Da una Tangentopoli all'altra delle SpA del capitalismo finanziario d'impresa per abbattere il sistema politico democratico italiano
Nata
come esigenza del capitale finanziario internazionale, sopratutto
anglo-americano, per un ricambio dei gruppi dirigenti italiani prima che
fosse troppo tardi e per esportare in Italia quel sistema
politico-istituzionale maggioritario, che gli alleati non erano riusciti ad imporre con le truppe di occupazione come fecero quasi ovunque. Basti vedere le stesse modalità e i mentori con cui Di Pietro è arrivato a formulare e presentare la sua proposta: rapporti privilegiati con Fini e A.N., con tutto il gotha dell'imprenditoria, con il rettore della Bocconi, Mario Monti (dal settimanale Il Lavoratore/oltre del 9 settembre 1994 )
Il cedimento Di "Pietro"
Ma davvero Tangentopoli è
nata come esigenza del capitale finanziario internazionale, sopratutto
anglo-americano, per un ricambio dei gruppi dirigenti italiani prima che
fosse troppo tardi e per esportare in Italia quel sistema
politico-istituzionale maggioritario, che gli alleati non erano riusciti ad imporre con le truppe di occupazione come fecero quasi ovunque?
La domanda è d'obbligo quando, una musica che aveva cominciato a suonare con coincidenze quasi cronometriche,
si vorrebbe venisse interrotta a comando. Come se, una volta distrutto
il sistema politico, annientati interi partiti, addomesticati quelli
considerati di opposizione, mutata la legge elettorale, avviato il Paese
sulla china di una trasformazione culturale e istituzionale senza
ritorno e la messa a regime dell'intero "Piano di rinascita democratica"
della Loggia P2, la "rivoluzione giudiziaria" avesse raggiunto lo
scopo, esaurita la missione. Se ciò fosse vero - e in Italia abbiamo
imparato che la realtà ha spesso confermato e di molto sopravvanzato
anche le ipotesi più ardite - non era certo per fermare, come dice Bossi, la Lega che era immanicata,
sostenuta ed usata, dalla City londinese e dai centri del capitale
finanziario anglo-americano, prima e non meno del Pds. La causa
originaria e vera che permise di dare il via all'operazione cronometrica
non può che essere individuata nella cancellazione del Pci e
nell'annientamento dell'antagonismo di classe del movimento operaio
italiano: l'unico modo per evitare che lo svelamento della realtà,
trovasse delle forze in grado di raccogliere le bandiere di un paese
trascinate nella polvere e nel fango dalla classe dirigente borghese e
imprenditoriale.
Nella proposta di "legge di Di Pietro",
con tanto di articoli dall' 1 al 14, c'è l'avocazione a sè del potere
di proposta degli organi costituzionalmente previsti, ma anche ilcedimento alla grande impresa e, anche se non alla sua strumentalizzazione, al monito di Berlusconi,
che avevano invitato ad evitare che la "rivoluzione giudiziaria" contro
il sistema politico, continuando, diventasse anche contro il sistema
economico, pure coinvolto nei suoi massimi vertici. Non a caso Di Pietro, nel 1992 a S. Margherita, sempre in un convegno di imprenditori, ha aperto la fase distruttiva con la parola trasparenza e l'ha chiusa a Cernobbio, ad un altra assemblea di imprenditori, con la parola efficienza.
Come a dire: si può stare senza il vecchio ceto politico, ma non senza
il vecchio ceto economico che lo aveva partorito. Insomma, come in un
classico schema "vetero-marxista" considerato nuovisticamente superato, la vecchia struttura scarica e determina la nuova sovrastruttura. E vi è anche, con l'inasprimento delle pene e l'esenzione dalla condanna per chi collabora, il duplice rovesciamento del Beccaria che, nel mentre considerava l'inutilità dell'inasprimento della pena, affermava anche l'ineluttabilità della stessa.
D'altra
parte, ci si deve finalmente rendere conto che se, fino al 68-69, tutti
i magistrati erano di destra, ancora oggi continuano ad esserlo almeno
il 50%. E anche se giudici di estrema destra come Borsellino e
altri, hanno potuto dare un contributo altissimo nella lotta alla
criminalità; anche se il pool di mani pulite si è indubbiamente avvalso
dei criteri di analisi marxiani per risalire agli intrecci tra capitale
finanziario, capitale industriale, editoria, potere politico, apparati
amministrativi, giudiziari e repressivi - si sa che soprattutto in
Italia la destra sa avvalersi del marxismo più della sinistra -, quando
si passa dal piano investigativo all'elaborazione di progetti, è
inevitabile che la moralità e la comune professione di lotta alla
criminalità, si esprima e si sostanzi, come ben sapeva Benedetto Croce, in linee politiche e istituzionali che possono essere diverse, di destra o di sinistra.
Sarebbe
grave per ciò, che su una proposta di legge, che altro non è che una
riproposizione approfondita, allargata e inasprita dei principi già in
parte contenuti nel decreto Amato e in quello di Biondi,
entrambi contestati dal Paese, si rischi di esprimere un giudizio che
più che sui contenuti si esprima in base al favore o all'avversità verso
il proponente, come fanno Ferrara e altri, costringendo a schierarsi a
difesa o contro "mani pulite" più che sulla proposta.
Resta il fatto che nella "legge Di Pietro", che lui stesso ha voluto platealmente ispirare all'ideologia giapponese del patron della Canon e patriarca degli uomini d'affari non solo giapponesi, il kyosei,
risulta accolta pienamente la tesi Fiat - che è sempre stata anche
della destra del Pci e di gran parte della sinistra -, della distinzione
tra impresa buona e impresa cattiva, come se quest'ultima non fosse
altro che una deviazione del sistema e non un suo prodotto. Oggi
certamente, si spiegano forse meglio anche i passati trattamenti di
favore riservati da Di Pietro a Romiti, Agnelli e Fiat.
Se questo non bastasse, basti vedere le stesse modalità e i mentori con cui Di Pietro è arrivato a formulare e presentare la sua proposta: rapporti privilegiati con Fini e A.N., con tutto il gotha dell'imprenditoria, con il rettore della Bocconi, Mario Monti; attesa di via libera da un politologo che si fa passare per costituzionalista senza esserlo, come Miglio, ecc. Mancava solo Craxi.
Ma per questo, se la svolta avviata andrà a buon fine, non c'è che da
attendere per vederlo ritornare da vincitore, anche se magari, come
nella Prussia di Federico, recita Langendorf nell'Elogio funebre del generale August-Wilhelm von Lignitz,"passano solo le idee ma non gli uomini che le hanno sostenute".
Angelo Ruggeri
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