Dunque l’altro ieri Belousov (il Ministro della Difesa russo, nella foto) ha messo mano all’organizzazione delle tre regioni di frontiera (Bryansk, Kursk e Belgorod) istituendo un ‟Consiglio di coordinazione” e nominando gli ufficiali responsabili che faranno capo a lui e a lui riferiranno. In questo modo si dovrebbero superare, almeno questa è l’intenzione, le lungaggini burocratiche che derivano dall’avere la guerra in casa ma dal rifiutarsi di considerarla tale. A questo proposito, a due settimane di distanza dall’inizio dell’operazione ucraina, bisogna cominciare a fare qualche valutazione. Se è vero che la zona sotto controllo ucraino non si è allargata di parecchio, se è vero che i suoi confini sono più o meno stabili – con qualche puntata verso est e verso nord, che però non pare portare a guadagni territoriali – è vero anche che i rinforzi russi non hanno ancora cominciato a ridurre questa zona, o se ci hanno provato non ci sono riusciti. Ora si tratta di cercare di capire il motivo di questa situazione, considerando anche che gli ucraini non hanno nessuna intenzione di andarsene e continuano a fare affluire rinforzi, apparentemente più di quelli che stanno facendo affluire i russi, e la cosa pare controintuitiva: ci si aspetterebbe, dato che sono adesso gli ucraini ad essere a casa loro, che fossero i russi a fare qualsiasi cosa per cacciarli, e invece questo non sta succedendo. Non succede perché i russi non vogliono, o perché non possono?
Ovviamente quando dico ‟non vogliono” non mi riferisco alla teoria secondo la quale sapevano benissimo cosa stava per succedere e hanno fatto sì che succedesse. L’operazione è stata un’operazione vera, e ha portato problemi militari e politici veri alla Russia, problemi non ancora risolti. Se davvero li avessero fatti accomodare per poi distruggerli li avrebbero già distrutti, o comunque non li avrebbero fatti avanzare tanto.
Ciò detto, è indubbio che tenere bloccate molte unità ucraine, di ottimo livello e ben rinforzate ed equipaggiate, nell’oblast’ di Kursk significa non correre il rischio di vedersele sbucare da qualche altra parte del fronte, e da quella zona non possono andare chissà dove o provocare chissà che danni; e non impegnarsi ‟troppo” a cacciarle via significa, al contrario, che le tue truppe e i tuoi rifornimenti possono andare lì dove hai deciso che siano più importanti. E quindi, forse, ‟non vogliono” in questo senso, limitandosi a controllare la zona in mano ucraina per evitare che possano creare problemi reali ai nodi logistici o agli insediamenti, con buona pace di quelli già occupati e di chi li abita, o li abitava, cosicché non possano essere impiegati altrove. È ovviamente un ragionamento parecchio cinico, ma stiamo pur sempre parlando di una guerra e se è vero che la guerra è come gli scacchi, o viceversa, sacrificare un pedone, un cavallo o un pezzo ancora più importante per conseguire un vantaggio maggiore è pratica comune. Se fai la guerra devi aspettarti che i tuoi soldati muoiano, e a volte che muoiano i tuoi civili, o che siano costretti a lasciare la loro casa e vedersela saltare in aria: gli ucraini, ad esempio, non hanno avuto alcun problema a rendersene conto e non vedo perché dovrebbero averne i russi. Ovviamente questo non significa che vogliano tenerseli in casa fino all’ultimo, ma davvero non mi pare di vedere, da parte russa, troppa fretta di risolvere la situazione. Rinforzi ne sono ovviamente arrivati, e di qualità, e ben equipaggiati (non ci dimentichiamo che la logistica russa in quella zona è ovviamente meglio strutturata di quella ucraina), ma l’idea che sarebbero state spostate truppe dal Donbas o dalle altre aree del fronte è stata fallimentare: tranne pochi reparti di poche unità, i russi non hanno spostato nessuno, a differenza degli ucraini, e questo è estremamente evidente nel Donbas dove i russi continuano ad avanzare, perché danno priorità a questo fronte, e gli ucraini a ritirarsi, perché danno evidentemente priorità, come rinforzi ed equipaggiamento, al settore di Kursk (e forse a qualche altra operazione in altre zone, non ancora cominciata; e forse è anche per questo che i russi non hanno spostato altre riserve, perché se lo facessero ne avrebbero di meno per eventuali altre offensive ucraine). Ma se quel settore (Kursk, dico) fosse davvero in pericolo di essere travolto, ovviamente il comando russo dovrebbe rivedere le sue priorità e spedire lì quello che può portare via dagli altri fronti, mettendo a repentaglio la loro stabilità: cosa che evidentemente non intendono fare e, sempre evidentemente, ritengono che le unità che hanno mandato a contenere l’offensiva ucraina nell’oblast’ di Kursk siano sufficienti, così come invece gli ucraini ritengono che aumentando lì la pressione riusciranno prima o poi a costringere i russi a rivedere i loro piani e a spostare unità compromettendo la loro tenuta altrove. Il tempo, ovviamente, ci dirà chi dei due comandi ha avuto ragione e quello che io posso ritenere probabile o evidente al momento non ha nessuna importanza, essendo basato su informazioni parziali.
