IL
GOVERNO “ALF-ETTA”: PIU’ BIANCO NON SI PUO’!
La (ri)nomina
quirinalizia ha assunto una valenza propriamente reazionaria, conservatrice, in perfetto stile “ancien régime”. Eppure, in soli due mesi, molto è cambiato: si è assistiti, di fatto, alla trasformazione in senso
semipresidenziale della Repubblica ed alla nascita del primo governo -per
alcuni “fantoccio”- del Presidente!
Tutto ciò, è bene
ricordarlo, “a Costituzione invariata”…
Dove trae fondamento
giuridico, or dunque, il nuovo
assetto politico-istituzionale?
Verrebbe da pensare ad
una “Costituzione ombra”: una Carta segreta, a metà tra le leggi di Murphy
e le tavole mosaiche, i cui principi o
massime fondamentali possiamo solo maliziosamente immaginare…
I LEGGE DI NAPISAN:
“Se cerchi il futuro, guardati alle
spalle…”
Il messaggio lanciato, perfino “urlato”, dalla maggioranza
degli italiani alle ultime Politiche (dal 25% degli elettori del movimento
antisistema di Grillo, come dal 25% di coloro che hanno disertato le urne) è stato forte ed inequivocabile: “vogliamo cambiamento, rinnovamento, pulizia!”.
Come il Parlamento -il più giovane della nostra Repubblica- ha risposto a questo grido? Rieleggendo al Quirinale, per un
altro mandato settennale, un degnissimo
signore di 88 anni.
Dopo le elezioni politiche faunisticamente più stravaganti della storia (trasformate in una gara
tra lepri, giaguari, grilli e caimani, mentre nei talk show i candidati
esibivano le proprie bestiole domestiche), mancava
solo ritrovarsi un gattopardo al Colle, 101 sciacalli nel Pd… e 1007 struzzi in
Parlamento!
Mai disperare: almeno i
partiti hanno risposto agli inviti ad un ricambio generazionale. Se
le risposte, però, si chiamano Letta ed Alfano, come non chiedersi se hanno
sbagliato domanda???
II LEGGE DI NAPISAN:
“Se vuoi galvanizzare i parlamentari, strapazzali… ma non di
coccole!”
Nel film
“Sogni d’oro”, Nanni Moretti strappava una calorosa standing ovation, ad un
pubblico teatrale fin lì alquanto apatico, intonando un chiaro e forte: “Pubblico
di merda! Pubblico di merda! Pubblico di merda!”.
In occasione del discorso di re-insediamento
di Giorgio II, non pochi increduli spettatori avranno avuto l’impressione
di assistere ad un remake improvvisato di quella scena! Più il vecchio Presidente rincarava il suo atto d’accusa nei confronti
di una classe politica messa pubblicamente in croce, inchiodata alle proprie
responsabilità, più i parlamentari rispondevano
commossi con applausi a scena aperta, scorticandosi le mani!
“Se mi troverò dinanzi ad assurdità, come
quelle appena passate, non esiterò a trarne conseguenze dinanzi al Paese!”,
concludeva il suo discorso. Ed ecco, in un’Aula Montecitorio sempre più estasiata, riecheggiare
in sottofondo una sola invocazione: “Santo subito”!
III LEGGE DI NAPISAN:
“Se sei convinto che Berlusconi sia politicamente
morto, per non ricrederti, aspetta almeno tre giorni…”
Tre giorni: tanti sono
bastati al Pd per “concordare di non saper concordare” su altro nome
all’infuori di Napolitano!
