martedì 31 marzo 2020

Montesilvano. La notte degli gnocchi


Gnocchi di patate fatti in casa: ricetta e varianti - Fidelity Cucina

Pioveva a dirotto da oltre 2 giorni e alcuni quartieri della città erano invasi dall’acqua. Diversi garage e scantinati, a causa dell’esondazione del fiume Pescara, erano allagati. La violenza dell’acqua aveva scavalcato le paratie antiallagamento dell’emporio Primo Vere rovinando tutti i prodotti sistemati sugli scaffali più bassi.


La stradina davanti casa mia a Montesilvano era diventata come un fiume in piena e l’acqua era straripata nei terreni adiacenti, mentre si temeva per la piena del fiume Saline. Il traffico cittadino era impazzito e tanta gente preferì rimanere a casa per non correre rischi. Per mia fortuna stavo bene e avevo una discreta scorta di cibo in dispensa. 

Uscivo solo a prendere la legna dietro casa, così potevo riscaldarmi davanti al mio amato caminetto. 

Per tre giorni fui completamente isolato, poi una sera, l’ennesima sotto la pioggia, quando ero già mezzo addormentato, sentii bussare alla porta. Sentendo quegli insoliti battiti provai un certo timore e non andai subito ad aprire. Mi avvicinai alla finestra e vidi fuori una macchina che lampeggiava e un agente in divisa che si riparava sotto un ombrello. Una volta tranquillizzato aprii la porta. Era la Polizia Municipale che mi avvertiva del rischio esondazione del fiume Saline. La cortese vigilessa prima di andare via mi invitava a prendere in considerazione l’idea di andare a dormire altrove: “Veda un po’ lei. Buonanotte!”


Ma dove avrei potuto andare a quell’ora della notte? Dormire in macchina con il motore acceso? Scomodare qualche amico? Alla fine rimasi a casa senza eccessivi allarmismi. E così, tra una lettura e alcuni progetti da riscrivere, mi sono messo a preparare gli gnocchi. Si, proprio gli gnocchi! Era trascorsa da poco mezzanotte, presi dal ripostiglio l’asse di legno e dalla credenza un pacco di farina. Prima di cominciare ad impastare lessai in una pentola le patate, le lasciai intiepidire un po’ e poi tolsi la buccia. Aiutandomi con una forchetta schiacciai le patate riducendole a purea e le incorporai alla farina. A quel punto comincia ad impastare e aggiunsi all’impasto una puntina di curcuma per conferirgli un colore giallo.


Lasciai riposare l’impasto per un’oretta e nel frattempo mi feci un caffè. Intanto guardavo dalla finestra la pioggia che scendeva a dirotto. Quella notte non si sentiva un’anima viva, nessun eco nella vallata. 

Così, piano, piano e senza fretta, continuai nella preparazione e gnocco dopo gnocco riempii ben due vassoi. Prima di andare a dormire spolverai una manciata di farina sugli gnocchi per non farli attaccare. Dormii poco quella notte e quando mi svegliai andai dritto in cucina. Ma quanto erano belli quegli gnocchi quando la luce del mattino entrò nella stanza! E finalmente anche la pioggia ci concesse qualche oretta di tregua. 


Michele  Meomartino


Circolo Vegetariano VV.TT. Calcata » Blog Archive » Michele ...

domenica 29 marzo 2020

Italexit, fusse che fusse la vorta bona…


Paolo D'Arpini: All'inciucio, all'inciucio... avanti con il ...
(UE. Vergine di Norimberga)

La prima, immediata conseguenza geopolitica agli occhi di noi non pazzamente innamorati della gabbia UE-euro è la riapertura della finestra per una possibile Italexit. Assistiamo all’implosione di quella specie di Vergine di Norimberga che, da quando il Grande Vecchio Romano Prodi ce la inflisse, ci teneva chiusi e trapassati dai suoi chiodi d’acciaio.

Tutti i sempre demagogici e altisonanti discorsi di solidarietà, fratellanza, coesione, con cui un costrutto del tutto politicamente immotivato e deleterio, voluto dagli Stati Uniti per eliminare dalla scena gli Stati nazionali con le loro costituzioni democratiche e antifasciste, sono svaporati. 

Li ha dissolti la realtà di una pseudo-unione autoritaria, illegittima e predatrice, servita esclusivamente a disintegrare quel poco di democrazia conquistata dalle masse dopo il 1945 e a imporci un ordine di burocrati non eletti e totalmente soggetti alle lobby dei grandi poteri economici a guida Usa e francogermanica. 

Il confronto tra gli sprezzanti dinieghi della BCE di Lagarde e la stitichezza di aiuti tuttora eventuali, il rifiuto della Germania e dei suoi satelliti di rinunciare al MES, meccanismo debito-austerità che ha ucciso la Grecia, e la generosità di paesi che l’UE ci aveva insegnato a odiare, ne hanno decretato la fine, quanto meno morale e ideologica.



Fulvio Grimaldi: “Il Covid-19 è un coltello che è finito nelle ...

sabato 28 marzo 2020

Covid-19 - Virologi militari russi aiutano l'Italia nella decontaminazione...


Video) Covid-19. I medici militari russi ispezionano le strutture ...

