venerdì 30 giugno 2023

Spinetta Merengo. PFAS obbligatori ...?

 


Solvay, costretta dal governo dello Stato del New Jersey, cessa nello stabilimento di West Deptford (Filadelfia) l’utilizzo dei Pfas negli Stati Uniti sostituendoli con nuove tecnologie. Il New Jersey, avendo rilevato l’inquinamento da Pfas in una vasta area adiacente allo stabilimento, ha portato in giudizio l’azienda, chiedendo bonifiche e danni. Nell’accordo Solvay sborserà 493milionidi dollari. La CEO di Solvay Ilham Kadri ha dichiarato che “l’indennizzo non va considerato come una ammissione di colpa”ma come disinteressato atto di filantropia. L’impegno di rinunciare all’impiego dei Pfas in tutti i siti di produzione degli Stati Uniti d’altronde era stato preso per il 2021.


Invece, a Spinetta Marengo, con la complicità di Comune, Provincia e Regione, Solvay ribadisce la sua decisione di non fermare le produzioni di C6O4 e ADV. A spese delle pompe funebri e servizio sanitario nazionale.

Rete Ambientalista - movimentodilottaperlasalute@reteambientalista.it





mercoledì 28 giugno 2023

Kosovo: situazione e prospettive...

 



Intervista esclusiva di Enrico Vigna a Zivadin Jovanovic, presidente del Forum Belgrado per un Mondo di Eguali, , ex Ministro esteri RFJ ed ex ambasciatore della RFJugoslava


D: La situazione in Kosovo Metohija è considerata forse la più difficile dall'aggressione Nato del 1999. Qual è la sua opinione/valutazione su quali passi concreti e realistici si potrebbero fare per trovare una “giusta” via d'uscita?


R: È passato un mese dall'escalation della situazione in Kosovo e Metohija. È stato innescato dal sequestro forzato delle cariche di sindaco municipale in quattro Comuni a maggioranza serba, da parte di nuovi sindaci, di origine albanese, recentemente eletti alle elezioni comunali locali. Le elezioni si sono svolte sulla scia dell'abbandono generale dei serbi dalle istituzioni, comprese quelle municipali, sotto le istituzioni gestite da albanesi a Pristina, che affermavano di appartenere al cosiddetto Kosovo. Questo è stato un gesto politico collettivo del popolo serbo, perché Pristina ha negato loro di vivere una vita normale. In secondo luogo, a quelle elezioni ha partecipato circa meno del 5% dell'elettorato, quasi esclusivamente di etnia albanese. I serbi hanno boicottato queste elezioni, protestando, tra molte altre questioni, per la militarizzazione dell'area, la confisca dei loro terreni privati e municipali per l'a costruzione di basi speciali delle forze albanesi, per l'insicurezza legale e fisica, per gli attacchi quotidiani e l'incarcerazione arbitraria di serbi, il mancato rispetto del 2013 e degli Accordi di Bruxelles del 2015 sull'istituzione della Comunità dei comuni serbi. Quindi, i sindaci albanesi neoeletti sono stati effettivamente imposti ai serbi che popolano esclusivamente o prevalentemente quei comuni. Per evitare il peggio, le cause devono essere rimosse.

Nel concreto, è necessario liberare tutti i serbi ingiustamente imprigionati, ritirare le forze speciali e chiudere le loro basi nei distretti popolati dai serbi a nord del Kosovo, ritirare i sindaci albanesi illegittimi e istituire la Comunità dei comuni serbi come concordato e firmato a Bruxelles nel 2015. La causa principale della crisi prolungata, tuttavia, è che i leader albanesi a Pristina non hanno interesse ad altro, se non al riconoscimento della cosiddetta "Repubblica del Kosovo" da parte della Serbia. Mentre la Provincia è ancora sotto mandato delle Nazioni Unite, la leadership albanese, sostenuta dai suoi promotori occidentali, ignora semplicemente la risoluzione 1244 (1999) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e qualsiasi accordo precedentemente firmato, continua a provocare continuamente i serbi, violando i loro diritti umani fondamentali come la sicurezza personale, la libertà di movimento, la proprietà privata. Circa 130.000 serbi nella provincia sono trattati come ostaggi nei ghetti, mentre altri 250.000 espulsi dalla provincia più di 20 anni fa, non hanno ancora il permesso di tornare alle loro case e proprietà. Sfortunatamente, i paesi occidentali, in primis Stati Uniti, Regno Unito e Germania, continuano a ignorare una realtà così inquietante. Apparentemente, non sono pronti a intraprendere passi concreti per far sì che la leadership albanese si conformi alla risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, agli accordi di Bruxelles e al rispetto dei diritti umani fondamentali nei confronti dei serbi. La loro politica dei doppi standard sembra ora punire la Serbia e i serbi per procura, per non aver riconosciuto la secessione illegale unilaterale del Kosovo e Metohija, per essere rimasti militarmente neutrali e per non aver adottato sanzioni contro la Russia.


D: Da più parti sia nel Kosovo Mettohija che fuori, si parla di una possibile guerra. Qual è il suo punto di vista.


R: Tutto quello che posso dire ora è che la Serbia e i serbi sono decisamente impegnati per la pace, una soluzione pacifica basata sui principi universali del diritto internazionale e sulla risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Nessuno dovrebbe aspettarsi che la Serbia riconosca la rapina della sua sovranità e integrità territoriale. È estremamente pericoloso che quegli stessi partiti che hanno condotto l'aggressione nel 1999 e imposto il riconoscimento della secessione criminale nel 2008, stiano ora cercando di costringere la Serbia a legalizzare tutto ciò, convertendo così retroattivamente le loro azioni in azioni presumibilmente morali, orientate alla pace e libere dall'espansionismo e dall’egemonismo. Pertanto, le provocazioni di Pristina, chiunque possa esserci dietro, devono cessare, i diritti umani dei serbi devono essere rispettati, gli accordi di Bruxelles firmati, devono essere attuati nella loro formulazione originale e il dialogo sulla normalizzazione deve essere ripreso.


D: In Serbia continuano le manifestazioni di alcune forze politiche contro il governo. Sono tentativi di una "rivoluzione colorata"?


