domenica 13 ottobre 2013

Russia e Cina fanno amicizia.... e sviluppano un piano comune



Il vertice a Bishkek della SCO (Shanghai Cooperation Organization) ha pienamente confermato la vitalità dell'unione che tende a rafforzare il regionalismo nel mondo di oggi. Questo rafforzamento è particolarmente legato al fatto che, in questo nuovo secolo, la struttura centro-periferia dell'economia mondiale e della politica si è indebolita. D'altra parte, i legami tra i Paesi non occidentali si rafforzano considerevolmente, a causa della loro reciproca compatibilità rispetto al grado e agli obiettivi del loro sviluppo. 
Ciò è dovuto, in gran parte, alla crescita della Cina, un attivo e potente attore indipendente e globale, che ha a lungo professato la dottrina del policentrismo. Mentre per primo s'è adattato all'economia globale, processo che ha completato con l'ingresso nel WTO nel 2001, Pechino poi ha cominciato a integrarsi pienamente in proprio. Affrontando i vecchi centri su un piano di parità, la Cina ha praticamente creato un proprio sottosistema separato nella divisione internazionale del lavoro. È diventata la più grande potenza industriale e commerciale, mentre allo stesso tempo ha legato strettamente a sé i suoi vicini e molti Paesi lontani. La sua espansione economica, la maggior parte della quale ha coinciso con la crisi finanziaria occidentale e i fallimenti degli Stati Uniti in Medio Oriente, ha provocato una risposta nettamente negativa di Washington verso la fine degli anni 2000 e i primi '10. Di conseguenza, la tendenza verso il policentrismo ha acquisito l'ulteriore aspetto del nuovo bipolarismo. Tale bipolarismo in politica estera è sostenuta dalla Russia, che difende attivamente l'idea della sovranità nazionale. In particolare, la costante politica del nostro Paese in Siria e in altre regioni, ha avuto un influsso positivo sulle relazioni internazionali, permettendo ai Paesi relativamente deboli di beneficiare dei vantaggi del policentrismo. Ciò riguarda pienamente i Paesi dell'Asia centrale, che hanno trovato  partner affidabili e interessati nella Russia, che stabilizza la situazione regionale, e nella Cina in ascesa.
Dopo la crisi del 2008-2009, è stata ampiamente accettata l'idea che la fase neo-liberista della politica interna ed estera dei Paesi occidentali, che ha avuto inizio degli anni '70, sia stato un periodo di sviluppo inibito e di massiccio rallentamento della crescita economica. La globalizzazione guidata dall'occidente ha consentito solo a un piccolo gruppo di Paesi e territori di  seguire l'esempio del Giappone del dopoguerra, il successo dell'economia orientata ai mercati esteri. La globalizzazione ha, infatti, paradossalmente portato la stagnazione in Giappone, ha creato una vasta "zona grigia" nei Paesi del terzo mondo dimenticata dalle potenze mondiali, all'aumento degli  Stati falliti e, infine, causato gravi danni alle dinamiche economiche nei Paesi più sviluppati. Cina e India hanno dimostrato di essere dei contrappesi statisticamente significativi e riusciti alla globalizzazione neoliberista per un quarto di secolo. Anche per le loro dimensioni, non potrebbero essere integrate nell'economia mondiale binucleare (USA e UE) occidentocentrico. 
Di conseguenza, un mondo policentrico ha cominciato a prendere forma, mentre la vivace trasformazione della Cina in un nuovo centro globale, ha praticamente significato la fine della politica dell'inibizione dello sviluppo. I Paesi ASEAN hanno anche compiuto progressi significativi nello sviluppo collettivo e regionale indipendente che, tra le altre cose, ha ridotto il ruolo di istituzioni "globali" come il FMI, la Banca Mondiale e il WTO, rendendole un'arena per discussioni più equilibrate e intense. L'importanza della cooperazione regionale è aumentata anche nella sfera finanziaria. Di conseguenza, ciò ha aumentato la varietà delle vie allo sviluppo che altri Stati hanno potuto prendere, soprattutto da quando il monopolio monetario e creditizio dell'occidente è praticamente diventato un ricordo del passato, portandosi via la capacità di dettare le strategie di sviluppo.

