L'età
di Roosevelt
Un uomo di
cinquant'anni, colpito dodici anni prima da un attacco di
poliomielite, scende dalla carrozzella e, pallidissimo, percorre
faticosamente a piedi, appoggiandosi al braccio del figlio, i trenta
metri che lo separano dal podio in cui lo attende il Giudice Supremo
degli Stati Uniti per accogliere il suo giuramento di presidente
degli Stati Uniti. E' il 4 marzo del 1933, una fredda e piovosa
mattinata di Washington, e il nuovo presidente è Franklin Delano
Roosevelt. L'America --- che lo ha eletto più per sfiducia nei
confronti del suo predecessore, il repubblicano Hoover, che per
convinta ammirazione per il democratico Roosevelt --- è un paese
senza fiducia.
Rigurgiti di
consumismo sfacciato si alternano con la disperazione di milioni di
disoccupati pieni di debiti; l'agricoltura è allo sbando, con i
silos pieni di cereali e di cotone che nessuno compera e con le
famiglie rurali alla fame; il divieto di consumo degli alcolici ha
dato vita a bande criminali organizzate di spacciatori, di
distillatori clandestini di alcol, di importatori di bevande
alcoliche che prosperano con la copertura della diffusa corruzione di
funzionari e uomini politici.
L'America
lasciata da Hoover non era soltanto quella delle banche e delle borse
dissestate, del debito pubblico avanzante, ma si presentava con il
suolo impoverito da decenni di sfruttamento, esposto all'erosione
dovuta alle piogge e al vento, con le foreste devastate da incendi,
con paesi e città senza fogne e senza discariche dei rifiuti, con
città violente e inquinate, solcate da lunghe code di disoccupati
pieni di debiti. Nell'America ereditata da Roosevelt era crollata la
produzione di acciaio, di alimenti, di automobili, di petrolio. I
negozi contenevano merci contaminate con residui di pesticidi e con
sostanze velenose, al punto che due giornalisti, Kalleth e Schlink,
potevano scrivere un libro di successo, intitolato: "Cento
milioni di cavie", per denunciare le frodi alimentari.
Roosevelt aveva
impostato la sua campagna promettendo un nuovo patto, un "nuovo
corso"--- il "New Deal" --- per sconfiggere
depressione e sfiducia, e cominciò il suo discorso di investitura
con le celebri parole: "L'unica cosa di cui si deve avere paura
è la paura stessa". Gli eventi di quel 4 marzo 1933, raccontati
da Arthur Schlesinger nei tre volumi del libro: "Il New Deal",
pubblicati da Il Mulino nel 1959-65, ritornano alla mente in questi
primi turbolenti anni del XXI secolo, perché forse le azioni
politiche --- nei settori dell'agricoltura, della produzione
industriale, delle merci, dell'ambiente --- dell'amministrazione
Roosevelt negli anni trenta del Novecento potrebbero suggerire
qualche idea sulle cose da fare per lanciare un vero nuovo corso
politico ed economico nel nostro paese.
Roosevelt
e le risorse naturali
Il programma
"ecologico" di Roosevelt, riletto a ottanta a anni di
distanza, pensando che allora non si parlava di ecologia, di
ambientalismo e di verdi, ha molti aspetti sorprendenti. Intanto va
ricordato che agli inizi del secolo Teodoro Roosevelt (solo un
lontano parente di Franklin Delano), presidente dal 1901 al 1908, nel
1905 aveva già varato un grande programma governativo americano di
conservazione della natura.
F.D. Roosevelt
capì che la salvezza dell'America dipendeva anche dalla regolazione
del corso dei fiumi e dalla lotta all'erosione, dalla ricostruzione
della fertilità dei suoli agricoli e dei pascoli e dalla
regolamentazione dell'estrazione di minerali, carbone e petrolio, da
una nuova politica urbanistica e da un nuovo rapporto città-campagna,
da un controllo della produzione delle merci e dalla lotta alle frodi
praticate a danno dei consumatori, dalla salvaguardia delle foreste e
dall'estensione dei parchi.