Il tutto con la “viva e vibrante soddisfazione” di Berlusconi, unico vero
vincitore della partita per il Quirinale, segnando con
scioltezza due gol a porta sguarnita:
-
il primo, assicurandosi alla Presidenza, più che un mastino napoletano, un
“cagnolino di guardia” della Costituzione (un Presidente “mani di penna” pronto
a controfirmare qualsiasi testo di legge gli si sottoponga e sempre vigile
contro ogni “eccesso d’indipendenza” di stampa e magistratura: persino capace
di porsi in conflitto con una Procura ed ottenere la distruzione di
intercettazioni che lo riguardavano, con ciò conquistandosi la viva e sincera
ammirazione di Silvio!);
-
il secondo, spalancando le porte alla nascita del tanto invocato “governissimo”,
di cui la rielezione di Napolitano ha rappresentato solo una prima “prova
tecnica d’inciucio” (solo tre giorni il Presidente assegnava a Letta l’incarico
esplorativo per la formazione del nuovo esecutivo).
Altro che “non vittoria” (altra “genialata comunicativa” dell’astro
morente della politica italiana, Bersani): le
elezioni del 25 febbraio hanno segnato una vera “debacle” per il Pd!
IV LEGGE DI NAPISAN:
“Se una rotta conduce alla deriva, sarà certo
seguita dal Pd…”
La Sinistra si è sempre contraddistinta per tratti di
puro “masochismo”: una pulsione autodistruttiva sintetizzabile nello slogan “facciamoci
del male!”. Questa volta, però, il “tafazismo
democratico” ha dato la prova migliore di sé in assoluto.
Attaccare
oggi il Pd è operazione fin troppo semplice, un po’ come sparare sulla Croce
Rossa… Ma come
rimanere inermi dinanzi all’ennesimo “disastro politico” di un Partito capace di
collezionare una sfilza di disfatte tali da far impallidire la macchina da
guerra del funesto Occhetto?
La cosa più di sinistra che Bersani è riuscito ad esternare
in campagna elettorale -mentre molti stavano ancora a chiedersi il senso della metafora del passerotto
in mano e del tacchino sul tetto…- è stata “smacchieremo il giaguaro”. Come
sorprendersi, allora, se la “lepre di Bettola” è finita stordita da un Grillo e
sbranata da un Caimano?
Passi l’avallo al governo Monti (allorquando al Pd,
con un po’ di coraggio in più, sarebbe bastato un ritorno anticipato alle urne
per realizzare la sua “mission” storica: polverizzare Berlusconi!); passi la rinuncia a far campagna elettorale
(rassicurati da sondaggi preannuncianti una vittoria “a mani basse” del
centrosinistra); passi l’orgogliosa riottosità
nell’accettare la candidatura Rodotà (come aspettarsi, del resto, che un
partito di Sinistra sostenesse una candidatura di Sinistra???). Ma quanto tempo dovrà passare per far
dimenticare la “figuraccia” del Pd nel raggiungere una “vaga intesa” su di un
nome per il Quirinale?
Il “Titanic democratico”, sotto l’abile guida di un Bersani emulante le gesta di
capitan Schettino:
-
giovedì
18 aprile, affondava Marini (la cui candidatura, emersa a sorpresa nella
notte, cancellava con un “colpo di spugna” la linea politica seguita per 50
giorni dal Partito);
-
venerdì
19, affondava Prodi (il cui nome era emerso frettolosamente in
mattinata per correre ai ripari, stravolgendo nuovamente quel po’ di logica
politica sottostante la candidatura Marini);
-
sabato
20, recuperava dagli abissi il relitto di Napolitano (cui ci si è, infine,
disperatamente appigliati per mancanza di altre scialuppe!).
Non è chiaro se i parlamentari democratici, molti alla prima
esperienza, abbiano scambiato la partita
politica per il Quirinale per una partita di battaglia navale… E non è chiaro se, quantomeno, ne conoscessero le regole del gioco, essendosi
colpiti ed affondati da soli!
