Il presidente della Commissione esteri presso la Duma (parlamento russo) Alexej Pushkov ha tenuto di recente a Roma una conferenza sulla tragedia siriana. Ecco alcuni dei concetti che ha espresso. La posizione della Russia viene presentata sui media occidentali in forma caricaturale, come è utile alla manipolazione generale. In realtà, la Federazione russa – certo che per suoi interessi geostrategici – si batte per una soluzione pacifica negoziata in Siria attraverso una conferenza internazionale, pur dovendo fronteggiare spesso posizioni intransigenti da parte degli Usa e dei loro alleati tra i quali l'Italia.
GUERRA CIVILE? “Non si può parlare in Siria di guerra civile perché le ingerenze esterne sono fortissime. In qualunque contesto, se mandate “aiuti”per tre miliardi di dollari e gente a combattere “per la democrazia” come ha fatto il Qatar finanziando gruppi armati, la guerra è assicurata” e si provoca “una libanizzazione della Siria” alla quale potrebbe succedere, in un allargamento del conflitto, quella che potremmo chiamare “sirizzazione del Libano”.
A proposito, il Libano pur con le sue fragilità dimostra che la pace e la convivenza possono sempre tornare ma appunto occorre sostenere la pace e una soluzione politica, non il bagno di sangue”.
COSA VOGLIONO GLI OPPOSITORI ARMATI.
“In quest’ultimo anno e mezzo ci sono stati cambiamenti radicali nella percezione internazionale degli eventi. Prima, si parlava di ‘insurrezione pacifica contro il dittatore che reprimeva insorti’ che volevano ‘libertà, democrazia, futuro migliore’. Obama disse che i giorni di Assad erano contati.
La sua valutazione aveva il tono della propaganda e rispondeva agli interessi delle potenze del mondo. La maggior parte delle forze di opposizione, però, non ha intenzione di lottare per la libertà e un futuro migliore; ha ignorato la trasformazione della Costituzione in senso multipartitico e altre riforme. L’opposizione è dominata da islamisti radicali organizzati spesso secondo modelli terroristici e di stampo wahabita: è un modello giusto per una Siria democratica?
Di fatto si vuole un’espansione della zona di influenza del movimento radicale sunnita.
Ricordiamo i loro slogan: domani Damasco dopodomani Baghdad. Il 20-25% soltanto dei territori sono sotto il loro controllo, nel nord e nel nord est, da qui poi fanno incursioni, con Damasco come obiettivo strategico. Essi continuamente chiedono armi, ma anche se ne ottenessero di più pesanti, non cambierebbe l’equilibrio, ci sarebbero solo più perdite fra l’esercito regolare.
OPPOSIZIONE NEGLI HOTEL A 5 STELLE.
L’opposizione credeva di aver vinto la lotta per i cuori e le menti dei siriani. Ma chi si incontra in hotel a stelle a Istanbul o nel Golfo non può avere davvero influenza sulla popolazione e sugli stessi militanti armati che lottano sul campo.
MENZOGNE.
Sono state davvero tante. Non si contano i casi di corpi uccisi trasferiti per dare la colpa poi all’esercito.
UNO STUDIO RUSSO SULLE ARMI CHIMICHE IN SIRIA. “Nel caso della Siria a differenza dell’Iraq nel 2003 – ricorderete la famosa provetta di Colin Powell all’Onu
– sono falliti anche i tentativi di convincere il mondo che
Damasco abbia usato le armi di distruzione di massa. Le accuse legate alla ‘linea rossa’ indicata da Obama non reggono. Uno studio russo di 80 pagine basato su campioni riferibili a un episodio dello scorso marzo arriva alla conclusione che armi chimiche sono state usate piuttosto dagli oppositori.
Perché poi Assad avrebbe dovuto usare armi chimiche sapendo benissimo che gli statunitensi andavano alla ricerca della pistola fumante per intervenire? Ho incontrato il presidente nel 2012 e non mi è parso un macellaio.
Il governo siriano ha represso la rivolta nel 2011, in Medioriente va così, ma da questo a usare armi proibite
Gli esperti militari russi hanno trovato che le armi usate a Homs non sono di fabbricazione industriale ma piuttosto simili a quelle usate nell’attentato a Boston. (...) Bush ha ingannato il mondo nel 2003 con l’Iraq ma nessuno è finito in tribunale”.
SCHIERAMENTI INTERNAZIONALI.
La Lega araba è divisa. Ha sostenuto la posizione del Qatar e dell’Arabia Saudita (che non sono nemmeno d’accordo fra loro) ma stati come Mauritania, Sudan, Iraq, Algeria hanno un altro orientamento. L’emiro del Qatar non è più al potere. E così il presidente egiziano Morsi. Rimane, fra i finanziatori diretti, l’Arabia saudita.
