lunedì 8 maggio 2017

Il nuovo ordine mondiale multipolare è ormai una realtà... (checché ne dicano i vecchi egemoni americani)


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Il nuovo ordine multipolare si fonda su  diversi aspetti essenziali in corso di attuazione, soprattutto in seguito alle iniziative  di Cina e Russia,  come la creazione di una moneta comune suffragata da un gold-silver standard o qualcosa di analogo ed integrativo, cioè garantito da beni solidi e concreti e non solo basata sulla "fiducia" (malriposta) come per il dollaro. 

Moneta comune che si estenderà immediatamente agli altri paesi del BRICS, cui hanno già affermato di volersi connettere diversi altri paesi, che insieme supererebbero abbondantemente la metà della popolazione mondiale attuale. Paesi che da alcuni anni hanno già impostato e reso operative diverse istituzioni finanziarie internazionali a supporto di queste loro intenzioni di partenariato economico e strategico, in alternativa all’ex monolitica egemonia americana ed occidentale. Egemonia che sta sempre più collassando, non sapendosi adeguare ai cambiamenti geopolitici mondiali in corso, soprattutto per cause culturali, essendo la leadership neocons, ancora prevalente e dominante nel mondo occidentale, anacronisticamente ferma sulle proprie ideologie e strategie, ormai obsolete basate prevalentemente sulla forza militare predominante, del “divide et impera” e del “panem et circenses”. Quest’ultima peraltro mai attuata seriamente ed efficacemente, se non nella seconda parte, grazie all’industria cinematografica propagandistica di Hollywood, che è stata l’arma di maggior successo dell’affermazione USA nel mondo, molto più efficace delle pur potenti Forze Armate. 

Ormai il processo di affermazione di un mondo multipolare  è in corso di consolidamento e non può essere fermato, neppure da una guerra, che sarebbe una scelta aberrante e disastrosa che non produrrebbe alcun vincitore e non apporterebbe alcun vantaggio alle élite dominanti, cui si rivolterebbero contro tutte le popolazioni già stremate, prima ancora che si scateni concretamente un conflitto bellico o quantomeno nelle sue fasi iniziali. 

Non voler acquisire questa consapevolezza, per le élite mondiali significherebbe aver adottato l’autodistruzione generalizzata, come ultima strategia di potere per temporeggiare, conservando un potere ormai a tempo determinato e fittizio.

Claudio Martinotti Doria

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Si rafforza l’alleanza tra Russia e Cina (di R. Vivaldelli)


Cina
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«I rapporti tra Russia e Cina sono stretti e saldi, come mai era accaduto nel passato». Queste le parole del presidente della Federazione Russa Vladimir Putin al termine dell’incontro, svoltosi in settimana al Cremlino, tra lo stesso Putin e Li Xhanshu, direttore del Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese. Il presidente russo, esprimendo grande soddisfazione per la collaborazione tra i due Paesi, ha inoltre dichiarato che non vede l’ora di partecipare al «Belt and Road Forum» – evento illustre dedicato alla cooperazione internazionale che si terrà fra due settimane a Pechino – e di incontrare l’omologo cinese Xi Jinping. Putin ha sottolineato che supporta con convinzione l’iniziativa del «Belt and Road Forum». A riportare la notizia è il China Daily.

Partnership strategica sempre più stretta e solida

Li Xhanshu ha confermato che, indipendentemente dalle «fluttuazioni» geopolitiche su scala internazionale, Cina e Russia non cambieranno di una virgola le loro politiche di consolidamento di una partnership strategica che negli ultimi anni è diventata sempre più forte e importante. Gli obiettivi di Cina e Russia, secondo l’esponente del Partito Comunista Cinese, sono quelli di una crescita e di un ringiovanimento comune; la determinazione a salvaguardare l’equità e la giustizia internazionale; garantire la pace la stabilità globale. Vladimir Putin ha sottolineato che l’odierno scambio commerciale tra Russia e Cina è intenso, e ciò ha favorito il costante progresso in tutti i settori attraverso una cooperazione sempre più stretta tra i due Paesi.

