Milano. Sala e Martina - "pissi pissi"
Ricevo dall’amico Comitato contro la Guerra di Milano e condivido perché ritengo questo scambio altamente significativo, emblematico per la spaventosa arretratezza e pericolosità delle posizioni politiche di molta sinistra. Quella che legge “il manifesto” e ci crede, quella che ha come attività monotematica la questione migranti interpretata in chiave sorosiana, cioè da perfetti ingenui con forti sottotoni colonialisti e quella che, se non c’è un interlocutore di classe, aderente alle specifiche marxiste-leniniste, anche queste malissimamente interpretate e falsate, tutto il resto è da scartare o da avversare. Indipendentemente dalle condizioni di vita, dalla giustizia sociale, dalla difesa dell’autodeterminazione, dal benessere, dall’uguaglianza che governi come quello libico, siriano, iracheno, iraniano hanno assicurato ai loro popoli. Sono cose che per certa “sinistra” demofobica non contano.
Così si arriva all’affermazione davvero scandalosa e ottusa che i vietnamiti si sarebbero offesi se Ho Ci Minh fosse stato accostato a Gheddafi. Lo lasciassero dire ai vietnamiti, che io, diversamente da loro, ho conosciuto in tempi pre-svendita al capitalismo. Saprebbero che farsene della loro arroganza.
A queste gente, sclerotizzata nei bunker del solipsismo, va imputato un demenziale collateralismo con l’imperialismo, di cui assume le strumentali definizioni valoriali (dittature). Suona vuoto e retorico ogni proclama antimperialista, antiguerra, e anticapitalista, quando si separano i popoli a cui si concede, bontà loro, la qualifica di avanguardie di classe, da quelli che invece non la meriterebbero. A questi protettori della dogmaticità del Verbo, sfugge ogni capacità di comprensione di bisogni, programmi, strutture e concetti di società che sorgano da altre tradizioni, da altri processi storici, da altre condizioni oggettive, da altri immaginari collettivi.
Così si isolano Palestina, grazie all’ FPLP che si valuta ideologicamente accettabile, da Siria, Libia, Iraq, Iran, e magari Afghanistan, Somalia, Yemen, Eritrea, implicitamente lasciati in pasto al nemico. Proprio le nazioni laiche arabe sono state le massime sostenitrici, anche materiali, della causa palestinese, anche tenendo a bada la deriva della Lega araba corrotta dai satrapi del Golfo. In varie guerre hanno sacrificato beni e cittadini per la causa palestinese.
Ricordo che quando nell’aprile 2003 uscii da Baghdad in fiamme, già occupata dagli americani, con Saddam alla testa della resistenza (altro che la truffa Moqtada al Sadr!), viaggiavo accanto all’ultimo pullmino del governo iracheno che stava andando in Palestina per consegnare l’ennesima e ultima somma alle famiglie palestinesi che avevano perso la casa o un figlio (20.000 dollari nel primo caso, 10.000 nel secondo). Oggi questi popoli sono le trincee della resistenza al rullo compressore del globalismo imperialista. Vanno sostenuti con ogni forza, Siria di Assad in testa, come va sostenuta l’azione strategica della Russia (altro che imperialismi al plurale, intendendo quello russo, magari quello cinese; ce n’è uno solo, atlantico-sionista-europeo), indipendentemente dalle considerazioni che si possono fare sulle sue vere o supposte motivazioni.
Il motivo per il quale il Centro Sociale Vittoria, uno di quelli storici di Milano, con il Leoncavallo passato ad altra “destinazione d’uso” già da molti anni, s’è scatenato contro la manifestazione per la Palestina e la partecipazione di una delle più vive e valide realtà della politica antimperialista della città, era che, nel corteo, i compagni del Comitato Contro la guerra inalberavano anche bandiere della Siria e dell’Iran.
La posizione di questa sinistra vaiolizzata da ignoranza, protervia, formule incartapecorite, immiserimento culturale, è determinata da un eurocentrismo politico e culturale che si affianca al colonialismo in corsa per un rinnovato assalto ai paesi delle risorse e dello svuotamento delle loro generazioni giovani e attive tramite un processo di coatta emigrazione. Non per nulla si infervorano, non per l’eroica difesa del popolo siriano da 7 anni di aggressione Uccidentale, Nato e dei rispettivi mercenari jihadisti, ma per i curdi e il Kurdistan, restando indifferenti all’offesa all’integrità territoriale e alla sovranità di uno Stato laico, antimperialista, antisionista, portata da questi pulitori etnici al servizio dei licantropi imperialisti.
