lunedì 30 luglio 2018

Marcello Foa... e gli stregoni della notizia (mainstream)


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Carissimo Marcello Foa, avendo avuto il piacere (e non di meno l’onore) di condividere con te, negli ultimi mesi, riflessioni sull’importantissimo tema del servizio pubblico televisivo nel nostro Paese, non posso fare a meno di prendere spunto dalle controversie delle ultime ore, circa la tua nomina alla presidenza della Rai, per esprimerti, insieme alle congratulazioni vivissime, i brevi spunti che seguono, anche a titolo di solidarietà e rinnovata stima per il tuo operato professionale pregresso e a venire.

Soprassiedo sulla ridicola accusa di “pensiero sovranista”, da parte dei tuoi detrattori, poiché non c’è nulla da dire. Basta, in replica, quanto hai scritto, citando l’opera di Giuseppe Valditara, in uno degli ultimi articoli sul tuo blog, ove chiarisci, a cotanto caproni del globalismo d’accatto transoceanico, che “essere sovranisti vuol dire credere semplicemente nei principi fondanti delle nostre democrazie, ……significa credere che ogni Stato abbia la necessità di rappresentare un Popolo, un’Identità e una Cultura comuni e che solo difendendo quelli che sono bisogni insopprimibili e caratteristici di ogni vera comunità, sappia porsi in maniera cooperativa e costruttiva nei confronti degli altri Paesi”. 

Mi soffermo piuttosto sulle accuse più gravi di logiche spartitorie e poltronistiche nella definizione del nuovo assetto di governo della Rai (di volgare tradizione storica, propria degli accusatori stessi) che altro non sono che il goffo e maldestro tentativo di occultamento di ciò che realmente preoccupa questi malfattori seriali in materia di occupazione e incaprettamento di un servizio pubblico di primaria e fondamentale rilevanza per l’autentica vita civile del Paese.  

La Verità è una sola e molto semplice: il terrore attanaglia questi farisaici sepolcri imbiancati di fronte all’avvento di un professionista che ha avuto il coraggio di denunciare come si fabbrica informazione a servizio dei governi, proponendo per giunta al grande pubblico un testo – Gli stregoni della notizia – che vilmente si guardano bene dal citare e che buona cosa sarebbe se venisse adottato come base d’esame per l’iscrizione all’albo dei giornalisti per coloro che si avviano ad una professione di così alta e grave responsabilità.

Hanno il terrore che un uso consono e soprattutto trasparente e autentico del servizio pubblico televisivo possa demolire in poche battute, col maglio dell’onestà, il castello di menzogne in cui si sono per anni arroccati, producendo azioni di sistematica, vera e propria “deformazione” della pubblica opinione! Parole non mie, ma di una delle più illustri figure della storia della televisione pubblica italiana – Ettore Bernabei – che ho avuto l’opportunità di intervistare su così importante materia, nell’ambito di iniziative di cittadinanza attiva di cui sono stato per anni promotore. .

Questo quanto tenevo a dirti e qui mi fermo per non rubarti oltre il tempo. Solo rinnovo gli auguri, assicurando, come potrò, l’impegno e il sostegno per la tua impegnativa missione.

Il Paese intero conta su di te! Un caro saluto e un caloroso abbraccio


Adriano Colafrancesco  

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Articoli di e su Marcello Foa: 

domenica 29 luglio 2018

Borsa. Di male in peggio


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Secondo i maligni, poiché la borsa esprime gli interessi dei padroni, quando la borsa va male ciò è un vantaggio per i proletari, che hanno interessi opposti, mentre è uno svantaggio quando va bene. Ma le cose non stanno esattamente così, ed è meglio sgomberare il campo da qualche equivoco. Anzitutto viviamo in una società capitalista, quindi comunque immersa nei benefici e danni della medesima.

Tuttavia il ruolo originale della "finanza" era quello di finanziare imprese e produzione, sicché in tale contesto classico il buon andamento della borsa prelude al reinvestimento degli utili in occupazione, consentendo di affrontare i problemi da disoccupazione.


Le cose sono cambiate man mano che la finanza si è sempre di più internazionalizzata. In qualche misura lo è sempre stata, ma c'è modo e modo.


