lunedì 17 aprile 2017

“welfare integrativo e aziendale” - L'è tutto sbagliato, l'è tutto da rifare


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Un elemento caratterizzante i rinnovi contrattuali, assieme alla miseria degli aumenti salariali, è l’introduzione del cosiddetto welfare integrativo o aziendale.

Nel contratto metalmeccanici, ad esempio, con questo meccanismo, la burocrazia sindacale ha spacciato un aumento complessivo di 92 euro, di cui solo 51 in aumenti in busta paga e il resto in “altre voci”: (7,69 euro di aumento sulla previdenza, 12 sulla sanità, 13,6 di welfare, per un totale di 85 euro mensili che arrivano a 92 e qualche centesimo con la quota per il diritto alla formazione continua).

Questi contributi andranno soltanto ai lavoratori che usufruiranno di tali istituti (ad es. con i fondi sanitari) o che aderiranno al fondo previdenziale Cometa.

Dunque non un diritto universale, ma basato un rapporto con un fondo privato o con un fondo aziendale a cui gli operai vengono spinti ad aderire.

Superfluo dire che per tutti gli altri lavoratori questi 41 euro andranno in fumo.

In altre parole quote di salario si sono trasformano in servizi solo per alcuni.

Lo stesso meccanismo si ripete, anche se con forme diverse in altri CCNL delle categorie private  e prossimamente verrà introdotto anche nei comparti del pubblico impiego.

Ma a cosa serve realmente il “welfare integrativo e aziendale”?   

1)       Ad aumentare lo sfruttamento della classe operaia che vede diminuire il monte salari effettivo, parzialmente rimpiazzato da una remunerazione sotto forma di “prestazioni di servizi”.

2)       Ad incrementare i profitti delle aziende che possono lucrare perché il valore delle prestazioni di welfare è nettamente più alto di quanto realmente pagheranno questi pacchetti sul mercato, anche grazie alla detassazione prevista dal governo (vedi il taglio dell’IRAP dell’anno scorso che serviva proprio a finanziare la sanità).

3)       A favorire i profitti delle aziende private che operano soprattutto nel settore della sanità e delle assicurazioni. La strategia è quella di sostituire il welfare universalistico pubblico con quello aziendale e privato. Si torna indietro di mezzo secolo.

4)       A liquidare le tutele collettive, sostituendole con diritti individuali legati al posto di lavoro, e sottoposti a ricatto continuo. Il licenziamento a es. non comporterà solo la perdita del salario, ma anche del diritto alla salute per se stessi e per tutta la propria famiglia.

5)       A  dividere gli sfruttati, perché questo sistema produce una disuguaglianza tra chi vi accede e chi non vi accede, dunque ulteriori divisioni fra i lavoratori contrattualizzati e non, gli occupati e i disoccupati, e con la  popolazione in generale.

6)       A introdurre un sistema di fidelizzazione dei lavoratori più qualificati che l’azienda vuole mantenere finché non sono ammortizzati completamente i costi della formazione.

7)       A ingrassare le burocrazie sindacali  che stanno nei CdA dei fondi. Va ricordato che se il lavoratore non riesce a spendere le somme del welfare, queste finiscono automaticamente al Fondo Cometa.

I vertici e le burocrazie sindacali in crisi profonda accettano il welfare aziendale e integrativo per salvaguardare la propria posizione privilegiata. 

A questo riguardo dobbiamo ricordare che nei paesi imperialisti la base economica dell’opportunismo sindacale e politico sta proprio nella distribuzione di una parte dei sovrapprofitti ottenuti dalla borghesia. 

Questa corruzione sistematica trova la sua manifestazione più chiara nell’ideologia e nella pratica dei quadri dirigenti della socialdemocrazia e dei sindacati, che sono i veicoli diretti dell’influenza borghese sul proletariato e i migliori sostegni del regime capitalistico.

Ma, dopo avere formato una burocrazia sindacale collaborazionista e corrotta, l’imperialismo alla fine distrugge l’influenza di essa sopra la classe operaia, perché l’approfondimento delle contraddizioni del regime capitalistico, il peggioramento delle condizioni di esistenza delle grandi masse operaie e la disoccupazione di massa del proletariato, minano le basi del riformismo tra le masse.


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Da Scintilla n. 79, aprile 2017


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