lunedì 9 novembre 2015

TTIP, un altro passo verso la barbarie...



L'arrivo del TTIP è un evidente ulteriore passo verso la catastrofe complessiva. Da che mondo é mondo si sa: ogni e qualsivoglia apertura politica, economica, o militare agli statunitensi è un disastro annunciato, una bomba ad orologeria innescata.

Nihil sub sole novum.

Inclusa l'italica pigrizia nel non voler affrontare il mostro.
D'altronde, c'è a monte una asfissiante campagna mediatica sulla
illogica perversa dell' "attrarre investitori stranieri", che
significa disporsi a lavorare per profitti esteri, impoverendo
ulteriormente il paese.

Una cosa è l'alternativa tra socialismo e capitalismo, altra è quella
tra capitalismo sostenibile e insostenibile: lavorare per inviare
profitti all'estero, che quindi all'estero saranno utilizzati
significa diminuire il reddito e la domanda locale, ovvero impoverirsi
ulteriormente.

Lo strumento, naturalmente, è vergognoso almeno quanto l'obiettivo, e
consiste nella ideologia della competitività, che subordina il piccolo
al grande, distruggendo il primo a vantaggio del secondo e a spese dei
lavoratori.

Essere competitivi, infatti, significa continuare ad aumntare il
rapporto produttività/salario, col ricatto della delocalizzazione, e
stritolando dunque le piccole imprese che finiscono per fallire ed
essere comperate dalle grandi multinazionali, che dispongono pure
dell'arma del dumping salariale e sui prezzi.

L'ipercapitalismo è servito, in attesa che qualcuno si ricordi della
necessità di socialismo.

"O socialismo o barbarie"; come sempre: la scelta è facile, stante che
la barbarie c'è già.

Certo, per realizzare il socialismo bisogna passare attraverso la
lotta di classe, senza la quale nessun cambiamento positivo sarà
possibile, e tutto rimarrà soggiacente all’imperativo unico della
valorizzazione del capitale, possibile solo tramite la svalutazione
dei lavoratori.

Certo, con la continua compressione della quota salario diminuisce la
capacità di spesa del paese, salvo quella dei ricchi, i quali però non
possono consumare tutta la frazione di beni di consumo ordinari, non
sapendo cosa farsene, il che crea come conseguenza la classica crisi
di sovrapproduzione.

E se andiamo a vedere le crisi del capitale negli ultimi due secoli
vediamo che sostanzialmente esse sono proprio di questo genere.
Il loro sbocco tradizionale è la guerra imperialista. La quale, come
da copine, c’è già, e l’Italia vi partecipa attivamente ormai da ben
24 anni (Irak, Somalia, Federazione Jugoslava, Afghanistan, Libia,
indirettamente anche Siria e Ucraina, tramite finanziamenti e
forniture).

Il capitalismo mostra il suo vero volto di sfruttamento, violenza,
sangue, distruzione e rapina.

Sta al popolo organizzato sconfiggere il mostro.

Vincenzo Zamboni

1 commento:

  1. Commento di Luciano Gallino:

    “In realtà i governanti europei sapevano e sanno benissimo che le loro politiche di austerità stanno generando recessioni di lunga durata. Ma il compito che è stato affidato loro dalla classe dominante, di cui sono una frazione rappresentativa, non è certo quello di risanare l’economia. E' piuttosto quello di proseguire con ogni mezzo la redistribuzione del reddito, della ricchezza e del potere politico dal basso verso l’alto in corso da oltre trent’anni”

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