Una
città senza i suoi abitanti, la sua cultura, la sua anima dunque,
non è più una città. E’ un centro direzionale circondato da
pulviscolo inoffensivo. Qualcuno fantastica di metterci quelli del
Senegal, come nei borghi spopolati.
La strategia è quella di Malthus.
Vale per la Grecia e per l’Italia, con i rispettivi centomila
giovani, costruttori del futuro nazionale, nel nome di Giotto e nella
scia di Dante, di Prassitele e Sofocle, che vanno e non tornano.
Rafforzano coloro che ci riducono così.
E se i non consoni alle
magnifiche sorti e progressive della globalizzazione pensano di
resistere, gli togli i treni, i pronti soccorsi, l’oncologia,
l’università, i vigili del fuoco, asili, elementari, medie e
licei.
E quando ti si offre un’occasione d’oro come il terremoto,
li lasci all’addiaccio, in tenda, nel camper, in campeggio al mare,
o nelle casette in cui sui pavimenti crescono funghi, i cui boiler
ghiacciano, i cui tetti crollano.
Non gli ricostruisci una cippa e
rimandi in grembo a Giove la decisione se le case siano agibili o
no. Vedrai che alla fine se ne vanno e anziché viaggiare sul
chilometro zero, fisiologico per chi lì produce e consuma, ma
micidiale per la globalizzazione, da Arquata del Tronto si andrà ad
Ancona all’Auchan. E il figlio a Londra.
Al
loro posto, dicono, perché non africani? Impareranno Giotto e
dimenticheranno i loro templi.
Fulvio Grimaldi - www.fulviogrimaldicontroblog.
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