Ogni qual volta che in Occidente si affronta il problema dell'immigrazione dal mondo musulmano lo si fa quasi sempre mettendosi dalla parte dei migranti, tanto che neppure gli attentati terroristici di chiara matrice islamica, per esempio, riescono a far cambiare prospettiva agli osservatori cosiddetti "imparziali", o meglio "politicamente corretti" (anche detti "buonisti" o "buoni cattolici" ndr).
Siamo di fronte ad una “Intelligenza in pericolo di morte”, come sentenziava nell’omonimo volume Marcel De Corte, uno dei massimi filosofi tomisti di lingua francese del ‘900?
Pare che la stessa informazione vada a caccia ossessivamente di termini ricercati, soppesati, al fine di minimizzare la cause o ridurre a semplice routine con la quale convivere lo stesso scenario di una tragedia come quella di Manchester, che pure dovrebbe richiamare la mente a ben altre considerazioni.
Ha importanza, per esempio, sapere se il terrorista islamico, sia di prima, seconda o terza generazione? Ha importanza sapere se gli sfortunati genitori di costui siano in Europa da poco o anche loro appartengano ormai ad una generazione successiva? Se costoro vivano in una Banlieu o in lussuosi appartamenti? Se il giovin virgulto imprestato al terrorismo sia un disadattato sociale che ha abbandonato la scuola e non ha voglia di lavorare, oppure ha frequentato l’università o magari licei prestigiosi come il francese Averroè? Queste sono, a mio avviso, domande che tutt’al più possono risvegliare curiosità biografiche, etnologiche, o aiutare il sociologo o il criminologo ad avviare classificazioni e studi per descrivere l’ipotetico brodo di coltura che favorisce il diffondersi delle ideologie violente.
Ma nei confronti dell’islam credo che debbano essere fatti ulteriori passi in avanti e attraverso procedimenti che prediligano approfondimenti scevri da qualsiasi forma di piagnisteo o sentimentalismo buonisti. Che l’islam infatti sia una religione violenta è fuori discussione. E’ il suo atto di nascita a confessarlo, la sua carta di identità che la storia si è incaricata di conservare attraverso il tempo e che fino ad ora non è cambiata né sbiadita. E’ una religione innestata su di un’ideologia politica onnicomprensiva e totalizzante ancora ferma a Saqifa, la località situata a nordovest della moschea di Medina, dove i mussulmani si riunirono dopo la morte di Maometto per scegliere un nuovo capo della comunità.
Una ideologia religiosa che per affermarsi e diffondersi non si è mai affidata alla ragione e alla libera adesione dei popoli confinanti, ma ha dovuto invece imporsi ed affidarsi alla guerra ed alla sottomissione, al pagamento dei tributi per i dhimmi, che le altre religioni minoritarie dovevano pagare al califfo per il quieto vivere. Non è questo del resto quello che facevano, ancora oggi, i cristiani in Iran o Iraq, prima che fossero costretti ad abbandonare quelle terre?
L’islam è una religione in lotta con sé stessa: sunniti contro sciiti. I seguaci dei califfi ben guidati, un sogno mai morto e che lo stesso Erdogan cerca di risvegliare in Turchia a costo di falsificare la storia turca, contro lo sciismo dei seguaci di Ali, il cugino di Maometto, la cui pretesa di far discendere il successore dal ramo della famiglia stessa del profeta provocò il primo scisma della storia islamica.
L’islam è una ideologia che rifiuta la razionalità ed il pensiero. E’ la religione che guarda con sospetto il sufismo e rifiuta la spiritualità. E’ la religione che ha messo al bando filosofi come Avicenna ed Averroè, la poesia, l’arte e la cultura, perché ha totale sfiducia nella ragione umana. Anzi la considera un pericolo, un peccato pronto a sovvertire il potere. Ieri come oggi. L’islam non ha fatto i conti con la sua storia, né con la possibile interpretazione dei versetti di un Libro, il Corano, dettato da un deus absconditus vendicativo e punitivo, increato e calato dall’alto e la cui acribeia spalmata su ogni versetto basta a salvamento. Finché questo non accadrà, il volto pietrificato dell’islam si presenterà sempre immutato nei secoli.
Ma ora, quel che è peggio, è che sta coinvolgendo nel suo violento, eterno immobilismo il ventre molle dell’Occidente. Che fare?
Come sempre ci viene incontro il realismo cristiano (quel sano realismo che proprio l’Occidente è chiamato a recuperare), in particolare quello di San Tommaso d’Aquino, che con la sua stupenda Summa teologica sapeva già anticipare i tempi e le sue problematiche, esaminando e traducendo col pensiero e la riflessione passi della Sacra Scrittura, che illustravano la vita del popolo di Israele a contatto con altri popoli. Con un grande senso pragmatico, Tommaso riconosceva che l’affetto per la propria patria cresce gradualmente e non improvvisamente, quindi “se fossero stati ammessi degli stranieri a trattare gli affari della nazione, sarebbero potuti sorgere molti pericoli… poiché gli stranieri non avendo ancora un amore ben consolidato per il bene pubblico avrebbero potuto attentare alla nazione” (leggi oggi: diritto al voto e alla partecipazione alla vita politica in modo indiscriminato). Tommaso poi, riflette e stigmatizza il modo saggio con il quale Israele escludeva come possibile fattore integrativo l’ostilità e l’avversione che Moabiti, Amaleciti e Ammoniti avevano sempre dimostrato contro il popolo ebraico “procedendo dunque con un certo ordine” nell’ammettere quegli stranieri che volevano entrare totalmente nella comunità di Israele. Non ha detto forse anche Bergoglio, in una recente intervista al settimanale cattolico francese La Croix, proprio in fatto di immigrazione, che non si possono spalancare le porte in modo irrazionale? Evviva Dio!!