R: Manifestazioni settimanali sono iniziate alcuni giorni dopo i tragici eventi dello scorso maggio in una scuola di Belgrado e nella città di Mladenovac, all'insegna del moto “Stop alla violenza”. Dopo Belgrado, ora circa 10 altre città tengono manifestazioni pacifiche simultanee chiedendo le dimissioni del ministro dell'Interno e del direttore dell'Agenzia per la sicurezza (BIA), la sostituzione dei membri del consiglio dell'Autorità di regolamentazione per i media elettronici, la sostituzione della direzione della TV pubblica RTS e altro. Non c'è dubbio che le forze politiche di opposizione dietro le manifestazioni mirano a cambiare l'intero governo. Insistono nell'installare un governo ad interim, prima, e poi tenere le elezioni. Il governo sembra pronto a indire elezioni anticipate ma rifiuta l'idea di un governo ad interim. Tutto questo coincide con le crescenti pressioni delle maggiori potenze occidentali sul leader serbo, rivolte a far riconoscere la secessione illegale unilaterale della provincia del Kosovo e Metohija, ad abbandonare la politica di neutralità militare e ad introdurre sanzioni alla Russia. Mentre continuano le manifestazioni antigovernative, gli ambasciatori di alcune potenze occidentali a Belgrado continuano a dichiarare pubblicamente che i serbi sanno che la Serbia appartiene completamente all'Occidente. È sconcertante che nessuno dell'attuale governo si sia avvicinato per ricordare loro che l'85% della popolazione serba è contro la NATO, che circa la stessa percentuale è addirittura contraria all'adesione all'UE se condizionata dal riconoscimento della secessione del Kosovo e Metohija. Oppure, per chiedere a tali ambasciatori se credono davvero che i serbi abbiano dimenticato chi aveva imposto loro negli anni ’90, le sanzioni più severe mai subite, chi aveva lanciato un'aggressione criminale nel 1999 che ha causato circa 4.000 vittime, ferito circa 10.000 persone, gettato 15 tonnellate di uranio impoverito , e così via?


D: Ricevo quotidianamente dalla Provincia del Kosovo e Metohija molte critiche, dubbi, perplessità e anche attacchi sull'operato del presidente serbo A. Vucic. Cosa ne pensa?


R: Sono d'accordo che ci sono ragioni per criticare la politica dell'attuale governo. Ad esempio, penso che sia necessario che la leadership serba sia esplicita nel chiedere la piena attuazione e il rispetto della risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che obbliga tutti i membri delle Nazioni Unite, compresi i membri dell'UE e della NATO, a rispettare l'integrità territoriale della Serbia. Il governo dovrebbe essere molto più attivo nelle sedi internazionali al fine di garantire una reale sicurezza e libertà per i serbi in Kosovo e Metohija. Parallelamente, c'è la necessità di un'iniziativa persistente per garantire il diritto al ritorno libero e sicuro di circa 250.000 serbi e altri non albanesi alle loro case e alle loro terre nella Provincia. Chi ha bisogno ora delle esercitazioni militari della Serbia con la NATO, nonostante la moratoria ufficiale? Da notare, però, che solo un anno fa Aleksandar Vucic è stato eletto Presidente della Repubblica al primo turno, per la seconda volta consecutiva. Anche il suo partito (SNS) ha vinto agevolmente tutte le elezioni dal 2012 ad oggi. Dovremmo essere consapevoli e imparare lezioni dalle esperienze storiche. Mentre tentiamo di risolvere problemi socioeconomici reali, migliorare gli standard di vita e democratizzare il governo, non dobbiamo ripetere gli errori di trascurare le posizioni dubbie di alcune forze di opposizione sul futuro status del Kosovo e Metohija, l'adesione alla NATO o le sanzioni contro la Russia. Credo che la Serbia debba continuare a bilanciare le sue relazioni politiche, economiche e culturali con tutti i paesi e perseguire le integrazioni che la accettano come un partner alla pari, difendendo costantemente il proprio interesse legittimo basato sui principi universali e sul diritto internazionale, e rimanere neutrale.

Grazie. Enrico Vigna, portavoce del Forum Belgrado Italia




martedì 27 giugno 2023

Riciclaggio della memoria. Appunti, tracce e storie di Ecologia Profonda, Bioregionalismo e Spiritualità Laica di Paolo D’Arpini - Recensione


Riciclaggio della memoria. Appunti, tracce e storie di Ecologia Profonda, Bioregionalismo e Spiritualità Laica di Paolo D’Arpini (Tracce editore)


Come un frutto maturo, dopo un lungo e meditato viaggio interiore, Paolo D’Arpini con slancio generoso e sincero porge all’attenzione di quanti leggeranno questo libro le sue attente e lucide riflessioni. Queste pagine ci rivelano l’anima dell’autore che si è nutrita di acute osservazioni, di dialogo e di confronto, aperto e trasparente, lungo i diversi percorsi della vita che ha condiviso con tanti ricercatori e spiriti liberi.

Egli conosce la potenza delle parole che sanno disegnare nuovi immaginari e suscitare intrepide emozioni, ma non ha voluto sedurci con parole suadenti e frasi barocche. La sua onestà intellettuale lo ha portato a soffermarsi sul significato originario dei singoli vocaboli senza attardarsi nelle sottigliezze del sofista. Il suo scrupolo gli ha suggerito un uso filologico corretto lasciando pochissimo spazio alle ambiguità della parola, nonostante ogni forma di linguaggio ne sia completamente immune. C’è sempre uno scarto, un resto tra linguaggio e messaggio, che non va minimizzato per una dinamica e parziale comprensione.

L’evidenza si fa spazio da sola nella mutevolezza delle forme, nel tempo e nello spazio, ma noi possiamo favorire il suo manifestarsi se la lasciamo fluire liberamente osservandola con un occhio scevro da pregiudizi e speculazioni strumentali.

Con questo libro, dopo anni di pratica attiva e una vita non certo ordinaria, nel senso che non è stata avara di esperienze, per usare un eufemismo, Paolo D’Arpini propone in modo chiaro, unitario e coerente la sua complessa e interattiva visione della vita, nella molteplicità dei rapporti che in essa si intrecciano

Michele Meomartino  (curatore editoriale) 

Per ricevere una copia del libro di Paolo D'Arpini scrivere a:  meomartinomichele@gmail.com



Dalla quarta di copertina a cura dell’Autore:

«La coscienza non può essere spiegata solo in termini di funzionamento fisiologico e sicuramente possiede una sua propria natura e realtà. L’osservato non è mai scisso dall’osservatore, l’immagine non può sostituirsi alla sostanza. L’individuazione mentale delle forme e dei nomi non basta a completare il quadro della vita dandogli un’interezza. Perciò alla ricerca di una matrice comune, a se stante ed allo stesso tempo onnicomprensiva, mi sono interrogato ed ho indagato sulla natura di colui che si interroga. Ho chiamato questo riflettere sulla riflessione: Spiritualità Laica.

