venerdì 20 novembre 2015

La fine della crisi? Stop alle spese militari e ritorno alla sovranità monetaria



E' evidente la necessità di una politica internazionale di riduzione delle spese militari, della produzione e commercio di armamenti, per un progressivo disarmo multilaterale, con riconversione civile della produzione bellica eccedente (la cui eccedenza è dimostrata dal volume di import/export).

Tutto questo richiede anche il recupero delle sovranità monetarie popolari, con la uscita dal regime della moneta debito (come euro e dollaro), generatore automatico di guerra per necessità di predazione, dato che il rientro di moneta prestata risulta, grazie all'interesse, superiore a quello prodotto.


In ultima analisi, ciò che è necessario è il ripudio del capitalismo, la cui versione turbofinanziaria non può nascondere il suo vero volto di sfruttamento, distruzione e morte.

Senza una politica di uscita dalla perversa logica capitalista di massimizzazione del profitto per valorizzazione del capitale potremo solo continuare a sopportare la barbarie, inclusa la sua fase suprema come guerra imperialista.
Il che è esattamente quel che c'è attualmente.


L'Europa capitalista è un mondo incivile.


I responsabili della sua sanguinaria politica di predazione e morte devono essere arrestati, posti in condizione di non nuocere, e processati per i loro delitti.


Il mondo intero ci guarda, e ciò che vede sono i criminali bombardamenti dei nostri governi.


La sottocultura dei media lo ignora, ma siamo esposti alla vergogna di fronte ai popoli del pianeta Terra.


La specie umana merita qualcosa di meglio dei governi borghesi, con i loro bombaroli nel macabro teatrino parlamentare del capitale assassino.


Di fronte a questa barbarie, l'operaio deve essere consapevole dell'intero ciclo produttivo, la cui struttura, finalizzata al profitto ad ogni costo, lo stritola, per interesse di una ristretta classe dominante.


Poche cose sono intrinsecamente bagnate di sangue come le pagine dei rendimenti finanziari dei titoli di borsa sui giornali.

Vincenzo Zamboni


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