Eravamo partiti-arrivati proprio quando i linguivendoli del mondo intero affermavano speranzosi (poi miseramente smentiti dai fatti), che sarebbero iniziati i bombardamenti di Barry Soetoro... ma in realtà il giorno più pericoloso del nostro viaggio in Siria è stato l'ultimo, quello del ritorno.
Della delegazione italo-siriana siamo rimasti in quattro: io, Jamal Abo Abbas, Ouday "Soso" Ramadan e Assef Mansour. Prima di partire tutti insieme da Tartus, andiamo a prendere Jamal a Safita, la sua bella, piccola città, a prevalenza cristiano-ortodossa, inerpicata su un monte e piena di case in costruzione, di vita che procede impavida.
Quindi si visita la tenuta di campagna, in un villaggio alla periferia di Tartus, della famiglia di Ouday. Chi vi abita è meno al sicuro che non in città, ma finora nessuno dei mostri è riuscito a infiltrarsi. Il raccolto dei campi è interamente devoluto ai contadini e ai bisognosi.
Ci accoglie il fattore con l'ospitalità siriana, proverbiale... entriamo nella minuscola, splendida moschea annessa alla casa, fatta appositamente costruire dai Ramadan... dove il papà di Soso, Hassan, capo spirituale degli alauiti, oggi gravemente ammalato, ha per tanti anni officiato e incontrato i fedeli.
Poi di nuovo a Tartus, invitati a pranzo dalla sua famiglia. Che piacere rivedere Hassan e Vita, moglie inseparabile, ormai pura anima, esile e cieca ma che tutto sa e comprende (in gioventù bellissima, mi dice Ouday con orgoglio), e i due fratelli e le loro mogli, e i bimbi!...
Gli occhi profondi e penetranti, il volto dell'anziano Hassan, quasi sempre silenzioso, mi ricordano Georges Ivanovič Gurdjieff... non è un accostamento sbagliato, visto le conoscenze segrete di entrambi gli uomini... l'alauismo... siamo anche in questo caso dentro la narrazione in gran parte farlocca di coloro che si impongono con l'uso della forza e delle stragi, e che poi (ri)scrivono la storia a loro uso e consumo... com'è stato da parte della canaglia democratica dopo la Seconda Guerra Mondiale... i vincitori, fra i musulmani, lo stuolo sterminato dei sunniti, non rappresentano affatto l'autentico Islam, e quel che accade oggi per mano dei più reazionari e fanatici tra loro non è che l'eco delle prime persecuzioni subìte, per mano dei vari califfi abusivi, proprio dagli sciiti e alauiti, sempre (salvo eccezioni rare) dalla parte degli sfruttati e fiaccola di progresso civile e di equità.
Scendiamo in strada per imbarcarci, noi e le tante valigie, nell'automobile che i fratelli di Soso hanno ordinato appositamente. Ma che sorpresa e sconcerto quando vediamo che ci attende una macchina molto più piccola di quella pattuita e con targa non libanese, come d'accordo, ma... siriana!...
Non si capisce bene se si tratti di un errore colpevole o di una sostituzione per forza di causa maggiore, fatto sta che si decide di partire comunque... in effetti potremmo essere tutti e quattro perfetti obiettivi nel mirino: io che ho appena registrato la mia canzone per il popolo e l'esercito della Repubblica (poi trasmessa per radio in tutta la Siria), Jamal capo della Comunità Siriana in Italia fedele alla sua Patria, Assef, membro orgoglioso della medesima Comunità, Ouday portavoce del Comitato Italia-Siria e, come gli altri, alauita!... sono le 15h... quel che dovrà succedere succederà... Inshallah.
Siamo letteralmente insardinati, tra i pacchi e le borse.
Davanti, accanto al guidatore (un vecchietto di Tartus eccezionale, pieno di risorse e che si rivelerà coraggiosissimo), è seduto Jamal, di dietro io, con alla mia sinistra Assef, dal profilo di antico Assiro, e alla mia destra Soso grande cuore, autentica enciclopedia del Vicino Oriente, degno figlio di suo padre. Siamo stati venduti ai troglocannibali?...
Molto improbabile, non impossibile. Si arriva alla frontiera in circa mezz'ora, ma è qui che rimaniamo fermi per un tempo lunghissimo (forse mandando così all'aria i piani di chi eventualmente ci attendeva dall'altra parte)... è per "colpa" mia... nel 2010 i vampiri giudaici, espellendomi dall'aeroporto Ben Gurion, dopo avermi arrestato e tenuto in una galera per tre giorni nel deserto del Negev come gli altri della Freedom Flotilla, hanno impresso il timbro dell'entità sul mio passaporto, macchia che solo un nuovo documento può cancellare... all'andata tutto era stato molto più veloce, qui troviamo un funzionario-burocrate che di spiegazioni ne vuole mille, e non gli bastano mai... alla fine, dopo varie telefonate in alto loco, forse anche lui stremato, mi (ci) lascia partire... si è fatta sera... dopo aver passato, con molte meno difficoltà (per l'abilità diplomatica e il genio di Ouday), anche la frontiera libanese, eccoci nella strada che, passando attraverso Tripoli, ci porterà a Beirut, all'albergo dove ci attendono gli altri nostri compagni di viaggio siriani che si erano fermati a Latakia e che di lì sono volati nel Paese dei cedri.
Tripoli... ovvero "Kandahar", come la chiamano in Siria, per via dell'enorme presenza della feccia talebana e simile, che ha impestato la città. In periferia Soso mi indica le discariche criminali, dove l'Occidente ha riversato i suoi veleni, concesse dal mafioso Hariri... poi, dopo aver superato, alla nostra sinistra, la cittadella degli alauiti (80.000 eroi che da quarant'anni resistono all'assedio di 800.000 sunniti retrogradi), eccoci proprio nel cuore marcio degli islamici del Kali Yuga in Libano... varie automobili suonano il clacson alla vista della nostra, siriana... una si accosta minacciosa... l'autista li manda sonoramente affanculo e sterza in una strada laterale... questa duplice reazione grandiosa deve averli disorientati... nessuno ci insegue!... finalmente siamo fuori dell'inferno brulicante... ci accoglie una Beirut luccicante nella notte, piena di McDonald e di resort pacchiani per i riccastri del Golfo... qui le case e gli Hotel costano più che a New York... sembra di entrare in un altro mondo quando finalmente arriviamo nella parte meridionale della città controllata dagli Hezbollah gloriosi.
Nessun orpello occidentale, o quasi. Se c'è un vero alleato della Repubblica Araba laica e socialista di Siria questo è il religiosissimo Hezbollah, che non impone a nessuno il suo credo sciita e che ha costruito un esercito invincibile, così come una società non corrotta, solidale, avanzata. In mezzo alla melma essi danno un esempio di dignità e di onore.
Torno in Italia convinto che i siriani e i libanesi con la spina dorsale diritta alla fine vinceranno. E la loro vittoria sarà anche la nostra.
Joe Fallisi - flespa@tiscali.it
Damasco, 16 Settembre 2013
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