L’esercito  russo aiuta la popolazione italiana 

Nel caso di epidemie, i militari dovrebbero soccorrere i civili, perché qualsiasi esercito dovrebbe poter mantenersi efficiente in condizioni di pericolo chimico, biologico e radiologico. Per questo in Russia ci sono alcune forze e mezzi, set di protezione: tute, maschere antigas, mezzi per decontaminare sostanze pericolose, ecc. Anche  l’esercito cinese è andato in aiuto delle città in quarantena, adottando tutte le misure necessarie per decontaminare il territorio e fornire assistenza nella ricerca.

Ricordiamo che questa settimana 15 aerei con apparecchiature diagnostiche russe, stazioni di disinfezione, nonché un centinaio di virologi militari russi e specialisti epidemiologici, otto squadre mediche ed infermieri arrivavano in Italia colpita dal coronavirus. 

Secondo il quotidiano Vzgljad, i  soldati russi hanno già  iniziato a lavorare,  insieme ai soldati italiani disinfettavano la pensione Martino Zanki nei sobborghi di Bergamo. Secondo il Ministero della Difesa russo, 2000 metri quadrati di “locali interni e strade” furono disinfettati. In totale, i russi lavoreranno in 65 pensioni, convertite per ricevere pazienti con coronavirus. Inoltre gli specialisti  dell’esercito russo disinfetteranno diversi  locali ed aree circostanti utilizzando attrezzature speciali.

Oksana Borisova e Ljudmila Surkova

Coronavirus a Bergamo, in arrivo anche 30 medici russi. Per i ...

Fonte: https://vz.ru/society/2020/3/27/1031097.html

Traduzione di Alessandro Lattanzio

Draghi nel ventre del cavallo di Troika – “Timeo Danaos et dona ferentes“


Treia Comunità Ideale - Comitato Civico: "Il cavallo di Treia ...

Tutti siamo a conoscenza di come fu conquistata e distrutta la città di Troia, con l’inganno. Draghi, che è un gran seguace della politica machiavellica a favore dei grandi signori, ci prova a proporsi come salvatore della patria prospettando meravigliose soluzioni economico-finanziarie che -secondo lui- dovrebbero salvare il Paese dalla recessione economica causata dal Covid19. Egli dice: “…il denaro non è un problema, lasciate fare alle banche che se ne intendono e non preoccupatevi del debito pubblico”. La sua ricetta è di una semplicità allarmante ed anche la conclusione è alquanto allarmante, poiché infine il cetriolo va sempre in c…. all’ortolano. 
Non è semplice invece per me, mezzo sderenato e nemmeno diplomato in ragioneria, fare la parte del Laocoonte che cerca di dissuadere gli italiani dall’accogliere un governo targato “alta finanza” e sottilmente proposto da Draghi con l’avallo dei soliti ignoti. In questo cavallo di legno si sente una forte puzza di fregatura sorosiana.  
“Timeo Danaos et dona ferentes“. Dove c’è lo zampino di personaggi come Monti e Draghi si può star sicuri che si sta riproponendo la truffa del campo degli zecchini d’oro di collodiana memoria: “…il denaro non è un problema,lasciate fare alle banche che se ne intendono e non preoccupatevi del debito pubblico”.
Draghi, Draghi… che furbacchione! Certo un aiutino gli viene anche dalla incapacità operativa del governo in carica che, sempre facendo paragoni letterari, definirei un governo “don abbondiano”. Bond, minibond, coronavirus bond… Sapete il significato di bond in inglese? Vuol dire “legame”, e ciò spiega tutto, trattasi di nodo scorsoio che viene dato nelle mani di chi detiene e controlla i “bond”.
“Non auro, sed ferro, recuperanda est patria” disse Marco Furio Camillo di fronte all’arroganza dei barbari che si apprestavano al saccheggio di Roma. In questo nostro caso il ferro è la moneta sovrana che la zecca dello stato può e deve emettere in questo frangente. La Germania se ne intende, già lo fa da anni, con i suoi 5 euro metallici. Infatti lo stato italiano ha la facoltà di coniare moneta senza dover ricorrere alla BCE, moneta senza debito, quindi, non soggetta all’emissione di buoni del tesoro in contropartita. E vista la situazione  difficile in cui ci troviamo perché non emettere monete anche da 10 euro? Una bella massa di ferro che va ad integrare la carenza di liquido che la UE ci impone, obbligandoci a sottostare a condizioni usuraie con i suoi “prestiti”. Alla UE, controllata dalla BCE, serve un’Italia indebitata e sottomessa, da spremere.
Forse molti non sono al corrente che non è la Comunità Europea, ovvero gli stati aderenti, a creare il denaro che circola, lo crea dal nulla la BCE. Questa è un insieme di banche private (e non pubbliche come erroneamente si crede).  La cartamoneta viene fatta stampare, senza alcun controvalore da codesta banca centrale e viene concessa in”prestito” agli Stati membri della UE che ripagano il denaro così ottenuto  con  “obbligazioni” e “titoli”, che poi vengono venduti dalle banche stesse  che ne ricavano ulteriori interessi. La moneta circolante è in tal modo un “debito” che lo Stato – e di conseguenza tutti i cittadini – debbono pagare. Infatti l’emissione del denaro da parte della Banca Centrale, avviene solo in contropartita di Obbligazioni emesse dallo Stato al corrispettivo valore. E questa è la vera fonte del debito pubblico (a causa dei tassi di interesse, spread, etc.).
Negli anni passati ed anche ai giorni nostri alcuni “mattacchioni” consapevoli della realtà delle cose relative allo strozzinaggio della moneta debito (dicasi signoraggio bancario) hanno denunciato alla magistratura questi fatti ma nessuno ha mai indagato un banchiere. E Draghi, in qualità di ex capo BCE, è un banchiere, anzi un commesso banchiere, un facente funzioni,  tipo Lagarde e simili, messo lì da chi, dietro le quinte, controlla l’intero teatrino bancario e finanziario. Ed ora come premio per la sua fedeltà al sistema gli viene offerto un posto d’onore nel ventre del cavallo di Troia, posto in bella vista mediatica davanti all’ingresso del Palazzo. Renzie e Salvinie ringraziano!
Paolo D’Arpini
Da Calcata a Treia: epopea del Circolo vegetariano - Terra Nuova

