Bomba
nel metrò di S.Pietroburgo. Dopo il Tupolev abbattuto con il Coro
dell’Armata Rossa, dopo il Sukhoi 35 sulla Siria, dopo l’aereo di
linea da Sharm el Sheik, dopo l’assassinio dell’ambasciatore
all’Ankara, mentre i mercenari Nato-Golfo attaccano l’ambasciata
a Damasco e mentre il reprobo Putin si incontra con il reietto
biuelorusso Lukashenko proprio a S. Pietroburgo. Escalation di
avvertimenti a complemento dell’isteria russofobica. Dove non
funzionano le quinte colonne in piazza, l’avvertimento si fa col
botto. La firma è sempre quella, dalle Torri Gemelle al metrò di S.
Pietroburgo.
Cosa c’entra l’attentato in Russia con l’attentato
contro il Salento? Lo dice la parola stessa. Intanto sono entrambi
antirussi.
Armi
di distrazione di massa
Coloro
che, uditone il fischio, scattano e come un sol uomo a intrupparsi
dietro al pifferaio hanno il loro da fare a seguirne la marcia per i
più impervi e perlopiù grotteschi percorsi dialettici. E finiscono
con l’imbrattarsi di ridicolo per i vertici di entusiasmo
propagandistico su cui si arrampica il tasso di servilismo che segna
il loro concetto di giornalismo. Un Trump, messo alle corde dal golpe
strisciante della piovra i cui tentacoli mediatici, spionistici,
militari e finanziari determinano la politica estera degli Usa da
tempi immemorabili, manda i suoi cavalli di razza, Mattis (Difesa) e
Tillerson (Esteri), a minacciare di obliterazione Nordcorea, Iran e
Russia, in quanto pericoli mortali per la sopravvivenza dell’umanità.
All’istante la stampa italiota, quella che denuncia l’ignominia
delle “fake news”
nei social media, tira fuori le sue forche-giocattolo e vi impicca
quegli abominii dei dirigenti nordcoreani, russi, iraniani. Nequizie
inesistenti, inventate, ma che, grazie alla compattezza e sintonia
del coro, nella coscienza del volgo assurgono allo stato di
“percepite”. Dunque funzionano, è la percezione che conta, non
la realtà. E, soprattutto, distolgono la percezione dalle truppe
corazzate e dalle batterie di missili con cui Usa e Nato ronzano
attorno alle frontiere di questi paesi. Paesi che non si sognano di
far male a una mosca, che non hanno mai pensato a piazzare una base o
una brigata a 250 miglia da Washington. Per impedire che la loro
innocenza mini alla base i profitti che al complesso
militar-securitario assicura potere e futuro tocca creare il pericolo
“percepito”.
Gli
specialisti del “pericolo percepito”
A
titolo esemplificativo godetevi i due paginoni di scempiaggini,
oculatamente ammortizzate da mille “forse”, “si dice”,
“parrebbe”, “molto probabilmente”, con cui una vessillifera
del pifferaio, Roberta Zunini del “Fatto Quotidiano”, fa del
“dittatore nordcoreano” un concentrato di Mr.Hyde, Barbablù,
Rina Fort e la coppia satanica di Marcinelle. In ritardo sulle
rettifiche con cui velinari sparaballe più avveduti hanno
riconosciuto che lo zio di Kim Yong Un è vivo e vegeto e al suo
posto, la Zunini torna a farlo sbranato dai cani del nipote. Il
quotidiano di Travaglio, l’eccellenza che si manifesta come Catone
il Censore del servile encomio e codardo oltraggio caratterizzante la
categoria, nulla ha da dire nemmeno sul fanatismo sion-atlantista del
suo Leonardo Coen che insiste a vedere nelle chiassate moscovite di
quattro scolaretti di Soros l’innesco della grande rivoluzione
contro il dittatore KGB che ammazza, incarcera e tortura i martiri
dei valori occidentali. Nel frattempo, chi fa più caso ai
bombardamenti genocidi degli Usa su Iraq e Siria, finalizzati a
impedire che quei paesi tornino mai più sulla carta geografica?
E non
scordiamoci mai del “manifesto”, serpentello a sonagli travestito
da pettirosso, modesta ma volenterosa arma ad aria compressa di
distrazione di massa. Come non apprezzare i suoi contorcimenti
anti-Brexit, anti-razzisti, anti-populisti, pro-Hillary, pro
universale accoglienza, per offuscare lo scandalo delle decine di
Ong, dotate di poderose navi e di bandiera dei paradisi fiscali che
ora si scoprono mandate dalla Open Society di Soros in acque libiche
a raccattare profughi. Carne da pomodoro, CIE e spaccio commissionata
agli scafisti e di cui inondare la già malferma Europa. Cervello
italiano che va, servo della gleba nigeriano che viene. Di questo di
più la prossima volta.
