giovedì 25 ottobre 2018

Dal mattatoio Honduras alla discarica di Tapachula



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Ai disperati in marcia verso il “sogno americano”, manipolati o meno che siano da uno dei tanti Jack che incombono da secoli sui destini del continente, non dice bene. Prima di arrivare a Ciudad Juarez, davanti al Texas, saranno selezionati dai narcos, bastonati, sequestrati, uccisi da questi, quando non dalle maras, angariati e rinchiusi da queste o quelle forze dell’ordine, spiaggiati sui due lati del fiume Suchiate, in Honduras o Messico, a rimediare un po’ di lavoro e un po’ di alcol. 

Li ho visti lì, alcuni da anni, sotto tetti di cartone, instupiditi dall’attesa, dal niente, dalla dissipazione di ogni prospettiva. Con loro, su pneumatici di camion, ho attraversato il Suchiate, li ho visti attendere da un’eternità il treno buono per il nord, arrampicarvici, caderne per la stanchezza, morire. Soprattutto li ho visti finire nell’immensa discarica di Tapachula, a lavorare sotto caporali frugando tra i rifiuti. 

Donne del Guatemala, lì da anni, rosicchiate dalla tubercolosi, con i figli nati prima, ma anche lì, che si grattavano la scabbia. Ho raccontato tutto in “Messico: angeli e demoni nel laboratorio dell’Impero”. Scusate lo spot.


Risultati immagini per discarica di Tapachula fulvio grimaldi

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