Da quando gli stati hanno allentato controlli e limitazioni sui flussi di capitali, che sono stati sempre più liberalizzati, gli utli prodotti in un paese possono sempre più agevolmente essere trasferiti in altri paesi anche molto lontani, e reinvestiti dove il costo del lavoro è più basso. Sicché si è sviluppato il fenomeno della delocalizzazione, con perdita di occupazione nel paese originale e tendenza all'abbassamento internazionale del costo del lavoro ed alla compressione dei diritti sindacali.


E' evidente che un operaio italiano non può competere con l'offerta concorrenziale di lavoratori del Bangladesh, disposti a produrre le stesse merci in cambio di compensi molto inferiori.


In questo genere di problemi il ruolo regolatore dello stato, con le sue leggi, è fondamentale: o favorisce i lavoratori o favorisce i padroni (nel caso italiano, però, bisogna aggiungere che l'altissimo regime di tassazione incentiva inevitabilmente la fuga di capitali ed imprese).


Le conseguenze, dunque, delle variazioni di andamento delle borse sono molteplici, e non si possono ridurre a facili schemi, poiché dipendono da molte condizioni.


Ma anche le cause delle variazioni di borsa sono molteplici, talvolta a prima vista apparentemente paradossali.


Accade, ad esempio, che la borsa cada proprio per essere cresciuta "troppo", come nel caso della esplosione di "bolle finanziarie".


Una caduta non colossale ma notata da tutti gli economisti, è avvenuta all'inizio di quest'anno: tra il 26.01.18 e lo 05.02.18 l'indice di S&P di New York scese da 2872,87 al 2638,17, con una perdita di -8,2% in dieci giorni.


I quotidiani ne discussero allarmati, ma se si osserva l'andamento dello stesso indice sul lungo periodo si vede che dopo il calo -56,8% della crisi del 2008 (da circa 1500 punti a circa 740) l'andamento è sempre stato in crescita, salvo periodiche momentanee cadute di pochi punti percentuali.
Quindi in buona sostanza nell'arco di un decennio la borsa di NY aveva quadruplicato il proprio indice.
La caduta tra gen e feb 2018 era provocata da fatti congiunturali comprensibili, senza preannunciare alcuna recessione.


La lunga crescita economica decennale ha fatto salire occupazione e salari negli USA (che con Trump hanno ormai raggiunto il record di occupazione del XXI secolo), il che fa temere genesi di inflazione, cui si è aggiunto l'annuncio della fine delle politiche monetarie espansive da parte della Fed (quelle politiche di emissione "a tasso zero", o quasi, praticate per anni, con iniezione di enormi liquidità nel sistema, prseguite ben oltre il recupero del grande crack del 2008).


Questo insieme di circostanze ha provocato una momentanea caduta di fiducia, ma non tale da invertire l'andamento positivo di lungo corso.


Questo genere di eventi tuttavia si presta sempre alle polemiche politiche false e bugiarde.


Negli U$A e in Europa esplosero subito le contestazioni filodem che addossavano la colpa della momentanea regressione al presidente repubblicano, il cui lavoro in campo economico interno invece è stato ottimo: con la presidenza Trump c'è stata crescita di occupazione, salario, pil.
Ma l'occasione di strumentalizzazione politica è sempre ghiotta per tutti, tant'è che talvolta raggiunge vertici surreali di insensatezza.


Caso illuminante quello occorso in Italia nel maggio 2018, quando il cameriere Fmi Padoan accusò Claudio Borghi Aquilini di avere provocato, con le sue dichiarazioni personali, la caduta delle azioni MPS per un deprezzamento di pochi centesimi.


A parte la mancanza di qualunque dimostrazione di causa ed effetto tra le dichiarazioni di un economista che non era nemmeno al governo (quindi non aveva strumenti di intervento su nulla), le dichiarazioni di Padoan stridevano col fatto che negli anni scorsi le politiche del suo governo hanno coinciso con il crollo delle azioni MPS per decine di euro.


In buona sostanza è stato come se un aggressore, di fronte alla comparsa di un poliziotto che intende salvare la vittima, gli dicesse "Ha visto? La ha spaventata, la vittima ha avuto un malore!", e prima ancora che il poliziotto intervenga.


