lunedì 6 marzo 2017

Siria e Ucraina - Manbij passa all'esercito siriano e il Donbass è "riconosciuto" dalla Russia


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La Russia e la Siria il 2 marzo avevano raggiunto un accordo che prevedeva l'ingresso delle truppe siriane a Manbij a partire dal 3 marzo 2017. In effetti l'SDF (di fatto l'YPG curdo) in questi giorni stanno uscendo dalla città rimpiazzati dall'Esercito Arabo Siriano.

Il 5 marzo 2017  il primo ministro turco ha dichiarato che questo avvicendamento incontra il favore di Ankara ("Il territorio della Siria deve appartenere ai cittadini sisriani" ha detto; si noti l'uso di "cittadini" e non di "governo", la solita doppiezza turca che vedremo ancora per un bel po', probabilmente anche per tenere buoni i "ribelli" dell'Esercito Siriano Libero che combattono per la Turchia). E' evidente il motivo per cui il controllo di Manbij da parte della Siria sia preferito dalla Turchia rispetto al controllo curdo. Inoltre Manbij non è una città curda e quindi l'accordo del 2 marzo potrebbe far pensare alla combinazione di due cose: la prima è l'interesse curdo nell'avere l'esercito siriano interposto tra loro e l'esercito turco, la seconda, più politica, è che forse i curdi si rendono conto che l'occupazione di vaste aree arabe abitate da sunniti e da cristiani non è una cosa fattibile da parte dell'YPG.

A questo punto rimane l'enigma Raqqa. Rammento alcune cose. 1) Influenti leader curdi dissero più di un anno fa che i curdi non avevano né voglia né interesse ad andare a morire per liberare una città araba come Raqqa. 2) Alla fine dell'anno scorso il Dipartimento di Stato dichiarò che una volta liberata Raqqa dall'ISIS, la città sarebbe stata ridata alla Siria. A questa dichiarazione ne seguì immediatamente una di segno totalmente opposto da parte di esponenti del Pentagono, che affermarono che Raqqa sarebbe stata occupata sine die in condominio con la Turchia e che i curdi erano esclusi dai piani sul futuro della città (nella loro follia, quelli del Pentagono sono anche un po' casinari).

Quel che sta succedendo sul terreno è infine addirittura una terza cosa che sembra contraddire la dichiarazione dei leader curdi e quella del Pentagono sopra citate. L'SDF appoggiato dagli USA continua ad avanzare verso Raqqa mentre l'accordo su Manbij taglia la Turchia fuori da Raqqa e Ankara dopotutto se ne rallegra. Domanda numero 1: chi arriverà per primo a Raqqa? Domanda numero 2: chi ci resterà alla fine?

Se si guarda una cartina aggiornata delle operazioni in Siria, l'SDF è molto più vicina alla città che non l'Esercito Arabo Siriano. Inoltre, l'EAS, dopo la ri-liberazione di Palmira avrà come primo obiettivo la riunificazione di Deir Ezzor e la sua "messa in sicurezza". In seguito, penso che Idlib sia oggettivamente prioritaria rispetto alla povera Raqqa. Però io personalmente mi chiedo: gli accordi del 2 marzo riguardano solo Manbij o anche Raqqa? Detto incidentalmente, non mi sembra verosimile che curdi, russi e siriani si siano messi d'accordo senza che gli USA (e la Turchia) non ne sapessero niente. E se addirittura il Dipartimento di Kerry voleva ridare Raqqa alla Siria, non penso che il Dipartimento di Rex Tillerson abbia intenzione di fare una cosa diversa. 

Vedremo se il deep state nel Pentagono si metterà di traverso. Se non lo farà, o non ci riuscirà, forse alla fine a Raqqa vedremo i siriani. Sembra oggi un po' fantascientifico, ma questa guerra, il quadro politico internazionale e quello statunitense si stanno facendo sempre più complicati e anche ciò che sembra improbabile può accadere.

Sviluppi similmente pirotecnici nel Donbass. La situazione a Kiev è talmente avviluppata in contraddizioni irrisolvibili (lotte tra gli oligarchi, tra cui Poroshenko, lotte tra i nazisti e Poroshenko, e tutti gli annessi e connessi) che l'accordo di Minsk 2, che garantiva l'integrità territoriale (federata) dell'Ucraina è stato fatto deliberatamente saltare. Come dice Paolo Selmi, il blocco totale da parte di Kiev del Donbass è stata una straordinaria zappata sui propri piedi. Tra le prime conseguenze c'è stato il blocco delle esportazioni di carbone dal Donbass all'Ucraina, e tra l'altro in pieno inverno. 

Un'altra conseguenza è che la Russia è diventata l'unica garante possibile dei documenti dei cittadini del Donbass. Di fatto Kiev ha in modo paradossale "riconosciuto" la secessione della Novorussia. A quanto ho capito questo blocco controproducente è stata opera dei nazisti e Kiev non vuole o non è capace di metterci il becco. Sembra quindi una mossa dettata da un odio ideologico che è sfociato in un'idiozia geopolitica totale: come si fa a pensare di "bloccare" una regione che ha come retroterra il più grande stato del mondo? Mah! Non solo, a questo punto un attacco militare in grande stile al Donbass, se prima sarebbe stata una mossa azzardata, adesso sarebbe una mossa azzardatissima e io penso che non avrebbe l'imprimatur della Nato, a meno che si decida veramente di vedere come reagirebbe la Russia col rischio di un'escalation incontrollabile. 

Se l'Ucraina era uno stato sull'orlo del fallimento, con l'espulsione del ricco Donbass - perché di questo di fatto si tratta - e il conseguente giro di vite delle contraddizioni interne di Kiev, oggi è uno stato fallito. Il Saker prevede un possibile effetto domino: se il Donbass di fatto secessiona senza che Kiev possa farci nulla, potrebbe essere seguito dalla regione di Mariupol e Odessa e dalle regioni del Nord.

Piotr

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