Tutte le
competenze nel campo delle risorse naturali --- acqua, foreste,
difesa del suolo, opere pubbliche, urbanistica, parchi, miniere,
rifiuti, eccetera --- furono concentrate in due ministeri, quello
dell'agricoltura e quello dell'interno, affidati a due persone, H.A.
Wallace e Harold L. Ickes, singolari come competenze e devozione al
loro mandato.
E quanto sia
opportuna una politica coordinata nel campo delle risorse naturali lo
dimostrano la lentezza e l'inefficacia delle azioni dei nostri
governi, sparpagliate fra le competenze dei ministeri dell'ambiente,
delle infrastrutture, dell'agricoltura, dell’economia,
continuamente mutevoli non solo per il succedersi delle persone e dei
funzionari e dei nomi, uniti solo nella mancanza di una linea
politica, dispersione comoda al fine di moltiplicare uffici e
appalti, ma catastrofica per la difesa della natura e dell'ambiente.
Acqua
Gli anni che
precedettero la vittoria di Roosevelt erano stati caratterizzati da
un seguito di siccità e di degrado del suolo. I lavori intrapresi
dalle amministrazioni precedenti per la regolazione del corso dei
fiumi andavano a rilento: era stata completata soltanto la grande
diga Hoover sul Colorado.
La nuova
amministrazione affrontò subito il problema della regolazione del
corso dei fiumi. L'aumento e la razionale utilizzazione delle risorse
idriche, la lotta alla siccità e all'erosione, potevano essere
condotti soltanto per grandi bacini idrografici: poiché questi si
stendevano attraverso i confini di vari stati, le relative opere
erano di competenza e responsabilità federale.
Uno dei più
grandi fiumi e bacini idrografici del Nord America è il Tennessee
che scorre dalle montagne innevate ai campi esposti all'erosione,
fino a immettersi nell'Ohio poco prima che questo si getti nel
Mississippi. Sul Tennessee erano state costruite, durante la prima
guerra mondiale, delle dighe per la produzione dell'energia
idroelettrica che serviva a produrre acido nitrico sintetico per
l'industria degli esplosivi.
Il governo del
New Deal decise di affrontare la regolazione delle acque della valle
del Tennessee costruendo una serie di dighe e di centrali
idroelettriche, realizzando la prima industria elettrica di proprietà
del governo federale. Il 18 maggio 1933, due mesi dopo l'insediamento
di Roosevelt alla Casa Bianca, fu creata una speciale agenzia, la
Tennessee Valley Authority, il più noto esempio di pianificazione
territoriale e industriale del New Deal. La costruzione delle dighe
attirò nella zona lavoratori disoccupati da tutta l'America; fu
rettificato il corso del fiume, furono fatte opere per fermare
l'erosione del suolo e per il rimboschimento delle valli.
L'elettricità
"governativa" permise di alimentare fabbriche, pure di
proprietà del governo federale, per il trattamento dei minerali
fosfatici e per la produzione di concimi: concimi di stato da
distribuire agli agricoltori a prezzi politici per ridare fertilità
alle terre impoverite dall'erosione. Curiosamente il New Deal fece
uscire l'America dalla crisi, fra l'altro, con iniziative di
"nazionalizzazione" proprio in direzione contraria alla
privatizzazione delle industrie statali e delle imprese pubbliche che
si pratica oggi in Italia.
Boschi
e occupazione
Lo stato di
erosione del suolo dell'America richiedeva interventi immediati e le
opere di regolazione del corso dei fiumi sarebbero state vanificate
se non fossero state accompagnate da una vasta azione di
rimboschimento delle valli. Roosevelt aveva sottolineato, fin dalla
campagna elettorale, l'importanza delle foreste. Gli alberi --- disse
--- trattengono la terra fertile sui declivi e l'umidità del suolo,
regolano il fluire delle acque nei ruscelli, moderano i grandi freddi
e i grandi caldi: sono i "polmoni" dell'America perché
purificano l'aria e danno nuova forza agli Americani.
