Noi
italiani – si sa – siamo buoni, siamo generosi, non rifiutiamo
mai un aiuto a chi è in difficoltà. Non è lo stereotipo degli
“italiani brava gente”, ma un dato vero, reale, credo anche
statisticamente rilevabile. Probabilmente
è per questo – oltre che per la nostra collocazione al centro del
Mediterraneo – che siamo stati scelti dai poteri forti per fungere
da cavia per la africanizzazione dell’Europa. Già, perché è
questo il vero obiettivo dell’invasione migratoria che è stata
scagliata contro il nostro Continente; e basta dare un’occhiata ai
dati statistici per averne conferma.
Oggi gli africani sono un
miliardo, gli europei 700 milioni. Fra pochi decenni, nel 2050, le
statistiche prevedono il raddoppio del numero degli africani (2
miliardi); mentre gli europei – indotti a fare meno figli per la
miseria generata dalla globalizzazione economica – saranno ancora
meno di oggi (600 milioni).
Ma
non c’è bisogno di immaginare scenari futuri, basta guardare alla
situazione odierna per rendersi conto dell’abisso sul cui ciglio i
nostri politici e i nostri chierici continuano a danzare giulivi. La
migrazione africana verso l’Europa – dicono – è un fatto
ineluttabile, inarrestabile e, come tale, non va contrastata, va
solamente “governata”. Naturalmente – affermano i più rigorosi
fra i danzatori – con la “solidarietà” di tutti i paesi
europei, non lasciando l’Italia sola ad affrontare gli sbarchi, ma
condividendo i nostri problemi.
E
qual’é la percentuale dei nostri problemi che “gli altri”
sarebbero disposti ad accollarsi? L’uno per cento? O magari –
crepi l’avarizia – il due, il tre per cento? Poco importa. Gli
italiani sono buoni, per far breccia nei loro cuori basta organizzare
qualche bel servizio televisivo, di quelli con la regìa giusta,
basta non inquadrare certi ceffi nerboruti sui gommoni (in stragrande
maggioranza maschi fra i 18 e i 35 anni d’età, dicono le
statistiche), ed indugiare invece su una delle pochissime donne,
meglio se con un bambino piccolo in braccio; basta spremere
all’italiano medio una lacrimuccia di commozione, e il gioco è
fatto.
Intanto,
i buonisti alzano il tiro. Non basta più accogliere “chi fugge
dalla guerra e dalle dittature”. Occorre adesso stabilire “corridoi
umanitari” per chi ci invade “alla ricerca di un futuro migliore
per sé e per i propri figli”. Giornali, televisioni, sacrestie,
politicanti demodé, ballerine di seconda fila e rivenditori di
magliette rosse innalzano al cielo un coro unanime di banalità senza
capo né coda. Nessuno che si chieda dove andremo a metterli tutti
questi, dove troveremo le case popolari per ospitarli, dove troveremo
i posti-letto in ospedale per curarli, dove troveremo le carceri per
custodire i tanti, tantissimi delinquenti che vengono da noi “in
cerca di un futuro migliore”, dove reperiremo i soldi per pagar
loro le pensioni. Anzi, tal Tito Boeri, presidente dell’INPS per
nomina renziana e per intercessione debenedettiana, sostiene che
saranno loro, gli immigrati, a pagare le nostre pensioni, con i loro
contributi. Barzelletta che non fa più ridere nessuno, ma che invece
fa indignare:
i contributi li paga chi lavora, a prescindere dal colore della
pelle.
Certo,
se continueremo a dare posti di lavoro agli immigrati e a far
emigrare i nostri giovani, allora la boutade
di Boeri potrebbe diventare realtà. Ma non credo che gli italiani
siano disposti a subire ancora questa sporca “sostituzione etnica”
che si sta operando sulla loro pelle. Hanno cominciato a reagire, con
l’unica arma che hanno a disposizione – il voto – e tutto
lascia credere che non si fermeranno. La nuova Lega di Salvini è già
– nei sondaggi – al primo posto, oltre il 30%. Ma siamo soltanto
all’inizio. Vedrete che cosa succederà l’anno prossimo, quando
si terranno quelle elezioni europee che, soprattutto in Italia,
saranno concepite come un referendum pro o contro l’immigrazione.
Intanto,
i governanti di tutta Europa fanno a gara per favorire Salvini. La
Merkel – incalzata dai suoi alleati bavaresi e dall’estrema
destra dell’AFD – chiuderà probabilmente le frontiere agli
immigrati che arrivano dall’Austria. L’Austria – è solo
questione di tempo – chiuderà la frontiera con l’Italia. E la
Francia dell’antipaticissimo Macron – di fatto – fa già la
stessa cosa al valico di Ventimiglia.
Dunque,
l’Italia buonista e bonacciona – nei piani di chi dirige la
musica – dovrebbe diventare una sorta di campo profughi dell’Unione
Europea, da imbottire di immigrati fino all’inverosimile, fino a
scoppiare, quando poi l’invasione – sempre nei piani di lor
signori – dovrebbe travalicare i nostri confini settentrionali e
dilagare in Francia, Svizzera, Austria e Slovenia. Non è
fantapolitica. È demografia, è antropologia, è statistica, è –
non sembri una forzatura – matematica.
Si
può reagire? Certo, blindando le frontiere esterne
dell’Europa, a iniziare dalla frontiera più facilmente
difendibile: il Mediterraneo.
A
onor del vero, potrebbe essere fatta anche un’altra cosa. Si
potrebbe, cioè, tentare di disinnescare la bomba demografica
africana, evitare che il miliardo di africani di oggi diventi due
miliardi nel 2050. Ma, per ottenere ciò, bisognerebbe vincere i
pregiudizi religiosi, specie quelli – lo dico da cristiano – che
pretendono di difendere la vita fin da prima del suo concepimento. In
altre parole: senza una seria politica di controllo delle nascite,
l’Africa è destinata ad esplodere. A meno che, prima, non esploda
l’Europa.
Michele Rallo - ralmiche@gmail.com
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