mercoledì 18 marzo 2015

Disturbi d’identità di genere... Dal libro “Il viaggio impossibile” di Katia Bianchi e Sandra Pellegrino




Dal libro “Il viaggio impossibile” di Katia Bianchi –
psicologa- e Sandra Pellegrino – anatomopatologa, autrici di libri
sulle scoperte del dr. Hamer:

“Questi disturbi sono caratterizzati dall’incongruenza tra
l’identificazione ufficiale del sesso e l’identità di genere, cioè un
conflitto tra il proprio sesso anatomico e quello vissuto. In alcuni
casi, la persona si rende conto del proprio sesso ma prova disagio e
senso di estraneità rispetto al sesso assegnato.  In altri casi, la
persona rifiuta il sesso assegnato, perché sente di appartenere al
sesso opposto.

 La diagnosi di  “disturbo di identità” si pone quando non sono
presenti alterazioni anatomiche o fisiologiche riscontrabili dei
genitali e degli  organi connessi con la funzione sessuale. Questo
disturbo si manifesta di solito nell’infanzia o nell’adolescenza,
raramente nell’età adulta.

 Il disturbo d’identità di genere della fanciullezza  si mostra, di
solito, verso quattro anni. Consiste nel disagio verso il proprio
sesso e nella radicata convinzione di essere o di dover diventare un
individuo di sesso opposto a quello visibile. Questi bambini mostrano
avversione a indossare indumenti caratteristici del proprio sesso e a
dedicarsi ad attività caratteristiche del proprio ruolo sessuale.
Alcuni rifiutano di urinare con modalità adeguate rispetto alla
propria conformazione fisica e inorridiscono alla prospettiva di uno
sviluppo dei  caratteri sessuali secondari del proprio sesso. Questo
disturbo diventa evidente, anche da un punto di vista sociale, verso i
sei o sette anni e genera gravi conflittualità nelle relazioni con i
coetanei, che arrivano fino a forme di esclusione o di ritiro sociale.
Spesso, questa condizione si accompagna ad altre forme di disturbo,
come ansia da separazione o depressione.

Circa due terzi dei bambini che presentano questo disturbo, diventano
dichiaratamente omosessuali  in adolescenza o da adulti, altri
mantengono questo disturbo anche in adolescenza e da adulti. Una
piccola parte di questi diventa transessuale.

Il  transessualismo si manifesta in pubertà  con la maturazione
sessuale, quando i caratteri sessuali secondari maturano in modo
deciso, scatenando il radicale rifiuto  della persona, che prova
ripugnanza verso i propri genitali e i caratteri connessi. Spesso
questa avversione si esprime nella richiesta di trattamenti  ormonali
e chirurgici, per  “cambiare sesso”. A questo disturbo si associano di
solito ansia e depressione, e il disagio verso i caratteri residui non
trasformabili, che testimoniano l’impossibilità di diventare davvero
un individuo del sesso opposto.

Il  disturbo dell’identità di genere dell’adolescenza o dell’età
adulta di tipo non transessuale  lo abbiamo quando permane il disagio
per le caratteristiche del proprio sesso, senza diventare rifiuto
della propria conformazione fisica o desiderio di  sbarazzarsi dei
propri genitali o dei caratteri secondari del proprio sesso, come
accade ai transessuali.

Con gli attrezzi della Nuova Medicina del dr. Hamer, possiamo leggere
in questi disturbi l’effetto di conflitti e di costellazioni delle
aree peri-insulari,  che troveremmo diverse in ogni individuo e
diversamente associate ad altri conflitti nelle aree della relazione,
specialmente quelle sensorie dei conflitti di separazione. I sintomi
dell’identità di genere sono dovuti al fatto che i conflitti delle
aree ormonali e le relative costellazioni si attivano durante
l’infanzia, quando la maturazione sessuale non è ancora avvenuta. A
quattro anni la quantità di ormoni sessuali è minima rispetto a quella
che abbiamo in adolescenza o da adulti  e la differenza tra la
quantità di ormoni maschili e femminili è meno marcata che negli
adolescenti  o negli adulti.  E’ per questo che i conflitti, che
determinano una riduzione della disponibilità di ormoni del proprio
sesso o un aumento di quelli del sesso opposto, a quest’età, non
provocano semplicemente un’oscillazione dell’umore, disturbi sessuali
o cambiamenti di orientamento sessuale, ma una vera e propria
misidentificazione della propria identità sessuale, cioè una
confusione del proprio sentimento di essere maschio o femmina, che
sarà tanto più radicale, quanto più presto si manifesta.