Il mio percorso verso la realizzazione dell’unitarietà della vita è iniziato nel 1973, durante una profonda esperienza “spirituale” ottenuta alla presenza del mio Maestro Swami Muktananda. Da quel momento imparai a riconoscere l’ambiente, le persone, tutto ciò che si manifesta nel mondo, come una proiezione della stessa coscienza. Coscienza e materia non sono separati. In considerazione di ciò la mia vita assunse nuovo significato e non vedendo divisione fra l’io e l’altro anche il mio agire si uniformò a questa consapevolezza. Tutto si manifesta in ogni singola parte e ogni parte compartecipa al tutto. In seguito trovai che questa percezione aveva una somiglianza anche con le descrizioni del sentire bioregionale e dell’ecologia profonda.

Mettere in pratica questo sentire olistico è lo spontaneo risultato di quella esperienza iniziale, ma non è un sentiero tracciato, è essenzialmente una capacità di rispondere alle diverse situazioni nel modo più adeguato senza dover ricorrere al costruito basato sulla memoria. Non che la memoria diventi inutile o dannosa, anzi acquista nuovo significato in considerazione dell’arricchimento che essa ne riceve ad ogni nuova esperienza, senza dover sottostare all’obbligo di una corresponsione con esperienze precedenti, in modo che non sia una trappola nella quale restare invischiati. Il riciclaggio della memoria è la capacità di recuperare in altre forme quei modi che servirono alla soddisfazione di altre e diverse esperienze e situazioni. Non quindi memoria nella ripetitività del discorso ma nell’accrescimento della capacità di risposta. Inutile cercare di dare dettagliate spiegazioni… si potrebbe solo definire: capacità di crescita.»


Paolo D'Arpini  al lavoro

lunedì 26 giugno 2023

Petizione contro la pesca a strascico

 


La pesca a strascico devasta i nostri preziosissimi ecosistemi marini e causa più danni irreversibili ai fondali marini di qualsiasi altra attività dell’uomo in tutto il mondo.[3]

E la cosa peggiore è che, la pesca a strascico disturba i sedimenti che assorbono il carbonio e uccide le piante e gli animali marini che assorbono il carbonio dall'atmosfera.[4] Così si annulla la capacità degli oceani di assorbire l'anidride carbonica e neutralizzare naturalmente il cambiamento climatico.[5]

Per anni abbiamo lottato contro l'avidità del settore ittico industriale per ottenere il divieto sulla pesca a strascico. Insieme, abbiamo raccolto le firme per una petizione su larga scala, siamo apparsi in prima pagina sul giornale Politico di Bruxelles, abbiamo contattato i nostri europarlamentari in occasione di una votazione cruciale e inviato migliaia di messaggi, cartoline e consegnato un libro pop-up al Commissario europeo per l'Ambiente, gli Oceani e la Pesca![6]

Alla fine, l'UE ha promesso che vieterà questa pratica distruttiva nelle aree marine protette nei prossimi anni.

Quando i nostri ministri si incontreranno la prossima settimana, è importante che sappiano cosa ci aspettiamo da loro: la protezione dei nostri mari. Con l'adesione al nostro appello di pescatori responsabili e impegnati a favore della comunità, di aziende rispettose dell'ambiente come Patagonia e di influencer digitali, ora siamo ancora più forti!


Firma la petizione: https://you.wemove.eu/campaigns/stop-alla-pesca-a-strascico?utm_campaign=20230614_IT&utm_medium=email&utm_source=civimail-55522

Facciamo in modo che i nostri ministri sappiano che c'è un grande movimento che chiede loro di mantenere le promesse fatte.




giovedì 22 giugno 2023

USA. L'ambasciatore russo Anatoly Antonov risponde sui costi di ricostruzione dell'ucraina...

 


Londra. Dichiarazioni di vari partecipanti occidentali alla  due giorni dedicata alla ricostruzione dell'Ucraina:
Zelensky: "Abbiamo bisogno di cose concrete" dice il presidente ucraino, che ha esortato i convenuti a raggiungere un accordo adeguato sulla ricostruzione del Paese.
Blinken: Il Segretario di Stato americano ha dichiarato che "la Russia alla fine si accollerà i costi della ricostruzione dell'Ucraina".
Sunak: "La Russia deve pagare per aver distrutto l'Ucraina, per questo stiamo lavorando a un progetto che consentirà di utilizzare i beni russi congelati".
Baerbock: "Intanto vogliamo che l'Ucraina vinca questa guerra, quindi la sosterremo finanziariamente, politicamente e con il trasferimento di armi e munizioni".
Von der Leyen: La proposta di utilizzare le risorse russe congelate in occidente per ricostruire l'Ucraina sarà pronta prima della pausa estiva".



L'ambasciatore  russo in USA, Anatoly Antonov,  risponde sui costi di ricostruzione dell'ucraina...


Domanda: "Ambasciatore Antonov, come può commentare la dichiarazione del Segretario Blinken secondo cui la Russia deve sostenere i costi della ricostruzione dell'Ucraina?"

Anatoly Antonov: "Il conflitto ucraino è il risultato di anni di sforzi deliberati da parte degli Stati Uniti per creare un focolaio di tensioni ai nostri confini, per trasformare l'Ucraina in "anti-Russia".

Qui si vuole ignorare la verità: sostenendo il colpo di Stato anticostituzionale a Kiev nel 2014, Washington e i Paesi occidentali hanno provocato la crisi, che dura da nove anni. Ora gli Stati Uniti sono ancora più attivi nel fomentare il confronto. Riempiono l'Ucraina di armi potenti e stroncano sul nascere qualsiasi iniziativa pacifica.

Ciò significa che l'amministrazione USA è pienamente responsabile di quanto sta accadendo in Ucraina. Per questo spetta agli Stati Uniti ricostruire il Paese. Solo che, mentre è ancora possibile pagare le case distrutte con l'aiuto delle armi americane, come farà Washington a valutare le vite di persone innocenti? Come faranno gli Stati Uniti a regolare i conti con gli ucraini, che stanno spingendo ad assalti frontali sconsiderati nella cosiddetta controffensiva di questi giorni?

Colpisce in particolare la facilità con cui i nordamericani sperperano denaro per gli ucraini. Il Pentagono può permettersi di "sovrastimare" il costo delle attrezzature militari fornite a Kiev, sbagliando i suoi calcoli di diversi miliardi di dollari.

