sabato 8 settembre 2018

Visita al Museo della Guerra di Ho Chi Minh City ed il degrado morale e politico del Vietnam odierno


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Sono appena tornato proprio dal Vietnam. Avevo lì un convegno che è stata l'occasione di una sorta di pellegrinaggio. Chi vuole conoscere e chi non vuole dimenticare i crimini dell'imperialismo deve visitare il Museo della Guerra di Ho Chi Minh City. E' un pugno nello stomaco, anche per chi credeva  di sapere certe cose. Da alcune sezioni mia moglie è scappata piangendo e anch'io avevo i lucciconi agli occhi. 

Sì, questo è l'imperialismo.

Quando si visita Hue, l'antica capitale vietnamita, si tocca con mano cosa vuol dire la distruzione di un patrimonio storico, la volontà criminale di annichilire una nazione. Ciò che più recentemente è successo a Baghdad, a Palmira, ad Aleppo, in Libia, ovunque l'imperialismo si è scatenato.

Dopo avere effettuato la prima fase della distruzione della Cittadella di Hue, i francesi pretesero anche i danni di guerra! Questo è l'imperialismo.

La seconda fase della distruzione fu appannaggio degli Statunitensi.

Girando per il Vietnam, vedendo le sue foreste e le sue montagne adattissime alla guerra partigiana e di resistenza, si capisce benissimo che l'unico modo con cui gli USA potevano pensare di avere la meglio era quello di distruggere metodicamente quella straordinaria natura. Ancora oggi nascono bambini deformati dalle conseguenze genetiche dell'agente arancio di Dow Chemical e Monsanto.

Mia sorella visitò la prima generazione di queste vittime durante un convegno internazionale sulle conseguenze delle diossine, di cui i Vietnamiti, gentilissimi e fieri, sono ahimè i massimi esperti. In quell'occasione strinse la mano al generale Giap.

L'intreccio tra antimperialismo, internazionalismo e questione nazionale, di cui parla Ho Chi Minh, posto con chiarezza da Lenin, ma già preso in considerazione da Marx (si pensi alla sua critica all'internazionalismo di Lafargue e dei proudhoniani francesi, critica che può essere ripetuta parola per parola nei confronti dei nostri cosiddetti "internazionalisti" senza se e senza ma), è un punto sempre centrale.

Finisco ricordando che anche per il patrioti indiani il Risorgimento italiano è stato un modello da studiare, a partire da Mazzini, molto considerato in India assieme a Gramsci.

(Lettera ricevuta)



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Commento integrazione di F.G.:

Anch’io  ho fatto un lungo viaggio in Vietnam, da un capo all’altro, visitando probabilmente gli stessi luoghi che vengono mostrati ai visitatori di un certo rilievo, come giornalisti, funzionari degli organismi sovranazionali, comitive, delegazioni.

Ho filmato tutto (“Due, tre cento Vietnam, ieri e oggi”), dai bambini nati deformi a causa del napalm e dell’agente Orange, ai cunicoli del popolo combattente sotterraneo al 38° parallelo, alle meraviglie delle città storiche, al fenomenale impegno della rinascita con i contadini che allevavano pesci nelle pozze create dai criteri delle bombe, o alle piantagioni di riso dove le bombe americane avevano fatto il deserto, fino alla capanna che durante la lotta di liberazione Ho Chi Min chiamava il suo “palazzo presidenziale” e che vedeva l’ininterrotto pellegrinaggio delle scolaresche.

Tengo ad aggiungere una riflessione: l’unico modo con cui gli Usa pensavano di avere la meglio sui vietnamiti era quello della distruzione della loro straordinaria natura. Un modo in effetti adoperato in tutte le guerre d’aggressione di Usa e Nato.

Purtroppo ce n’è anche un altro, che non deve essere sottaciuto e che, invece, ha trionfato sul coraggio, la resilienza, la capacità di soffrire e il patriottismo di quel popolo eroico. Quello che non hanno potuto le bombe e i Berretti Verdi, l’hanno potuto le multinazionali e la corruzione della classe dirigente e della nuova borghesia nata all’ombra degli investimenti stranieri.