In appena quattro mesi (due di
campagna elettorale, due post elettorali), Bersani
è riuscito a sfasciare un partito che vantava 3 milioni di “fessi” disposti persino
a pagare pur di illudersi di contare qualcosa! C’è chi sostiene che “in Italia spesso chi ha le idee migliori è un perdente” (Pier Luigi Celli): anche se così fosse, i
segretari del Pd rimarrebbero l’eccezione che conferma la regola…
La profezia di Nanni Moretti del 2002 (“Con questi dirigenti non vinceremo mai, non sanno più parlare al cuore, alla testa e all’anima delle persone!”)
sembra divenuta una maledizione. Se due indizi fanno una
prova, di prove se ne hanno oramai tante da poter pronunciare sentenza:
-
il Pd vince quando perde le primarie (si vedano le ultime elezioni a
Milano, Genova, Cagliari, Palermo, Puglia);
-
il Pd perde tutte le volte in cui vince le primarie (si veda la disfatta
elettorale di Veltroni prima, Bersani poi; non fanno testo i casi Crocetta e
Serracchiani, entrambi candidati di rottura che hanno giocato la campagna
elettorale tutta “per” il Pd ma “contro” il Pd).
Dal 2002 ad oggi, in realtà,
qualcosa è cambiato: nel 2008 è nato il Pd, all’insegna del motto “morti
due partiti… se ne fa un altro!”.
Cos’è il Pd?
Il primo esperimento di “vivisezione politica” della storia: un OPM (“organismo
politicamente modificato”) creato
dalla fusione a freddo tra le due anime storiche del centrosinistra, quella postdemocristiana
e quella postcomunista.
Cosa
ha rappresentato il “sogno democratico”, in una formula il veltroniano “Yes, we can”?
Un’illusione (quella di costruire un partito a “vocazione
maggioritaria”) frutto di una presunzione (quella di concepire
un “partito-coalizione” in un sistema politico non bipartitico) e trasformatasi presto in un incubo (quello di veder presentato
come “nuovo” un partito retto dalla vecchia classe dirigente di Ds e
Margherita).
Il risultato?
Un partito né “pesante” (stile ex Pci) né
“leggero” (stile ex Forza Italia), bensì
“gassoso”, ovverossia inconsistente: un “amalgama malriuscito”, ebbe
modo di definirlo Massimo D’Alema; un “tubetto
senza dentifricio”, per Arturo Parisi.
V LEGGE DI NAPISAN:
“Avvertenza: occupare a lungo una poltrona
può causare dipendenza!”
“Non mi convinceranno mai a
restare”: queste le parole di Napolitano, in un’intervista al Corriere della Sera del 14 aprile scorso. Peccato
che, trascorsa una settimana, lo stesso si rendesse disponibile ai partiti per
un reincarico!
B&B (Bersani and Berlusconi), in pellegrinaggio su
al Colle come fosse Canossa, evidentemente
hanno offerto al riluttante Giorgione una prospettiva più allettante di quella
di trascorrere i suoi ultimi anni in un anonimo B&B (Bed and Breakfast)
sull’isola di Stromboli… In fin dei conti, anche senza vista mare, al
Quirinale il clima non è poi così male… ed il servizio gratuito ed “All Inclusive”!
VI LEGGE DI NAPISAN:
“Le parole sono importanti: pronunciatele
con prudenza!”
“Golpe!”: questo il primo epiteto venuto in mente a Beppe Grillo per commentare
la rielezione di Giorgio II.
“Le parole sono importanti!”, avrebbe risposto il Nanni Moretti di “Palombella
Rossa”, per cui è doveroso precisare che
si tratta di un’emerita idiozia, di una sciocchezza: anzi, di un’offesa
alla lingua italiana!
La ragione? Molto ovvia:
-
in primis, nessuna norma costituzionale o
regola democratica è stata violata;
-
in secundis, il nome di Napolitano è stato
indicato da oltre i due/terzi dell’Assemblea dei grandi elettori.
Detto questo, è sempre legittimo esercitare il diritto di
critica, anche nei confronti del Capo dello Stato. Non è un abominio, così,
affermare che il secondo mandato presidenziale costituisce una “anomalia
costituzionale” senza precedenti nella nostra storia!
