita ufficialmente da papa Innocenzo IV. I più noti inquisitori e torturatori furono: S. Pietro Martire, S. Domenico, Bernardo Gui, Torquemada ecc.. Una nota particolare meritano: il cardinale Pierre Damiani, vissuto nell’anno mille, considerato come uno dei santi padri della Chiesa, il quale sosteneva che se un castigo di 50 frustate era lecito e salutare tanto più lo sarebbe stato uno di cento e di mille; e Trasmundo, abate del convento di Tremiti, che usava strappare gli occhi e mozzare lingue ai monaci che cadevano in errore. Resta la sconcertante sfrontatezza di questi uomini che pur agendo in modo antitetico al messaggio evangelico hanno avuto l’ardire di considerarsi seguaci di Cristo.

Come può una Chiesa ricca e potente ritenersi seguace di Colui che diceva di essere talmente povero da non avere dove posare il capo? (l’abate Saint Martin de Tours, aveva 20.000 schiavi nella sua lussuosissima dimora). Come può una Chiesa guerrafondaia, intollerante e capace dei crimini più orrendi considerasi seguace di Colui che diceva “porgi l’altra guancia” e che si è lasciato flagellare e crocefiggere pur di non reagire alla violenza? e che disse a Pietro “deponi la spada, perché chi di spada ferisce di spada perisce”? e che se avesse voluto combattere con armi la sua battaglia Dio gli avrebbe inviato un esercito di Angeli?
            Come ha potuto la Chiesa di Cristo, che di Cristo certo non era, trasformarsi al punto di divenire, nelle sue espressioni, l’antitesi stessa del pensiero messianico ed essere peggiore delle peggiori orde barbariche? Basta ricordare lo sterminio di intere nazioni come quelle dei vandali, dei goti, degli slavi, le stragi degli albigesi, dei càtari, dei valdesi, dei calvinisti, degli hussiti, degli anabattisti, dei pagani, degli ebrei; la notte di S. Bartolomeo in cui furono trucidati 60 mila eretici e, in tempi più recenti, il genocidio (approvato dal Vaticano) in Croazia in cui tra il 1941 ed il 1943 vennero uccisi circa 750 mila serbi ortodossi. Basta ricordare che durante i moti del Risorgimento per l’unificazione d’Italia (a cui la Chiesa si opponeva) venivano raccolte palle di cannone inesplose con su la scritta “Da Pio IX ai suoi” per rendersi conto dei mezzi usati dal clero, contro la popolazione ribelle, nella sua missione “evangelizzatrice”.

Bene dissero quei tre vescovi quando inviarono a Giulio III una perizia nella quale si diceva: “Nella nostra Chiesa non è rimasta nemmeno l’ombra dell’insegnamento apostolico”. Bestemmiano coloro che affermano che questa sia stata la chiesa di Cristo e cercano di giustificare il suo passato oscurantista in cui regnavano sovrani vizi, privilegi, sete di potere e di ricchezza, intrighi, sesso sfrenato, congiure, omicidi, torture. Basti pensare che tra l’anno 890 e il 935 si succedettero ben 15 papi e che questi morirono tutti ammazzati in circostanze misteriose.

            Come ha potuto un’istituzione che ha messo in atto i più crudeli e sofisticati mezzi di tortura avere l’ardire di definirsi cristiana? Con il falso pretesto che la punizione corporea serviva a salvare l’anima del peccatore, milioni di persone innocenti sono state impiccate, decapitate, squartate, arse vive, impalate. I mezzi di tortura più diffusi dai sicari della santa Inquisizione erano: lo stiramento delle membra del condannato, la storpiatura e rottura delle ossa, il rogo, lo strappo della lingua ecc. Spesso il condannato veniva tagliato a metà con una comune sega da boscaiolo; oppure rinchiuso in una gabbia di ferro o legno appesa alle mura della città dove restava esposto fino al disfacimento delle ossa. Inoltre veniva fatto largo uso della cosiddetta “vergine di Norimberga,” una specie di sarcofago di ferro a due ante con aculei interni destinati a penetrare nel corpo del condannato; poi vi era il metodo della garrota con il suo tipico collare di ferro che uccideva la vittima per strangolamento o per la penetrazione di un aculeo di ferro nelle vertebre cervicali; il supplizio della ruota in cui gli arti umani venivano fatti passare attraverso i raggi come fossero di gomma. In un disegno di Gustavo Dorè si possono vedere i frati domenicani impegnati in una loro usuale pratica di conversione: all’eretico da conquistare alla fede di Cristo venivano bruciati lentamente i piedi fino ad ottenere dei monconi carbonizzati, poi passavano a bruciare le mani della vittima che si rifiutava di accettare il messaggio d’amore ed di tolleranza cristiana.