Il presidente della Federazione Russa ha aggiunto che le due potenze hanno assunto un’efficace coordinamento negli affari globali e regionali, e questo è un aspetto fondamentale di tale partnership. Ne è un esempio concreto la crisi siriana: Cina e Russia sostengono il presidente Bashar al-Assad e hanno votato sempre in modo compatto in sede ONU su ogni tipo di risoluzione presentata. Inoltre, entrambe sono colonna portante dei BRICS, l’associazione delle cinque maggiori economie emergenti (oltre a Cina e Russia, ne fanno parte anche India, Sudafrica e Brasile).

Monito per gli USA

Il «Belt and Road Forum» sarà una vetrina importante per Pechino e Mosca. Dal forum sulla cooperazione internazionale, infatti, arriverà probabilmente un messaggio diretto a Donald Trump e alla Casa Bianca: la sua strategia – suggerita dal vecchio guru, l’ex diplomatico Henry Kissinger – di spezzare o quantomeno ridimensionare l’alleanza eurasiatica tra Cina e la Federazione Russa è destinata a fallire, poiché esse non rinunceranno all’affermazione di un nuovo ordine multipolare emergente. L’incontro svoltosi tra Li Xhanshu e Putin nei giorni scorsi può considerarsi una piccola anticipazione di cosa accadrà il 14 e il 15 maggio a Pechino.

Dalla fine della Guerra Fredda al nuovo ordine multipolare

«Con l’implosione dell’Unione Sovietica, nemico strategico e secondariamente ideologico – osserva l’americanista Dario Fabbri sull’ultimo numero di Limes – nel 1991 gli Stati Uniti si trasformarono nell’unica superpotenza superstite. Improvvisamente poterono estendere all’intero globo il proprio potere militare, commerciale e culturale, attuando i tratti distintivi della supremazia, ancora in vigore. Dal controllo delle vie navali, all’assorbimento pressoché illimitato di merci straniere, fino all’assimilazione sul territorio nazionale di un numero crescente di immigrati. L’impero statunitense ribattezzato globalizzazione». Il «momento unipolare», così definito da analisti e commentatori si avvia alla sua naturale conclusione per essere sostituito da un ordine «mondo multipolare»? E’ ciò a cui lavorano da anni Pechino e Mosca.

Perché il Divide et impera di Trump non può funzionare

Secondo Jakob Stokes, in un’analisi pubblicata su Foreign Affairs, «il problema per Trump è che i legami sino-russi stanno migliorando più o meno costantemente dopo gli anni della Guerra Fredda. Il disgelo tra le due potenze comuniste iniziò nei primi anni ottanta e fu seguito da relazioni normalizzate nel maggio 1989. Pechino e Mosca sancirono un partenariato strategico nel 1996 e firmarono un trattato di buona fratellanza e cooperazione amichevole nel 2001. […] I due Paesi cooperano da vicino in diversi settori. In materia di energia, la Russia è diventata il primo fornitori di petrolio della Cina nel 2016. Ciò è fondamentale per la Cina, poiché il trasporto avviene via terra piuttosto che attraverso rotte marittime contestate.
Le due nazioni hanno collaborato in diverse esercitazioni militari, nel Mediterraneo e nel Mar Cinese Meridionale, nonché su alcuni importanti progetti congiunti nell’ambito dello sviluppo tecnologico. Cina e Russia hanno poi  resuscitato la loro partnership militare. Nel 2015, Pechino ha acquistato da Mosca 24 supercaccia Sukhoi Su-35 per l’ammontare di due miliardi di dollari». Insomma, un’alleanza strategica, ideologica ed economica – suggellata da un’importante flusso di denaro –  che Trump difficilmente può archiviare. La storica rivalità sembra un lontano ricordo.

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