Il 14 marzo
1933, dieci giorni dopo essersi insediato alla Casa Bianca, Roosevelt
predispose un grande progetto per impiegare un esercito di giovani
disoccupati al lavoro nelle foreste. Nell'estate del 1933 300.000
americani, celibi, dai 18 ai 25 anni, figli di famiglie assistite,
organizzati nei Civilian Conservation Corps, erano nei boschi,
impegnati nei lavori di difesa del suolo che da molti anni erano
stati trascurati.
Negli anni
successivi, in varie campagne, due milioni di giovani lavoratori,
complessivamente, piantarono 200 milioni di alberi, ripulirono il
greto dei torrenti, prepararono laghetti artificali per la pesca,
costruirono dighe, scavarono canali per l'irrigazione, costruirono
ponti e torri antincendio, combatterono le malattie dei pini e degli
olmi, ripulirono spiagge e terreni per campeggi.
Nell'aprile 1935
fu creato il Soil Conservation Service col compito di difendere il
suolo, anche se era di proprietà privata, per conto della
collettività.
Terreni
demaniali
All'inizio del
New Deal l'America aveva ancora vasti terreni demaniali; nei decenni
precedenti il governo non aveva esitato a vendere a prezzi irrisori
molti terreni di proprietà federale a chi voleva aprire miniere,
installare pozzi petroliferi, utilizzare i pascoli. Nelle terre
demaniali residue gli allevatori dell'ovest da sempre avevano portato
a pascolare il bestiame senza alcun controllo nè pagamento, con la
conseguenza che l'eccessivo pascolo aveva distrutto l'erba e aveva
fatto avanzare l'erosione e il deserto.
Nel 1933 il
governo decise di far pagare un affitto a coloro che usavano risorse
naturali --- pascoli o miniere --- demaniali e di fermare la svendita
dei terreni collettivi. Ancora una volta un’azione che va in
direzione esattamente contraria a quella, in corso in Italia dalla
fine del Novecento, caratterizzata proprio dalla svendita ai privati
dei beni collettivi, come sono gli spazi demaniali o le terre
soggette a usi civici.
Agricoltura
e materie prime
Nell'America
della grande crisi c'era sovrabbondanza di raccolti ma prezzi così
bassi che gli agricoltori soffrivano la fame. L'erosione del suolo
dovuto alle acque e al vento aveva spinto milioni di piccoli
proprietari o affittuari ad abbandonare le proprie terre per andare a
lavorare come miserabili salariati nelle terre ancora fertili. Le
grandi compagnie finanziarie compravano a prezzi stracciati i terreni
dei piccoli coltivatori soffocati dai debiti. La drammatica
situazione è descritta, fra l'altro, nel libro "Furore" di
Steinbeck, del 1939, da cui l'anno dopo fu tratto un celebre film.
Il 12 marzo 1933
il governo Roosevelt propose una serie di incentivi finanziari intesi
a trattenere nei campi i piccoli coltivatori e a difendere i prezzi.
"Distruggere un raccolto va contro i migliori istinti della
natura umana", sosteneva il ministro dell'agricoltura Wallace, e
così furono organizzate le distribuzioni, alle classi meno abbienti
e povere urbane, di cibo acquistato dal governo e furono incentivati
i mezzi per risollevare il mercato.
Fra questi
ultimi va ricordato lo sforzo per la utilizzazione industriale dei
prodotti e sottoprodotti agricoli. La chimica avrebbe avuto un ruolo
fondamentale e William Hale coniò il termine "chemiurgia"
per indicare le tecniche capaci di trasformare le materie di origine
agricola, zootecnica e forestale in merci: dall'alcol etilico, da
usare come carburante e come materia prima per la gomma sintetica,
alla cellulosa e alle proteine per ottenere fibre artificiali,
dall'amido alle materie plastiche. Le stesse proposte odierne di
manufatti di plastica "ecologica", a base di amido, erano
già state elaborate negli anni trenta del secolo scorso. Il successo
delle merci ottenute dal petrolio ha oscurato un insieme di
realizzazioni che ancora oggi potrebbero dare lavoro e reddito
all'agricoltura.