venerdì 27 marzo 2020

La Russia invia aiuti sanitari e l'Italia risponde con i missili...

Coronavirus, arrivati in Italia aiuti dalla Russia - Corriere TV

Gli aiuti inviati da Putin,  che avanzavano da Roma (Pratica di Mare) a Bergamo, sono arrivati a destinazione, dopo 600 km di viaggio. Si spera che questo momento possa rappresentare uno spartiacque che apra alla collaborazione con una potenza che si caratterizza per diplomazia di pace e rispetto del diritto internazionale. La Russia ha inviato attrezzature medicali e personale specializzato composto da MEDICI MILITARI ESPERTI IN GUERRE BATTERIOLOGICHE.
Ma ecco che...



E cosa fa l'Italia  in risposta all'aiuto ricevuto?  L'esercito italiano ha inviato la sua nave da guerra ai confini della Russia. Nonostante il fatto che la Russia abbia risposto alla richiesta dell'Italia di fornire assistenza nella lotta contro il coronavirus,  per tale gentilezza l'Italia ha mostrato un atteggiamento aggressivo nei confronti della Russia, inviando la sua fregata missilistica "Virginio Fasan" dotata di  missili da crociera sulle coste della Crimea...  (Fonte Avio.Pro)
Quello che meraviglia è il moto di fastidio di alcuni ambienti politici e militari italiani nei confronti della Russia che manda gli aiuti gratuitamente. Temono "l'invasione russa", dimenticando l' "altra" e vera occupazione, in atto da 76 anni, che impesta tutto il territorio nazionale con ben 123 basi militari e migliaia e migliaia di militari, mezzi bellici, aerei, bombe atomiche, ecc. I russi, i cubani ed i cinesi mandano aiuti e noi li critichiamo, gli "altri" ci costringono a pagare le tangenti NATO e ad acquistare armi sconquassate a caro prezzo, a sopportare le radiazioni nocive dei loro radar ed a inviare i nostri soldati in varie parti del mondo (per i loro interessi) ma li chiamiamo ancora oggi "salvatori" della patria... Forse sarà il tempo di cambiare gli occhiali?  
Paolo D'Arpini

Canzoncina in sintonia suonata da Vladimir Putin:   https://youtu.be/sew6aRkSYhI
Qui le dichiarazioni dell'esercito italiano sull'aiuto russo:   https://m.youtube.com/watch?v=0fpd4QKcxPY

giovedì 26 marzo 2020

Ridisegniamo la scala dei valori... cosa ci insegna la pandemia in corso


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Siamo in un evento di portata storica.
Varie teorie si avvicendano sul come e perché siamo arrivati a questo e nei social impazzano le più verosimili o inverosimili congetture.

Non è questo il luogo per esaminare la veridicità o meno delle varie teorie e se il virus sia venuto da un pipistrello o da un laboratorio segreto o se i morti siano DA Coronavirus o CON Coronavirus o se fosse o meno la scelta giusta il modo con cui i nostri governanti hanno affrontato l’emergenza, la eradicazione del virus o se fosse più utile rafforzare i servizi sanitari o piuttosto adottare la strategia cosiddetta di immunizzazione di gregge; ci saranno altre sedi per discutere di questo.

E neppure vorrei affrontare i danni che l’economia globale e dei singoli individui vedrà alla fine di queste difficili giornate primaverili. Le cose sono quelle che sono e la realtà ci cade addosso a volte senza preavviso.
E’ su questo che vorrei riflettere, su questa nuova realtà che ci è piombata addosso, cosa ci può comunque dare e quali insegnamenti trarne.

L’elemento più evidente che sgomenta la maggioranza è aver sentito, senza mediazione, che quelle che consideravamo realtà della vita consolidate e ci davano l’illusione di avere un “posto” sicuro nel mondo, il lavoro, il nostro status sociale, le nostre abitudini giornaliere, la possibilità di incontrare i nostri cari e tutto quello che faceva della nostra vita una routine, anche a volte un po’ noiosa per la sua ripetitività, non è affatto elemento sicuro come ritenevamo che fosse: pensavamo che quello che abbiamo “costruito” avesse delle solide fondamenta ma in questo momento si rivelano invece terribilmente fragili.

Le altre nostre sicurezze, i rapporti sociali, a volte utilizzati anche come parametro di affermazione di se’ e del proprio valore, sono tenuti a distanza, quella distanza che disgrega i legami poco saldi.
E questo essere vivente non vivente, questa piccolissima catena di RNA con la sua capacita’ espansiva, compare nella coscienza collettiva come un invasore inarrestabile.