Molti dei centri sociali nei quali in passato ho presentato miei documentari sulle guerre a Iraq, Libia, Palestina, sulle aggressioni ai paesi latinoamericani e asiatici e che allora condividevano in pieno la solidarietà a questi popoli in lotta e ai rispettivi gruppi dirigenti, hanno poi subito un inarrestabile regressione ideologico-politica. Questa si distingueva dalla parallela degenerazione delle sinistre di massa solo per il mantenimento di slogan antimperialistici che, dato il contesto, si autonegavano. Al sostegno ai mercenari curdi che svuotano a forza terre e centri abitati arabi per assicurare la frantumazione della Siria e garantire ai colonialisti americani e francesi basi militari e lo sfruttamento delle risorse petrolifere e agricole del paese, associano solitamente anche l’acritica adesione al buonismo solidaristico per i migranti.
Come tutte le sinistre tradizionali, non hanno fatto il minimo sforzo per capire cosa ci potesse essere dietro a un fenomeno enorme, che viene scatenato su paesi fragili a rischio di destabilizzazione e che, al tempo stesso, privandone le generazioni giovani e preparate, pone i paesi del Sud, ricchi della risorse richieste dal capitalismo occidentale, alla mercè del dominio e dello sfruttamento militare ed economico.
Neanche il protagonismo nell’operazione migranti e Ong di un ceffo della speculazione spoliatrice di interi paesi, come Soros, finanziatore di tutti i rovesciamenti di governi non graditi in Occidente, riesce ad aprirgli gli occhi.
Come tutte le sinistre tradizionali, non hanno fatto il minimo sforzo per capire cosa ci potesse essere dietro a un fenomeno enorme, che viene scatenato su paesi fragili a rischio di destabilizzazione e che, al tempo stesso, privandone le generazioni giovani e preparate, pone i paesi del Sud, ricchi della risorse richieste dal capitalismo occidentale, alla mercè del dominio e dello sfruttamento militare ed economico.
Neanche il protagonismo nell’operazione migranti e Ong di un ceffo della speculazione spoliatrice di interi paesi, come Soros, finanziatore di tutti i rovesciamenti di governi non graditi in Occidente, riesce ad aprirgli gli occhi.
Quando parlano di assimilazione, integrazione, multiculturalismo, adoperano implicitamente, ma facendo strillare l’inconscio, una gerarchia di valori che pone in cima quelli europei, bianchi, cristiani, a cui conviene adeguarsi. Si ritorna al Kipling del “fardello dell’uomo bianco”. Si tratta di eurocolonialismo. E come dimostrano tutti i dati circa le condizioni nelle quali si ritrovano i migranti nel paese che avrebbe dovuto migliorare la loro esistenza, si tratta della nuova tratta degli schiavi, manodopera disponibile a tutto, che ha anche il benefico effetto collaterale di abbassare le pretese e le condizioni degli autoctoni.
Si tratta in definitiva di portatori d’acqua al mulino della sopraffazione occidentale, rilanciata dopo l’arretramento imposto al colonialismo dalle lotte di liberazione nazionale del secolo scorso. Sopraffazione mimetizzata da accoglienza solidale e carità dalla Chiesa. Come sempre. In Africa, dove opera da poliziotto buono accanto alle multinazionali, poliziotto cattivo, la chiamano evangelizzazione. E come tutte le azioni dell’imperialismo, si punta alla de-identizzazione. E’ il mondialismo, bellezza.
Bilderberg, che riunisce tutti i responsabili di questa e di altre operazioni maltusiane e nichiliste, sta avendo il suo consesso annuale a Torino dal 7 al 10 giugno. Come sempre a porte chiuse. E se ti avvicini, c’è un’armata pronta a spararti. Lo Stato italiano finisce davanti alle porte di quell’hotel. Basta questa presenza nel nostro paese per far capire al governo populista e ai suoi elettori che gli scherzi devono finire. C’è di nuovo anche una nostra giornalista, Lilli Gruber. Quella che di solito, nel suo “Otto e mezzo”, usa l’imparzialità delle tre voci contro una (populista).Vuoi vedere che non ci racconterà niente. Né lei, né nessun altro. E’ la democrazia aggiornata ai Rothschild del terzo millennio.
Ma di tutto questo il CSA Vittoria non gliene potrebbe fregare di meno.
Ogni solidarietà ai bravissimi compagni del Comitato contro la guerra di Milano, addirittura tacciati di rossobrunismo. E miserabile è l’accusa di essersi associati a gruppi para- o neo-fascisti in manifestazioni contro la guerra alla Siria. La risposta del CGM è stata puntuale inconfutabile.