UNA SOLA VIA D’USCITA.
C’è un’unica soluzione. Una conferenza mondiale per la pace. Alla quale però non si possono invitare tutti! I terroristi non si possono invitare. Quando parlo con i francesi dico: ma come, in Mali li combattete e in Siria li sostenete? Non mi danno mai risposte convincenti, salvo dire che la Siria ha bisogno di democrazia. Ricordiamo gli slogan di Bernard Henry Levy, il filosofo che non rischierebbe nemmeno un’unghia in guerra! (...) Il popolo siriano considera autoritario il regime ma vuole vivere. (...) Assad non parteciperà alla conferenza di persona ma ci deve essere chi continua a far andare avanti un paese, a garantire i servizi essenziali, e questo è il governo siriano. (...)
Non è questione di nomi, quanto a governo. E’ questione di riportare la Siria a una situazione di pace e tolleranza. La conservazione della Siria è possibile solo se ci sarà equilibrio e armonia fra i vari gruppi, senza interferenze.
GLI USA E LA RUSSIA IN MEDIO ORIENTE IERI E OGGI. Gli Stati uniti hanno sbagliato tutto in Medioriente. Nel 1991 la Russia, impegnata nei propri problemi, non poté interessarsi dell’area e da allora gli Usa hanno provocato guerre, non pace. E hanno continuato finora. E in futuro?
Nel 2014 lasceranno l’Afghanistan, e i talebani torneranno al potere, ecco il risultato. Gli Usa non hanno fatto nulla per risolvere il conflitto fra sciiti e sunniti in Iraq. Mubarak e Ben Ali (in Egitto e Tunisia) erano i loro alleati di ferro e alla fine sono stati sconfitti. Anche il governo della Turchia è in difficoltà. La Russia è stata a lungo in disparte ma dopo la guerra in Libia abbiamo ritenuto di dover agire.
Sulla Libia, al Consiglio di sicurezza, ci astenemmo riguardo alla no-fly zone, permettendone l’applicazione. Come mai? Perché la nostra politica estera era elaborata in base alle priorità dello stato russo. Pensavamo di poter considerare gli Usa un partner. Ci fidavamo dei colleghi occidentali inoltre. Ma la protezione di Bengasi non prevedeva certo le bombe su Tripoli, né l’assassinio di Gheddafi.
Per questo già poche settimane dopo l’inizio dei bombardamenti della Nato, il presidente Medvedev si era detto contrario e così Putin. Ecco perché sulla Siria siamo così determinati. Ma gli Usa hanno una posizione molto rigida. Hanno deciso tempo fa che Assad dovesse essere rovesciato.
Adesso cercano di adeguarsi alla situazione e da un lato di trattare, dall’altro di sostenere anche militarmente l’opposizione. Una linea del tutto contraddittoria. Ma Kerry è un pragmatico, si dice a favore della conferenza per la pace, mentre McCain spinge per la guerra. Obama è karasciò, è in bilico
Però le agenzie di intelligence statunitensi sanno bene chi sta lottando contro il governo siriano e sono contro la fornitura di armi, ormai. Kerry è pragmatico. Bush, invece, era ideologico: tutto il Medioriente doveva essere traghettato a forza nella democrazia. Se si parte da un simile principio, più si hanno Afghanistan, Iraq, Libia
Bisogna capire come arrivare alla democrazia! Se a Singapore si arrivasse adesso al multipartitismo, si creerebbero partiti etnici.
Nota dei redattori. Per quanto riguarda la posizione prudente assunta dalla Russia sulla Libia, Pushkov ha fatto capire che si è trattato di un'ingenuità dovuta al fatto che l'allora Presidente Medvedev non voleva aumentare le tensioni con gli Usa e si è fidato delle false promesse di Usa e Nato che assicuravano che non avrebbero attaccato. Ma ha anche ricordato specificamente, come motivo principale, la politica di "reset" in corso, ossia l'iniziativa siglata tra Lavrov e Clinton a Ginevra, marzo 2009, per resettare le relazioni tra Usa-Russia. Ha ricordato anche come un tragico errore l'invasione sovietica dell'Afghanistan, da cui i russi hanno tratto buone lezioni.
IL RUOLO DELLA CINA.
La posizione della Cina, indipendente da quella russa, è chiara: è contraria alle opposizioni armate fomentate da appoggi esterni, né vuole i cosiddetti “interventi umanitari” o un modello di pace unipolare. Che non produce pace. Oltretutto, negli ultimi decenni anche il terrorismo è aumentato.
Enzo Brandi, Marinella Correggia
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