☝️ Gli Stati Uniti prolungano lo spargimento di sangue e provocano la Terza Guerra Mondiale attraverso il coinvolgimento de-facto dell'Occidente nel conflitto."






mercoledì 21 giugno 2023

Alcune poesie e riflessioni di Paolo D'Arpini

 


Se talvolta ti ricordassi di me

Se talvolta ti ricordassi di me,
sapresti chi sono?

Brandelli di emozioni pensieri,
nell’eterno presente,
la coscienza appare inaspettata
e se ne va inaspettatamente.
Ma c’è “qualcuno” che osserva l’andirivieni.
Brandelli di emozioni pensieri,
appiccicati assieme fanno il puzzle dell’io,
disintegrati granelli di polvere
se l’io non c’è.
E’ questo il soggetto?
Io, come dove quando perché, chi…

....................

Lo vedo..


Quel Giano bifronte
sorride e ghigna
attira l’attenzione con gli opposti.
E’ qui presente
davanti a me
lui in me come io in lui.
Siccome è doppio
bianco e nero
buono e cattivo
mi piace e non mi piace.

Lo vedo..
Come un pensiero
che sorge dagli umori
automaticamente consequenziale,
perchè preoccuparsene ?

.................

Stato intermedio

Trasforma l’aggressività
dell’io affermativo
in coraggio stabile
nel vivere le contingenze.

Trasforma l’ottenebramento
che porta all’oblio di sé
in distaccata percezione
dei fenomeni.

Trasforma la distinzione
fra alto e basso
in quel punto senza centro
nè circonferenza.

Trasforma la relazione
di soggetto ed oggetto
in miracolosa proiezione
della mente.

.................

Ma insomma cos’è questa spiritualità laica?

Serve a qualcosa continuare a parlarne come fosse un percorso, una via per andare da qualche parte per giungere a delle conclusioni di vita?

Nel cielo non vi sono strade c’è solo vuoto spazio.

Nello spirito, nella coscienza , così come nel cielo, non c’è percorso e quindi anche parlare di spiritualità laica sottintendendo che ci sia un modo di impostare la ricerca interiore attenendosi a delle norme o respingendone altre è pura vanità, è finzione.

Tutto avviene per conto suo, sulla base di una spinta evolutiva interiore, credere in una via e pensare di essere nel giusto è la prerogativa di ogni percorso. Ma non serve nemmeno indicare le incongruenze di questa o quella religione, di questo o quel credo. Finché c’è qualcuno che crede in una religione non si può far a meno di riconoscere che per lui la verità del sè è un miraggio. Credere in questo o credere in quello è solo credere. Ma possiamo affermare di “credere” nell’esistenza, di “credere” nella nostra coscienza?

Noi esistiamo e siamo coscienti, non crediamo di esserlo.

L’io è un segno, ognuno di sé dice “io sono”, questo segno è comune a tutti, il resto è solo pensiero aggiunto. L’io è lo stesso per tutti. Essendo questa la verità a che serve legare l’io ad una specifica forma pensiero, ad un concetto? Tutto è nell’io. La forma individualizzata dell’io è come la coscienza di una cellula nel corpo. Ovviamente nella consapevolezza di sé, come organismo unitario, quella cellula è solo un aspetto, una base esperienziale dell’io. Ed allora dov’è la differenza fra l’individuo ed il tutto? Quell’io da cui ogni pensiero emerge e che è in grado di riconoscere ogni pensiero è lo stesso io in cui tutto si scioglie.

Quando dormiamo percepiamo molti personaggi, li vediamo separati da noi, consideriamo noi stessi e gli altri come separati, ma è così realmente? Possiamo ragionevolmente affermare di essere separati dai personaggi del nostro sogno?

Infatti ignorare che tutto è Uno è come sognare.

Risvegliarsi alla conoscenza di sé è chiamare questo fatto “spiritualità laica” è solo un modo di dire, dal punto di vista dell’esperienza non può essere dato un nome, quindi spiritualità laica è solo una descrizione dell’indescrivibile.

Diceva un maestro zen “il dito che indica la luna non è la luna”.

Paolo D’Arpini 




............

Ecco dabbasso una poesia che amo molto:

Ci sono così tante luci abbaglianti
nel negozio di lampade
del cervello morente;
dimenticati di loro.
Concentrati nell’essenza,
concentrati nella luce.
La luce fluisce verso di te da tutte le cose,
tutte le persone, tutte le possibili combinazioni
del bene e del male, tutti i pensieri
e tutte le passioni.
Le lampade sono diverse ma la luce è la stessa.
Una sostanza, un’energia, una luce, una mente-luce,
che emette tutte le cose, senza fine.
Un diamante rotante e bruciante,
uno, uno, uno.
Spogliati davanti al silenzio avvolgente ed amorevole.
Resta lì,
finché non vedi la luce con i suoi stessi occhi eterni.

Jalaluddin Mohammad Rumi
(santo poeta persiano del XIII° secolo)



martedì 20 giugno 2023

U.S. Imperialism and Zionism Face Growing Resistance in the Middle East

 


In the 21st Century, Zionist violence has been on the rise in Palestine as well as Palestinian resistance. Meanwhile, U. S. Imperialism has consumed the surrounding countries with war and poverty. U.S. meddling, proxy wars, occupations and sanctions, have played a major role in supporting repressive regimes and opposing resistance movements.


Three women from Palestine, Lebanon and Syria talk about the devastating effects of the Zionist occupation of Palestine and U.S. imperialist interventions in the region, and the rise of popular resistance. What is the “Axis of Resistance”, how is it related to the changing world currently unfolding around the globe, and how has it changed the balance of power in the Middle East, giving hope to peoples oppressed for nearly a century by Western Imperialism.

Wednesday, June 21: Click here to Register!

lunedì 19 giugno 2023

Solvay e gli amici "democratici" dei PFAS...



Il Disegno di Legge dell’ex senatore Mattia Crucioli  presentato nella precedente legislatura detta “Norme per cessazione della produzione e dell’impiego dei Pfas”. Insomma li mette al bando in Italia. Vieta la produzione, l’uso e la commercializzazione di PFAS o di prodotti contenenti PFAS, ne disciplina la riconversione produttiva e le misure di bonifica e di controllo. Insomma assume le istanze di tutti i Movimenti, Associazioni e Comitati, che da anni si battono per eliminare questi cancerogeni bioaccumulabili e persistenti, praticamente indistruttibili, dalle acque, dall’aria, dagli alimenti, insomma dal sangue dei lavoratori e dei cittadini altrimenti ammalati e uccisi.