Il Dipartimento
dell'agricoltura fin dal 1933 creò una rete di stazioni di
sperimentazione che furono all'avanguardia nelle tecniche di
chemiurgia e incoraggiarono nuove coltivazioni e industrie. Furono
studiate nuove materie agro-industriali, che sono state "riscoperte",
alla fine del Novecento, alla luce dell'ecologia: dalle cere ricavate
dalla jojoba, alla gomma guayule, dalle fibre tessili cellulosiche
naturali ottenute da ginestra, canapa, yucca, a nuove materie
cellulosiche industriali, eccetera.
In questo
periodo venne lanciata la campagna per ridare orgoglio agli
agricoltori, ridivenuti consci del ruolo primario del loro lavoro:
"I'm proud to be a farmer" (Sono orgoglioso di essere un
agricoltore), si leggeva nelle fattorie in quegli anni. Questo
orgoglio era indispensabile per coinvolgere gli agricoltori nelle
opere di difesa del suolo, di rimboschimento, di innovazione nelle
colture.
La
lotta alle frodi
Il Dipartimento
dell'agricoltura assunse anche un ruolo vigoroso nella lotta contro
le frodi. Proprio come nel 1906 il libro: "La giungla"
dello scrittore Upton Sinclair aveva denunciato le drammatiche
condizioni di lavoro nelle grandi fabbriche di carne in scatola, il
libro: "Cento milioni di cavie" denunciava i pericoli per
la salute di molti prodotti alimentari, medicinali, cosmetici. Uno
degli autori, F.J. Schlink, pochi anni prima aveva fondato la
Consumers' Research Inc., per effettuare analisi delle merci
nell'interesse dei consumatori, che cominciarono a diventare soggetti
e protagonisti politici.
Tugwell,
sottosegretario all'agricoltura del governo Roosevelt, subito nella
primavera del 1933 decise di abbassare da 1,3 a 0,9 milligrammi la
massima quantità di arseniato di piombo, un antiparassitario,
tollerata negli alimenti. La Food and Drug Administration, una
agenzia del Dipartimento dell'agricoltura fino allora sonnacchiosa,
organizzò, per ordine di Tugwell, una mostra delle frodi e dei
veleni che finivano sulla tavola degli americani.
Naturalmente le
proposte di riforme merceologiche incontrarono la forte opposizione
dei produttori industriali e solo nel 1938 fu approvata la nuova
legge sulla purezza di alimenti, cosmetici e medicinali, il Pure
Food, Drug and Cosmetic Act.
La
comunità e la città
La rinascita
delle città fu un altro dei punti importanti del New Deal: come
risposta alla congestione urbana e alla sua violenza fu avviato un
progetto per portare al di fuori dei ghetti urbani la popolazione
povera, in modo che gli abitanti potessero vivere alla luce del sole,
respirare aria buona e anche avere una piccola superficie di terreno
da coltivare. Furono così costruiti quartieri residenziali
autosufficienti nei quali le famiglie, ridotte sul lastrico dalla
povertà urbana e rurale, potessero trovare rifugio occupandosi di
artigianato, di coltivazione della terra anche per trarne il proprio
cibo.
Il progetto
prevedeva di localizzare le fabbriche in zone aperte e distanti fra
loro, di sviluppare un nuovo tipo di città industriale suburbana,
resa possibile dall'era dell'automobile. Queste idee ebbero fra
l'altro il sostegno di un architetto-pensatore come Lewis Mumford
che, proprio nel 1934, scrisse: "Tecnica e cultura",
proponendo la transizione ad una società "neotecnica",
meno violenta ed inquinata.
