mercoledì 11 febbraio 2015

Gas e politiche gasate


sion uber alles

Tutta la pressione che viene esercitata contro il leader russo
Vladimir Putin è generata dal fatto che il leader russo Vladimir Putin
non intende uniformarsi all’ordine chiaramente impostogli dalla grandi
elite finanziarie anglo-americane di abbandonare il mercato europeo
della fornitura del gas,  per lasciare campo libero a Stati Uniti,
Canada e Gran Bretagna, i primi due che dovrebbero commercializzare il
gas dopo averlo liquefatto e quindi immagazzinato in grandi
rigassificatori da realizzarsi su tutta la costa dell’Atlantico e la
Gran Bretagna che dovrebbe commercializzare il gas dell’Azerbaijan
attraverso il progetto TAP assorbendo ogni altra fonte di gas che si
trova sul percorso, quindi anche quello greco.

La  storia del conflitti sul gas non ci pare sia stata mai raccontata
per intero e vorremo brevemente qui di seguito cimentarci.

Quando ancora non erano stati scoperti ufficialmente gli immensi
giacimenti di gas greci e israeliani che si trovano depositati sotto i
fondali del mar Mediterraneo orientatale del mare Egeo e del Mar
Jonio,  nell’anno di grazia  2007 la Commissione europea capeggiata da
Barroso aveva concordato con lo Stato dell’Azerbaijan la realizzazione
di un grande gasdotto che avrebbe dovuto portare gas dall’Arzebaijan
all’Europa in alternativa a quello di Gazprom, che sarebbe dovuto
essere soppresso.

Questa operazione aveva due finalità: da un lato favorire una delle
tre nazioni dell’asse anglofono la Gran Bretagna il cui ente
petrolifero BP che aveva fatto grandi  investimenti in Azerbaijan,
dall’altro lato cominciare a ridurre l’approvvigionamento del gas  da
parte di Gazprom, che aveva stabilito in Europa nell’erogazione del
gas una sorta di  monopolio. Ma in realtà ne aveva pure un terzo non
detto: escludere completamente la Russia da un mercato
transeuroatlantico del gas che doveva registrare in Europa solo la
presenza di imprese americane, canadesi e inglesi.

Ma in controtendenza rispetto a questo progetto nello stesso anno di
grazia 2007 e precisamente il 23 giugno 2007  Eni e Gazprom firmano un
memorandum d’intesa per la realizzazione di un altro grande gasdotto
oltre quelli minori che Gazprom già gestisce in Ucraina (il cui
rapporto va in scadenza nel 2019) e in Bielorussia. Questo grande
gasdotto si chiamerà South Stream e dovrà portare gas da una cittadina
russa sul Mar Nero fino in Italia e fino all’Europa centrale.
L’operazione evidentemente era contrastata in quanto assentita solo da
Francia Italia e Germania ma non da Gran Bretagna e Stati Uniti
perché prevedeva che il 30% di tutti gli appalti per la realizzazione
del gasdotto sarebbe andato ad aziende francesi e tedesche e il 20% ad
aziende italiane.

Senonchè nell’aprile 2010 si verifica il grave disastro ecologico nel
Golfo del Messico per via della fuoriuscita nel mare del Messico in
località Macondo di circa 800.000 barili di petrolio  corrispondenti a
127 milioni di litri per un danno calcolato in 32 miliardi di dollari.
Questo grave incidente  stava portando la B.P. inglese a fallire.

Questo  default  però sarebbe stato più sciagurato di quello di Lehman
Brothers in quanto avrebbe avuto forti riflessi negativi sul sistema
bancario americano. Allora il presidente degli Stati Uniti Barack
Obama concordò con il Primo ministro britannico David Cameron la
necessità di ripulire il Golfo del Messico, senza per questo mettere
la BP con le spalle al muro. Occorreva però rastrellare 32 miliardi di
dollari necessari a coprire i costi parziali della fuoriuscita di
Macondo e a sanare 17 miliardi di perdite finanziarie.