Il DDL Crucioli giace sepolto in parlamento.  A loro volta, in queste ore, alcuni senatori del PD, tra cui Andrea Crisanti, hanno annunciato la presentazione di un Disegno di legge “edulcorato” che non imporrebbe la fermata immediata delle produzioni PFAS di Solvay ma “un graduale percorso di uscita per le aziende che utilizzano i Pfas fino ad uno stop definitivo per quelle non essenziali, comunque in linea con le direttive europee di prossima pubblicazione”.

Queste direttive sono quanto mai aleatorie, sapendo che questo piano europeo, pur proiettato nei tempi lunghi, sta fallendo: è quanto sostengono l’associazione ClientEarth e l’Ufficio Europeo per l’Ambiente (EEB) – una rete composta da 180 organizzazioni ambientaliste – sulla base di un rapporto che ha analizzato i progressi fatti ad un anno dalla messa a punto del progetto della Commissione europea.  Insomma, di fatto, il “DDL Crisanti” sarebbe un altro rinvio della soluzione: in linea con i governi precedenti.

Ovvero è la riprova del peso della Solvay sulla politica visto anche nella recente conferenza alla Camera dei deputati delle Associazioni e dei Comitati che hanno presentato il Manifesto europeo per l’urgente messa al bando dei Pfas e chiesto al Parlamento una ancor più urgente legge per la messa al bando dei Pfas in Italia.  Infatti alla conferenza era completamente assente la maggioranza del Parlamento, cioè il governo. Mentre la minoranza presenta il “DDL Crisanti”.


Rete Ambientalista




domenica 18 giugno 2023

La sintesi della carne...



...Poi c’è la storia dei maiali, anzi, dei porci,  qui portata alle sue sorprendenti conclusioni. Denunciare l’obbrobrio degli allevamenti, le infamie dei trattamenti degli animali! 

Ma che bravi! Peccato che il nobilissimo obiettivo abbia un movente che ne è la negazione: basta carne di maiale, ma viva la carne da laboratorio! Quella sintetica, quella di Bill Gates e di altri massacratori di tutte le nostre buone cose. 

E’ l’eroica cronista che ha affrontato per Report le intemperanze dei cattivoni allevatori? E’, dal 2008, nei Radicali Italiani, embedded con Emma Bonino a sua volta embedded con George Soros. Che è anche il finanziatore e padrino di Avaaz, ONG statunitense, impegnata a fiancheggiare le guerre imperiali in giro per il mondo, con pause per difendere gli orsi polari, o gli alberi del parco sotto casa. La cronista anti-allevamenti di Report, sempre nel 2008, né è diventata la responsabile italiana.  

Capito mi hai? Tout se tien, dicono i francesi


Fulvio Grimaldi




venerdì 16 giugno 2023

Kosovo. Trappola mortale...

 


In questi ultimi giorni sono stato quotidianamente in contatto con i nostri referenti sul posto e con gli esponenti politici, sociali, militari, sindacali, religiosi e i rappresentanti delle enclavi, con cui sono in relazione da sempre. Premetto questo per spiegare che questo articolo non è frutto di mie personali convinzioni, ma è una sintesi, sicuramente carente e limitata, di telefonate, scambi di mail, domande, analisi tratteggiate, supposizioni, ma che sono le valutazioni dalla parte dirigente della società serba, anche con differenze politiche tra loro, che ho cercato di riportare, ma che hanno un valore indubbiamente profondo e concreto, perché arrivano “dal campo”.

La situazione è sotto gli occhi di tutti, quindi è inutile sprecare righe, anche perché nelle piazze è in continua evoluzione, ritengo e mi chiedono di sottolineare e far circolare ovunque possibile, la concezione che un concreto impegno di PACE deve fondarsi su alcuni semplici ma fondamentali punti per un negoziato reale e paritario, soprattutto non contestabile da alcuna persona onesta intellettualmente ed eticamente. Con i ferventi fondamentalisti dell’atlantismo e del mondo unipolare egemonizzato dall’occidente, ritengo sia inutile discutere. Questi semplicemente difendono i privilegi occidentali e le ingiustizie perpetrate dai tempi del colonialismo ad oggi.

Per fermare scenari di guerra, come sempre i passaggi sarebbero semplici,…se si cercano soluzioni di pace, ma il mondo unipolare dominato dalla potenza USA ha bisogno di guerre, e anche in Kosovo questo emerge chiaramente, se si vuole vedere o lo si cerca di comprendere.

Questa situazione è il FRUTTO, da un lato del fallimento completo di 24 anni di gestione NATO e USA, della situazione da loro creata e gestita, a partire dalla distruzione pianificata della Jugoslavia, poi dell’aggressione alla Repubblica Federale Jugoslava e poi della gestazione di questa creatura statuale illegittima, qual è “Kosova stato”, riconosciuta solo dai paesi succubi o complici di USA e NATO ( neanche tutti, come Spagna, Romania, Slovacchia, Grecia e Cipro).

La CAUSA della situazione attuale parte dalla criminale e arrogante aggressione del 1999 (per non dire del 1991) della RFJ, che troppi “casualmente” non ricordano o non menzionano.

E’ stato frantumato un paese, che pur tra mille contraddizioni, limiti, errori rappresentava comunque una esperienza di convivenza politica, culturale e storica tra le più avanzate del mondo.

La provincia autonoma del Kosovo Metohija, era abitata da 14 minoranze con pari diritti, con decine di giornali e riviste nelle lingue nazionali, programmi televisivi specifici, giurisprudenza adattata alle minoranze, decine di partiti politici, tutte le fedi religiose rispettate e agevolate, centri culturali e associazioni etniche finanziate dallo stato, diritti sindacali e repressione di qualsiasi manifestazione di razzismo, odio etnico o religioso, ecc. ecc. Proprio in questi giorni è uscito un mio libro (“Kosovo 1999. Albanesi e milizie kosovare albanesi di autodifesa” – Ed. La Città del sole) con la documentazione mediante atti ufficiali e inoppugnabili, di cosa era il Kosovo fino al ’99 e come lo hanno distrutto e reso quello che è oggi.

La SITUAZIONE sul campo secondo i nostri referenti lì, è di altissima tensione, non solo per gli scontri, i feriti e gli arresti, ma per un contesto generale in cui sanno di essere parte, che può evolvere in diversi scenari, ma dove i prezzi da pagare saranno sicuramente alti e feriranno comunque la loro identità serba, comunque vada. E proprio in questi giorni il reggente della NATO a Pristina A. Kurti, ha dichiarato di avere una lista di almeno mille serbi che devono essere arrestati. E intanto nelle enclavi del Metohija, sono ricomparse le scritte UCK sui muri e sulle case dei serbi, vengono bruciate macchine, distrutti i murales serbi, strappati gli ultimi simboli serbi rimasti.