Il programma
rimase in gran parte sulla carta, ma mostra l'ambiente culturale dei
primi anni dell'amministrazione Roosevelt e la vivacità degli
studiosi, urbanisti, progettisti che riuscì a mobilitare. Comunque
il governo del New Deal avviò un processo di bonifica urbana, opere
di edilizia popolare, sia nelle città, sia nelle campagne, per
eliminare le abitazioni malsane e fatiscenti e ridare così, con case
adeguate, anche una dignità alle famiglie dei diseredati. Una pagina
dei conflitti fra il nuovo corso urbanistico e le forze frenanti
della speculazione edilizia si ha nel film "La vita è
meravigliosa".
Merci
e ambiente
Roosevelt capì
che la crisi economica e dell'occupazione dipendeva anche dalla
mancanza di un coordinamento e di pianificazione nella produzione
delle merci.
Negli anni venti
una scelta merceologica ispirata ad un finto moralismo aveva
provocato, con il divieto della vendita di bevande alcoliche, un
commercio clandestino di alcolici e quindi la crescita della più
grande organizzazione criminale e di corruzione pubblica mai vista
fino allora, e certamente lontana progenitrice di quella criminalità
organizzata con cui ci dobbiamo confrontare oggi in Italia.
Roosevelt
comprese che solo mettendo un freno a questa violenza il paese
avrebbe potuto affrontare la crisi. Il lunedi 13 marzo 1933, nove
giorni dopo il suo insediamento, propose una legge che autorizzava la
produzione e la vendita della birra a 3,2 gradi alcolici. Il venerdi
successivo la proposta era già approvata dal Congresso; non era
ancora la legalizzazione delle bevande alcoliche, ma l'inizio e il
segnale di una politica antiproibizionistica che diede un grave colpo
alla criminalità e alla corruzione.
Il 16 giugno
1933 fu approvata la legge che creava la National Recovery
Administration, un organismo con funzioni di studio e di proposta nel
campo della pianificazione delle opere pubbliche e della produzione
industriale. Per sconfiggere la povertà e la disoccupazione
occorreva concordare con gli imprenditori orari di lavoro e salari
tali da consentire la ripresa della produzione dell'industria e dei
consumi delle famiglie. Le aziende che aderivano all'accordo potevano
contrassegnare i loro prodotti e merci con l'"Aquila blu"
("Blue Eagle"), un marchio che assicurava i consumatori che
le aziende stesse contribuivano, anche con sacrifici dei propri
profitti, allo sforzo di ricostruzione del paese e che pertanto i
loro prodotti andavano preferiti.
La ripresa della
produzione, industriale ed agricola, assicurata dalla politica di
pianificazione, diede di nuovo fiducia anche alla ricerca e
all'innovazione. Attraverso una simbiosi con la ricerca
universitaria, negli anni dell'amministrazione Roosevelt furono
fatte alcune scoperte industriali di grande importanza. Solo per
citarne alcune: furono messi a punto dei processi per la produzione
della gomma sintetica partendo sia da sottoprodotti agricoli, sia da
prodotti petroliferi. Furono messe a punto benzine ad alto numero di
ottano che consentirono lo sviluppo dell'aviazione e dei trasporti
aerei civili. Furono messi a punto processi per la produzione di
fibre tessili artificiali, dalle proteine del latte, della soia e
dell'arachide, dai residui della lavorazione del cotone, e furono
inventate fibre tessili sintetiche destinate a rivoluzionare
l'industria e il modo di vivere e di consumare di tutto il mondo,
come il nylon presentato ai consumatori nel 1938.
In questa
atmosfera ebbe sviluppo anche la ricerca universitaria "pura";
gli scienziati ebrei sfuggiti alle persecuzioni razziali in Europa
trovarono in America non solo libertà d'insegnamento, ma anche
apparecchiature e mezzi finanziari che portarono a scoperte destinate
ad avere effetti lontani.