Ciò detto, c’è un’altra considerazione da fare. Non ricordo mi sia mai capitato di vedere tanta diffidenza nei confronti di un’operazione militare ucraina da parte della stampa mondiale (esclusa la nostra, naturalmente, la stampa ‟popolare” inglese e, a tratti, Bild) e da vari settori dell’opinione pubblica ucraina, anche a livello governativo. Gli articoli dei più importanti giornali stranieri degli ultimi tre giorni (ho raccolto i link alla fine, come al solito), ovvero New York Times, Economist, Washington Post, Guardian, Forbes, Times e Financial Times, quindi giornali per nulla sospettabili di disfattismo (soprattutto quando muoiono gli ucraini) o di tenere posizioni ambigue, dicono tutti in sintesi la stessa cosa: operazione ardita, ben congegnata, tatticamente eccellente, russi presi di sorpresa, difficoltà a respingere gli invasori (pardon, gli ‟incursori”, nessuno la definisce un’invasione): ma era proprio il caso di mandarle lì quelle truppe, con la situazione pressoché disastrosa in Donbas, dove i russi rischiano di prendere a breve dei punti nevralgici per l’intero fronte? E questo senza considerare che, se è vero che c’erano trattative diplomatiche in corso, dopo questa operazione sono ovviamente saltate. Nel mondo del twitterverso perfino Julian Röpke e l’Institute for the Study of War della famiglia Kagan-Nuland sembrano preoccupati, e in Ucraina preoccupatissimi sembrano Mariana Bezuhla, che ormai ha preso la cosa come una crociata, Vadim Filaškin e la vice-primo Ministro Iryna Vereščuk che quotidianamente fanno appello ai residenti del Donbas, e in particolare delle città di Pokrovsk, Selidovo e Mirnograd, di evacuare la regione quanto più in fretta possibile, e ovviamente le decine di comandanti militari ucraini (ma chissà se esistono davvero, poi) intervistati dai suddetti giornali, che riferiscono di poche munizioni, rotazioni saltate perché molti reparti sono stati trasferiti nel Kursk, un generale senso di disinteresse da parte del comando ucraino per il Donbas e russi all’attacco praticamente ovunque (tranne che, appunto, in casa propria).
Certo, da parte della stampa ( e dei gruppi economici e politici alle spalle) può essere un modo per mettere le mani avanti, aspettando informazioni più certe e situazioni più definite per schierarsi definitivamente a favore o contro questa operazione, e da parte di alcuni politici ucraini il contrasto con Zelensky e soprattutto Syrs’kyj, ma pare davvero che non tutti siano entusiasti della cosa, nonostante il successo in termini di chilometri quadrati e soprattutto di esposizione mediatica, che sopravanza probabilmente 100 a 1 i successi russi nel Donbas. E poi sempre il tira e molla sulla possibilità o meno di impiegare le armi a lungo raggio, una certa freddezza da parte degli alleati (qualcuno ha sentito una sola parola venire dalla Francia, ad esempio?), eccetera. È anche possibile che ci sia stato qualche dissapore, del resto in parecchi degli articoli citati si accenna, velatamente o meno, al fatto che l’operazione l’abbia messa su Syrs’kyj parlandone con pochissime persone, e senza coinvolgere i partner occidentali – ci credo poco, ma questo viene riportato. Forse la NATO spingeva per un’operazione da qualche altra parte, magari a Zaporože, o forse non ha gradito vedere i propri mezzi distrutti sul suolo russo, o mentre si preparavano a entrare in Russia. Oppure, naturalmente, è solo un gran gioco delle parti in cui alla fine va bene tutto purché si metta in difficoltà la Russia e si possa portare a casa una qualche specie di successo, a meno di due mesi e mezzo dalle presidenziali statunitensi. In quest’ottica, Sudža vale benissimo Pokrovsk.
Video collegato: La guerra in Ucraina 14 giorni dopo Kursk - Speciale con Francesco Dall'Aglio: https://www.youtube.com/
Link New York Times: https://www.nytimes.com/.../ ukraine-russia-zelensky-putin. ..
Link Economist: https://www.economist.com/.../ russias-double-punch-back...
Link Washington Post: https://www.washingtonpost. com/.../ukraine-pokrovsk.../
Link Guardian: https://www.theguardian.com/.. ./zelenskiy-ukraine-shock...
Link Financial Times: https://www.ft.com/.../ daa1a6ad-9ada-42ba-bfb2- 2c199118e904
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