Il primo passaggio di BP fu la cessione di alcune azioni della
società. Poi BP cedette anche  una parte dei suoi diritti nelle
attività estrattive in Texas, Canada ed Egitto per 7 miliardi di
dollari. Infine il dimissionario amministratore delegato Tony Hayward
sondò diversi governi stranieri alla ricerca di un fondo sovrano che
fosse disposto a investire nella compagnia e selezionò come migliore
disponibilità quella offerta dall’Azerbaigian, paese che praticamente
è seduto su un mare di gas e di petrolio e nel quale BP già aveva
investito svariati miliardi di euro tra l’acquisto di giacimenti di
gas, giacimenti di petrolio, trasporti e infrastrutture varie. Lo
State Oil Fund of Azerbaijan (Sofaz) diventò quindi un grande
azionista di BP. Contemporaneamente si pensò di allargare lo spazio di
attività del gasdotto dell’Arzebaijan in Europa e di comprimere quello
concorrente di South Stream fino a sopprimerlo, anche perché
serpeggiava la preoccupazione in una parte del governo americano e
segnatamente nel sottosegretario di Stato Hillary Clinton, che i
proventi della vendita del gas acquisiti dalla Russia si trasformavano
poi in investimenti in armamenti militari con grave danno per la
sicurezza degli Stati Uniti. E cominciò allora tutta una lotta per
avversare e sabotare il progetto South Stream fino a quando il governo
degli Stati Uniti non invitò formalmente il governo bulgaro a denegare
il passaggio delle condutture gasifere russe sul proprio territorio,
per cui del progetto qualche anno dopo non se ne potette fare più
nulla. Il contratto con l’Ucraina in scadenza nel 2019 non sarebbe
stato rinnovato perché l’Ucraina nel frattempo era diventata una
nazione ostile per la Russia, per cui la Russia è costretta  ad andare
alla ricerca di un’alternativa che bypassasse la Bulgaria per
realizzare un nuovo grande gasdotto in proprio.

Nello stesso anno del grave incidente nel Mare del Messico cioè nel
2010 (ottobre) venne ufficializzata la scoperta di altri gradi
giacimenti gasiferi e petroliferi situati nel mare Egeo e nel mar
Ionio intorno alla Grecia e nel mar Mediterraneo Orientale di fronte a
Israele e in minor misura anche di fronte alla striscia di Gaza, alla
Siria al Libano e alla Turchia.

Questa scoperta avrebbe dovuto modificare  tutti i precedenti progetti
perché a questo punto le nazioni interessate a far transitare i
gasdotti nel territorio della Grecia per arrivare in Italia attraverso
l’Adriatico sarebbero stati almeno quattro (Arzebajan, Grecia Israele
e Qatar, anche quest’ultimo detentore di ricchi giacimenti gasiferi).
Ma evidentemente  poiché non è possibile che da uno stesso territorio
(la Grecia) transitino quattro gasdotti in file per due e men che meno
è possibile far approdare a San Foca nel Salento quattro gasdotti
anziché uno solo c’è chi pensò già da allora  di distruggere
finanziariamente la Grecia in modo che uno dei concorrenti veniva
eliminato. Il Qatar per entrare in partita doveva a sua volta
distruggere militarmente la Siria perché si rifiutava di lasciar
passare dal suo territorio gli oleodotti e i gasdotti che avrebbero
dovuto portare gas e petrolio quataregno in Europa. come pure
presumibilmente avrebbe fatto anche con Israele.

Ma se la Grecia, nazione europea, aveva il suo gas, logica avrebbe
voluto che si dovesse necessariamente privilegiare il gas della Grecia
nella selezione del gasdotto.. Peraltro mi chiedo: qual era la
necessità che il gas dell’Arzebaijan puntasse a essere
commercializzato a Occidente e non a Oriente? E’ evidente invece che
le grandi elite finanziarie anglo-americane avevano deciso di
continuare a privilegiare ugualmente il progetto TAP e di orientare il
gas  dell’Azerbajan verso l’Europa sacrificando e boicottando una
possibile estrazione e commercializzazione del gas greco da parte
della stessa Grecia.