Non tutto,
nell'era di Roosevelt, andò liscio. Molti progetti non furono
realizzati, ma di certo l'epoca del New Deal fu un periodo di
speranze e di fiducia nel futuro a cui si può guardare ancora oggi..
Il
New Deal e l'Italia
Il New Deal di
Roosevelt fu seguito con attenzione in Italia fin dai tempi
fascisti. Gli anni trenta sono stati anni di crisi anche in Europa e
in Italia e gli economisti e gli studiosi che conoscevano l'America
prestarono attenzione a questo strano esperimento di pianificazione
nella democrazia, di intervento dello stato nel rispetto della libera
iniziativa. Non si deve dimenticare che sono gli anni della
pianificazione sovietica e Roosevelt fu accusato, dalle forze
conservatrici americane, di essere un comunista, o, peggio, un
bolscevico.
Anche sotto
l'influenza sollecitata dal New Deal americano nel 1933 fu creato in
Italia l'Istituto per la Ricostruzione Industriale (IRI) con fini di
coordinamento e di intervento statale nei settori disastrati
dell'industria.
Ma l'interesse
scientifico e politico per il New Deal si fecero sentire soprattutto
negli anni dopo la Liberazione, quando si trattava di ricostruire
l'Italia uscita dalla guerra e di colmare gli squilibri fra nord
industriale e sud agricolo. Gli intellettuali radicali e socialisti
antifascisti, rientrati in Italia dagli Stati Uniti portarono la
conoscenza e l'interesse per il New Deal in un'Italia rimasta, anche
nella sua nuova classe dirigente, provinciale ed esclusa dal grande
giro internazionale. Adriano Olivetti, con il suo movimento di
"Comunità", fece conoscere in Italia le opere del New Deal
e di Mumford, le nuove correnti di pensiero sulla pianificazione
democratica e su una nuova urbanistica.
Al New Deal si
ispirarono coloro che proposero i grandi programmi di opere pubbliche
e una struttura di finanziamento e pianificazione dell'uso delle
risorse naturali nel Mezzogiorno, quella che divenne poi, nel bene e
nel male, la Cassa per il Mezzogiorno. Al New Deal si ispirarono
coloro che, nel primo centro-sinistra, si batterono per la
nazionalizzazione delle imprese elettriche e per l'estensione al
ministero del bilancio di competenze anche nel campo della
programmazione, con la creazione di un apposito ufficio.
A dire la verità
le attività della programmazione italiana (il più celebre documento
è il "progetto ottanta", predisposto alla fine degli anni
sessanta) erano più attente agli aspetti economici che alla
salvaguardia e alla valorizzazione delle risorse naturali o alle
scelte produttive e merceologiche. Ciò forse perché la classe
dominante era costituita da economisti e giuristi, più che da
studiosi di agricoltura, chimici, forestali, urbanisti, ingegneri.
Ogni tanto gli
economisti e alcuni uomini politici hanno dichiarato l'opportunità
di fare di nuovo riferimento al New Deal, che sarebbe necessario un
New Deal italiano, ma le buone intenzioni non hanno fermato il
degrado morale ed economico, e anche ambientale, quest'ultimo, del
resto, figlio dei primi due e della crisi del senso dello Stato. Il
successo del New Deal di Roosevelt era invece proprio basato sul
recupero del senso della comunità e dello Stato.
Si potrebbe
pensare adesso, in questo inizio del XXI secolo, di far uscire
l'Italia dalla crisi economica e morale con un "nuovo corso"
? Se nascesse una nuova classe dirigente con un nuovo senso dello
Stato quali azioni dovrebbe intraprendere ?
Immaginiamo che
improvvisamente le autorità centrali e regionali mettano da parte i
cavilli giuridici e "istituzionali" (dietro cui spesso si
nascondono gelosie di centri di potere e di affari) ed avviino un
grande programma di sistemazione delle acque, di difesa del suolo
contro l'erosione, di rimboschimento. Tale programma può essere
condotto soltanto nell'ambito dei bacini idrografici che devono
diventare --- come del resto prescrive la legge italiana --- le nuove
unità geografico-politiche in cui svolgere le azioni di
pianificazione territoriale e di difesa delle risorse naturali.