L'emergere della Cina a nuovo potente partner di numerosi Paesi del terzo mondo "dimenticati", nel primo decennio di questo secolo, ha causato un ritorno sulla scena abbastanza contraddittorio dei vecchi centri globali. Tuttavia, con la ricomparsa della concorrenza per il terzo mondo, purtroppo s'assiste a una serie di cambiamenti di regime improduttivi che hanno arretrato notevolmente lo sviluppo socio-economico di molti Paesi relativamente agiati. Nel frattempo, dopo essersi finalmente abituata alla globalizzazione, la Cina n'è diventata sua fautrice attiva.
Annunciata al XVIII Congresso del Partito Comunista nel 2012, vale la pena di notare che in una serie di nuove disposizioni in materia di politica estera della Cina, c'è l'appello all'ulteriore liberalizzazione dei flussi internazionali di merci e, in qualche misura, del capitale. Un rapporto di Hu Jintao ha affermato che, "durante l'assunzione di un ruolo attivo nella gestione dell'economia globale, la Cina promuove la liberalizzazione e si oppone a qualsiasi tipo di protezionismo". 
Tale dichiarazione è attesa da tempo dato il livello attuale di competitività della Cina. Anche se questo livello di competitività è stato raggiunto, in gran parte, grazie a decenni di politiche protezionistiche, l'emergere della Cina a "motore della prossima fase della globalizzazione" deve essere preso sul serio, come legittimo e serio cambiamento qualitativo. Tale cambiamento segna l'inizio di un'intensa fase di sviluppo economico nel Celeste Impero, quando il capitale nazionale (prima capitale dello Stato, poi capitale privato) si sentirà limitato anche nell'enorme mercato interno, e fluirà verso l'estero, connettendosi con la numerosa, e una volta paternalistica, diaspora vecchia e nuova (1).
L'espansione cinese non solo promuove, ma anche in parte modifica la globalizzazione perché, da "ritardatario al tavolo", Pechino deve offrire ai suoi soci condizioni migliori nella cooperazione di quelle della precedente fase occidentocentrico di questo processo. Nell'accettare queste condizioni, i partner della Cina sono anche liberi di commerciare con altri centri di potere. 
Questo, in generale, finisce per avvantaggiare gli attori internazionali più deboli o semplicemente dimenticati nella fase precedente della globalizzazione. In altre parole, con l'aiuto della Cina, uno spazio per lo sviluppo indipendente e la diversificazione delle fonti esterne si viene ricreando. Allo stesso tempo, attraverso la partecipazione attiva della Cina, c'è un revival delle idee dello sviluppo nell'ambito della politica estera, tra cui lo sviluppo nell'ambito delle attività del BRICS, delle organizzazioni come la SCO e quelle regionali dei Paesi in via di sviluppo (tra cui l'ASEAN). Le critiche occidentali hanno cominciato ad assumere un carattere pratico e costruttivo. Il rinnovamento dello sviluppo e degli strumenti da supportare in modo indipendente caratterizza la proposizione principale della Cina agli Stati economicamente più deboli. Nella sua nuova veste di ispirazione della crescita sostenibile, Pechino ha giustamente dichiarato di essere interessata alla vera indipendenza dei propri partner, tra cui quelli dell'Asia centrale. L'indipendenza non può essere significativa senza la creazione di Stati capaci di avere un costante sviluppo economico, anche  nell'ambito delle infrastrutture e dell'industria, che la Cina è pronta a supportare sia a parole che con i fatti, poiché le sue grandi società d'investimento, costruzione e metalmeccaniche già iniziano ad affrontare la carenza di domanda interna del Paese. Il risultato di queste tendenze generali, è che i Paesi dell'Asia centrale hanno trovato nella Cina non solo un mercato alternativo importante per gli idrocarburi, ma anche un vero e proprio partner nel rafforzare le loro posizioni in politica estera, anche verso Mosca, l'Europa e Washington.
La diffidenza di Pechino verso i Paesi extraregionali che cercano di rafforzare la loro posizione nell'Asia centrale è associata alla naturale paura che possano sostenere il separatismo nello Xinjiang e nel Tibet, così come la possibile destabilizzazione di Pakistan e Iran. Anche la Russia ha preoccupazioni simili. 
Nel descrivere l'attuale situazione geopolitica della regione, l'analista cinese Yu Sui scrive: "l'interferenza negli affari dell'Asia centrale è stata una svolta strategica per gli Stati Uniti del dopo guerra fredda. Le misure di Washington erano dirette contro la Russia, ma vale la pena notare che cercavano anche di circondare e modificare la Cina. I Paesi dell'Asia centrale non sono meno importanti rispetto ai Paesi del nord-est e del sud-est dell'Asia, perché la regione ha stretti legami con il Xinjiang cinese, dove numerosi separatisti sono in attesa della giusta opportunità". Inoltre, il Xinjiang è ora una fonte interna di idrocarburi cruciale per l'economia cinese. Yu Sui aggiunge che, "Nella maggior parte dei casi, la Cina è solo una forza addizionale della Russia in Asia centrale, mentre il rapporto tra Pechino e Mosca verso gli Stati Uniti è fortemente dipendente dalle politiche degli Stati Uniti." In generale, si può essere d'accordo con questa affermazione, pur facendo debitamente notare che la reputazione di Pechino in Asia centrale è un indicatore chiave di tutta la situazione nella regione.