Ne ho avuto sentore fin dall’inizio del processo degenerativo, che allora si manifestava con il conflitto tra Partito, disposto alle aperture agli Usa e al mercato, e le forze armate che tenevano duro sui principi dell’indipendenza e del socialismo. 

Ad Hanoi si susseguivano le voci, poi confermate dai fatti, di rivolte contadine contro la cessione delle terre, su cui coltivavano riso e che gli davano la vita, alle multinazionali americane in arrivo, per farne... campi da golf, compound e resort per i manager stranieri. Fu il tempo in cui si apprese l’indicibile: che i quadri delle forze armate andavano ad addestrarsi negli Stati Uniti.

Di comunista è rimasto il nome del partito al governo. Le diseguaglianze di classe sono cresciute e divenute terrificanti, tra povertà e ceto compradore. L’economia, se non interamente posseduta (rimane qualche scampolo di “capitalismo di Stato”), è determinata e diretta dai poteri finanziari esteri.

Come nel caso di Cuba , non credo che sia giusto lasciare nel buio o nell’illusione di chi preferisce il mito alla realtà qualcosa che non c’è più e che, se appare, è pura quinta a copertura di qualcos’altro.

F.G.


...............

Commento integrazione di J.M.:

Una nota, quasi a rinforzo di quanto descrive F.G. sulla degenerazione turbo-capitalistica dello storico entusiasmo che aveva sconfitto il mostro (nel Vietnam).
C’e’ un nuovo comunismo ‘upside-down’ in America, che ben nasconde gli obiettivi di chi lo finanzia – non da confondersi con il “socialismo dei ricchi” che e’ ancora un’altra cosa.
Del comunismo d’antan conserva lo stile, i paramenti, e l’immagine rivoluzionario-innovatrice che, in tutte le epoche, e’ magnetica per la gioventu’. Nella fattispecie, tuttavia, le teorie marx-comuniste sono trasbordate e appiccicate alla razza. Teorie espresse e contenute nella “Coalition of the Ascendant,” palesemente e apertamente sostenuta, e lautamente finanziata dai soliti sionisti. E nelle cui dimostrazioni – udite, udite – si scorgono persino le bandierine rosse di storica memoria.
Del resto una delle esternazioni della “Coalition of the Ascendant” e’ il movimento ‘Antifa,’ ben rappresentato (e finanziato) anche in Europa.
Ma nel neo-comunismo con la testa in giu’ il nuovo proletariato sono (tout court) i bianchi (Europei di etnia Europea), specie quelli poveri o abbarbicati alla sempre piu’ ossuta e macilenta classe media. I cui “simboli” sono i monumenti storici da distruggere, non solo quelli della Guerra Civile, ma anche quelli dell’indipendenza, Washington, Jefferson etc.
E’ un comunismo, a mio avviso, molto piu’ pericoloso del bolscevismo cui approdarono in pratica le teorie di Marx. Infatti e’ promosso proprio dalla classe degli ultra-miliardari, il cui obiettivo finale e’ la completa distruzione dell’idea dello stato sovrano.
Esempio illustrativo e’ la recente campagna pubblicitaria di Nike, che glorifica un giocatore negro del football americano, il quale rifiuta di inginocchiarsi (o di alzarsi) durante l’inno nazionale. Mi scuso per l’ignoranza ma non ho mai guardato una partita di questo sport. Tuttavia non posso evitare completamente lo tsunami pubblicitario che opprime ogni angolo del quotidiano.
Sono giocatori che guadagnano dai 30 ai 100 milioni di dollari all’anno. Buon per loro, ma in quanto a giustizia sociale, equivalgono alla puttana fatta madre badessa di un convento di clausura.
Che un colosso mediatico, diventato mitico per fabbricare scarpe col principio del ferro da stiro, alieni almeno la meta’ o piu’ della propria clientela, per “vendere” un’idea, la dice lunga su chi finanzia il teatro, manovra i burattini, e sa molto bene dove vuole arrivare.
E’ interessante osservare, tra l’altro, quanto ben pianificato sia il programma, che non trascura da tempo di assicurarsi la co-operazione di entita’ in apparenza inimmaginabili. Chi e’ curioso puo’ leggersi “Quo Vadis Vatican?” http://thesaker.is/quo-vadis-vatican/
Vale, J.M.

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