In ciascun
bacino idrografico la "autorità" prevista dalla legge
dovrebbe predisporre opere per fermare l'erosione attraverso la
pulizia e la sistemazione degli argini e del greto dei fiumi, il
rimboschimento dei pendii delle valli. La forza delle acque fluenti
potrebbe essere utilizzata per ottenere energia idroelettrica --- una
fonte di energia rinnovabile --- attraverso la costruzione di bacini
artificiali e centrali progettate non per massimizzare i profitti
delle imprese elettriche, ma a fini multipli, per regolare il moto
delle acque, assicurare riserve di acqua nei mesi di scarse piogge,
e creare spazi per attività ricreative.
Una
pianificazione di questo genere presuppone di far cessare
l'appropriazione privata delle golene e delle rive dei fiumi, di
regolare (e anche vietare, in certe zone) i prelevamenti di sabbia e
ghiaia dal greto dei fiumi; una vera autorità di bacino dovrebbe
avere il potere di intervenire sulla proprietà privata e
sull'iniziativa privata quando queste assumono carattere speculativo
e di rapina e danneggiano i beni collettivi.
Difesa del suolo
significa soprattutto ricostruzione del manto vegetale nelle sue
varie forme, attraverso il rimboschimento con alberi, la
ricostruzione della macchia, attraverso tecniche colturali che
impediscano l'asportazione della terra fertile e consentano la
protezione e formazione dell'humus, che è l'unico modo in cui può
essere rallentato il moto violento ed erosivo delle acque. La difesa
del suolo presuppone una lungimirante politica di riutilizzo delle
zone in cui sono state sospese o sono scoraggiate le coltivazioni
agricole tradizionali. Significa una nuova cultura forestale popolare
diffusa.
Eserciti di
"forestali" sono stati messi, nei decenni passati, al
lavoro in varie zone d'Italia, soprattutto nel Mezzogiorno, spesso
tollerando che gli stessi disoccupati, per poter essere ingaggiati
l'anno successivo, lasciassero degradare o magari divorare dal fuoco
le giovani piante.
In un New Deal
italiano del XXI secolo l'agricoltura dovrebbe tornare ad essere il
settore "primario" dell'economia. La libera circolazione
delle merci e dei servizi in Europa e una nuova disciplina contro gli
sprechi imposta dall'Unione Europea porteranno a limitare sempre più
le sovvenzioni alle produzioni agricole eccedentarie. Invece di
continuare a piagnucolare per ottenere la proroga delle protezioni,
un New Deal agricolo potrebbe pensare ad un ritorno dell'agricoltura
al suo ruolo primario nella gestione delle risorse naturali.
Le opere di
razionale sistemazione delle risorse idriche e di difesa del suolo
contro l'erosione potrebbero creare proprio nella collina e nella
montagna disponibilità di materie prime agricole, zootecniche e
forestali suscettibili di trasformazione sul posto, grazie anche a
nuove fonti di energia idroelettrica, con operazioni di "chemiurgia",
in nuove materie prime e merci: carburanti alternativi al petrolio
(come l'alcol etilico), fibre tessili artificiali, materie prime per
la produzione della carta, materiali da costruzione ottenuti dal
legno, fonti di proteine alimentari. Chi sa che un giorno non si
legga anche nelle case di campagna italiane la scritta: "Sono
orgoglioso di essere un agricoltore" ?
Ad un New Deal
di questo genere aveva del resto pensato Adriano Olivetti negli anni
cinquanta del Novecento col suo progetto di integrazione della
fabbrica e dell'agricoltura nelle zone povere di collina o nel
Mezzogiorno; e è già avvenuto, in questa direzione, anche se in
forma spontanea e non pianificata e spesso piena di contraddizioni,
in certe zone (Veneto, Marche) del cosiddetto NEC (Nord-Est-Centro).
