Continuo a leggere messaggi disperati di terremotati di varie parti del Centro Italia, che si trovano ancora in tenda, mentre le promesse di rapide soluzioni rimbalzano governo dopo governo. Il pallonaro renzie, all'epoca del sisma di agosto ed ottobre dello scorso anno, aveva detto "i terremotati sono nei miei pensieri", ma passata la mano a Gentiloni i pensieri si sono fatti sempre più oscuri, ed a parte le incursioni delle camicie gialle impegnate a farsi fotografare con la scopa in mano nei luoghi disastrati, le soluzioni celeri sono di là da venire. Sempre colpa -ovviamente- dell'Europa, una buona scusa per mascherare l'incapacità operativa.
Ricordo però che nel 2012, ai tempi del governo Monti, furbescamente una soluzione preveggente fu trovata. La trovò l'allora ministro Clini, con l'escamotage di affrancare lo stato dalle sue responsabilità con l’assicurazione obbligatoria sugli immobili.
Ovvio, gli immobili sono a rischio terremoti alluvioni incendi etc. e lo stato non può permettersi di accollarsi i danni civili per cui il cittadino deve arrangiarsi, “prevenire” il danno -si dice- ed assicurarsi su tutti i malanni che incombono sulle proprietà. Quella mossa di Clini ha consentito il lavaggio delle mani dei governi successivi.
I professori avevano previsto tutto... infatti perché li chiamano professori? Perché rispetto ai comuni “politici ignoranti” hanno il pregio di aver studiato e sanno come spremere il popolino, facendo pagare tasse anche sulle case diroccate.
Questo mi fa venire in mente - ad esempio - la precedente invenzione professorale, quella dell’IMU (Imposizione Povertà Unificata), cioè l'imposta sull'abitazione dei privati (poiché gli enti e le fondazioni -come le banche- ne sono esenti). L'IMU e l'ICI in realtà furono una invenzione dell’impero britannico. L’imposta sulle abitazioni vide la luce nell’800 nei possedimenti indiani della corona. Allorché un “furbo” vicere pensò bene di tassare le case degli indigeni. La cosa sembrò tanto irreale e “persino” infernale ai poveri indiani che essi, anticipando la nonviolenza gandhiana, si inventarono una forma di protesta passiva: "la morte in vita", si chiamava. Ovvero tutti si astennero dallo svolgere qualsiasi attività di ogni genere, non solo l’astensione dal lavoro ma anche quella dal cibo, dal lavarsi, etc. etc. Ognuno si piazzò fuori della porta di casa e si accoccolò in attesa della morte. Una protesta siffatta gli inglesi non l’avevano mai vista. Magari una rivolta, che so, un attentato, una parolaccia, un mugugno… ma che uno si lasciasse morire per una tassa... non era mai capitato.
Ma tornando ai nostri governanti si intuisce che - malgrado la loro furbizia - non hanno lo scopo di pareggiare il bilancio dello stato o di arricchire la nazione. No, quello scopo potrebbe essere ottenuto in modo immediato e semplice, togliendo alle banche private centrali il diritto di emissione monetaria (al posto dello Stato). Invero lo scopo coercitivo dei tassatori è quello di indebolire sempre più il nerbo della creatività italica e di aumentare il debito pubblico (con spese inutili e forsennate: nuove costose armi, prebende ai politici, etc.).
Certo, ci sono gli imprevisti, le inondazioni, i terremoti, ma queste cose succedono una tantum mica ogni anno con regolarità. Nel frattempo però, le famiglie italiane, con la diminuzione del numero dei figli, magari si ritrovano con tre case, una nel paesello dei nonni, una nella città dei genitori ed un’altra in cui si vive con la propria famiglia. Queste case restano lì un po’ per ricordo e per rispetto degli avi, un po’ perché ci si va in pellegrinaggio due o tre volte all’anno od anche in vacanza e magari si spera che un giorno potranno essere d’uso a quel figlio od a quella figlia ancora studenti.
Cosa succede con l’IMU? Improvvisamente quelle case diventano un peso, ogni anno bisogna pagare una tangente per poterle conservare e la tangente è esosa, molto esosa. Allora si cerca di correre ai ripari e si mettono in vendita le case avite che non vengono più usate continuativamente. Ogni italiano mette in vendita una o due case e il mercato crolla. I prezzi delle abitazioni vanno a stracci, ed in alcun modo si riesce a venderle, per via dello sbilanciamento di richiesta-offerta.
Lo vedo qui a Treia. Quando arrivai dieci anni fa c’erano sì dei cartelli vendesi in giro ma non molti, le case in vendita erano quelle di chi per un motivo o per l’altro aveva lasciato il centro storico per andare a vivere nelle frazioni o -causa trasferimento di lavoro- in altri luoghi. Con l’avvento dell’IMU i cartelli si sono moltiplicati e sono scomparsi gli acquirenti.
Infatti chi è disposto ad acquista una tassa? Chi vorrebbe pagare per ottenere un bene che comporta di dover pagare ulteriormente ogni anno una tassa? E non si tratta solo di IMU. Per avere una casa agibile devi pagare l’imposta sui rifiuti anche se non la abiti, devi pagare l’acqua, devi pagare l’elettricità, devi pagare il gas, devi pagare altre innumerevoli piccole e grandi gabelle che su di essa gravano. Oppure devi abbandonarla completamente, cioè rinunciare all’uso, tagliare tutte le utenze e renderla di fatto inagibile. Ma anche questo non ti salva dalle responsabilità civili in caso di terremoti, alluvioni, etc., da qui la bella pensata del Clini sull’assicurazione obbligatoria.
Alla fine se sei un privato meno hai meglio stai.
La casa ti è stata pignorata? Ne occupi una abusivamente o vai sotto i ponti. Il cibo manca? Provvederà la Caritas. Sul ponte sventola bandiera bianca? Ci penserà Grillo con il reddito di cittadinanza! Sei proprio ridotto al minimo? Per fortuna la mafia c’è ed una mano è sempre disposta a dartela, in cambio di piccoli servigi….
Paolo D’Arpini
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