            Sono tre i principi fondamentali dovuti a S. Paolo e a S. Agostino che hanno causato all’uomo e alla civiltà danni spaventosi: il concetto del potere che viene dall’alto (che ha portato la Chiesa nel corso di 15 secoli a macchiarsi dei crimini più neri: (guerre, sterminio di intere popolazione, persecuzioni ecc.) ; quello della demonizzazione della donna che ha portato sul rogo, accusate di stregoneria in un vera e propria caccia alle streghe, non meno di 20 mila donne; la legittimità, sancita da S. Agostino, della pena corporale per il peccatore che pone di fatto le basi della santa Inquisizione e dei suoi metodi della tortura.

Il morbo della legittimità dell’uso della violenza nell’opera di evangelizzazione, che si insinuò nel messaggio evangelico principalmente a causa di S. Agostino, fu ereditato da Innocenzo IV che istituzionalizzò il metodo della tortura nei processi religiosi e messo zelantemente in atto da S. Pietro martire (uno dei più feroci persecutori e torturatori di eretici), da S. Domenico e i suoi frati, da S. Cirillo (il primo grande persecutore degli ebrei che riuscì a fomentare un tale odio antisemita da costringerli in massa all’esilio): è a lui che si deve l’idea della “soluzione finale” del problema ebraico più tardi raccolta e messa in atto da Hitler.

            Hitler fu l’erede diretto dell’antisemitismo cattolico; Stalin; nell’istituzione dei manicomi per i dissidenti, prese d’esempio il codice Teodosiano che definiva “insani di mente” coloro che si opponevano alla nuova religione cattolica; mentre dall’intolleranza e dai metodi coercitivi di S. Domenico hanno preso esempio i fondamentalismi islamici. Nel 1348, in una vera e propria crociata antisemita, iniziata dalla Chiesa fin dal IV secolo d. C., i cattolici massacrarono un numero impressionante di ebrei a Barcellona e a Chambery. Uno dei più feroci inquisitori e torturatori, appartenente all’ordine dei domenicani, e persecutore degli ebrei fu Tomas de Torquemada. Per mano di questi 6.840 eretici furono impiccati, 10.220 arsi vivi, 6.680 cadaveri furono riesumati, bruciati e disperse le ceneri, 97.371 condannati alle carceri a vita. Nel 1492 fece scappare dalla Spagna 800 mila persone e bruciare i testi sacri, la Bibbia ed il Talmud. Analoghi provvedimenti, per volere pontificio, vennero presi in Sicilia, a Napoli ed in Provenza. Il 22 giugno del 1509 le autorità clericali imposero la cacciata di tutti gli ebrei da Treviso e più tardi, nel 1566 S. Pio V ordina la chiusura di tutte le sinagoghe, eccetto quella del ghetto. Gregorio XIII introduce le prediche coatte. Dopo la messa i cattolici erano autorizzati a sputare addosso agli ebrei e a prenderli a sassate. In tempi più recenti papa Pio IX asseriva: “Quando parlano gli ebrei mi pare di sentire il latrato dei cani”.