Per comprenderlo, non
occorre certo leggere il blog di Grillo. Basta rileggersi l’autorevole parere degli
ultimi due presidenti della nostra Repubblica ancora viventi:
-
Carlo Azeglio Ciampi, rifiutando nel 2006 ogni ipotesi di rielezione, sostenne
che la mancata rielezione del Presidente era da considerarsi “una consuetudine significativa da non
infrangere”, aggiungendo che “il rinnovo
di un mandato lungo, quale quello settennale, mal si confà alle caratteristiche
proprie della forma repubblicana del nostro Stato”;
-
lo stesso Napolitano, fino al 7 marzo scorso,
ebbe modo di dire che “il già lungo settennato al
Quirinale corrisponde bene alla continuità delle nostre Istituzioni ed anche
alla legge del succedersi delle generazioni”, ribadendo, il 14 aprile, che
la sua rielezione “sarebbe una non
soluzione, perché ora ci vuole il coraggio di fare delle scelte, di guardare
avanti. Sarebbe sbagliato fare marcia indietro, ai limiti del ridicolo: niente
soluzioni pasticciate e all’italiana”.
Come non giudicare, allora,
la rielezione del Capo dello Stato una scelta “ai limiti del ridicolo”, una “non
soluzione”: anzi, una “soluzione pasticciata e all’italiana”?
VII LEGGE DI NAPISAN:
“Se la Costituzione né
funziona né si riforma… basta raggirarla!”
La trasformazione del
ruolo del Capo dello Stato è un processo storico che si può far risale addirittura
alla presidenza Pertini e si è ancor più palesato sotto la presidenza Cossiga.
Negli ultimi due anni,
però, questo processo ha registrato una brusca accelerazione: sotto la presidenza Napolitano, per cause
di forza maggiore (la concomitanza di crisi finanziaria e politica), si è assistito ad un’evoluzione della forma
di Stato in senso semipresidenziale.
Sintomi di questa “patologia” -tale in quanto sviluppatasi al di fuori dei
canoni della Costituzione- sono stati:
-
prima,
la nascita del governo Monti, un governo tecnico del Presidente;
-
poi,
la rielezione di Napolitano, in netto contrasto con lo spirito della
Costituzione;
-
per
ultimo, la nascita del governo “Alf-etta”, un governo politico
del Presidente (formato dietro suo esplicito diktat, assumente come base di programma
il rapporto dei dieci saggi di nomina presidenziale e nel quale il Capo dello
Stato ha svolto un ruolo decisivo per la formazione della squadra ministeriale).
Piccolo particolare: ad oggi, l’Italia
è una repubblica parlamentare ed il Capo dello Stato è di nomina politica.
Non è augurabile, allora,
che il prossimo presidente della Repubblica sia eletto direttamente dai
cittadini, piuttosto che da una combriccola di segretari riunitisi in segrete
stanze?
Non sono maturi i
tempi per una riforma organica della seconda parte della Costituzione?
E perché mai delegare
tale compito ad una fantomatica “Convenzione per le riforme”, quando in
Parlamento già sono presenti due apposite Commissioni Affari Costituzionali?
VIII LEGGE DI NAPISAN:
“Se credete nella democrazia
rappresentativa e partecipata… avete mai pensato di trasferirvi in Svizzera?”
“Mai e poi mai con Berlusconi!”: questo l’unico slogan vincente del Pd
in campagna elettorale, mentre Bersani già strizzava l’occhiolino a
Monti… Oh perbacco! Chi avrebbe mai creduto che, dopo poche settimane, i vice
di Bersani (Letta) e Berlusconi (Alfano) si sarebbero ritrovati “fianco a
fianco” alla guida dello stesso governo?
“Mai e poi mai con Monti!”: questo il messaggio scandito “a caratteri
cubitali” da Berlusconi, dopo aver decretato la fine anticipata del
governo tecnico… Acciderbolina! Chi avrebbe mai immaginato che, dopo pochi
mesi, Pdl e Scelta Civica sarebbero tornati a governare insieme, ricostituendo
la stessa maggioranza reggente il governo Monti?