Vorrei però ricordare che la Resistenza palestinese non è che sia stata proprio al massimo livello morale e politico quando si è trattato di scegliere tra il sostegno alla Siria, che per decenni si era impegnata per la Palestina (anche con un trattamento di grande generosità e dignità dei profughi, comune all’Iraq), e lo schierarsi accanto ai nuovi ufficiali pagatori delle petromonarchie del Golfo, Qatar in testa, che, in combutta con l’imperialismo occidentale, si sono dati da fare per uccidere la Siria. Nello stesso campo di Yarmuk, a Damasco, tutte le organizzazioni palestinesi, all’infuori del Fronte Popolare-Comando Generale, si sono affiancate ai jihadisti nella battaglia contro le forze nazionali. Una scelta vergognosa, sbagliata, per fortuna poi parzialmente rientrata.
A Cagliari, dove presentavo il mio documentario girato in Siria durante questa guerra, di fronte al mio chiaro appoggio alle ragioni della Siria e di un suo governo appena riapprovato dall’80% della popolazione, sotto controllo internazionale, si è espresso con vibrante protesta il rappresentante del FPLP, mio grande amico, per denunciare il “carattere autoritario del regime di Assad”. Contraddizioni principali e contraddizioni secondarie, vero? Tutto questo spiega anche certe ambiguità tuttora manifestate da gruppi di solidarietà con la Palestina.
A Cagliari, dove presentavo il mio documentario girato in Siria durante questa guerra, di fronte al mio chiaro appoggio alle ragioni della Siria e di un suo governo appena riapprovato dall’80% della popolazione, sotto controllo internazionale, si è espresso con vibrante protesta il rappresentante del FPLP, mio grande amico, per denunciare il “carattere autoritario del regime di Assad”. Contraddizioni principali e contraddizioni secondarie, vero? Tutto questo spiega anche certe ambiguità tuttora manifestate da gruppi di solidarietà con la Palestina.
Fulvio Grimaldi - fulvio.grimaldi@gmail.com
Comunicato del CCLGM sulla questione palestinese a Milano
All’Associazione dei Palestinesi in Italia (API) e a quanti hanno a cuore la causa palestinese
Abbiamo scelto di lasciar passare un po’ di tempo, dopo la manifestazione del 19 maggio u.s., e le (a nostro avviso inutili) polemiche che sono seguite; avendo però a cuore la causa, come Comitato Contro la Guerra Milano, vorremmo chiarire alcune questioni.
È vero che la confusione è grande ma qualche coordinata l’abbiamo mantenuta ferma.
Lo scorso 18 maggio abbiamo preannunciato con una mail all’API la nostra presenza in piazza, senza peraltro ricevere alcun riscontro.
In passato, come è accaduto ad esempio nel presidio milanese pro Palestina del 9 dicembre 2017, abbiamo verificato la presenza di bandiere del Free Syrian Army, cioè dei terroristi alleati (ormai senza più dubbio alcuno, visto la messe di prove raccolte e di evidenti fatti) a Israele e USA, oltreché a chi, a capo dell’Arabia Saudita, ha detto ultimamente ai Palestinesi di starsene zitti.
Per la precisione il 12 dicembre dell’anno scorso abbiamo postato sul blog del Comitato Contro la Guerra Milano un comunicato su questo argomento, in cui esponiamo le nostre posizioni in merito, che sono le stesse espresse dal Fronte Popolare di Liberazione della Palestina. Il 17 maggio scorso, sempre sul nostro blog, abbiamo pubblicato un comunicato che riportava le ragioni per cui avremmo partecipato alla manifestazione del 19 maggio per la Palestina. Lì scriviamo, come abbiamo poi fatto, che saremmo stati presenti e avremmo affiancato le bandiere della Palestina a quelle dei Paesi che immediatamente avevano dichiarato la loro solidarietà alla lotta in atto, che sono poi quelli sotto attacco dalle stesse forze e Stati che sono contro la causa palestinese: USA e Israele, in primis. Pertanto: la bandiera della Repubblica Bolivariana del Venezuela, la bandiera di Cuba, la bandiera della Repubblica Araba di Siria, le bandiere dell’Iran e del Libano.
Fra il 14 e il 16 maggio Iran, Siria, Libano, Cuba, Venezuela, Bolivia e Sudafrica hanno espresso ufficialmente la loro solidarietà al popolo palestinese.
Nel frattempo tutte, ma proprio tutte, le organizzazioni palestinesi, Hamas, Fatah, il Fronte popolare per la liberazione della Palestina,il Movimento per il Jihad Islamico in Palestina, il Fronte Democratico per la liberazione della Palestina, il movimento dei Mujahideen della Palestina, pur ognuna a suo modo, hanno condannato i bombardamenti statunitensi sulla Siria bollandoli come una aggressione imperialista.