Sappiamo dalla biologia che i batteri e i virus convivono quotidianamente con noi, anzi sono nostri amici e a volte, come per il microbiota intestinale, ci aiutano e ci proteggono. Sappiamo che i virus a DNA o RNA hanno la capacità di entrare nelle nostre cellule e entrare a far parte del nostro patrimonio genetico, in una simbiosi ormai per alcuni millenaria. Ma questa volta questa piccola catena di RNA ha assunto il valore simbolico di una minaccia cosmica, il nemico mortale, portatore di morte.

Non mi soffermo sul dato che il virus dell’influenza e i vari parainfluenzali ogni anno seminano le loro vittime nelle stagioni invernali, con numeri anche molto più cospicui di quelli visti finora con il Covid 19.

Chiamo all’attenzione il fatto che questo virus è diventato tout court il nostro simbolo della morte o meglio della paura della morte, un simbolo cosi potente che determina un panico generalizzato, che richiama necessariamente a qualcosa già presente nel nostro inconscio collettivo.

Ci incontriamo quindi con qualcosa di molto presente nella nostra cultura,la paura della fine della nostra vita, forse perché viviamo, o abbiamo vissuto fin’ora, come se questo non ci dovesse riguardare, in una rimozione collettiva che sta disfacendosi.

In una società tecnologica altamente performante, in cui il valore fondante è diventato il denaro, in cui alla medicina e ai suoi progressi tecnologici è stato attribuito un potere salvifico e in cui essa stessa ha avuto la grande responsabilità di alimentare un’ illusione di onnipotenza, dove il farmaco, la tecnologia e tutto il resto, sembrava potessero impunemente sfidare la finitezza e la fragilità della vita umana, regalando una falsa certezza di potere dell’uomo sulla natura, abbiamo smarrito il senso vero della vita e della morte, della vita come ciclo di inizio e fine con il suo ripetersi incessante delle lune, delle stagione, dei fiori, della luce e del buio, delle nascite e delle morti.

Quando il Dio era una Donna e le donne portavano nel loro stesso corpo la sacralità della vita, nelle società matriarcali in cui la venerazione era per la Dea Madre, il senso della circolarità era assicurato dalle donne, che col loro corpo,depositario del ciclo della vita, garantivano la coscienza e la consapevolezza di tutto ciò.

Le società patriarcali, successive all’organizzazione sociale delle millenarie culture matrilineari che erano basate sulla condivisione e non sulla gerarchia di potere (come tanti reperti storici e archeologici ci mostrano) hanno spazzato d’un colpo questa visione profondamente radicata alla natura, alla terra al suo divenire.

Il potere testosteronico maschile che si è affermato con le armi, non controbilanciato dal femminile accogliente e armonizzante, ha infranto il patto profondo con la natura e le sue leggi e secoli di questa organizzazione prevaricante e gerarchica, basata sull’accaparramento, sull’interesse personale a scapito di quello collettivo e della Madre terra, ci hanno portato al punto in cui siamo… o eravamo.

Quindi… tutto spazzato in pochi giorni, le nostre sicurezza, la nostra economia, i nostri valori, la nostra certezza di rimanere al mondo, la nostra libertà.

Cosa ci può dare tutto ciò?

Il mondo si è fermato e nelle strade percorse da un silenzio irreale puoi osservarti nel mondo: gli altri stanno nel sottofondo, un sottofondo non più rumoroso e aggressivo, non più fatto di competitori per un posto al semaforo o nel mondo, ma sullo sfondo, nelle file per il supermercato o nelle farmacie, appaiono gli umani finalmente privi dell’ aggressività che aveva riempito gli ultimi giorni del vecchio mondo.

Come in un grande colpo di scopa sono scomparsi gli urlatori di invettive contro l’altro, i beceri, i razzisti, i volgari…che grande dono del cielo è stato mai questo?

Riesco ora a guardare un uomo nella sua componente di umanità, ci accomuna qualcosa, siamo finalmente dei simili, scopriamo il senso dell’Entanglement, quel legame che ci unisce tutti e che la Fisica Quantistica ci aveva portato come postulato di base per il dispiegamento di un nuovo paradigma della vita su questa terra.

Ci guardiamo e sentiamo che qualcosa di profondo ci lega, senza dire parole.

Sentiamo anche che in un sol colpo siamo arrivati all’essenziale.

Negozi chiusi, bar chiusi … e allora? Non abbiamo in fondo bisogno di tutto quello che i negozi ci portavano, oggetti di consumo sfrenato senza senso: personalmente ho da mesi tutte le mie cose e i miei oggetti inscatolati per un trasloco e per una ristrutturazione di una casa, tempi che si allungano ora vieppiu’ e in questo tempo mi sono resa conto che posso fare a meno di tutte queste cose, non erano miei bisogni reali… e stando in fila al supermercato per il cibo, guardandoci con gli altri ci rendiamo conto che siamo lì per qualcosa di essenziale, quello che ci assicura la sopravvivenza; il resto non conta… e forse nel nuovo mondo ci renderemo conto che non abbiamo bisogno di mangiare cosi’ tanto, al punto di provocarci malattie metaboliche e disfunzioni per la nostra salute, che gli oggetti, le cose non sono così fondamentali per la nostra vita e il nostro benessere. Ridisegniamo la scala dei valori…

E poi il dono del tempo.

