Alla fine l’hanno capito anche loro: se si vuole combattere il Covid chiudendo tutto, o quasi tutto, bisogna compensare quanti, con le chiusure, vengono a perdere le proprie fonti di guadagno. Cosí, a un primo “decreto ristori” ne é seguíto un secondo, mentre se ne mettono in cantiere un terzo e un quarto.
Naturalmente, si tratta di misure del tutto inadeguate. Il concetto stesso di “ristoro” é in sé una truffa. Ristoro – leggiamo su qualunque dizionario – é sinonimo di conforto, consolazione; serve ad alleviare in piccola parte un danno grave, a mo’ di rifocillamento, di pacca sulle spalle. Sarebbe come a dire: coraggio, sei rovinato, ma per i prossimi quindici giorni ti assicuro un tetto e un pasto caldo.
Nel nostro caso, cioé nel caso di milioni di individui ridotti sul lastrico e spesso privati anche della prospettiva di un ritorno al guadagno, lo Stato non puó limitarsi a gesti poco piú che simbolici, quali appunto il “ristoro”. Lo Stato deve piuttosto risarcire, rifóndere, rimborsare, reintegrare integralmente – o quasi – le somme perdute dai suoi cittadini a causa della pandemia (o di qualsiasi altro evento catastrofico, disastri naturali compresi).
Va da sé che per far ció occorrono cifre enormi, di gran lunga superiori alla manciata di miliardi del Recovery Fund, per tacere del MES e di consimili trappole per topi. Gli sperati 209 miliardi di contributi e prestiti europei (salvo i pasticci di cui abbiamo parlato su “Social” del 31 luglio e del 2 ottobre) sono una cifra che, ad occhio e croce, potrebbe bastare soltanto a risarcire imprese e privati cittadini italiani. Per rimettere in moto la nostra economia nazionale (soprattutto con la prospettiva di altri 12 mesi di sostanziale paralisi, fino al completamento della vaccinazione di massa) occorrerebbero cifre dieci, venti volte maggiori.
Apro una parentesi: la Germania sta cercando di bloccare il Recovery Fund. Sono stati i tedeschi a portare avanti la clausola (bugiarda) della minaccia allo Stato di diritto, ben sapendo che Ungheria e Polonia – sentendosi minacciate – avrebbero bloccato l’approvazione del bilancio della UE. Se non ci si rende conto che la Germania vuole asfaltarci, non si é capito nulla della cosiddetta Unione cosiddetta Europea.
Naturalmente – riprendendo il filo del discorso – é escluso che lo Stato italiano possa indebitarsi con i “mercati” per altre migliaia di miliardi di euro. Ma la soluzione c’é. Ed é semplice, semplicissima, addirittura banale: riappropriarsi – almeno in parte – della nostra sovranitá monetaria, e tornare ad emettere una nostra moneta direttamente, senza farcela prestare dalle banche “centrali” e senza far lievitare ulteriormente il debito pubblico.
Per far ció non occorre nemmeno uscire dall’euro e tornare alla lira. Basterebbe ricorrere ad una moneta parallela, circolante soltanto sul territorio nazionale, mantenendo l’euro per le transazioni internazionali. Al limite, in un primo tempo potrebbe bastare una similmoneta, come i mini-Bot commerciabili di cui si é parlato l’anno scorso [vedi “Social” del 7, 14 e 28 giugno 2019].
Quello della doppia circolazione monetaria é l’uovo di Colombo. Ne ho parlato su queste pagine fin dalle prime Opinioni Eretiche. Per la prima volta – se non ricordo male – sul numero del 30 maggio 2014: «Uno Stato tornato in possesso della sua sovranitá monetaria – scrivevo allora – potrebbe ricorrere a una doppia circolazione, utilizzando le riserve in euro per estinguere il debito e riservando il mercato interno alla moneta nazionale “resuscitata”.»
Naturalmente, non pretendo certo che cose del genere, dette da un eretico di periferia o da altri outsider, possano essere prese in considerazione negli ambienti che contano. Si dá peró il caso che recentemente, a maggio, il ricorso a una duplice circolazione monetaria (una per il mercato interno ed una per il mercato internazionale) sia stato preannunziato niente meno che dal governo di Pechino. Il modello cinese – apprendo da un servizio dell’ANSA – «poggia sul mercato domestico permettendo ai mercati esterni e interni di rafforzarsi a vicenda».
E, se queste cose le dice il governo di quella che é oggi la prima economia mondiale, non c’é dubbio che l’ipotesi di una doppia circolazione monetaria non sia proprio una barzelletta.
Oltretutto, in un momento di gravissima emergenza sociale ed economica – prima che sanitaria – come quello che stiamo vivendo, una scelta del genere sarebbe l’unica che potrebbe cavarci fuori dai guai. Ma – piccolo particolare – per prendere decisioni del genere ci sarebbe bisogno di una dirigenza che non temesse di disobbedire agli ordini di scuderia che giungono da Bruxelles. Anche perché Bruxelles non ci ama. Come non ci ama Berlino.
Michele Rallo - ralmiche@gmail.com
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