Il 29 maggio, il ministro della Difesa serbo M. Vucevic ha dichiarato che l'esercito del paese ha completato la predisposizione al combattimento ed è pronto a svolgere qualsiasi compito assegnato dal presidente, aggiungendo che la situazione ha raggiunto il culmine della tensione e che potrebbe trasformarsi in un conflitto armato. Secondo il presidente serbo Vucic “…Albin Kurti, sta cercando di diventare il "Vladimir Zelensky” locale, ostentando un comportamento irresponsabile, non evitando dichiarazioni provocatorie. Cosa che i serbi sicuramente non tollereranno e che può sicuramente provocare scontri di massa…”.

Tutti collegano questa impennata provocatoria e violenta delle autorità di Pristina, alla situazione ucraina, all’obbiettivo di piegare il governo serbo all’adesione alle sanzioni e quindi al distacco dalla storicamente e spiritualmente fraterna Russia. Che, va ricordato è ferma sull’impedire il riconoscimento del Kosovo e la sua indipendenza negli ambiti internazionali, quindi un ostacolo imprescindibile all’amputazione e sconfitta totale della Serbia, indicando nella Russia il mandante e beneficiario delle tensioni. Ma nei fatti è proprio così?

POSSIBILI SCENARI:

comunque la si pensi o si anelerebbe, al di là che il popolo serbo sta vivendo da 24 anni una efferata ingiustizia e ha subito una montagna di falsità e menzogne, se si vuole affrontare realisticamente e fattualmente questa conflittualità irrisolta e pianificata dall’egemonismo occidentale targato USA/NATO, PER ORA, in questa fase, l’unica via per la Serbia è quella di mantenere aperto ed attivo il fronte negoziale e diplomatico con l’ONU e la UE, restando ferma a livello internazionale sulla Risoluzione 1244 dell’ONU, pur essendo ormai solo carta. Puntando sulle contraddizioni e frizioni dentro essi, pur coscienti del ruolo di questi. In Serbia la stragrande maggioranza della popolazione (i sondaggi dicono di un 75/80 %), sa che sarebbe giusto e legittimo riprendersi la provincia con qualsiasi mezzo e ridargli uno status di legalità interni al Diritto internazionale ed alla Costituzione serba, con il ripristino dei diritti civili, sociali, politici e religiosi, ma la realtà sul campo e intorno al paese, ne indica l’impossibilità.

Nell’ultimo anno, la Serbia è sottoposta a pressioni e ricatti senza precedenti da parte di USA/NATO/UE, Chiedendo di non opporsi all'adesione del Kosovo alle organizzazioni internazionali, comprese le Nazioni Unite, per stabilire relazioni di buon vicinato basate sull'uguaglianza, il rispetto reciproco della sovranità e dell'integrità territoriale, per il riconoscimento reciproco dello stato e simboli nazionali, stabilendo relazioni quasi diplomatiche. Con il pretesto della "normalizzazione delle relazioni" l'Occidente, guidato dagli Usa, cerca infatti di obbligare la Serbia a riconoscere de facto il nuovo stato del Kosova prodotto dall'aggressione NATO del 1999. Promesse di adesione all'UE, alla NATO,investimenti e donazioni vengono sfruttati per indurre la Serbia a riconoscere la secessione di una parte del proprio territorio statale, rinunciando così a tutti i diritti basati sul Diritto internazionale, sulla Carta delle Nazioni Unite, sulle garanzie del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite nonché sulla propria Costituzione. Tutte queste richieste sono contenute nel cosiddetto "Accordo sulla via della normalizzazione delle relazioni tra Kosovo e Serbia" presentato alla Serbia il 27 febbraio 2023 e confermato il 18 marzo 2023 a Ohrid, in Macedonia settentrionale, sotto forma di un ultimatum fluido. È interessante notare che questo ultimatum, accompagnato dalle minacce di misure e restrizioni economiche, finanziarie e di altro tipo in caso di mancato rispetto, è stato poi confermato dal Consiglio europeo il 24 marzo 2023, data in cui esattamente 24 anni fa la NATO iniziò a bombardare il paese balcanico.

Per cosa? Per esempio, in questo modo il Kosovo potrà entrare nella NATO e persino unirsi alla formazione della Grande Albania; decretare la completa occupazione NATO dei Balcani, inglobando Serbia e Bosnia-Erzegovina, depotenziando la Repubblica Serba di BH. Ecco che così sarebbe allontanata e spazzata via la presenza e l’influenza russa e cinese nei Balcani; in questo modo sarebbe anche aggirata la riserva dei cinque Stati membri dell'UE (quattro della NATO) che finora non hanno riconosciuto la secessione unilaterale del Kosovo, ristabilendo così anche l'unità all'interno dell’alleanza.

Il disegno di USA e NATO, comprende una rivoluzione colorata in Serbia con l'aiuto degli albanesi del Kosovo. In questi anni la NATO ha addestrato gli ex combattenti terroristi dell’UCK, trasformandoli in polizia, corpi speciali e di fatto in forze armate. Stanno perseguendo una politica volta a preparare gli albanesi del Kosovo per una guerra per procura contro la Serbia. Come in Ucraina i neonazisti ucraini hanno la funzione di “carne da cannone” per i loro obiettivi e interessi geopolitici, qui stanno perseguendo una politica volta a preparare gli albanesi del Kosovo a una guerra e a organizzare una rivoluzione colorata in Serbia. Se ciò avvenisse i Balcani si trasformerebbero in un piazzaforte per lo scontro finale contro la Russia.

Ma una opzione di guerra e scontro frontale, pur possibile come opzione ultima se imposta militarmente dalla controparte USA, sarebbe per il paese balcanico, stremato e immiserito da oltre vent’anni di sanzioni ed embarghi, una prospettiva disastrosa e distruttiva. Potrebbe contare su un sostegno concreto e materiale solo dalla Russia, come già stato dichiarato e scontato, ma la Serbia sarebbe isolata e sola materialmente, in uno scontro con le forze NATO e i terroristi dell’UCK, ormai un buon esercito addestrato e formato in questi anni sotto mentite spoglie o sofismi, circondata completamente da paesi con governi ostili e già parte della NATO, non potrebbe ricevere nemmeno un aereo o un solo contingente di aiuto militare. Il Kosovo non è il Donbass, che ha un confine alle spalle amico e militarmente determinante.

