Brevemente, sugli splendidi (più per
organizzazione, atmosfera, che per gioco) Mondiali 18 di Russia,
riflessioni di uno spaparanzato al sole, irradiato da un incontro
Putin-Trump che, riprendendo i toni positivamente alternativi del
ciuffone di polenta nei suoi trascorsi elettorali e anche prima
(rapporti con la Russia, Nato, messa in discussione della False Flag
11 settembre), incontrando quelli, da sempre saggi e corretti, di
Putin, non ha potuto che trasformarsi in puntura di speranza per i
giusti e onesti del mondo.
Ma come i vaccini con i residui di metalli
pesanti e altro, dal cui morso coatto ora pare voglia almeno
parzialmente liberarci la ministra 5 Stelle, anche questa fialetta,
al promesso bene, aggiunge un fondo rancido.
E qui le riflessioni escono dall’area
di luce per disperdersi nel buio di un’ombra affollata dai
ectoplasmi neri della mediacrazia uccidentale, dall’Huffington
Post al manifesto, attraverso le sette montagne di Mordor popolate
dai giornaloni e televisionone.
Frustrata oltre ogni limite da un
rapporto cazzate-cose buone del governo, che l’ha fatta sbroccare
già solo per museruola ai biscazzieri, sindacato dei militari,
riposo domenicale degli esercizi, possibile veto alle sanzioni alla
Russia, freno al precariato, tagli alle borse gonfie d’oro
sottratto, approccio culturale anziché mercantile alla Cultura, il
Comandante della Forestale all’Ambiente, sabbia negli ingranaggi
dello spostamento indotto di popoli, mazzate ai delocalizzatori
(d’accordo, lo so, non ci basta, vorremmo tutto subito, ma la
marcia delle donne su Versailles non è ancora partita, per ora le
fanno fare la guerra ai maschi), l’élite, subiti questi graffi, ha
scatenato i suoi media.
Rottweiler da mansion nobiliare e,
formicolando e latrando nella rincorsa, botoli da tinello che, a loro
volta, frustrati dal non poter eccepire neanche un mozzicone per
terra, un hooligan, un crollo di tribuna, un sedile sporco, un
arbitro al soldo della GPU, un transessuale torturato ai bordi del
campo, una rivolta colorata sotto il Cremlino, si sono dovuti
attestare sulla Caporetto delle Pussy Riot, le eleganti
pornosorosette delle ammucchiate in chiesa, e della loro invasione di
campo di 13 secondi nella finale della Coppa.
Come sempre, il coro è
unanime, letto con disciplina sull’Ordine di Servizio: “E
ora vorremmo proprio sapere che cosa faranno a quelle là
!” e, sugli schermi, i punti esclamativi sostituivano quelli
interrogativi, i sopraccigli si alzavano gravemente, e gli occhi
roteavano significativamente. Il resto era tremebondo silenzio...
Fulvio Grimaldi
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