La realtà dei fatti viene troppo spesso confusa con i commenti fuorvianti di politici e mass media.
L'osservatore attento deve sempre scansare le mistificazioni propagandistiche degli avvoltoi politici, sempre pronti alla manipolazione spudorata.


A proposito: stiamo sempre attendendo (ormai da più di due anni) le piaghe d'Egitto sulla Gran Bretagna post Brexit, mentre la Grecia "salvata" (sic!) in questo suo "fine crisi" (re-sic!) ha un debito percentuale più alto rispetto a prima degli "interventi salvifici" e un tenore di vita più basso.
Oggi va di moda il termine "narrazione" (della realtà), ma ricordiamoci che il verbo "narrare" è originariamente riferito alle favole.


Vincenzo Zamboni

sabato 28 luglio 2018

Gli ipotetici parenti e discendenti di Gesù


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I membri della famiglia di Gesù erano membri di spicco della comunità di Natzraye . Julius Africanus conservò la designazione greca con la quale erano conosciuti:   desposynoi, grosso modo "il popolo del Signore". Un equivalente semitico per questo termine ci è stato perso, ma ce n'era quasi certamente uno.  Le indagini di Reed sull'archeologia della Galilea hanno confutato l'ipotesi comune che la regione fosse completamente ellenizzata. Sebbene esistessero certamente importanti centri ellenistici come Sefora e Tiberiade, la cultura materiale di piccoli villaggi come Nazareth e Cafarnao dimostrano che la popolazione era chiaramente ebraica e quindi avrebbe usato l'aramaico come lingua comune e l'ebraico nel culto.
In ebraico, i desposynoi avrebbero potuto chiamarsi qualcosa come benei beth ha-'adon , "I figli della casa del Signore". Il siriaco, un dialetto successivo di aramaico, ha l'aggettivo maranay (plurale maranaye ), "Appartenere al Signore ", Che potrebbe servire come equivalente approssimativo di desposynos .Tutto ciò, ovviamente, è pura speculazione. [Sono in debito con il dottor Edward Cook per aver suggerito questi possibili equivalenti semitici e per le sue lucide cautele sulla loro natura speculativa.]
Epifanio collegava le origini dell'Ebionismo con il villaggio di Kokhaba, a circa dieci miglia a nord di Nazareth. Julius Africanus affermò che i predicatori itineranti della famiglia di Gesù erano basati sia a Nazareth che a Kokhaba.Paolo era anche consapevole dei "fratelli del Signore" coinvolti nel lavoro missionario itinerante (1 Co 9: 5).
Una figura centrale negli anni formativi della comunità era James ( Ya'aqov ), "il fratello del Signore" (Gal 1:19). Più tardi gli scrittori lo chiamarono "vescovo" - in realtà il primo vescovo - di Gerusalemme. Bauckham nota che, sebbene il termine possa essere anacronistico, "sembra essere stato più simile a un altro vescovo monarchico che a chiunque altro nel periodo della prima generazione cristiana". In effetti, il ruolo di James non era limitato a Gerusalemme.Bauckham continua:
Poiché la chiesa di Gerusalemme era la chiesa madre di tutte le chiese, e naturalmente era accordato lo stesso tipo di autorità centrale a tutto il movimento cristiano che Gerusalemme e il tempio avevano da tempo per il popolo ebraico, James ora occupava una posizione di impareggiabile importanza in l'intero movimento paleocristiano.
Inoltre, il Vangelo di Tommaso (inizio del II secolo) riflette una connessione tra Giacomo e la Mesopotamia settentrionale. Logion 12 afferma,
I discepoli dissero a Gesù: "Sappiamo che ti allontanerai da noi. Chi deve essere grande su di noi? "Gesù disse loro:" Dovunque tu sia venuto, tu devi andare a Giacomo il giusto, per il cui cielo e la terra sono venuti in essere. "
Sebbene questa evidente affermazione iperbolica non abbia la possibilità di essere un vero detto di Gesù, dimostra la centralità di James per la comunità del Vangelo di Tommaso, e Bauckham suggerisce che il detto potrebbe in effetti tornare alla vita di James.