Il Ministro degli Esteri russo Lavrov, parlando in una conferenza stampa a Nairobi, ha definito il nuovo aggravamento del conflitto tra Serbia e Kosovo, come una situazione allarmante
Secondo
Lavrov, i paesi occidentali si stanno sforzando di "soggiogare chiunque esprima in qualche modo la propria opinione, è necessaria una soluzione geopolitica che assicuri che nessun blocco, inclusa la NATO, abbia il diritto di rivendicare il dominio in questa parte del globo. I serbi difendono i propri diritti nel nord della provincia autonoma del Kosovo".

Un altro particolare che non si trova mai nelle analisi di studiosi di qui, è il dramma delle enclavi del Metohija dove vivono migliaia di serbi e rom, come mi ha detto un ex ufficiale della polizia serba in Kosovo, questi, in caso di guerra sarebbero come agnelli circondati da lupi, senza protezione e senza possibilità di ricevere aiuto, come ha detto anche in televisione sarebbero sgozzati. Questo non è un pensiero astratto è un dato di fatto.

Tenendo conto della situazione al momento, la strada più realistica per la Serbia è riaffermare una politica estera indipendente, neutrale ed equilibrata, preservando e rafforzando le relazioni con i tradizionali amici e alleati, rimanendo aperta a relazioni paritarie e alla cooperazione con tutti i paesi e gli organismi che sostengono la Serbia come partner paritario.

Per questo ritengo che decisivi e determinanti saranno il ruolo che assumeranno la Cina, la Turchia e l’Ungheria.

PERCHE’:

la Cina per tre motivi basilari, uno è la progettualità strategica che ha messo in piedi nel mondo e su cui punta, ed è quella relativa alla “Via della Seta”. Con la sua posizione geostrategica nei Balcani la Serbia è interna a questo. Il secondo motivo è la necessità della difesa dei sempre più rilevanti e onerosi investimenti economici fatti nel paese, con altri già in cantiere. Il terzo motivo è la progettualità ormai dispiegata e in pieno sviluppo di un blocco di paesi, pur differenti tra loro, interni a una strategia di costruzione di un mondo multipolare, che si contrappone e contrapporrà sempre più frontalmente, ai trenta paesi (più pochi altri sottomessi) del blocco occidentale ed atlantista che cercano di difendere l’egemonismo, ormai in crisi evidente, degli USA.

L'ambasciatore cinese Chen ha affermato che la situazione in Kosovo è molto preoccupante: " La Cina sostiene e sosterrà gli sforzi della Serbia per preservare l'integrità territoriale e la sovranità e si oppone alle azioni unilaterali delle istituzioni temporanee a Pristina, alle quali chiede di adempiere ai propri obblighi…”. Dichiarazioni che indicano il sostegno aperto alla Serbia.

Poi c’è la Turchia, per il ruolo assunto da Erdogan negli ultimi tempi, di mediatore di conflitti a tutto campo, non certo per bontà o magnanimità politica, ma semplicemente perché sa che di USA e NATO non si può fidare, e i motivi si sanno.

Proprio in questi giorni è arrivata in Kosovo come contingente della KFOR/NATO, la 65° Brigata di Fanteria meccanizzata formata da militari turchi e, inaspettatamente la popolazione serba kosovara e anche gli esponenti locali serbi, l’hanno accolta con favore, denunciando che il comportamento finora dei militari polacchi, statunitensi, inglesi, tedeschi e altri della KFOR, è sempre stato di ostilità, disprezzo e forme di razzismo verso i serbi. E di questo ne sono stato testimone oculare nei miei viaggi nelle enclavi. Anche la presidenza serba di Belgrado ha sottolineato che la Turchia è un partner estremamente importante per la Serbia, non solo a livello bilaterale, ma anche sulla scena politica internazionale. Per le sue mire da “sultano” moderno e guida delle comunità musulmane sunnite, quale vorrebbe essere, per la Serbia, come si porrà (finora lì ha avuto una politica costruttiva), ha una enorme importanza, molti si dimenticano che la Serbia ha una bomba ad orologeria interna al paese, si tratta del Sangiaccato di Novi Pazar, una provincia a sud del paese, abitato da una stragrande maggioranza di musulmani, essendo stato fino alla fine dell’Impero ottomano nel 1913 sotto la Turchia, e dove la situazione è da decenni incandescente, con tensioni latenti ma anche visibili, già sfociate nei primi anni del duemila anche in azioni di terrorismo e richieste di indipendenza. Qui, per Belgrado, come si porrà Erdogan sarà un altro fattore di equilibrio o ulteriore squilibrio e conflittualità.

Poi lUngheria, perché in questo ultimo anno Orban, che resta quello che è sempre stato, ma è una contraddizione interna costante per NATO, UE e USA, persegue un suo coeso percorso di difesa dell’indipendenza, della sovranità e degli interessi nazionali ungheresi in primis, e questo in un mondo unipolare non può andare bene agli interessi egemonici statunitensi. E’ un problema. Per la Serbia potrebbe essere al contrario una risorsa a favore.

