E
Trump? Spaccone, incompetente, bislacco, imprevedibile, forse anche
un po’ fuori di testa (niente rispetto a predecessori e rivali). Ma
il dato centrale è che coloro che non hanno accettato l’esito
delle, per loro, democratiche elezioni presidenziali e ne vogliono
rovesciare il vincitore, Donald Trump lo tengono per le palle.
Così,
mentre si apprestava a condividere con i russi una sistemazione della
Siria, catastrofica per i siriani, ma di relativa soddisfazione per
le maggiori parti in causa, gli hanno schiaffato tra i piedi il forno
crematorio e ne hanno silenziato gli scambi con Putin e con Lavrov
con le urla scomposte del solito pendaglio da forca israeliano, il
ministro Yoav Galan: “Giustiziano la
gente, effettuano attacchi chimici sul popolo, bruciano cadaveri come
70 anni fa… è nientemeno che un genocidio… la linea rossa è
superata, è arrivato il momento di assassinare Assad”.
L’uomo, membro rumoroso ma consapevole di una conventicola che
dell’assassinio ha fatto la propria ragione di vita, salivava
mentre lo diceva. E un pensierino lo faceva anche sul Consigliere di
Trump per la sicurezza nazionale, McMaster, che, in due infami
occasioni, si era rifiutato di riconoscere al territorio rivendicato
da Israele il Muro del Pianto.
Lo
Stato profondo Usa - E’
la guerra di Hillary, neocon, Cia, Sion
Fatto
fuori da Consigliere per la Sicurezza Nazionale, Michael Flynn, per
contatti con l’ambasciatore russo assolutamente legittimi, ora la
tenaglia si chiude sul presidente Trump stesso. L’accusa da impeachment è
di aver rivelato al ministro degli esteri e all’ambasciatore russi
segreti dell’ intelligence. La manina è sempre quella israeliana.
Da lì sarebbe venuto l’avvertimento che l’Isis stava preparando
attentati al tablet sugli aerei. Dal momento che tra i primissimi
burattinai di Isis ci sono gli israeliani in combutta con i neocon
americani , la minaccia era assolutamente credibile. Ed era non solo
legittimo, ma doveroso, per il presidente Usa comunicare la cosa al
suo partner russo. E’ o non è sancito da due titolari della Casa
Bianca in successione, e fin dall’epifania del mercenariato
imperiale in Siria e Iraq, che il terrorismo andava combattuto
assieme?
E
allora cosa andavano cercando gli organi telescritti nelle centrali
del Mossad e integrati dalla Cia, Washington Post e New York Times,
quando accusavanoTrump di aver spifferato al “nemico” segreti di
Stato? Seccati perché un progettino di quelli all’israeliana era
stato sventato? O piuttosto, o anche, all’affannosa ricerca del
pretesto finale per abbattere Trump e andare avanti con l’assassinio
di Assad, l’annientamento della Siria, la Grande Israele, la guerra
all’Iran, alla Russia, alla Cina, alla galassia?
Ultranazi
all’assalto delle istituzioni
Chi,
a forza di scaricare i suoi lanciafiamme su Trump, non conserva
neanche un po’ di brace da lanciare su agevolatori e battistrada
mediatici di Rothschild e del relativo complesso predatore e
necrogeno di classe, dal New York Times al “manifesto”, si deve
inevitabilmente considerare complice di una manovra eversiva che
punta al sovvertimento degli ultimi rimasugli delle istituzioni
statunitensi. Siamo all’alto tradimento di una cosca di felloni
impegnati alla definitiva realizzazione del piano neocon per il Nuovo
Secolo Americano (PNAC) o, meglio, talmudista-statunitense.
L’abbattimento di Trump, attraverso impeachment, o soluzione più
drastica, qualunque giudizio si dia dello strampalato personaggio,
introduce alla dittatura mondiale e a qualcosa di molto simile alla
fine del mondo.