Sull’evento FB di API, relativo alla manifestazione del 19 maggio, compare ancora la bandiera a tre stelle dei tagliagole in Siria armati e finanziati dagli USA, perché quel post non è ancora stato rimosso?
D’altro canto gli USA come Israele stanno cercando di manipolare le minoranze curde sempre con lo scopo di destabilizzare il Medio Oriente, al momento buono i curdi verranno abbandonati, quando si valutasse che non servano più.
L’Iran, l’Iraq e la Siria sono Paesi antisionisti ed è chiaro che non sono esattamente nelle simpatie di Israele così come degli USA. Il dedalo mediorientale è scosso da fibrillazioni ed è ineludibile il legame tra le tessere che lo compongono.
La complessità è grande da affrontare, occorrono strumenti che lo consentano. Di fronte all’improvvisa accelerazione, alle svolte repentine ed alle brusche frenate è indispensabile avere una chiave di lettura dialettica. Sapendo che i media mainstream hanno il compito di manipolarci.
Attraverso la ricerca, l’osservazione e con la consapevolezza della nostra inadeguatezza-cosa questa che non ci sembra accomunare tutti quelli che dicono di essere a fianco del popolo palestinese- abbiamo maturato la convinzione che la distruzione della Siria sarebbe oltremodo dannosa anche per il popolo palestinese e la sua causa.
Qualcuno sostiene che saremmo stati in piazza per provocare con bandiere siriane e iraniane, quali cantori di una nuova frontiera teoantimperialista. Stiano sereni, perché Cuba, Venezuela e Bolivia, per dirne alcuni, sono Paesi di cui è ben nota l’amicizia verso Siria e Iran, anche loro sarebbero da considerare a rischio di “teoantimperialismo”? È vero che all’interno di un certo mondo autoreferenziale, il quale non sa guardare la realtà, si è alla continua ricerca di nuove frontiere, noi ci sforziamo di essere più “classici”.
Per esempio promuovendo il presidio del 14 Aprile contro il bombardamento alla Siria partito nella notte tra il 13 e il 14 Aprile, che ha visto molte adesioni (alcune sezioni ANPI, circoli dell’Ass.ne Italia-Cuba, lo storico Circolo CIP Tagarelli, il PC con la sua giovanile, il PCI, etc).
Precedentemente avevamo discusso con l’Ass.ne Italia-Cuba di Milano ed il Coordinamento Lombardo Palestina, pervenendo ad un documento-appello unitario che chiamava alla mobilitazione, in cui si diceva che in America Latina, così come in Medio Oriente, occorre individuare quello che è il nemico principale, ovvero: gli Stati Uniti d’America.
Sull’antifascismo, ci spiace, non prendiamo lezioni da nessuno. Non ci fidiamo infatti di coloro che, attraverso una fotografia prodotta da Stato e Potenza circa 90 minuti prima dell’inizio del presidio in piazza S. Babila il 26 Luglio del 2014, per la giornata di Al Quds, quella foto nella quale i rossobruni si autoritraggono in perfetta solitudine nella piazza vuota, vorrebbero far credere che gli asini volino. Ovvero che noi si fosse in combutta con i fascisti. Questa è una bieca strumentalizzazione, la messa in scena dei loschi figuri della foto è stata poi rilanciata, essendone noi ignari come è ben noto, da soggetti ai quali non pareva vero di poter attaccarci con questo maleodorante pezzetto di dossieraggio. Quella foto viene, guarda caso, ripescata periodicamente con lo scopo di togliere slancio ad un lavoro politico, che a Milano si caratterizza per la sua diversità rispetto alla linea politica della “sinistra imperiale”, sempre pronta a dare credito alle notizie del mainstream.
Chiaro è il nostro messaggio politico: l’accompagnarsi delle bandiere del Venezuela bolivariano e di Cuba (che non si prestano certo ad equivoci) con quelle amiche di Palestina, Siria, Iran e Iraq, sottolinea la necessità urgente di un fronte unito contro la politica imperialista di aggressione di USA, Israele, UE-NATO e petromonarchie. In queste condizioni isolarsi è solo fare un favore a chi ti attacca. Non è un caso che noi ci sentiamo vicini al Comitato Ghassan Kanafani e all’UDAP(Unione Democratica Arabo Palestinese) per le posizioni corrette che esprimono.
Comitato Contro la Guerra Milano, 05/06/2018
Pubblichiamo il comunicato di solidarietà pervenutoci dal Partito Comunista Lombardia in merito alla manifestazione per la Palestina del 19 maggio: A proposito di metodo e di merito - Partito Comunista Lombardia
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Qui di seguito i due testi in questione pubblicati sul sito CSO Vittoria:
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