Nell’infanzia conoscevo il tempo senza tempo, dove le giornate non siglate da agende piene che dividono le ore e i minuti in luoghi precisi e impegni spietati, seppure amati, la giornate si presentavano come uno spazio vuoto dove la fantasia e la ricerca del momento avevano la loro parte preponderante; potevo passare ore a guardare un’erba o a contare i petali di una margherita, rimanere incantata dalle nuvole che si rincorrevano e guardare veramente gli oggetti e le cose. Ecco… in queste ore la realta’ ritorna nella sua interezza, ricontatto il potere salvifico della bellezza e con essa entro in contatto profondamente in tutto quel poco tanto che mi circonda, la vado a cercare, senza la fretta che ti fa andare sempre oltre, sempre oltre.

Ma la vera conquista del silenzio è che qui ci si può finalmente incontrare… quel Se’ tanto sfuggito e forse temuto, quel corpo che poco ci appartiene diventano realmente noi… e dal corpo, che finalmente posso amare, curare, guardare, accettare perché sono io, nasce la vera idea di chi IO sono.

Sento cosi’ la mia presenza nel mondo con la stessa intensità di quando ero bambina, mi sento materia viva come è viva un’erba e come è vivo un imponente pino. Sono, ci sono insieme a loro e nel mondo.

Come ci dice la Psicanalista Alice Miller, la fragilità di un essere umano è condizione preziosa per entrare nel proprio stato naturale di libertà; da quando nasciamo ci fanno credere il contrario, veniamo educati a una rigidità che è resistenza alla vita. La nostra natura divina si manifesta quando l’essere umano diventa consapevole della propria condizione di immensa fragilità e cede, si arrende e da li comincia a volare. Non occorre essere forti per essere liberi.

E come il mio amato conterraneo, Gioacchino Da Fiore aveva previsto, tutto questo silenzio, questa stasi, questo esserci, ci apre forse le porte all’ eta’ dello Spirito.

E approfitto di questo silenzio per contattare finalmente la mia anima che da molto mi attendeva.

Il mio augurio che tutti possiamo in questo momento essere Materia e essere Spirito.


Rosa Brancatella

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Medico e Psicoterapeuta
www.rosabrancatella.it
rosabrancatella@gmail.com

martedì 24 marzo 2020

Il simbolo ultimo dell'italianità...? La pizza!


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Strana la vita di noi “italiani”.  Alcuni si esaltano è vedono Italia dappertutto, altri si sottopongono ad un tour de force per dimostrare che l’Italia è poco più che un’italietta.
Il problema è che si potrebbero definire tante Italie diverse, a partire dalla definizione dei rapporti tra Stato, Nazione, Cultura e Territorio. 
Come Stato, l’Italia risale al 1861; possiamo ascrivere all’Italia-stato tutti i meriti e i demeriti che vogliamo a partire da quell’anno. Come Territorio, i geografi concordano nel ritenere che l’Italia sia quella porzione di terra peninsulare e insulare che si dilunga nel Mediterraneo a partire dall’arco alpino. 
Più interessante il discorso sulla “Nazione”, che in genere va al di là dei primi due concetti perché vi si innesta una forma di autoidentificazione che passa attraverso la cultura. La cultura è un insieme coerente di risposte intellettuali, morali e materiali a problemi considerati comuni da parte di un gruppo più o meno vasto di persone che vi si riconosce. 
In tal caso una cultura esplicitamente “italiana”, quindi una nazione “italiana”, probabilmente si ritrova già a partire dal Rinascimento e si evolve e si fortifica nei secoli successivi, fino ad esplodere - certamente non improvvisa -  al tempo del Risorgimento. Tralascio invece l’idea di una identificazione su base etnica, perché nessun paese vasto presenta una unica origine etnica, figurarsi l’Italia che è stata terra di immigrazioni fin dai tempi dei villanoviani.
Il concetto di cultura ci spinge a valutare anche quello di “italicità”, già espresso su questo giornale da Umberto Laurenti; concetto complesso che indicherebbe una serie di valori e di modelli culturali riconducibili ad una cultura definibile come “italica” se non “italiana” in senso stretto, che genera sentimenti di appartenenza o di vicinanza anche presso gruppi e persone sparse per il mondo.   Per esserci, questa “italicità” deve fare riferimento a qualcosa “in comune” e “identificabile” al di là di certe sottigliezze storiche e soprattutto geografiche, in specie al tempo della globalizzazione.
Risultato immagini per l'italia di poeti ed esploratori

Sulla base di queste considerazioni, sorge la  domanda: possiamo ascrivere all’Italia in senso stretto la civiltà romana, il Rinascimento o le imprese di Colombo e di Vespucci?