Siria
per Putin e tutti noi: hic Rhodus, hic salta
Il
reiterato sforzo, da parte dei massimi stragisti della storia, di
attribuire ad Assad – impunito e irriducibile difensore del suo
popolo e, dunque dell’umanità tutta - carneficine di ogni tipo
serve, nella congiuntura, anche come arma di distrazione di massa
dagli ininterrotti eccidi operati dagli Usa e dalla loro coalizione
aerea sui civili di Siria e Iraq. Non c’è giorno che donne,
bambini, uomini di questi due paesi non vengano massacrati da bombe
che poi si dicono dirette su concentramenti di jihadisti. A Mosul,
Deir Ezzor, Raqqa, in tutte le aree dove si svolgono combattimenti
veri o presunti, piovono bombe sui civili e sulle rimanenti
infrastrutture che gli consentono la sopravvivenza. Spesso, come a
Deir Ezzor, il bersaglio è lo stesso l’esercito arabo siriano
quando va mettendo in difficoltà le bande terroriste di obbedienza
USraeliana.
Perché,
dichiarando all’universo mondo di voler combattere quel terrorismo
islamico che ferisce lo stesso Occidente di cui gli Usa si dicono
vindici e difensori, poi gli spianano la strada svuotando di
popolazioni, ovviamente non complici, i territori che quel terrorismo
occupa e impedendone la liberazione da parte dell’esercito
legittimo? Saperlo non è difficile. Questa guerra non è guidata dal
“comander in chief”
Trump. Trump, sapendo di aver i rottweiler dello Stato Profondo, Cia,
FBI, neocon, i clintoniani, le grandi multinazionali, pezzi di
Pentagono, alle calcagna, ogni tanto gli butta un boccone. Tipo
l’attacco missilistico alla base aerea siriana di Al Shayat, in
buona misura inefficaci e fuori bersaglio. Per poi – anatema ! -
tentare di riprendere il vecchio filo del dialogo con i russi.
Questa
guerra è condotta e diretta dallo Stato Profondo che punta allo
scontro diretto e globale. Ne campa. Ne campano i suoi caveau. Dalla
strage di civili, un po’ affidati ai mercenari, un po’ alle
proprie bombe, si aspetta lo spopolamento della Siria. Sia per
eliminazione fisica, sia per quella fuga per la quale jihadisti e
bombe sono il push factor
e le navi delle Ong, Soros e suoi militanti umanitari, accoglitori
universali, il pull factor. In
questo, in qualche modo, siriani ed europei, specie quelli del Sud,
sono uniti dalla comune sorte di vittime, per vari gradi, dello
stesso mostro.
Di
fronte a tutto questo, fidandosi di chi non si dovrebbero mai fidare,
i russi si sono inventati le quattro aree di de-escalation,
di riduzione del danno per così dire. Una è quella di Idlib, dove
sono e resteranno i turchi. Le altre sono enclavi di varie formazioni
terroriste e dei relativi sponsor esterni a Damasco: Homs, Deraa,
Quneitra.
Il Kurdistan che passa da un pezzettino di Siria a un
pezzettone grosso, perlopiù arabo prima della pulizia etnica
curdo-americana, è ufficialmente riconosciuto. Come quello iracheno,
raddoppiatosi nelle more. Gli iracheni si stanno riprendendo Mosul.
Probabilmente in cambio accetteranno un Kurdistan indipendente su
gran parte di terre e petrolio arabi. Sembra che ai siriani sia
consentito di avanzare verso est a riprendersi almeno Deir Ezzor, da
anni assediata. A Raqqa regnerà un proconsole curdo degli Usa,
magari un farabutto narcos come Massud Barzani, di cui le nostre
“sinistre” diranno che è Che Guevara. Forse nei due
paesi-martiri si morirà di meno.
Fulvio Grimaldi - www.fulviogrimaldicontroblog.i nfo
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