10 anni fa una coalizione ampia e determinata ha sancito una vittoria storica nel nostro Paese con 27 milioni di sì ai referendum su acqua, servizi pubblici e nucleare. 10 anni dopo, in piena pandemia, quella vittoria basata sulla difesa dei beni comuni e sull’affermazione dei diritti di tutti sui profitti di pochi, ha un significato ancora più attuale.
Infatti la cosiddetta “riforma” del settore idrico contenuta nel Recovery Plan così come aggiornato dal governo Draghi punta ad un sostanziale obbligo alla privatizzazione, in particolare nel Mezzogiorno.
D’altronde Draghi non ha mai dissimulato la volontà di calpestare l’esito referendario visto che solo un mese e mezzo dopo firmò insieme al Presidente della Banca Centrale Europea Trichet, la lettera all’allora Presidente del Consiglio Berlusconi in cui indicava come necessarie privatizzazioni su larga scala. L’attuale versione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza risulta in “perfetta” continuità con queste indicazioni e rimane, dunque, una risposta del tutto errata alla crisi sindemica, riproponendo le stesse ricette che hanno contribuito a crearla.
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