La risposta credo che debba essere affermativa perché, al di là di certi formalismi, quel che conta è il generarsi in continuità storica di una cultura, cioè di un complesso di valori, di mentalità, di scelte, soluzioni, invenzioni, applicazioni, creazioni, riconducibili ad un territorio prevalente e associato all’uso di una lingua comune. E questo complesso geografico, storico, culturale e indispensabilmente linguistico crea una “nazione”.
Qualcuno ha messo in dubbio che esistano le “nazioni”, forse per un comprensibile rigurgito politicamente corretto contro l’uso distorto di questo concetto nel XX secolo, ma è un fatto che esse esistano e siano tuttora identificabili, nonostante i processi di standardizzazione indotti dalla globalizzazione. D’altronde lo stesso politicamente corretto insiste giustamente sul rispetto dei diritti e delle peculiarità culturali delle “nazioni” dei nativi americani. 
L’Italia, ancorché attraversata da latini, greci e bizantini, goti, franchi, arabi, mongoli e levantini, a partire dal IX secolo sviluppa una lingua comune e una progressiva sensazione di comune appartenenza storica. Insomma solo una battuta di Radetzky - pare neppure del tutto vera – può far pensare all’Italia come ad una mera espressione geografica, fino al 1861, e dopo questa data ad un semplice  stato sovrano delimitato da confini politici. 
Se pensiamo all’Italia come ad un insieme di territorio, cultura, lingua e storia, non si può negare allora il fatto che una Italia come “nazione” esiste da almeno duemila anni.
Anzi, anche oltre. Perché è vero, il vino nasce in Asia, ma già in antico parlando di vino si guardava alla penisola e il suo nome è di origine etrusca;
la democrazia non è nata in Italia, ma il diritto è di origine romana e italica;
è vero, tanti “antichi romani” in realtà erano nati in tutta Europa, ma è a Roma e alle sue tradizioni schiettamente italiche che guardavano;
il Rinascimento sboccia nelle città signorili, ma parla una sola lingua; 
il liberalismo è una invenzione franco-inglese del settecento, ma non ci sarebbe stato senza l’ideologia delle dignità e delle responsabilità individuale del Cristianesimo, così come è stata declinata in Italia dal XIII secolo e solo dopo da Lutero;
la navigazione è fenicia e greco-cretese, ma sono state la romanizzazione prima e le repubbliche marinare italiane poi a far esplodere i traffici commerciali internazionali (la lega anseatica viene dopo).  
Colombo è stato uno “spagnolo”, ma la sua sete di conoscenza nasce dalla cultura umanistica e rinascimentale italiana o italica che sia, quella votata alla scoperta, alla creatività, quella dell’homo vitruviano di Leonardo, forse innescata proprio dalle divisioni politico-geografiche della penisola.  
Insomma un’Italia c’è e c’era prima. I viaggiatori del Gran Tour lo sapevano bene e  ben lo sapevano anche i collezionisti, i mercanti e i predatori di opere d’arte che hanno riempito i musei di Parigi, Londra, Vienna, Leningrado o New York. Lo sanno i turisti che vengono a visitare Roma, Firenze, Venezia, Milano o Napoli. Lo sanno coloro che individuano ancora oggi in tanti prodotti di gamma alta – nella moda, nella tecnologia, nell’enogastronomia - la raffinatezza e la creatività proprie della cultura italiana. 
Non lo dico per spirito nazionalistico, quello lo si può riservare agli spalti degli stadi e semmai è materia per sovranisti in servizio permanente effettivo;  e non lo dico neppure con la passione forse istintiva, forse ingenua, forse eccessiva di qualche ragazza italiana.   Lo dico alla luce di quel concetto di “cultura” di cui si è detto, che è fondamentale per comprendere i fenomeni storici e sociali.
Altro è il discorso su come noi proteggiamo e valorizziamo il nostro patrimonio artistico, storico e culturale. Su questo, qualche riserva è giusto avanzarla; forse dipende dal fatto che quando si possiedono tanti beni, ci si abitua e si perde il senso vero del loro valore. Càpita anche in famiglia, magari con i biscotti; e ci sta capitando oggi, che riscopriamo il valore di una  stretta di mano o di un abbraccio. 
Peraltro, anche se  i beni culturali e artistici dell’Italia oggi rappresentassero “soltanto” il trenta per cento del totale, questa cifra avrebbe un valore meramente quantitativo, calcolato a partire da criteri complessi e talvolta discutibili.  Se guardiamo al sodo, alla loro qualità intrinseca per il progresso umano, i prodotti della cultura e dell’arte italiana o italica hanno certamente un peso maggiore.
Un’ultima notazione, sempre a proposito di prodotti identificativi di una “cultura”.

 Risultato immagini per l'italia  e la pizza

Ho girato il Mediterraneo in lungo e in largo e ne ho studiato la storia anche dal punto di vista del suo sviluppo culturale. Qualcuno ha scritto che la “pizza”, quella che conosciamo noi e il resto del mondo, è un vago prodotto mediterraneo: mi sembra un'affermazione – questa sì - un tantino qualunquista, un po’ azzardata e persino autolesionista. 
Perché al di là del fatto che ovunque sul pianeta possa essere stata ideata una forma schiacciata di acqua, farina e lievito (penso ad esempio all’area indo-persiana, già quattro millenni orsono), quella conosciuta in tutto il mondo come “pizza” è del tutto italiana, nasce a Napoli tra XVI e XVII secolo, con la diffusione europea del pomodoro, e si definisce nei canoni fondamentali odierni  a partire dal 1889 con la Pizza Margherita, intitolata così da un cuoco napoletano in onore della Regina d’Italia. 
Con buona pace di quel boy di Pittsburgh che credeva che la pizza fosse un tipico “american food”…
Francesco Mattioli, sociologo

lunedì 23 marzo 2020

Dove rifugiarsi in caso di III Guerra Mondale? Risponderei citando Totò: “ma mi faccia il piacere!”