Da tutte queste esigenze le grandi elite finanziarie elaborano una
doppia strategia, in parte militare in parte politica, nella quale
rientra anche l’impiego dell’Isis, forza terroristica creata ad arte,
nella quale secondo le accuse velenose di Hillary Clinton sarebbe
stato coinvolto anche l’attuale presidente degli Stati Uniti Barak
Obama. “Una volta Barak Obama mi disse” – riferisce Hillary Clinton:
“se devo rovesciare dei regimi non posso farlo con le parrucchiere e i
contadini. Ho bisogno di professionisti. Io dopo capii”.

Quali erano questi regimi che Obama si proponeva di rovesciare?
Essenzialmente cinque: Tunisia, Libia, Egitto, Siria e Iran. La
creazione dell’Isis, formazione terroristica, aveva quindi in origine
le seguenti finalità 1. supportare le rivolte in Mali e in Libia
contro la penetrazione economica della Cina anch’essa sgradita quanto
quella russa in Europa attraverso il gas; 2. rovesciare il regime di
Gheddafi che ne era diventato un alleato; 3. deporre il leader siriano
Assad e sostituirlo con una leadership che avesse consentito il
passaggio delle condutture gasifere del Qatar attraverso la Siria  3.
organizzare una sorta di pulizia etnica delle popolazioni alawite
curde sciite cristiane e di altre popolazioni che non si rifacevano al
radicalismo sunnita;  4. scatenare e combattere una grande guerra
regionale fra sunniti e sciti per avere il pretesto di distruggere i
siti nucleari iraniani.

La strategia politica per tutelare il gasdotto dell’Arzebaijan era
invece fondata su una sciagurata gestione dei conti pubblici in
Grecia, tendente a far precipitare la Grecia nel debito affinché la
Grecia fallisse e quindi svendesse all’Azerbaijan a prezzo vile i suoi
diritti estrattivi sui ricchi giacimenti gasiferi del mare Egeo. I
quali – sia detto per inciso – valgono  non meno di 700 miliardi di
euro (quindi comunque il doppio di tutto il suo debito pubblico). La
scoperta dei giacimenti greci ufficialmente è del 2010, in realtà essa
risale per lo meno al 2008, perché è a partire  da questa data (2008)
che i greci vengono pressati da Angela Merkel e da Nicolas Sarkozy per
praticare politiche sul debito suicide attraverso un’imponente spesa
militare. Kostas Karamanlis, grande amico della Merkel presiede il
governo greco dal 2004  ma solo partire dal 2008 e fino a quando
rimane in carica nel 2009 si mette a fare spese pazze per la difesa.
Tanto per dare un’’idea egli commissionò ben 170 panzer Leopard,
costati 1,7 miliardi di euro, e 223 cannoni dismessi dalla Bundeswehr,
la Difesa tedesca. Gli stessi  capi della Nato osservavano
meravigliati le pazze spese in armamenti che facevano balzare la
Grecia al quinto posto nel mondo come nazione importatrice di
strumenti bellici. Prima di concludere il suo mandato di premier,
Karamanlis ordinò 4 sottomarini prodotti dalla ThyssenKrupp tedesca.

La spesa era così inutile e folle che il suo successore, George
Papandreou si è sempre rifiutato di farseli consegnare al punto da far
svolgere una perizia tecnica dai suoi ufficiali della Marina, che finì
col dire che quei sottomarini non reggevano il mare. La verità, disse
il suo vice Teodor Pangalos, è che «ci vogliono imporre altre armi, ma
noi non ne abbiamo bisogno!”.  Tuttavia, Papandreou, alla disperata
ricerca di fondi internazionali, non potette dire sempre di no. A
marzo del 2012 cedette e la Grecia ottiene uno sconto, invece di 4
sottomarini ne acquistò  2 al prezzo di 1,3 miliardi di euro. La
Grecia ha dovuto prendere anche 223 carri armati Leopard II per 403
milioni di euro. Un guadagno immorale, secondo il leader dei Verdi
tedeschi Daniel Cohn-Bendit. Papandreou deve pagare pegno anche a
Sarkozy. Durante una visita a Parigi nel maggio del 2010 firma un
accordo per la fornitura di 6 fregate e 15 elicotteri. Costo: 4
miliardi di euro. Più motovedette per 400 milioni di euro. Alla fine
Papandreou non ce l’ha fatto più e ha rafforzato le sue resistenze,
minacciando di uscire dall’euro. Allora la Merkel si è liberata di lui
sostituendolo con il più docile Papademos (l’alter ego di Mario Monti
in Grecia) con il quale i programmi militari sono ripartiti alla
grande. La Grecia ha acquistato altri 60 caccia intercettori.