            Oltre agli ebrei la Chiesa cattolica si accanì’ in modo feroce e capillare, contro la comunità dei valdesi, gente semplice fatta da laici. La loro colpa era quella di rifiutare il sacerdozio, l’autorità papale e di non credere alla divinità della Madonna. Furono perseguiti senza pietà in Italia ed in qualunque altro paese, fino a portali quasi al totale sterminio: distruzione di intere città, massacri collettivi, impiccagioni, incendi, sgozzamenti, squartamenti, mutilazioni ecc. Solo nelle terre di Calabria la Chiesa causò la morte di almeno 4 mila valdesi; altri 1600 furono condannati a remare a vita nelle galere spagnole e altre migliaia e migliaia di persone furono massacrate negli anni successivi.

            Un’ altra funesta conseguenza del potere e dell’intolleranza cattolica fu l’orrore delle crociate che con il pretesto di liberare il Santo Sepolcro i soldati di Cristo (mercenari in cerca di gloria e di bottino assoldati dalla Chiesa) nel 1096 al grido “Dio lo vuole” e con la benedizione del papa Urbano II, nel corso della loro marcia massacrarono 4.000 ungheresi ed un numero imprecisato di ebrei, ed altre 40.000 persone furono sterminate durante la conquista di Gerusalemme.

            L’altro aspetto inquietante quanto mostruoso fu la demonizzazione della donna. Questo aspetto della politica maschilista della chiesa cattolica trae le sue origini da S. Paolo che per primo dettò discriminanti nei confronti della donna che considera un essere inferiore rispetto all’uomo, non creata ad immagine di Dio. S. Paolo obbliga la donna ad indossare il velo durante la preghiera come segno di inferiorità, per vergognarsi del peccato da lei indotto nel mondo. “Solo l’uomo è ad immagine di Dio, mentre la donna è ad immagine dell’uomo. Infatti la donna deriva dall’uomo ed è fatta per l’uomo. La donna ascolti l’istruzione in silenzio, con piena sottomissione. Non permetto alla donna di insegnare all’uomo, ma se ne stia in pace.” Allo stesso modo S. Agostino, seguendo l’insegnamento di S. Paolo, definisce la donna un essere inferiore e S. Tommaso d’Aquino rèlega la donna a strumento di procreazione subordinata interamente all’uomo. “La donna,” dice, “è fisicamente e spiritualmente inferiore all’uomo; essa è un errore della natura, una sorta di maschio mutilato, sbagliato, malriuscito”.

            Ma è nel Medioevo che la donna raggiunge l’apice delle sue disgrazie. Il corpo della donna viene considerato come il simulacro di Satana e i monaci si chiedono come mai l’Onnipotente avesse inserito nella magnificenza del creato un essere così immondo. Con la bolla papale di Innocenzo IV del 1484 si apre ufficialmente l’opera di persecuzione delle donne messa in atto dai domenicani che accusavano la donna di scatenare grandinate, venti dannosi, fulmini, alluvioni, di procurare sterilità agli uomini e agli animali e i bambini (che non divoravano o non uccidevano), li offrivano ai diavoli. Così tra il 1450 ed il 1700 nella sola Europa non meno di 20 mila donne furono torturate, ridotte in schiavitù, o bruciate vive. S. Carlo Borromeo, che amava presenziare all’esecuzione e aiutare gli incaricati ad attizzare il fuoco, oltre ad accusare le donne di andare liberamente per strada e di salire “impunemente”sulle carrozze, arrivò a far erigere in tutte le chiese palizzate tra le navate in modo da separare gli uomini dalle donne. Egli legittimava la persecuzione affermando: “Le streghe esistono, per il fatto che ogni giorno ne vengono condannate ed uccise”.

            Molti altri Santi seguirono lo stesso esempio: S. Giovanni Crisostomo invita la donna ad essere sottomessa all’uomo, suo signore. Papa Pio II dice: “Quando vedi una donna pensa che sia un demonio”. Altri religiosi scrivono: “Ogni malvagità è piccola nei confronti della malvagità della donna. E’ meglio l’empietà dell’uomo di una donna che fa del bene”.

