venerdì 21 giugno 2013

Passato Recente - Retroscena giudiziari e finanziari per abbattere il sistema elettorale proporzionale in Italia



Da una Tangentopoli all'altra delle SpA del capitalismo finanziario d'impresa per abbattere il sistema politico democratico italiano
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Nata come esigenza del capitale finanziario internazionale, sopratutto anglo-americano, per un ricambio dei gruppi dirigenti italiani prima che fosse troppo tardi e per esportare in Italia quel sistema politico-istituzionale maggioritario, che gli alleati non erano riusciti ad imporre con le truppe di occupazione come fecero quasi ovunque. Basti vedere le stesse modalità e i mentori con cui Di Pietro è arrivato a formulare e presentare la sua proposta:  rapporti privilegiati con  Fini e A.N., con tutto il gotha dell'imprenditoria, con il rettore della Bocconi, Mario Monti (dal settimanale Il Lavoratore/oltre del 9 settembre 1994 )

TRA BOSSI, DI PIETRO, AMATO, AGNELLI E MONTI ([1])
 Il cedimento Di "Pietro"

Ma davvero Tangentopoli è nata come esigenza del capitale finanziario internazionale, sopratutto anglo-americano, per un ricambio dei gruppi dirigenti italiani prima che fosse troppo tardi e per esportare in Italia quel sistema politico-istituzionale maggioritario, che gli alleati non erano riusciti ad imporre con le truppe di occupazione come fecero quasi ovunque?

 La domanda è d'obbligo quando, una musica che aveva cominciato a suonare con coincidenze quasi  cronometriche, si vorrebbe venisse interrotta a comando. Come se, una volta distrutto il sistema politico, annientati interi partiti, addomesticati quelli considerati di opposizione, mutata la legge elettorale, avviato il Paese sulla china di una trasformazione culturale e istituzionale senza ritorno e la messa a regime dell'intero "Piano di rinascita democratica" della Loggia P2, la "rivoluzione giudiziaria" avesse raggiunto lo scopo, esaurita la missione. Se ciò fosse vero - e in Italia abbiamo imparato che la realtà ha spesso confermato e di molto sopravvanzato anche le ipotesi più ardite - non era certo per fermare, come dice Bossi, la Lega che era immanicata, sostenuta ed usata, dalla City londinese e dai centri del capitale finanziario anglo-americano, prima e non meno del Pds. La causa originaria e vera che permise di dare il via all'operazione cronometrica non può che essere individuata nella cancellazione del Pci e nell'annientamento dell'antagonismo di classe del movimento operaio italiano: l'unico modo per evitare che lo svelamento della realtà, trovasse delle forze in grado di raccogliere le bandiere di un paese trascinate nella polvere e nel fango dalla classe dirigente borghese e imprenditoriale.

 Nella proposta di "legge di Di Pietro", con tanto di articoli dall' 1 al 14, c'è l'avocazione a sè del potere di proposta degli organi costituzionalmente previsti, ma anche ilcedimento alla  grande impresa e, anche se non alla sua strumentalizzazione, al monito di Berlusconi, che avevano invitato ad evitare che la "rivoluzione giudiziaria" contro il sistema politico, continuando, diventasse anche contro il sistema economico, pure coinvolto nei suoi massimi vertici. Non a caso Di Pietro, nel 1992 a S. Margherita, sempre in un convegno di imprenditori, ha aperto la fase distruttiva con la parola trasparenza e l'ha chiusa a Cernobbio, ad un altra assemblea di imprenditori, con la parola efficienza. Come a dire: si può stare senza il vecchio ceto politico, ma non senza il vecchio ceto economico che lo aveva partorito. Insomma, come in un classico schema "vetero-marxista" considerato nuovisticamente superato, la vecchia struttura scarica e determina la nuova sovrastruttura. E vi è anche, con l'inasprimento delle pene e l'esenzione dalla condanna per chi collabora, il duplice rovesciamento del Beccaria che, nel mentre considerava l'inutilità dell'inasprimento della pena, affermava anche l'ineluttabilità della stessa.

D'altra parte, ci si deve finalmente rendere conto che se, fino al 68-69, tutti i magistrati erano di destra, ancora oggi continuano ad esserlo almeno il 50%. E anche se giudici di estrema destra come Borsellino e altri, hanno potuto dare un contributo altissimo nella lotta alla criminalità; anche se il pool di mani pulite si è indubbiamente avvalso dei criteri di analisi marxiani per risalire agli intrecci tra capitale finanziario, capitale industriale, editoria, potere politico, apparati amministrativi, giudiziari e repressivi - si sa che soprattutto in Italia la destra sa avvalersi del marxismo più della sinistra -, quando si passa dal piano investigativo all'elaborazione di progetti, è inevitabile che la moralità e la comune professione di lotta alla criminalità, si esprima e si sostanzi, come ben sapeva Benedetto Croce, in linee politiche e istituzionali  che possono essere diverse, di destra o di sinistra.

Sarebbe grave per ciò, che su una proposta di legge, che altro non è che una riproposizione approfondita, allargata e inasprita dei principi già in parte contenuti nel decreto Amato e in quello di Biondi, entrambi contestati dal Paese, si rischi di esprimere un giudizio che più che sui contenuti si esprima in base al favore o all'avversità verso il proponente, come fanno Ferrara e altri, costringendo a schierarsi a difesa o contro "mani pulite" più che sulla proposta.

 Resta il fatto che nella "legge Di Pietro", che lui stesso ha voluto platealmente ispirare all'ideologia giapponese del patron della Canon e patriarca degli uomini d'affari non solo giapponesi, il kyosei, risulta accolta pienamente la tesi Fiat - che è sempre stata anche della destra del Pci e di gran parte della sinistra -, della distinzione tra impresa buona e impresa cattiva, come se quest'ultima non fosse altro che una deviazione del sistema e non un suo prodotto. Oggi certamente, si spiegano forse meglio anche i passati trattamenti di favore riservati da Di Pietro a Romiti, Agnelli e Fiat.

Se questo non bastasse, basti vedere le stesse modalità e i mentori con cui Di Pietro è arrivato a formulare e presentare la sua proposta:  rapporti privilegiati con  Fini e A.N., con tutto il gotha dell'imprenditoria, con il rettore della Bocconi, Mario Monti; attesa di via libera da un politologo che si fa passare per costituzionalista senza esserlo, come Miglio, ecc.  Mancava solo Craxi. Ma per questo, se la svolta avviata andrà a buon fine, non c'è che da attendere per vederlo ritornare da vincitore, anche se magari, come nella Prussia di Federico, recita Langendorf nell'Elogio funebre del generale August-Wilhelm von Lignitz,"passano solo le idee ma non gli uomini che le hanno sostenute".         

Angelo Ruggeri               





[1]Angelo Ruggeri, il cedimento Di "Pietro,"settimale Il Lavoratore/oltre del 9 settembre 1994 

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