Nel 2012 Papademos brucia  il tre per cento del Pil (prodotto interno
lordo) in spese militari. Solo gli Stati Uniti, in proporzione, si
potevano permettere tanto.  Il fatto è che sia Angela Merkel che
Nikolas  Sarkozy ricattavano il governo greco: se volete gli aiuti, –
dicevano -, dovete comprare i nostri carri armati e le nostre navi da
guerra. Le pressioni di Berlino sul governo di Atene per vendere più
armi furono denunciate finanche dalla stampa tedesca, allibita per il
cinismo della Merkel, che imponeva sacrifici ai cittadini ellenici per
poi pretendere di favorire l’ industria bellica della Germania  Nel
2012 la Grecia impegnò una spesa militare superiore ai 7 miliardi di
euro, il 18,2 per cento in più rispetto al 2011..  Anche il
Portogallo, altro Paese con l’ acqua alla gola e al quale Germania e
Francia avevano imposto la stessa ricetta, acquista armi in cambio di
aiuti ed ora anche il Portogallo è ormai vicino al default. Quindi non
c’è stato solo il fatto che i produttori di armamenti hanno bisogno
del forte sostegno dei loro governi per vendere la propria merce. C’è
stato di più, C’è stata la volontaria cosciente determinazione di
distruggere finanziariamente un paese. La Grecia è uno di quei paesi
indebitati che ha fatto si che nel mondo le spese militari crescessero
paurosamente e nel 2011 hanno raggiungessero i 1800 miliardi di
dollari, il 50 per cento in più rispetto al 2001.

Intanto quando già stavano per accantonare il progetto South stream e
quindi andavano alla ricerca di alternative nel 2013 i russi molto
ingenuamente si propongono a Cipro per acquisire i diritti di
estrazione dei suoi giacimenti gasiferi.

Per ingraziarsi la benevolenza dei dirigenti dell’isola i dirigenti
della Russia fanno anche dei prestiti a Cipro per alleviare la sua
situazione economica. E quindi si offrono di rimettere in ordine i
conti della banche cipriote in cambio dell’esclusiva su alcune aree di
trivellazione nel Mediterraneo in cerca di gas naturale.

La reazione della grandi elite finanziarie angloamericane di fronte a
questa penetrazione russa fu una reazione sconvolgente. Con il
pretesto che Cipro fosse superindebitata e stesse per arrivare al
default il Fondo Monetario Internazionale dispone un maxi prelievo sui
conti correnti di Cipro che genera il panico tra gli oligarchi russi,
infatti il 68% di quei depositi bancari  di Cipro appartengono a
cittadini russi. I quali utilizzano Cipro come una sorta di loro
Svizzera per riceverne favori fiscali e una totale libertà di
movimento dei capitali. Quindi la Russia sarebbe stata la prima
danneggiata dal maxiprelievo sui conti correnti di Cipro. E in
proporzioni pesantissime: 27 miliardi di dollari, sui 68 depositati
sui conti correnti dell’isola.