Dovremmo aggiungere una dimensione più importante al carattere dell'espansione cinese in Asia centrale. E' iniziato e continua ancora con l'esportazione di prodotti ad alta intensità di manodopera, spesso ostacolando lo sviluppo del settore manifatturiero della regione e del suo complesso agricolo integrato. Detto questo, il problema del lavoro in Asia Centrale è attualmente molto grave e non può essere risolto semplicemente aumentando la migrazione della manodopera in Russia. Sull'agenda del momento, vi sono il sistema temperato di protezione dei vitali mercati nazionali regionali ed, eventualmente, il trasferimento di industrie ad alta intensità di lavoro dalla Cina, che ha già dichiarato ufficialmente la restrizione all'esportazione dei suoi prodotti più efficienti e ad alta tecnologia. 
E' evidentemente impossibile evitare qualche autolimitazione da parte della Cina nell'attuazione dei contratti lavorativi in Asia centrale, dato che principalmente inserisce nelle strutture personale proveniente dalla Cina, mentre la formazione di personale qualificato avviene in loco. Non è necessario provare che la stabilità socio-economica regionale sulla base della reindustrializzazione (cosa attualmente difficile da immaginare senza la partecipazione della Cina) sia, in ultima analisi, l'unica garanzia per ripristinare la statualità e la democratizzazione degli attuali regimi politici, alla cui destabilizzazione Pechino e Mosca non contribuiranno. In effetti, la Russia e la Cina non sono meno ma più interessate degli attori non-regionali, occidentali e asiatici, al processo di ricostruzione dell'Asia centrale.
Formatasi nel 2001, l'Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (SCO), da primo gruppo regionale internazionale avviato da Pechino, oltre a specifici compiti di mantenimento della sicurezza nella regione, dava un notevole peso politico e prestigio alla Cina. Questo è il motivo per cui la questione della reindustrializzazione dell'Asia centrale attraverso la cooperazione economica moderata con la Cina, merita l'attenzione di questa organizzazione. La questione futura è se l'Asia centrale sarà in grado di stabilire con successo un proprio raggruppamento interregionale integrato, dopo il rafforzamento della sovranità economica dei Paesi interessati, capaci successivamente di poter risolvere i problemi legati ai loro vicini? Fino a che punto la creazione di strutture come la Comunità Economica Eurasiatica e la SCO faciliteranno questo raggruppamento? Come faranno a risolvere i problemi del transito e di adesione a mercati lontani? Sembra che senza il patrocinio di Russia e Cina, questi piani non possano essere implementati in una qualsiasi forma. Va notato che concentrandosi sull'estrema importanza delle relazioni con i vicini (anche nei trattati internazionali e nei documenti della SCO), Pechino dovrebbe, teoricamente parlando, simpatizzare con l'integrazione economica regionale dei Paesi vicini, attraverso l'ASEAN o un'Unione doganale. La zona di libero scambio ASEAN-Cina ha già dimostrato la sua efficacia. Parlando di quest'ultima, come immaginato, un analogo accordo potrebbe essere raggiunto con l'Asia centrale a lungo termine, ancora una volta con possibili piccole eccezioni, mentre la diffusione dei prodotti della Cina solleva notevoli preoccupazioni in Asia centrale e l'integrazione interregionale resta estremamente debole, al contrario dell'ASEAN.
Anche se la principale componente strutturale della SCO è la cooperazione tra la Russia e la Cina, attualmente si nota una concorrenza "soft" tra Mosca e Pechino. I Paesi leader della SCO sono in sintonia sulle inevitabili divergenze e i problemi complessi che sorgono, anche quelli riguardanti i progetti d'integrazione. In particolare, la Cina ha proposto tre iniziative ai propri partner. La prima è la creazione della Banca per lo sviluppo della SCO, che ne prevede la creazione da zero, basata a Pechino e dotata di denaro cinese, ponendo l'attuale presidente della China Development Bank a suo direttore. Il secondo progetto è la creazione di una Banca di sconto speciale della SCO. La terza iniziativa è l'organizzazione di una zona di libero scambio della SCO, già proposta nel 2012. La Russia ha una posizione di attesa in relazione a tutti questi progetti. C'è ancora la possibilità che l'idea di creare l'Unione eurasiatica incentrata su tre Stati sia tranquillamente accettata da Pechino solo esteriormente, mentre in realtà causerebbe molta preoccupazione in Cina, soprattutto riguardo la prospettiva di creare una zona di libero scambio attraverso la SCO. E' noto che dal 2004, la versione cinese di questa zona non è stata accettata dagli Stati dell'Asia centrale, membri della SCO. 