...giorni fa mi sono imbattuto in un video che affrontava l’argomento di quali sarebbero i 10 paesi al mondo dove ci si potrebbe rifugiare nel caso scoppiasse la III guerra mondiale.

Il Video durava circa 5 minuti, quindi ogni paese veniva presentato in meno di 30 secondi. Indubbiamente l’autore era una persona intelligente, perché i 10 paesi erano scelti con un criterio assennato, ma non certamente analitico e comparativo, temo la scelta fosse esclusivamente geografico deduttiva. Probabilmente l’autore era fresco di studi, appassionato di geografia, ha raccolto pochi dati da qualche atlante e/o enciclopedia ed ha prodotto il video.


Scommetterei che si tratta di un adolescente intraprendente, che pur nella sua superficialità informativa (nonostante la delicatezza ed estrema importanza dell’argomento affrontato) in pochi giorni aveva avuto quasi 40 mila visualizzazioni. Evidentemente ha saputo sfruttare un tema che “tira”, e lo ha fatto con gli strumenti culturali di cui disponeva, cioè pochi, insufficienti, inadeguati alla responsabilità assunta.

La mia intenzione non è giudicare e condannare, anzi, l’adolescente ha fatto bene a destreggiarsi, col tempo forse migliorerà e fornirà prodotti più impegnativi. Quello che voglio rilevare è che ci sono fior di blogger che producono anche video, con tutti i crismi della competenza, mettendoci anche settimane per comporne uno, e che 40 mila visualizzazioni per loro sono un sogno. Quindi se è vero che internet è un ottimo mezzo di informazione cui attingere in alternativa ai mass media mistificatori e disinformativi, è anche vero che in esso non vige certo la meritocrazia, esattamente come nella realtà di tutti i giorni, conta molto anche la cosiddetta fortuna e l’opportunismo, saper cogliere il momento propizio per proporre un argomento che tira, anche se sull’argomento si ha ben poco da dire.

Del resto temo che non ci si soffermi abbastanza su un aspetto essenziale che è una condicio sine qua non per produrre video o testi dotati di “valore aggiunto”: l’esperienza e la conoscenza. Cioè quel minimo di consapevolezza che si acquisisce solo dopo parecchi anni di dedizione, cioè di letture, studio, analisi, valutazioni, presa di coscienza, autocritica, correzioni, ecc., che occorrono per pervenire ad essere in grado, con un’adeguata dotazione di strumenti culturali acquisiti nel tempo, di produrre contenuti degni di questo nome. Altrimenti il rischio è di cazzeggiare, e non ci sarebbe nulla di male nel farlo, per intrattenimento ed a volte per sbaglio, lo facciamo tutti, l’importante è non farlo abitualmente convinti invece di proporre contenuti validi.

In quanto all’argomento  di dove rifugiarsi nel caso scoppiasse un terzo conflitto mondiale, che tira parecchio come interesse, è già compromesso nelle sue stesse premesse, per ovvi motivi, anche statistico demografici, nel senso che se anche si pervenisse ad individuare dei luoghi dove le ripercussioni potrebbero essere inferiori, in ogni caso chi già si trova in quei luoghi si troverebbe di fronte al problema di concedere o meno ospitalità e a quanti? Dopo di ché sarebbe costretto a difendere i propri spazi vitali … 

Quindi l’ipotesi rimarrebbe inevitabilmente solo teorica, virtuale, astratta, tanto per far sfoggio di qualche sommaria conoscenza geografica, come indicare la Groenlandia come macroregione nella quale rifugiarsi (uno dei 10 paesi citati superficialmente nel video nei quali rifugiarsi). 

Peccato che il clima non sia ancora l’ideale e che ci sarebbero problemi per gli approvvigionamenti, e non oso pensare quanto verrebbero a costare (mai sentito parlare di mercato nero in tempo di guerra?). Inoltre per insediarsi in un numero consistente, come si dovrebbe presumere, dove rimediare i prefabbricati necessari, ed ad alta coibentazione?

Per intenderci, a meno che di riuscire miracolosamente ad insediarsi tutti quanti nella costa ovest e sud ovest (dal clima più mite), nel resto della massa continentale occorrerebbero prefabbricati come quelli utilizzati nelle stazioni scientifiche in Antartide o in Artide, leggermente costosi e non facilmente reperibili. Senza contare i problemi connessi alla logistica ed all’amministrazione delle comunità insediate. Con le inevitabili conflittualità che insorgerebbero…

Quindi sarebbe meglio evitare di affrontare argomenti così importanti con tanta leggerezza, come fosse un compitino assegnato a scuola.

Claudio Martinotti Doria – claudio@gc-colibri.com


sabato 21 marzo 2020

Contagio. Le cause nascoste e le conseguenze evidenti


Risultato immagini per duecento militari Usa a ottobre si trovarono a Wuhan


Che duecento militari Usa a ottobre si trovarono a Wuhan per i Giochi Olimpici Militari. Trarne motivo per una mega-operazione di controllo dell’epidemia scoppiata a Wuhan e rimasta sostanzialmente lì, parrebbe cosa ragionevole. E riuscita.