MA C’E’ UN NODO/PROBLEMA TITANICO…

Come sottolineato dall’ex Ministro esteri jugoslavo e diplomatico Z. Jovanovic: “…La Serbia e il popolo serbo si trovano di fronte al tentativo UE/USA di una bufala storica. La soluzione non sta nell'accettare questa bufala adducendo come scusa il mantenimento della pace e delle prospettive di progresso e di una vita migliore. Qualsiasi soluzione che sia intrinsecamente ingiusta e imposta sotto minaccia e frode e che serva al confronto globale, può essere tutt'altro che un fattore che contribuisce alla pace, allo sviluppo e a una vita migliore...L'UE ha mostrato il suo vero volto già nel 2013, costringendo la Serbia a ritirare le istituzioni statali nel nord della provincia, la polizia e magistratura comprese, con la promessa di formare la Comunità dei comuni serbi ( ZSO). Sappiamo tutti cosa ne è seguito, e in particolare l'esito della promessa non mantenuta della NATO di non consentire il dispiegamento di armi a canna lunga da parte di nessuno a nord: non solo abbiamo visto armi a canna lunga, ma abbiamo visto anche campi militari, accaparramento di terra e militarizzazione nel nord! Dieci anni dopo, UE/USA offrono di nuovo le promesse della CSM, questa volta incluse dentro un pacchetto, cioè la 'Proposta-Accordo UE' e che il CSM dovrebbe essere conforme alla Costituzione del cosiddetto Kosovo”. Ma ci dicono per rassicuraci che ci saranno garanzie! Di chi?! Di quegli stessi che prima li hanno sottoscritti ma mai onorati?! Le promesse di investimenti e donazioni se la Serbia dovesse rinunciare ai suoi diritti statali su una parte del suo territorio statale, a scapito della sua dignità e identità, è un esempio di aggressività esercitata dalla rinnovata mentalità neocoloniale e neorazzista e dalla totale ipocrisia, che abbiamo creduto erroneamente fosse da tempo consegnata alla storia.
Il tempo in cui viviamo ha un significato storico. Richiede che la Serbia sia ispirata e rafforzata dalle sue più grandi imprese nelle svolte storiche più estenuanti, per tornare al rispetto di sé e ai principi generalmente approvati… E per non negoziare le questioni che limitano la sua sovranità e integrità territoriale nello stesso pacchetto con i benefici concessi all'estero, soprattutto non per paura di perdere la misericordia di qualcuno. Qualunque sia il volume di tali benefici….È giunto il momento di tenere maggiormente conto e in modo più responsabile, di tutto ciò che la Serbia e il popolo serbo ha vissuto e scampato nel corso della storia, e da chi provengono le promesse, tenendo presente che gli appetiti neocoloniali sono insaziabili.
Nelle nostre relazioni con l'UE e l'Occidente in generale dobbiamo radicare, una volta per tutte, il sentimento di ciò che la Serbia ha dato all'Europa sacrificando milioni di vite umane contro invasori e contro il nazifascismo, che nessuno ha ancora riconosciuto e per le quali nessuno ha ancora chiesto scusa…Non dobbiamo fare affidamento su promesse e garanzie offerte da coloro che ci hanno sempre tradito…”.

Il piano degli USA è rendere i Balcani una piattaforma strategica sicura nella guerra globale contro Russia e Cina. Per fare questo occorre un dominio totale della NATO e degli USA sul popolo serbo e sui Balcani. Questo è il nodo che continua a comprimere la Serbia e il suo popolo. Se i loro piani avessero avuto qualche buona intenzione, si sarebbero sforzati di fare almeno riferimento alle garanzie del Consiglio di Sicurezza dell'ONU verso la Serbia, date dai loro predecessori il 10 giugno 1999. Se fossero stati corretti, se davvero volevano rispettare principi e diritto internazionale, se avessero perseguito una politica coerente come si aspettano che facciano gli altri, perché si tengono lontani dall’ONU e dalle decisioni prese dal Consiglio di Sicurezza? Dopo vent’anni passati a ‘tendere la corda' fino a spezzarla, i paesi occidentali hanno decretato che questo cappio è 'l'unica alternativa' possibile, perché non si spezzi, si legga… non ci sia un conflitto militare. Quindi, USA, UE, NATO e Pristina proclamano una normalizzazione attraverso la resa della Serbia. Voglio ricordare che coloro che hanno visioni del mondo diverse e sostengono la sovranità e l' integrità territoriale della Serbia e non vogliono riconoscere questo costrutto illegale come stato, comprendono quasi i 2/3 del mondo, la cui rilevanza, proprio in queste settimane, nelle relazioni globali sta aumentando, anziché diminuire. Tra questi c'è un numero non piccolo di paesi che, su richiesta della Serbia, hanno ritirato i loro precedenti riconoscimenti, senza temere pressioni e ricatti, così come minacce, da parte dell'Occidente, a non farlo.

Anche se la Serbia si arrendesse all'ultimatum, i serbi in Kosovo e Metohija rimarrebbero schiacciati, emarginati, le loro proprietà occupate illegalmente e non verrebbero mai più recuperate e i 250.000 serbi espulsi e gli altri non albanesi, rimarrebbero nell'impossibilità di tornare alle loro case, le proprietà sociali e statali rimarrebbero sottratte.
Non c’è un cittadino in Serbia, tranne chi ha il miraggio dell’occidente come soluzione a tutti i problemi, magari anche ben retribuito… che può credere in garanzie o promesse dell'Occidente

Non è stata Angela Merkel che nei mesi scorsi, parlando della crisi ucraina, ha indicato di non fidarci delle loro rassicurazioni? Solo se una creduloneria senza limiti avesse invaso anche la società serba, si potrebbe illudersi di questo. Al di là di giochi di parole, formalismi, presunti impegni, la sostanza è un evidente ultimatum, perché la sua essenza sta nella richiesta che la Serbia prima tacitamente, poi formalmente e legalmente, riconosca l'indipendenza del cosiddetto Kosovo e accetti la sua adesione alle Nazioni Unite e ad altre organizzazioni internazionali. Il resto è solo una parte di una cosmetica diplomatica più o meno convincente e di tattiche formali per "salvare la faccia" della vittima.

Come ha detto Z. Jovanovic: “…La storia ci indica che la pace, la stabilità e una vita migliore, non possono essere preservate cedendo a ultimatum a scapito della sovranità e dell'integrità territoriale. Ricordiamo che l'accordo di Monaco del 1938 sulla separazione dei Sudeti dalla Cecoslovacchia, un ultimatum formulato alle spalle dell’URSS, fu anche pubblicizzato contemporaneamente dagli allora leader di Germania, Francia, Italia e Regno Unito come l'unica salvezza per la pace in Europa . È molto pericoloso e curioso, che i leader odierni di quegli stessi paesi, non siano consapevoli delle lezioni del passato…”.

Questo è il problema/nodo titanico che sta davanti alla dirigenza politica serba. Tutt’altro che semplice da sciogliere, per questo ritengo la ricerca di strade diplomatiche, sia PER ORA, l’unica via praticabile. A meno che l’intera società serba decida altro, ma dovrà esserci una coesione quasi granitica. Un enorme e drammatico CHE FARE per la Serbia e il suo popolo.

Le RICHIESTE dei serbi

A partire dal Rispetto coerente della Risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza ONU:

Ritiro delle forze speciali kosovare dai comuni serbi del nord Kosovo

Annullamento delle elezioni fasulle e dei sindaci eletti da nessuno

Sicurezza per i serbi in Kosovo e Metohija e Ricollocazione di polizia serba nelle aree serbe

Creazione della Comunità dei Comuni serbi (ZSO), sotto la Costituzione della Serbia

Liberazione di tutti gli arrestati nelle manifestazioni di protesta

Questa è l'unica prospettiva in grado di determinare processi di pace, sicurezza e cooperazione costruttiva durevoli. Qualsiasi altro status imposto con la forza, minaccia e/o estorsione, qualunque sia la forma che assumerà, non potrà essere accettata, né favorire la distensione, al contrario porterà a conflitti devastanti anche per l’Europa.

 Enrico Vigna