Il nuovo progetto della Cina ha incontrato la stessa sorte. I piani di Putin per l'integrazione eurasiatica, secondo alcuni analisti, non sono coerenti con le strategie cinesi per l'integrazione regionale in Asia Centrale. Al momento, i diplomatici russi sono riusciti a convincere i loro colleghi che è ancora prematuro prendere decisioni su questi progetti. La Cina, pur rendendosi conto che la Russia è in ritardo rispetto allo sviluppo economico in Asia Centrale, continua ancora a riconoscere la sua posizione di leader politico non ufficiale della regione, accrescendo la rivitalizzazione economica in Asia centrale. In questo senso, il rapporto tra Mosca e Pechino è competitivo economicamente, mentre allo stesso tempo vi è politicamente comprensione reciproca, non escludendo ovviamente alcune divergenze. D'altra parte, Pechino potrebbe vedere l'applicazione del concetto di "Unione Eurasiatica" e la creazione dell'unione doganale, come sforzi dei russi filo-cinesi nella rinnovata avanzata della Russia verso est. Il progetto orientale della Russia inevitabilmente presta ulteriore peso alla politica estera cinese. 
La parte più importante di questo progetto è l'aumento della densità della zona che collega la costa del Pacifico con il centro dell'Eurasia: Urali, Siberia occidentale e Kazakhstan. Rendere questo spazio più denso rappresenta, per noi, la diversificazione della sua specializzazione economica. Le prospettive più promettenti includono la produzione di prodotti alimentari, la cui carenza è in rapida crescita in Cina e, possibilmente, formare la base di un'Unione doganale, in una sorta di "granaio asiatico".
La complementarità nella fornitura di risorse energetiche alla Cina, da un lato, e alla Russia e ai paesi dell'Asia centrale d'altra parte, è una base ovvia e un fattore importante per la cooperazione multilaterale e la concorrenza nella SCO. I Paesi leader dell'Asia centrale prendono in considerazione il vettore cinese, visto il crescente potenziale della Cina come fattore tra i più importanti per il proprio sviluppo, offrendo la possibilità di ricevere investimenti e prestiti esteri, la costruzione d'infrastrutture, lo sviluppo commerciale e l'attuazione di progetti energetici. I circoli dominanti in Asia Centrale spesso si orientano verso la Cina, come è dimostrato da diversi fatti. In particolare, dal VII forum eurasiatico tenutosi nell'ottobre 2012 a Astana, che ha fornito l'occasione per fare previsioni sul futuro sviluppo del petrolio e del gas in Kazakhstan. Il ministro del Petrolio e Gas del Kazakhstan, Sauat Mynbaev, ha dichiarato che il Paese ha in programma di aumentare le esportazioni di petrolio verso la Cina e l'Unione europea. "Il Kazakhstan è tra i due principali mercati di consumo del petrolio, l'UE e la Cina. Possiamo esportare in altri mercati lontani via Mar Nero, attraverso l'oleodotto BTC (Baku-Tbilisi-Ceyhan), per non parlare dei mercati di Afghanistan e Uzbekistan. Tuttavia, in termini di volumi delle esportazioni, i principali mercati sono l'UE e la Cina." 
Gli esperti ritengono che il Kazakhstan possa competere con la Russia nell'esportazione dell''oro nero' in Cina, il Kazakhstan ha un vantaggio significativo, delle pipeline dalla lunghezza più breve. Alcuni disaccordi esistono anche tra la Russia e il Turkmenistan riguardo la fornitura di gas al mercato cinese.