Tanto, che oggi i cinesi corrono in aiuto a mezzo mondo colpito da un virus, con ogni probabilità, di origine americana. Intanto Washington pretende che un possibile vaccino tedesco venga riservato ai soli Usa e ordina a mezzo mondo di impedire che tamponi, mascherine e farmaci giungano ai reprobi di Iran e Venezuela. Intanto noi abbiamo avuto la grazia di spedire 500mila tamponi, mancanti ai nostri sanitari, agli Stati Uniti, tramite aereo USAF da Aviano! Ci vuole altro per capire dove dovremmo fuggire?

Tamponare tutti, tampinare ognuno. E senza esercito che Stato di Polizia è?


Gli inetti, buffoni, arraffoni, e perciò famelici di “Pieni Poteri”, che dettano al Conte per ogni stagione (giallo-verde, giallo-rosa, giallo-nera) norme “più stringenti, drastiche, severe, rigorose”, hanno ottenuto, nel paese con più polizie per cittadino d’Europa, che ci venisse addosso anche l’esercito. Totalmente inutile, come prima, quando soldati smarriti e annoiati giravano su se stessi negli ingressi di metro e stazioni, ma servivano a preoccuparti. E questo è niente.

La National Security Agency (NSA), cupola dell’Intelligence Usa, il cui spionaggio universale ci fu rilevato da Edward Snowden, ci fa un baffo. Grazie al virus, ai cellulari e alle celle telefoniche, ora saremo tutti indistintamente sorvegliati, monitorati negli spostamenti e nelle abitudini di vita. E se sgarriamo, zac!, ci saranno le misure “più stringenti, più rigorose, più severe”. Con sulla testa la spada di Damocle dello spostamento dal carcere domestico a quello statale, ciò che ci rasserena è che si provvederà a coronavirusarci tutti. Basta un tampone, due linee di febbre e stai nel novero che serve.

Tele-tutto. Il corpo fermo va a male. Tanto non serve.


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O perché particolarmente zelante, o perché più aggiornato dal Conte Pippo, un carabiniere, alla mia esibizione dell’autocertificazione con scritto “spesa”, da fare a 200 metri da lì, mi ha così redarguito: “La spesa se la faccia portare a casa”. Ecco ci siamo: il teletutto ha vinto e Amazon e compari, che già tenevano in mano mezzo globo (esclusi russi, cinesi e i Guarany del Brasile) e avevano da soli più ricchezza di metà umanità, hanno fatto un’altra decina di pioli della scala verso il dominio assoluto...


Risultato immagini per duecento militari Usa a ottobre si trovarono a Wuhan

martedì 17 marzo 2020

Tutto andrà bene. Ora pro nobis


Risultato immagini per Medjugorje
Dove c’è virus c’è fede  

Mentre bottegai, artigiani, piccole e medie imprese, istituti e tutte le start-up dell’illusione cazzara postmoderna ripiegano nella miseria e milioni di precari e meno precari finiscono in strada, azzoppati dall’e-commerce e accecati dai bagliori che emanano dai depositi di Jeff Bezos (Amazon) e di tutto quanto è manovrato dal digitale e dai logaritmi… Mentre succede e sta per succedere tutto questo, degli psicoassediati, contenti di fare i gendarmi di se stessi e di avviarsi a un futuro di larve umane nel bozzolo che non sprigionerà mai più una farfalla, vanno a ballare, suonare, sventolare, cantare “Fratelli d’Italia” sui balconi e a ripetere sotto bacchetta del chierico di turno: “Tutto andrà bene, ora pro nobis”.

Un’ora “pro nobis” con cui il papa ha fatto capire chi comanda in questo paese annullando la chiusura delle Chiese ordinata dai vescovi in ottemperanza ai provvedimenti del governo. Chiese aperte, folle di fedeli, come quelle che, su ordine del cardinale Borromeo, nella peste del Manzoni, sfilarono in processione spargendo tra sé e la città i benefici germi della morte nera, però benedetta. 

Risultato immagini per papa gira per roma senza mascherina

Ma forse Bergoglio, che ha fonti altissime, ha capito che è tutta una panzana, ad usum delphini. Di costoro, letteralmente “fuori come un balcone”, una cosa si deve condividere: quando i loro evviva, plausi, grazie, vanno al corpo dei nostri sanitari e al loro formidabile impegno su una salute dei cittadini mandata da anni coscientemente in malora. Su questo siamo tutti d’accordo e anche sull’idea fattaci di chi li ha ridotti così.


Del resto, non è che in situazioni di minchionamento generale dove, per paura e disperazione, si prendono per buone le cose e le parole di coloro che fino a ieri sapevamo minchionarci giorno e notte, a loro pro e a nostra malasorte, non rispuntino i fiori neri di tempi già ritenuti bui, lontani, sepolti. Appena cedi un po’ del tuo potere illuminista del dubbio, ecco che ti si infilano coloro che da sempre acchiappano il potere per la coda. “In cauda venenum”, in coda il veleno delle superstizioni, visioni, madonne piangenti e sanguinanti e stronzate obnubilanti varie. Ed ecco al balzo sui nostri neuroni Radio Maria, inconveniente di disturbo su infinite frequenze, ma profondamente radicata nel sottosuolo apotropaico del nostro immaginario rettilesco. Soffusa del profumo di carni arrostite sui roghi, ci danna con la rivelazione che il virus è una delle piaghe inviate da dio a noi peccatori e, addirittura, infedeli, per convertirci. 


Risultato immagini per fulvio grimaldi in chiesa