“Mai e poi mai senza Monti!”: questa la litania recitata fino alla noia
da Casini, pronto a idolatrare l’ex Premier come un salvatore della Patria… Perdindirindina!
Chi avrebbe mai scommesso un cent che sarebbe bastata un’analisi post-voto a suggerire
a Casini di prendere le distanze dal Professore?
L’Italia è davvero, per dirla alla Montanelli, “un
Paese senza memoria, che ignora il proprio ieri”…
Con la “doppia mossa” Napolitano-Letta, la “partitocrazia italiota” ha adottato
una strategia di difesa ben precisa: barricarsi dentro il Palazzo, non
concedere alcun spiffero al vento del cambiamento, sbarrare le porte per
silenziare le piazze, sedersi attorno a un tavolo per aiutarsi a rattoppare le
vesti a brandelli dei partiti, nel tentativo di ricostruire una “presentabilità
perduta”!
In tutto questo, qual
è il peso della volontà (sovranità) popolare? Il “governissimo” -benservito,
sul piatto del Pdl, dai 101 “franchi tiratori” del Pd- è proprio l’appalesarsi della
“paura fottuta” dei partiti di sottoporsi al giudizio degli elettori!
Come stupirsi se è
divenuta consuetudine per gli elettori “disertare le urne” (o votare il M5S…) piuttosto
che legittimare una classe politica sempre più “aliena”, marziana, capace di rispondere
al malcontento crescente solo “blindandosi” e rafforzando le scorte?
IX LEGGE DI NAPISAN:
“Perché invocare una Terza Repubblica…
quand’è possibile risuscitare la
Prima?”
“Se
vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi”: ancora una
volta sembra avveratasi la celebre profezia di Tancredi ne “Il Gattopardo”.
“Canti di giubilo” si sono alzati
alla notizia della nascita del governo “Alf-etta”. Stampa e tv governativa,
all’unisono, hanno esaltato gli elementi di novità, giovinezza, parità
di genere del nuovo esecutivo… in perfetto stile telegiornali “Istituto Luce”
del Ventennio!
Più che incontri segreti, pare che al Palazzo si siano
tenute “sedute spiritiche” per risuscitare l’antico, consociativo “spirito Cencelli”, che sembrava sepolto tra
le ceneri del ‘900.
Il governo “Alf-etta” costituisce la più intelligente
operazione di “alchimia politica” possibile per camuffare quello che ha tutte
le caratteristiche proprie di un “inciucio” ed occultare la riemersione,
dagli abissi della Prima Repubblica, di una “balena bianca”! Si
direbbe che, dal tentativo della classe politica di “sbiancare” con un colpo
di spugna le proprie macchie, è uscito fuori un governo “bianchissimo”:
anzi, il più bianco che si può!
X LEGGE DI NAPISAN:
“Se vuoi giustificare una porcata, basta
non chiamarla per nome, appellandosi a formule di distrazione di massa quali governo
di servizio…”
Senza giri di parole, la
rielezione di Napolitano e la nascita del “governissimo” sono state le “chiavi
di porco” utilizzate dalla “banda del buco” dei partiti per scassinare la
democrazia, saccheggiandone la sovranità! Alla fine di questo “Romanzo
Quirinale”, politici per anni recitanti la parte di acerrimi avversari, gettata
la maschera, si sono seduti allo stesso banchetto, dando al Paese il
“benservito”!
Il governo “Alf-etta” è la personificazione del nuovo compromesso
storico, con una non
piccola differenza: ieri le parti in causa si chiamavano Moro e Berlinguer,
oggi Alfano (ancora alla ricerca del “quid” perduto…) e Letta (un giovane già
vecchio, cresciuto al latte del seno dello zio!).
