“Mia moglie
mi ha lasciato, e non so il perché…”. E’ l’inizio del viaggio del Marito
dentro se stesso, a cercare le ragioni di un fallimento, le radici di un
abbandono; un filo si dipana attraverso la parola che cerca, confessa, ricorda;
all’altro capo del filo c’è lei, la Moglie, che danza e nella danza risponde,
accusa. Lo scavo attraverso la parola è spietato, non meno del corpo di lei nel
disegnare il dolore , l’abbandono, lo smarrimento. I due linguaggi si accostano
si sovrappongono si fondono: metafora di due mondi interiori incapaci di
oltrepassare la prigione che li separa.
Ha scelto Spoleto, Alessandra Ferri, per tornare a splendere, e va in scena la
perfezione. Il suo corpo minuto è un gigante sul palco: si spezza umiliato nella
solitudine, volteggia con ali di farfalla nell’accennare passi di un tango
incompreso, barlume di felicità lontana, speranza di libertà negata, di
impossibile realizzazione di sé. Quando la danza tace, la parola riprende il suo
percorso dolente: il Marito disegna i riti inconcludenti di una socialità
impietosa che la Moglie non accetta né comprende, cui si sottrae con fughe e
leggerezza di bambina, per essere ricacciata ogni volta nel ruolo, nella
maschera impostale. La frattura è segnata, ripercorsa nelle tappe inesorabili,
non ci sarà appello se non quel piegarsi finale del corpo di Lei su quello del
Marito fiaccato, accomunato al suo nella pena del vivere.
Tre danzatori,
i mirabili giovani ballerini che accompagnano la Ferri, sono una sorta di
Coro nella tragedia greca: la loro danza sostiene, commenta, enfatizza il
percorso a ritroso nelle lacerazioni, nei rancori, nelle attese negate di Lei ;
i fisici scolpiti, quasi di marmorei arcaici kuroi, attraversano senza peso lo
spazio scenico, la leggerezza nella forza è la loro cifra, tanto quanto è
potenza ciò che si sprigiona dal corpo di giunco della Ferri.
Superba
l’interpretazione maschile: il misurato, intenso Boyd Gaines conferisce
al personaggio del Marito la disperata compostezza di chi, giunto in fondo al
proprio inferno interiore, non cerca assoluzioni.
“Danziamo,
danziamo, altrimenti siamo perduti”, Pina
Bausch
2.07.’13 Sara Di Giuseppe
Critica per: “The piano upstairs”
Alessandra Ferri – Boyd
Gaines
Spoleto56, Festival dei 2 Mondi
Teatro Nuovo Gian Carlo Menotti
28 - 29 - 30 giugno 2013
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