Il
ministro e chi gli arreda l’ufficio
Fin
qui il prologo. Madamina, il catalogo è
questo: San Foca, Melendugno, Tap. E Minniti.
caporale di giornata dell’intelligence Nato, la stessa di Gladio,
dai tempi di D’Alema bombarolo di Belgrado, non poteva non
assurgere, in tempi di distrazione/distruzione sociale, a ministro di
polizia. Il parlamento gli lastrica la strada allestendo
provvedimenti legislativi sulla “legittima difesa” che faranno di
ogni cittadino l’auto-poliziotto, l’auto-giudice e l’auto-boia.
I soliti media, indiscutibilmente indipendenti, pompano la cronaca
nera in modo da fare di un palloncino uno zeppelin (SKY NEWS 24, ore
13, i primi 25 minuti su giovani che si picchiano a morte, negozianti
sparati o sparatori, donne affettate e vetriolate). Risultato:
panico totale, ogni altra preoccupazione accantonata, cultura del
sospetto, disgregazione sociale e di classe, insicurezza “percepita”.
Che è del tutto fittizia, ma è quella che serve a Minniti e Co.
I
dati reali dicono che, dagli anni ’50 (omicidi annuali 1.400) al
2015 (omicidi 470), tutti i reati che minano la sicurezza sociale
sono calati. 7,3% di furti in meno, quelli in abitazione meno 8,3%.
Nella classifica per tasso omicidario, che inizia con i paesi a tasso
più elevato, siamo al 157° posto. In compenso primeggiamo nella
criminalità economica, tributaria e ambientale che, però, è quella
meno presente tra i detenuti nelle nostre prigioni. Logica ferrea.
Cronaca
nera: più vediamo delinquenti, più chiediamo gendarmi
La
presa per il culo a fini di Stato di polizia è colossale.
L’insicurezza “percepita”,
che è quella su cui si costruisce la società che conviene, è la
negazione e il seppellimento dell’insicurezza reale.
Che è in calo costante e drastico e che, se la conoscessimo,
vivremmo tutti felici e sereni e senza la minaccia del contagio
e dell’emulazione. Contagio ed emulazione
che i Grand Guignol
da cui veniamo circonfusi (dalle serie criminogene come “Gomorra”
o House of Cards”,
ai videogiochi pedagogici con cui si educa il pupo a bagni di sangue
e sfracelli, sistematicamente esaltati dal quintocolonnaro Ercole del
“manifesto”), puntano a diffondere. Servono ad allevare
generazioni che diano sostanza all’insicurezza percepita. Vengono
pensieri preoccupanti: d’accordo che il Minculpolp ci rincoglioniva
di bufale e stronzate, ma, vedendo come e perché i media ci
sguazzano per diffondere insieme mali esempi, emulazione e paura,
che Mussolini abbia avuto ragione a ingabbiare la cronaca nera in
trafiletti di ultima pagina?
Insicurezza
percepita e criminalità economico-ambientale
L’insicurezza
percepita è quella con quale la lucida testa del ministro di
polizia, caro al giustiziere della Jugoslavia (e poi dicono che l’UE
ha garantito 60 anni di pace all’Euopa.
E lo dicono nella ricorrenza dell’euro- squartamento della
Serbia-Jugoslavia), ha esordito in Salento. Contro tutto e contro
tutti, ma rispettoso sia dell’insicurezza percepita (circolava aria
di Black Bloc, esplodevano bombe-carta), sia della sopra citata
criminalità economica e ambientale.
Quel
gasdotto di 4000 km dovrebbe fottere i russi, sostituendo al loro il
gas dell’amico dittatore azero, sconvolgere la più bella costa e
il più bel mare del Salento per poi sfregiare la penisola da un capo
all’altro pur di portare gas, che a noi non serve, ai clienti delle
multinazionali europee. Fa compagnia ad altre proterve e devastanti
violazioni della sovranità popolare e dell’integrità di
territorio e salute di cui mi sono occupato nei due recenti
cortometraggi “Fronte Italia-Partigiani del
2000” e “L’Italia
al tempo della peste – Grandi Opere, Grandi Basi, Grandi crimini”:
TAP, TAV, MUOS, trivelle, rifiuti, basi ed esercitazioni militari.
Quei docufilm illustrano una vera e propria guerra che la criminalità
economica e ambientale conduce contro il paese e la sua popolazione.
