...la sola possibilità che abbiamo, come primo passo, è aumentare la consapevolezza. Poi: l’estinzione del desiderio, la fine della competizione e del materialismo, e di quel delirio di grandezza che ci fa credere unici e inconfondibili fra tutti gli esseri viventi e senzienti del Pianeta (altri animali, piante, ecosistemi, esseri collettivi).
"Invece di pensare a Repubbliche fondate sul lavoro, proviamo a pensare a comunità fondate sul Mondo Naturale”.... dopo aver letto questo pensiero di Guido Dalla Casa mi è venuto in mente che è da tempo che sto lavorando personalmente sul concetto di desiderio inteso anche come intenzione intento.
Tempo fa in Valle D'Itria ho dormito in un trullo e qualcuno mi aveva detto che quel trullo concilia i pensieri e fa arrivare messaggi. Il giorno ero stato all'ashram di Babaji a meditare e ad assistere alle varie cerimonie che si celebrano quotidianamente con canti suoni e preghiere. La notte mi è arrivato nel dormiveglia questo messaggio: desiderio. desidereus, ripeteva nel sogno la mia mente.
Appena sveglio consapevole del messaggio ricevuto mi sono ricordato che la parola latina desidereus significa smettere di guardare le stelle e quindi ho tradotto il messaggio con smettere di desiderare. Mi sono chiesto giorni come si fa a smettere di desiderare e poi mi sono ricordato del famoso aforisma: "Siediti lungo il fiume ad aspetta che passi il cadavere del tuo nemico". Una comunicazione negativa detta in questo modo allora forse meglio sedersi lungo il fiume ad aspettare anche se aspettare già è di per sé una forma di desiderio cosi la formula migliore è quella di sedersi semplicemente lungo il fiume… in questo modo riusciamo a condizionare anche la realtà perché in un certo modo la realtà è condizionata dalle nostre aspettative dai nostri desideri dalle nostre intenzioni dai nostri intenti.
Detto questo tornando alle proteste per il clima di cui si parla tanto in questi giorni, vorrei ricordare che cè una guerra in nuce al confine tra Bielorussia e Polonia un'altra nel Corno d’Africa, un'altra ancora tra Marocco ed Algeria; anche in Afghanistan la situazione non è tranquilla e poi tante altre guerre e conflitti vari sparsi per il pianeta.
Come dimenticare poi tutte le situazioni di disagio e conflitto sociale dovute ai malgoverni di molte nazioni dell'Africa e del Sudamerica, come dimenticare Bolsonaro che siede ai tavoli del summit, come dimenticare che l’Italia produce ed esporta armi e negli ultimi anni la produzione ed esportazione è notevolmente aumentata?
Potrei continuare con tanti altri conflitti e disagi vari quello che voglio dire è come si fa a parlare di clima quando non c’è la pace nel mondo.
Quindi prima di parlare del clima ci vorrebbero anni di lavoro sulla cultura della pace. Un aforisma che mi torna in mente letto non si sa dove, dice che nel deserto ci sono due tribù, una ha l’acqua l’altra non ha l’acqua. La tribù che ha l’acqua vuole la pace, l’altra vuole l’acqua… quindi fino a quando non ci sarà una piu equa distribuzione delle risorse sul pianeta non ci sarà mai la pace e finché ci saranno guerre ci sono poche speranze anche per il clima.
Quindi spesso parlare del clima, per quanto appaia importante, può risultare un discorso inutile e fazioso delle elites sociali dei paesi più sviluppati annoiate nei loro salotti culturali. Diventa pure moda e una forma di comunicazione che il mainstream globale trasforma in consumo di gadget libri riviste film e tutti noi la bocca aperta a pensare "oh sì che bello!". Nel frattempo il culto della guerra è sempre più forte, e millenni di maschilismo portano al materialismo della cultura dominante, sempre piu manifesta traviata e invasiva, anche se ci vogliono far credere il contrario, con le nuove politiche comunicative sociali.
Ferdinando Renzetti - Rete Bioregionale Italiana
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