Ma in cambio degli aiuti per circa 10 miliardi di euro,  il presidente
cipriota Nicos Anastasiades si trovava impegnato a fare approvare un
provvedimento per eseguire un prelievo obbligatorio una tantum dai
conti correnti nelle banche di Cipro. L’operazione avrebbe consentito
di trovare le risorse per salvare il sistema bancario cipriota e
mettere in sicurezza i conti pubblici. Alla fine si trovò un
compromesso, ma certamente la reazione del FMI era stata molto dura e
aggressiva nei confronti dei russi. I quali si fanno molto più
prudenti nei confronti della Grecia dove cercano di acquistare la rete
del gas. Ma Stati Uniti e Unione Europea si oppongono e la DESFA,
azienda statale greca che si occupa di gasdotti anch’essa soggetta a
privatizzazione viene ceduta alla Socar, l’azienda statale azera, che
è la stessa che ha detiene le maggiori azioni per realizzare il
gasdotto della TAP dietro al quale – come  abbiamo visto – si
nascondeva la BP inglese.

Il 28 giugno 2013, il Consorzio Shah Deniz II seleziona come progetto
vincente per il trasporto del gas dell’Azerbaigian in Italia e in
Europa preferendolo al progetto concorrente Nabucco West. Il 19
settembre 2013 Enel, Hera, Shell, E.ON, Gas Natural Fenosa, Gdf Suez,
Axpo, Bulgargaz e Depa firmano a Baku con il Consorzio Shah Deniz II i
contratti di fornitura per la più importante vendita nella storia del
gas dell’umanità (si stima: 130 miliardi di Euro) che come si vede è
una somma di gran lunga superiore ai 32 miliardi di dollari necessari
a coprire i costi parziali della fuoriuscita di Macondo.

Il 1º dicembre 2014 nel corso di una conferenza stampa con il
presidente turco Recep Tayyip Erdoğan il presidente della Russia Putin
dichiara di voler abbandonare il progetto South Stream

Poco tempo dopo però Putin ricompare sulla scena e dichiara di aver
trovato un altro partner disponibile a far transitare un gasdotto
russo  dalle parti balcaniche bypassando la Bulgaria. E questo nuovo
partner a sorpresa è la Turchia, che è la stessa nazione che dovrebbe
acconsentire al passaggio sul suo territorio delle condutture della
TAP.

Russia e Turchia hanno concordato – dice un annuncio –  il tracciato
del gasdotto che dai giacimenti russi attraverserà il Mar Nero virando
poi sulla Turchia. Il progetto sarà realizzato dalla russa Gazprom e
dalla turca Botas. Seicentosessanta chilometri del nuovo tracciato
ripercorreranno la stessa rotta del corridoio South Stream, mentre
altri 250 solcheranno i confini tra Turchia e Grecia. Le prime
condotte, la cui capacità di trasporto sarà di 15.750 milioni di metri
cubi di gas, saranno operative entro il dicembre del 2016. In totale,
la capacità delle quattro ramificazioni sarà di 63 miliardi di metri
cubi.

Con la Bulgaria fuori dai giochi e il contratto tra Gazprom e
l’ucraina Naftogaz in scadenza nel 2019, la Grecia potrebbe
ritagliarsi un ruolo di primo piano come avamposto energetico della
Russia in Europa. Finora UE e Stati Uniti si sono opposti alla vendita
di quote della rete del gas pubblica greca a Gazprom, ma lo scenario
ora potrebbe cambiare.

E  mentre prima si cominciava a pensare se far passare il gas
israeliano dalla Turchia oppure dalla Grecia, e non si sentiva
parlare affatto del possibile sfruttamento del gas greco, ora
sicuramente se ne parlerà e l’estrazione del gas è in verità l’unica
soluzione che potrebbe dare un po’ di speranza a questi nostri
sfortunati conterranei europei, giacché lì ci sono risorse che
potrebbero non solo annullare il debito ma addirittura portare a un
surplus del bilancio di ben 300 miliardi di euro. Blu Stream passando
dalla Turchia e dalla Serbia porterà il gas russo in Austria e di lì
in Europa Centrale. Già, ma poi il gasdotto della TAP tanto voluto da
Hillary Clinton in funzione anti-russa e in funzione del mercato unico
transeuroatlantico che fine farà?

Michele Imperio


Fonte: http://lanotteonline.com

......................

Articolo collegato: 
http://www.circolovegetarianocalcata.it/2014/07/25/tamar-e-leviathan-i-latini-si-chiedevano-cui-prodest-e-gaza-significa-gas/

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.