Dunque è proprio alla sana razionalità, quella sana razionalità che ci è stata affidata anche da papa Benedetto XVI nel tanto bistrattato, ma realistico discorso tenuto a Ratisbona, che dobbiamo affidarci se vogliamo capire la grandezza dei tempi che ci aspettano, ma anche la loro possibile tragedia. Dobbiamo evitare, come suggerisce proprio il Papa Emerito nel suo libro “Il sale della terra”, di concepire tutte le religioni come poste sullo stesso piano. “L’essenza dell’islam non conosce affatto la separazione tra la sfera politica e quella religiosa….. l’islam pensa la realtà della vita e della società come assolutamente totalizzante, esso abbraccia tutto ed il suo ordinamento della vita è diverso dal nostro… esiste un chiaro assoggettamento della donna all’uomo, come anche un ordinamento del diritto penale e delle relazioni sociali molto rigido ed opposto ai nostri concetti di società. Deve esserci chiaro che (l’islam) non è una confessione come tante altre e non si inserisce nello spazio di libertà della società pluralistica”.
Non sono parole campate in aria questa di Benedetto XVI. Ma sono conclusioni che rispecchiano la storia dell’islam dalla sua nascita ai nostri giorni. Problemi simili esistono da millenni come ci ha edotti proprio il Dottore Angelico, parlandoci del popolo di Israele e dei suoi rapporti di vicinato. Pertanto il fatto di distingue tra diversi popoli e culture spesso non significa operare ingiuste discriminazioni o basarsi sull’odio per il diverso, ma piuttosto è il giusto metodo che tutti, a cominciare da coloro che hanno responsabilità di governo devono mettere in pratica, con capacità e saggezza, al fine di valutare attentamente la realtà in cui viviamo.
Giuseppe Bracchi – lazio.gb@libero.it
(Fonte: http://www.lacitta.eu/)
RispondiEliminaCommento di Paolo Sensini:
"Se non consideriamo pakistani e bengalesi, l'80% di coloro che quotidianamente vengono spacciati come profughi arrivano dall'Africa nera. Peccato però che l'unico paese africano dove attualmente vi sia una brutale guerra civile è la Repubblica Centraficana, dalla quale però non giunge in Italia alcun richiedente asilo. Strano, vero, considerato che a ogni istante ci viene venduta una narrazione esattamente opposta. Cosa ne dobbiamo quindi dedurre? Che tutti i giovani maschi, e sottolineiamo bene il dato, che arrivano qua da noi non sono perseguitati da nessuno: semplicemente partono dal loro paese con il miraggio di arrivare via Italia in UE e poter vivere parassitando sulle spalle degli europei. Mangiare, bere, giocare, trombare e dormire in strutture fornite gratis dagli accoglioni, come mostrano le immagini virali che poi loro stessi inviano con i cellulari propagandosi con la velocità del tam-tam della giungla. Ed è anche destituito di fondamento che siano dei poveracci, perché disporre delle cifre che pagano (circa $ 10.000) per intraprendere simili viaggi vuol dire maneggiare somme di denaro che, tenuto conto del potere d'acquisto nei paesi d'origine da cui provengono, sono molto elevate. Il che fa di loro, contrariamente alla vulgata di regime, i privilegiati d'Africa."
Commento di Marco Bracci:
RispondiElimina“Demonizzare una religione e idealizzarne un’altra, o viceversa, non fa altro che gettare benzina sul fuoco acceso da chi ha inventato le religioni, che, essendo la miglior forma di comando e di manipolazione delle menti, vigono da millenni indisturbate. Quando si capirà (e invito Giuseppe a sforzarsi di farlo) che TUTTE le religioni sono violente. Perfino i “buoni” buddisti impalavano, e ne avevano fatto un’arte, coloro che non volevano convertirsi, durante la loro espansione in Cina – ecco perché i Cinesi ce l’hanno tanto con i Tibetani, il karma è karma. Infatti le religioni sono la scusa per conquistare prima e opprimere poi i popoli stranieri, con la giustificazione che, per dirlo in poche parole, “Dio lo vuole”. Ovviamente dopo aver inbesuito il proprio popolo. Ma dietro ci sono solo ragioni economiche e di potere. Quindi, nessuno delle masse è cattivo per scelta, ma solo per ignoranza e per pigrizia. Chi manipola le masse lo è, ma anche lui è manipolato da chi sa come gestire la sua mente, e non si rende conto di quello che fa...”