In Italia non c’è mai stata una reale volontà politica di combattere le mafie perché il livello di collusione e corruzione si è talmente radicato e diffuso (ancor più dopo MANI PULITE) che nessun politico (anche non direttamente coinvolto nel malcostume) avrebbe interesse ad impegnarsi SERIAMENTE ponendosi tali obiettivi, le ripercussioni per lui sarebbe tali da intimidirlo e ridurlo a più miti consigli.
Le mafie hanno tutto l’interesse a favorire alla carriera politica “ominicchi e quaquaraquà”, che costituiscono ormai la maggioranza dei componenti la partitocrazia italica. Per cui ci si limita a proclami, slogan, mistificazioni, propaganda mediatica, ma nulla più.
Ed anche le leggi esistenti ed efficaci (sulla carta) come quella che consente di colpire i patrimoni mafiosi, vengono sostanzialmente disattese, non applicate, se non simbolicamente. E così si crea il paradosso che si limita sempre più la libertà personale degli onesti, limitando ad esempio l’uso dei contanti, mentre si permette ai mafiosi di accumulare, investire, gestire, prelevare e trasferire montagne di denaro.
Nessuno è in grado di stimare con credibile approssimazione quale sia il volume di affari delle numerose mafie italiane, ma che si tratti di cifre a undici zeri ogni anno (il bilancio di uno stato di medie dimensioni), non credo sussistano dubbi.
E tale consapevolezza rende ancora più angosciante la gravosa (plumbea) realtà che si approssima sul nostro paese, destinato a seguire pressappoco le sorti della Grecia.
Claudio Martinotti Doria
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