Nella nostra esperienza, abbiamo trovato, alla base di questi
disturbi, delle esperienze traumatiche di molestie o violenze
sessuali, di maltrattamento fisico con percosse o violenze in ambito
familiare oppure shock in occasione di trattamenti medici  e  ricoveri
in ospedale. Queste esperienze, vissute in età precoce, attivano
conflitti di territorio maschili e femminili con focolai nelle aree
che producono ormoni sessuali e conflitti di separazione con focolai
nella corteccia sensoria.

Considerandoli  come disturbi  psicologici, dovremmo trattarli come
effetti di traumi trascurati e complicati. Dovremmo anche tenere
presenti le cause organiche di questi disturbi, che sono in uno
squilibrio ormonale sistemico, strutturato nel tempo con la costanza
di un tratto di personalità. La resistenza del sentimento di rifiuto
del proprio sesso dovrebbe essere considerato per quello che in realtà
è: un delirio o un sentimento e un’immagine delirante di sé.  Il sesso
di una persona non è un’opinione ma un fatto. La conformazione del
corpo non è qualcosa che si possa cambiare, solo perché non ci
aggrada. La conformazione fisica è la nostra realtà. Pensare di
cambiarla perché non corrisponde al nostro sentimento è un delirio e
dovrebbe essere considerato e curato come tale, rispondendo al bisogno
reale della persone di essere in armonia col proprio corpo e non
mettendoci  tutti a delirare aiutandola a sembrare una persona di
sesso opposto a quello reale. L’industria del cambiamento di sesso è
un imbroglio a scopo di lucro, che sfrutta la patologia di queste
persone, illudendole di poter realizzare un’impossibile transizione
reale al sesso opposto, che dovrebbe miticamente ristabilire l’armonia
con se stessi. Questa è un illusione. Nessuna  tecnologia può
trasformare un uomo in una donna o viceversa. Queste invenzioni
materialistiche  del capitalismo consumistico coltivano l’apparenza al
posto della realtà e campi di bugie al posto della verità. Abbagliati
dall’apparenza, molti  ragazzi  si divertono a trasformarsi in
androidi che hanno l’aspetto di magnifiche donne e altre ragazze si
mostrano come muscolosi signori barbuti. Agli occhi degli altri,
questa sorta di mascherata biologica potrebbe anche funzionare,
addirittura essere oggetto di ammirazione o fare spettacolo. Molti
travestiti o transessuali  hanno tutta l’apparenza di magnifiche
donne, intelligenti, simpatiche, brillanti e intraprendenti. Però
“sono”  uomini. Quando hanno subito interventi  ormonali e chirurgici,
sono uomini castrati e menomati, non sono donne. Le donne trattate
sono donne menomate, non diventano uomini.  Queste mutilazioni servono
l’apparenza e spesso nemmeno quella, perché in molti casi anche i
caratteri secondari non cambiano in modo deciso, tanto che ne
risultano persone di sesso indecidibile. Anche nei casi in cui i
caratteri sessuali secondari si modificano nel senso desiderato, la
transizione non può mai essere completa, quindi il disturbo d’identità
rimane e continua ad esprimersi nel disappunto di non essere davvero
quello che si sentirebbe di essere e in una lotta contro tutti per
essere confermati nel sesso desiderato. Le relazioni sociali e di
coppia restano disturbate. Tra le persone che manifestano questi
disturbi d’identità, quelle che non entrano in programmi di
transizione di sesso preservano le opportunità di ritrovare la propria
armonia interiore, risolvendo o armonizzando i propri conflitti e
recuperando le relazioni familiari e sociali.

La riattivazione del contatto fisico con la soluzione dei conflitti di
separazione, ripristinando la capacità di sentire, permette di sentire
quello che si è, mentre un riequilibrio della bilancia ormonale aiuta
a esprimersi in armonia con il sesso  biologico. Paradossalmente, una
cura medica adeguata in questi casi, dovrebbe essere l’opposto di
quello che si fa nei programmi di transizione, cioè fornire un apporto
di ormoni tipici del proprio sesso, aumentare la discrepanza tra sesso
reale e sentimento del proprio sesso.  La paradossalità sta nel fatto
che proprio in ambito medico, dove il punto di riferimento dovrebbe
essere la conformazione del corpo, s’interviene mutilando e alterando
il corpo in ossequio a una percezione delirante di sé. In ambito
medico, dove i sentimenti delle persone non contano una cicca di
fronte all’obiettività dell’anatomia, nel caso del transessualismo,
si è sviluppata un’apposita tecnologia finalizzata a  perseguire le
aspettative di una percezione di sé, non solo in preciso disaccordo
con l’anatomia, ma con tutte le caratteristiche di un delirio. Misteri
della medicina? “

Paola  Botta  Beltramo

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