            La follia della demonizzazione maschiocentrica si estese ben presto anche agli animali e a pagarne le terribili conseguenze furono principalmente i gatti neri. La leggenda che questo felino incarnasse il demonio nasce nel 1025 con un altro Santo, S. Clemente che si dice avesse messo in fuga un gatto nero perché… incarnava il diavolo. Gregorio IX, accusando per lettera le popolazioni nordiche di adorare Satana sotto forma di gatto nero, istituisce l’inquisizione contro questi sventurati animali. Questa delirante crociata portò in breve tempo allo sterminio di quasi tutti i gatti d’Europa che ben presto fu invasa da grossi roditori venuti dall’Asia diffondendo il bacillo della peste generata da una pulce che vive nei peli del ratto nero. Le conseguenze furono di proporzioni apocalittiche: un terzo, se non la metà, della popolazione europea (intorno al 1300) morì nel giro di due anni.
         
   Se gli orrori commessi da qualsiasi istituzione umana sono esecrabili, commessi da coloro che si definiscono seguaci di Cristo, cioè di Colui che ha fatto dell’umiltà, della tolleranza, della mitezza, della giustizia, il cardine del suo pensiero, è certo una bestemmia. L’attuale potere della Chiesa cattolica è mantenuto dalla sconfinata folla di fedeli che non conoscono i misfatti del suo passato e che sono convinti che seguire la Chiesa equivale a seguire Cristo. Ma se la gente fosse a conoscenza dei crimini da lei commessi fino a qualche decennio fa pochi continuerebbero a definirsi cattolici.

All’uomo di fede può sorgere il dubbio se sia giusto, per il bene individuale e collettivo, porsi in atteggiamento di critica nei confronti del cattivo operato di “Santa Romana Chiesa.” Io ritengo che la scelta deve cadere, come diceva Gesù, sui risultati: “Dai frutti si riconosceranno gli alberi”. Se la Chiesa si è manifestata antitetica al messaggio messianico ciò è dovuto proprio al fatto che non è stato possibile contrapporsi criticamente al suo operato, e siccome l’inerzia di un popolo (dovuta alla paura del castigo e all’ignoranza) è sempre stata il piedistallo di ogni tirannia, ritengo non solo giusto ma doveroso per chi ama veramente Cristo, per chi vuole renderGli giustizia, per chi vuole una Chiesa che sia realmente la Chiesa di Gesù di Nazareth e dei suoi Apostoli, porsi sempre, per il bene di tutti, in attento e costruttivo spirito critico.

            Siccome Gesù insegnava l’umiltà mentre la Chiesa si è rivelata arrogante e potente; siccome Gesù insegnava la tolleranza e la Chiesa si è rivelata intollerante fino al parossismo; siccome Gesù insegnava la mitezza e la misericordia e la Chiesa si è rivelata ingiusta e crudele; siccome Gesù insegnava la povertà e la Chiesa si è rivelata tra le più ricche e potenti istituzioni del mondo; siccome la Chiesa ha seguito gli insegnamenti di S. Paolo e di S. Agostino più che gli insegnamenti di Gesù Cristo, ritengo che non dovrebbe definirsi cristiana, ma “paolina”.

            Certo non si possono addebitare al deviante insegnamento di S. Paolo e al pensiero di S. Agostino tutte le ingiustizie commesse del cattolicesimo, però senza questi due “santi padri”della Chiesa sicuramente la storia del cristianesimo sarebbe stata più umana. E anche se la Chiesa non ha prodotto solo cose cattive (molti hanno incarnato fedelmente il pensiero di Cristo) il braccio della bilancia pende inesorabilmente dalla parte negativa. Che cosa vogliamo? Che la Chiesa si batta il petto riconoscendo i suoi errori e chieda perdono a Dio, all’umanità e al creato per tanti anni quanti sono stati quelli dei suoi errori. La fedele incarnazione dei dettami di Cristo sarà la tangibile dimostrazione del suo rinnovamento.

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