In
Sardegna abbiamo raccontato dell’80% dei pastori uccisi dalla
ricadute tossiche delle milionate di esplosioni nei poligoni. In
Basilicata l’impennata di cancro per gli sversamenti e le
reiniezioni di petrolio e relativi scarti nelle falde e negli invasi
e la distruzione di una delle più pregiate agricolture d’Italia
(mentre “il manifesto” glorificava a scolari in visita la
bellezza dello sviluppo firmato dal suo assiduo inserzionista ENI). A
Lampedusa scoprivamo che la retorica dell’accoglienza mascherava la
militarizzazione dell’isola. A Niscemi siamo sotto indagine per
aver accompagnato manifestanti a combattere il sistema di
comunicazioni militari planetarie Usa, MUOS, che favorisce morte in
casa da elettromagnetismo e morte in giro per il mondo da
bombardamenti. Ad Aviano, Pisa (Camp Derby) abbiamo testimoniato le
popolazioni convivere con le bombe atomiche bandite dal nostro
referendum e con le operazioni di guerra proibite dalla nostra
Costituzione. A Spezia ci siamo ritrovati nel pozzo nero degli
impuniti traffici di rifiuti che hanno deturpato il “Golfo dei
poeti” e avvelenato i mari e le terre fino alla Somalia. Eccetera,
eccetera.
Fossili
contro vivi
Perché
non ci si illuda che con “Testa lucida dell’intelligence
atlantica” ci si sbagli, vista anche la copertura ecologica che gli
dà il nuovo presidente Usa, Minniti ha subito impostato l’intervento
a Melendugno sull’”insicurezza percepita”. Percepita non dalle
migliaia di salentini e soccorritori, perfino dalla Valsusa, esperti
di militarizzazione del territorio, non dalle decine di bravissimi
sindaci schieratisi contro le ruspe e l’esercito minnitiano
schierato in ghingheri anti-sommossa (quello di Melendugno, Potì,
l’ho intervistato in “L’Italia al tempo
della peste”) e, tanto meno, dagli ulivi
secolari (anche millenari, ho conosciuto quello sotto cui avrebbe
sostato Augusto di ritorno dalla Grecia), le cui radici sono le
radici dei pugliesi, di noi tutti.
Qui si
tratta dell’insicurezza percepita da BP, Snam, Fluxys, Enagas, dal
satrapo dell’Azerbaijan e da TAP AG, il consorzio incaricato di
realizzare il mostro, davanti alle mani armate di collera di tutto un
popolo. Consorzio è parola bruttissima. Fa
pensare subito a quelli che, o per mafia, o per tangenti, o per altre
malefatte, finiscono sotto processo. Vedi quello del TAV Terzo
Valico. Anche qui già si sente un cattivo odore. Odore di
riciclaggio e narcotraffico, secondo l’Espresso, che emanerebbe da
una ditta che con il TAP ha avuto le mani in pasta.
Mettere
a rischio il fondale dell’Adriatico, sconvolgere con tunnel e tubi
spiagge immacolate, depredare il territorio sradicandone i figli,
sfigurare un mondo, una cultura, una civiltà, incistando nelle sue
riserve naturali enormi falansteri per la decompressione e
ricompressione, tutto questo per tenere sotto tiro Putin, al pari di
quanto fanno i missili ai suoi confini, e vendere energia fossile
all’estero. Nel nome della solita insicurezza falsa, quella
“percepita”,
quella energetica, che ci dovrebbe convincere ad allagarci di
idrocarburi, ecco un modo per assicurare insicurezza reale a noi e
sicurezza reale ai profittatori.
Mai
come prima uniti nella lotta
La
lotta dei salentini è la nostra lotta. Quelli che ordinano di
sradicare alberi e di bastonare chi vi si oppone, di perseguire un
ecocidio che, giorno dopo giorno, diventa sociocidio, poi genocidio,
infine planeticidio, vanno fermati. Costi quel che costi. In
qualunque modo. Hanno lo stesso tasso di criminalità di chi rade al
suolo paesi e stermina popoli bombardandoli, scatenandogli contro
mercenari subumani, spopolandoli e deportandoli, di chi semina
terrorismo per garantire scudi ai propri crimini. TAP AG è un altro
nome per NATO. Sempre di veleni fossili si tratta. Morte fossile
contro ulivi vivi.
Bravi
i Cinque Stelle, alla faccia di chi gli rode, per essere stati con i
No Tap dal primo giorno e bravi anche i nuovi arrivati di Sinistra
Italiana. Patetico il cerchiobottista Emiliano, governatore e
candidato alla guida del branco di sciacalli, che si limita a
chiedere lo spostamento dello squarcio un po’ più in là, magari
dalle parti di Brindisi, città vittima, come Taranto,
dell’industrializzazione forsennata ed ecocida. Qui non si tratta
di aggiungere carcinoma a carcinoma. Qui si tratta di estirpare le
cellule cancerogene, tutte con la stessa eziologia: il capitalismo.
Fulvio Grimaldi
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