venerdì 13 luglio 2018

"Siamo in una botte di ferro!" - L'Italia dei buonisti in attesa del "botto"



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Noi italiani – si sa – siamo buoni, siamo generosi, non rifiutiamo mai un aiuto a chi è in difficoltà. Non è lo stereotipo degli “italiani brava gente”, ma un dato vero, reale, credo anche statisticamente rilevabile. Probabilmente è per questo – oltre che per la nostra collocazione al centro del Mediterraneo – che siamo stati scelti dai poteri forti per fungere da cavia per la africanizzazione dell’Europa. Già, perché è questo il vero obiettivo dell’invasione migratoria che è stata scagliata contro il nostro Continente; e basta dare un’occhiata ai dati statistici per averne conferma. 

Oggi gli africani sono un miliardo, gli europei 700 milioni. Fra pochi decenni, nel 2050, le statistiche prevedono il raddoppio del numero degli africani (2 miliardi); mentre gli europei – indotti a fare meno figli per la miseria generata dalla globalizzazione economica – saranno ancora meno di oggi (600 milioni).

Ma non c’è bisogno di immaginare scenari futuri, basta guardare alla situazione odierna per rendersi conto dell’abisso sul cui ciglio i nostri politici e i nostri chierici continuano a danzare giulivi. La migrazione africana verso l’Europa – dicono – è un fatto ineluttabile, inarrestabile e, come tale, non va contrastata, va solamente “governata”. Naturalmente – affermano i più rigorosi fra i danzatori – con la “solidarietà” di tutti i paesi europei, non lasciando l’Italia sola ad affrontare gli sbarchi, ma condividendo i nostri problemi.

E qual’é la percentuale dei nostri problemi che “gli altri” sarebbero disposti ad accollarsi? L’uno per cento? O magari – crepi l’avarizia – il due, il tre per cento? Poco importa. Gli italiani sono buoni, per far breccia nei loro cuori basta organizzare qualche bel servizio televisivo, di quelli con la regìa giusta, basta non inquadrare certi ceffi nerboruti sui gommoni (in stragrande maggioranza maschi fra i 18 e i 35 anni d’età, dicono le statistiche), ed indugiare invece su una delle pochissime donne, meglio se con un bambino piccolo in braccio; basta spremere all’italiano medio una lacrimuccia di commozione, e il gioco è fatto.

Intanto, i buonisti alzano il tiro. Non basta più accogliere “chi fugge dalla guerra e dalle dittature”. Occorre adesso stabilire “corridoi umanitari” per chi ci invade “alla ricerca di un futuro migliore per sé e per i propri figli”. Giornali, televisioni, sacrestie, politicanti demodé, ballerine di seconda fila e rivenditori di magliette rosse innalzano al cielo un coro unanime di banalità senza capo né coda. Nessuno che si chieda dove andremo a metterli tutti questi, dove troveremo le case popolari per ospitarli, dove troveremo i posti-letto in ospedale per curarli, dove troveremo le carceri per custodire i tanti, tantissimi delinquenti che vengono da noi “in cerca di un futuro migliore”, dove reperiremo i soldi per pagar loro le pensioni. Anzi, tal Tito Boeri, presidente dell’INPS per nomina renziana e per intercessione debenedettiana, sostiene che saranno loro, gli immigrati, a pagare le nostre pensioni, con i loro contributi. Barzelletta che non fa più ridere nessuno, ma che invece fa indignare: i contributi li paga chi lavora, a prescindere dal colore della pelle.

Certo, se continueremo a dare posti di lavoro agli immigrati e a far emigrare i nostri giovani, allora la boutade di Boeri potrebbe diventare realtà. Ma non credo che gli italiani siano disposti a subire ancora questa sporca “sostituzione etnica” che si sta operando sulla loro pelle. Hanno cominciato a reagire, con l’unica arma che hanno a disposizione – il voto – e tutto lascia credere che non si fermeranno. La nuova Lega di Salvini è già – nei sondaggi – al primo posto, oltre il 30%. Ma siamo soltanto all’inizio. Vedrete che cosa succederà l’anno prossimo, quando si terranno quelle elezioni europee che, soprattutto in Italia, saranno concepite come un referendum pro o contro l’immigrazione.

Intanto, i governanti di tutta Europa fanno a gara per favorire Salvini. La Merkel – incalzata dai suoi alleati bavaresi e dall’estrema destra dell’AFD – chiuderà probabilmente le frontiere agli immigrati che arrivano dall’Austria. L’Austria – è solo questione di tempo – chiuderà la frontiera con l’Italia. E la Francia dell’antipaticissimo Macron – di fatto – fa già la stessa cosa al valico di Ventimiglia.

Dunque, l’Italia buonista e bonacciona – nei piani di chi dirige la musica – dovrebbe diventare una sorta di campo profughi dell’Unione Europea, da imbottire di immigrati fino all’inverosimile, fino a scoppiare, quando poi l’invasione – sempre nei piani di lor signori – dovrebbe travalicare i nostri confini settentrionali e dilagare in Francia, Svizzera, Austria e Slovenia. Non è fantapolitica. È demografia, è antropologia, è statistica, è – non sembri una forzatura – matematica.

Si può reagire? Certo, blindando le frontiere esterne dell’Europa, a iniziare dalla frontiera più facilmente difendibile: il Mediterraneo.

A onor del vero, potrebbe essere fatta anche un’altra cosa. Si potrebbe, cioè, tentare di disinnescare la bomba demografica africana, evitare che il miliardo di africani di oggi diventi due miliardi nel 2050. Ma, per ottenere ciò, bisognerebbe vincere i pregiudizi religiosi, specie quelli – lo dico da cristiano – che pretendono di difendere la vita fin da prima del suo concepimento. In altre parole: senza una seria politica di controllo delle nascite, l’Africa è destinata ad esplodere. A meno che, prima, non esploda l’Europa.


Michele Rallo - ralmiche@gmail.com

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