Nel frattempo, la Cina non ha perso interesse ad avere e comprare ad importi fissi il gas, con contratti di lungo periodo, essendo disposta a versare degli anticipi. Il mercato cresce e continuerà a crescere qui, a differenza del mercato europeo. L'espansione estera e l'emergere della Cina come  nuovo produttore energetico significa un'ulteriore frammentazione e regionalizzazione del mercato energetico mondiale, che comprende una frammentazione politica (geopolitica). Esperti del Kazakhstan hanno recentemente suggerito che la Cina abbia raggiunto la quota critica nelle proprietà dei complessi energetici delle repubbliche e vi è la possibilità che non ci siano ulteriori vendite di attività alla Cina. Tuttavia, nel 2013, la vendita di tali attività alla Cina è continuata. L'attuale livello delle vendita di energia alla Cina non può sembrare più vantaggiosa ma, ripetiamo, non bisogna sottovalutare il potenziale quantitativo di questo mercato, così come la sua profondità che comprende distribuzione, conservazione, elaborazione, ecc. Uno dei modi per smuovere i negoziati è mettere da parte la questione del prezzo alla frontiera, una formula di valutazione mista e vari tipi di pacchetti. È anche importante, per i partner della Cina, la questione del futuro rapporto del gas importato dai cinesi via pipeline e tramite il GNL, che finora sono quasi pari.
L'espansione cinese è giuridicamente corretta, non limitata al settore energetico e non ha ancora comportato perdite significative per la Russia. Inoltre, l'aumento del prezzo globale ha supportato la presenza della Russia in Asia centrale. In un certo senso, la scala del mercato cinese mette in ombra la questione della concorrenza tra la Russia e i Paesi dell'Asia centrale verso la Cina, e ci sono già esempi di collaborazione vantaggiosi per tutte le controparti. Inoltre, gli interessi comuni tra Mosca e Pechino aumentano. Così, per la Russia, la fornitura di gas e petrolio attraverso i gasdotti di Turkmenistan e Kazakhstan alla Cina, anche se risultanti una certa perdita, è alla fine vantaggiosa, perché indebolisce la pressione di questi produttori di idrocarburi sui mercati europei. Ora, la Cina non è particolarmente interessata alla vendita di risorse energetiche dell'Asia centrale all'occidente.
I disaccordi tra la Russia e la Cina sono ammorbiditi da un'altra circostanza. Secondo gli esperti russi, l'Asia centrale è stato e rimane ancora il "cortile" strategico della Cina, in molte modi: la sicurezza, l'energia e la complessa interazione con l'occidente e i suoi vicini in Asia orientale. Ha oramai il ruolo di fornitrice di nuovi mercati e di fonti di materie prime, pur essendo un "corridoio".  Anche se il ruolo dell'Asia Centrale è sempre più importante per la Cina, questo "cortile" è ancora secondario per la Cina nella sua politica internazionale in generale. È importante per lo sviluppo delle aree arretrate della Cina, soprattutto lo Xinjiang.
Il quadro che emerge delle relazioni internazionali ci sembra essere piuttosto favorevole ai progetti della Russia in Eurasia, tra cui la cooperazione multilaterale con la Cina che attualmente ha chiari interessi nella stabilizzazione dell'Asia centrale e nello sviluppo della sua economia: tra le altre cose, la regione è diventata un strategicamente importante fornitore di energia della Cina. In futuro vi sono nuovi progetti che sarebbero in grado di aumentare l'autosufficienza collettiva della SCO nei beni strategici (energia, cibo, acqua), promuovendo lo sviluppo di infrastrutture, l'agricoltura e l'industria manifatturiera regionali, alleggerendo la posizione dei Paesi senza sbocco sul mare. Solo il tempo dirà se una struttura policentrica porterà alla ripresa socio-economica dell'Asia centrale.  Non tutto dipende da Mosca e Pechino, i cui interessi in molti settori, tra cui l'energia, sono sufficientemente vicini. 
Tuttavia, le possibilità esterne favorevoli a un "passo avanti nello sviluppo" della regione, lo ripetiamo, progrediscono ed appaiono migliori di quanto non fossero all'inizio del secolo, in gran parte grazie a Russia e Cina.

Aleksandr Salitskij *  
* Capo ricercatore presso l'IMEMO, professore presso l'Istituto dei Paesi Orientali; Nelly Semenova è ricercatrice presso il Centro di Ricerca per l'Energia e i Trasporti e l'Istituto di Studi Orientali, in esclusiva per la rivista online New Oriental Outlook.

1. Si noti che in Cina, gli emigranti non sono più chiamati ad essere politicamente neutrali. Così, circa 500 esponenti di spicco della diaspora cinese sono stati invitati alla Conferenza Internazionale di Huaqiao a Pechino, nella primavera del 2012. Al forum hanno partecipato quasi tutti i principali leader del Paese, che hanno sottolineato nei loro interventi l'importanza dei cinesi che partecipano alla vita politica dei Paesi in cui vivono, "Il raggiungimento di obiettivi comuni attraverso i metodi della diplomazia pubblica."

Traduzione di Alessandro Lattanzio - SitoAurora

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