“Di’ una cosa di sinistra, di’ una cosa anche
non di sinistra, di civilità… Di’ una cosa, di’ qualcosa! Reagisci!”: questo l’appello rivolto a un D’Alema
d’annata da Nanni Moretti nel film “Aprile”. Per i strani corsi e ricorsi della storia, nell’aprile
appena scorso, la cosa più di sinistra che il Pd è riuscito a dire è stata: “Si
a Napolitano, no a Rodotà; si a Berlusconi, no a Grillo”.
Molti elettori democratici si erano già rassegnati ad
ingerire la “pillola Monti”… Nessuno, però, si sarebbe aspetto d’assumere anche la “supposta
Berlusconi”! Molti di loro non si chiederanno più “dove ha sbagliato il mio
partito?”, bensì “come ho potuto così ingenuamente sbagliare partito?”.
Ogni espediente comunicativo, stratagemma lessicale,
artifizio retorico si è tentato per addolcire il passivo “bunga bunga”
richiesto agli elettori di centrosinistra. Qualche esempio? Nessun accenno al termine
“inciucio”, solo “governo di servizio”; vietato parlare di “tradimento
elettorale”, solo di senso di responsabilità; un tabù le parole “incoerenza” o “trasformismo”,
meglio appellarsi al “dovere verso la
Patria”…
Le parole d’ordine più correntemente gettate in pasto
agli italiani?
-
“Governo subito,
governo purché sia!”. Ma perché mai, in democrazia, la prospettiva di un ritorno
alle urne sarebbe tanto deprecabile?
-
“Tornare
al voto col Porcellum? Che Dio ce ne scampi!”. Verissimo. Ma
perché mai dovrebbe ricadere sugli elettori la colpa dei partiti, mostratisi
incapaci, in un anno e mezzo di governo Monti, di cambiare la tanto vituperata
legge elettorale? E cos’ha impedito al nuovo Parlamento
di dedicare i due mesi trascorsi ad approntare subito una riforma elettorale,
piuttosto che traccheggiare invano?
-
“Il governissimo?
Non ci sono alternative!”. Niente di più falso! Di alternative ve ne sarebbero state almeno
tre: governo di scopo (per la sola riforma elettorale) con chi ci sta,
governo di cambiamento Pd-M5S, elezioni anticipate a giugno. “Falso” affermare che il M5S si è
reso indisponibile a qualsiasi ipotesi di governo: l’indisponibilità era, di
certo, nei confronti di un governo di minoranza Bersani. Perché lo “smacchiatore di giaguari” non ha subito fatto un passo
indietro, perse le elezioni, per facilitare una convergenza con i “pentastellati”?
E perché, dopo 55 giorni d’inconcludenti avance, Bersani ha voltato le spalle ai
grillini proprio quando questi ponevano sul piatto del compromesso il nome di Rodotà?
-
“Grillo? Inimmaginabile
come alleato di governo!”. Alla fine
nel Partito Democratico ha prevalso la logica gattopardesca, tipicamente
sicula, del “megghio u tintu canusciuto ca u bonu a
canuscise”… Benissimo. Ma come spiegare ai propri elettori d’aver
ritenuto il Cavaliere d’Arcore (appena cinque mesi fa staccante la spina al
governo Monti) un personaggio più serio
ed affidabile? E come reagirà la base del Pd, per mesi
rassicurata dal mantra bersaniano del “mai con Berlusconi” e “o governo di
cambiamento, o voto”? Di certo, i militanti democratici avranno una (anzi 101)
ragioni in meno per difendere il proprio partito dall’etichetta “Pd-menoelle”:
Pdl, piuttosto, pare ormai acronimo di “Partito di Letta”!
“Preferisco che i voti vadano al Pdl piuttosto
che disperdersi verso Grillo”, confessava un ingenuo Letta (Enrico) in tempi non
sospetti (13 luglio 2012). Per una volta,
un dirigente Pd ne ha “azzeccato” una: alle prossime elezioni, difatti, sarà altamente probabile che molti voti
andranno al Pdl… piuttosto che disperdersi verso il Pd!
A buon intenditor…
Gaspare Serra - (Fonte: Blog “Panta Rei”)
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