L'operazione
sarebbe di particolare importanza nel Mezzogiorno e nelle isole dove
solo il lavoro e la produzione agricola e industriale di merci,
basata sulle risorse naturali locali, può sconfiggere la
criminalità organizzata che attecchisce solo nello sconforto.
In senso
contrario ad un New Deal vanno le iniziative per far abbandonare la
coltivazione di grandi estensioni delle nostre colline e montagne,
addirittura finanziando l'abbandono con soldi della Comunità
europea; oppure i grandi insediamenti con effetti sconvolgenti
sull'agricoltura, sulle acque, sulle colline, con avanzata
dell'erosione del suolo.
Nel senso del
New Deal andrebbe una nuova moralità nell'uso dei beni collettivi;
la privatizzazione, in corso in Italia, di coste, spiagge, rive dei
fiumi, spazi demaniali, non fa invece che accelerare il degrado
territoriale, l'erosione delle spiagge, la distruzione delle foreste
e delle dune, che sono poi le protezioni naturali dell'entroterra.
Un New Deal
dovrebbe ricuperare all'uso pubblico e pianificato proprio pascoli,
terre e spazi demaniali e collettivi, oggi ancora soggetti ad usi
civici, le acque.La salvezza potrebbe essere cercata in un ministero
delle risorse naturali, con competenze ben diverse da quelle
dell'attuale ministero dell'ambiente che finisce per essere il
ministero dei depuratori e delle discariche.
Un nuovo corso
italiano richiederebbe il recupero della cultura e del gusto
dell'urbanistica, intesa come scienza della pianificazione degli
insediamenti, delle vie di comunicazione, dei modi di trasporto. Ad
una politica della città e della mobilità, oggi governata dalla
case automobilistiche, della compagnie petrolifere e dagli
speculatori immobiliari, dovrebbe essere contrapposto un reale
potenziamento dei trasporti collettivi basati non sullo spreco ---
come l'"alta velocità"--- ma sui reali bisogni della
popolazione, anche ai fini del decentramento delle attività
produttive e dei servizi.
Un Deal Deal
ecologico presuppone dei controlli e una pianificazione sulla
produzione, sulla quantità e sul tipo delle merci, alla luce dei
vincoli posti dalla necessità di diminuire sprechi di risorse
naturali scarse, inquinamenti e rifiuti. Da qui la necessità di
uffici governativi per gli standard di qualità delle merci, per il
controllo di tale qualità, di uffici di analisi e di controllo
contro le frodi, di attività di previsione e di scrutinio delle
scelte anche legislative.
Negli Stati
Uniti nel 1970 è stato creato, presso il Congresso, un ufficio per
lo scrutinio tecnologico (l'Office of Technology Assessment) che
avvertiva i parlamentari e il governo sugli effetti tecnici,
ecologici, sociali delle scelte legislative. Ad esempio: il
finanziamento di una rete ferroviaria ad alta velocità quali
conseguenze può avere sul territorio, sul trasporto aereo, sulla
sicurezza delle persone ? Scrutinio tecnologico è molto più della
semplice valutazione dell'impatto ambientale, da noi ridotta a
mascheratura di scelte prese al di fuori del Parlamento.
Infine il New
Deal qui prospettato --- o sognato ? --- comporterebbe il
coinvolgimento dell'Università e della ricerca in progetti
socialmente ben definiti e compatibili con la difesa e la
valorizzazione delle risorse naturali.
Inutile dire che
i progetti sopra accennati richiedono lavoratori e specialisti
dall'ingegneria all'ecologia, dall'economia alla chimica, alle
scienze agrarie e forestali. Sarebbe anche questo un modo per
sollecitare nei giovani laureati un senso di servizio della
collettività, oggi così labile, per farli sentire, come i giovani
intellettuali del 1933, orgogliosi di lavorare per lo Stato e non per
un governo o per una struttura di partito e di clientele.
Giorgio Nebbia nebbia@quipo.it
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.