James è anche esaltato negli scritti della Pseudo-Clementina, dove è chiamato da termini come "il capo dei vescovi" e "arcivescovo" (vedi James Julius Scott Jr., " Scorci di cristianesimo ebraico dalla fine degli Atti a Giustino Martire [AD 62-150] "). Nel primo libro delle Pseudo-Clementine Recognitions , James viene descritto come un'attività che svolge le funzioni di un capo amministrativo.
James ha la particolarità di essere l'unico seguace di Gesù menzionato per nome in una fonte del primo secolo non scritta da un cristiano: Josephus registra il suo martirio nel 62 dC sotto il sommo sacerdote Ananus II. Josephus notò l'alta considerazione in cui il popolo di Gerusalemme teneva James e lo investì della designazione "Giacomo il giusto".
Dopo la morte di James, sembra che la comunità di Gerusalemme sia esistita in uno stato di agitazione che si è conclusa solo dopo la prima guerra ebraica (66-70 d.C.) con la nomina di Simon ( Shim'on , reso anche Symeon o Simeon ) come la comunità secondo "vescovo". Questa selezione è stata contestata da un certo Theboutis, che sembra essere stato un candidato valido. Siccome Egesippo descrisse il procedimento, non essendoci altri motivi per scegliere tra i due, Simon fu scelto "perché era un altro cugino del Signore".
Non dovremmo, tuttavia, assumere che la leadership della comunità nazorea fosse basata su un principio di successione dinastica tra i desposi . In realtà, l'idea sembra essere sorta solo con Simon nel 70 d.C. Se fosse un principio trincerato, Theboutis non sarebbe mai stato considerato un possibile leader.Inoltre, seguendo Simone, la guida della comunità passò a Giuda "i Giusti", che Eusebio descrive come "un certo ebreo di nome Giusto, una delle molte migliaia della circoncisione che a quel tempo aveva creduto in Cristo". Se Giuda aveva qualche pretesa per l'appartenenza alla famiglia di Gesù, Eusebio non ha mostrato alcuna indicazione che questo fosse il caso.
desposynoi godevano di un certo rispetto all'interno della comunità nazoreana, ma non detenevano un monopolio sulla sua leadership. Bauckham suggerisce che il miglior modello per spiegare il ruolo della famiglia di Gesù nella comunità non è quello della successione dinastica, ma dell'associazione della famiglia di un governante con lui nel governo.
Proprio come era normale pratica nell'antico Medio Oriente che i membri della famiglia reale ricoprissero alte cariche nel governo, così i cristiani ebrei palestinesi ritenevano appropriato che i fratelli, cugini e altri parenti di Gesù dovessero detenere posizioni di autorità nella sua chiesa. In effetti, il termine desposynoi potrebbe avere il senso, più o meno, di "membri della famiglia reale".
Questa posizione rispettata potrebbe essere illustrata da Zoker e James, nipoti di Jude, che apparentemente hanno ricoperto posizioni di comando negli anni '80 o '90. La natura della loro responsabilità all'interno della comunità non è chiara. Secondo Scott,
Sembrano, in una certa misura, avere un'autorità condivisa con Symeon in Palestina. Potevano essere i capi di piccole comunità cristiane fuori Gerusalemme. Sebbene possano essere descritti come "vescovi" a tutti gli effetti, Symeon potrebbe aver avuto almeno un controllo nominale su di loro.
L'unico altro vescovo desposisico di Gerusalemme secondo fonti antiche era Giuda Kyriakos all'inizio del II secolo. Quando la Seconda guerra ebraica terminò con il sacco di Gerusalemme nel 135, gli ebrei, compresi i credenti ebrei in Gesù, furono espulsi da Gerusalemme e la città fu ribattezzata Aelia Capitolina. A quel tempo il piccolo movimento dei Gentili Gesù nella città scelse un uomo di nome Marcus per essere il loro vescovo.
Tutte le fonti antiche concordano sul fatto che la caratteristica distintiva che distingue Nazoreani dagli altri ebrei era la loro convinzione che Gesù era il Messia promesso. È anche fuori discussione che la fedeltà alla Torah era una preoccupazione chiave. Oltre a ciò, le polemiche turbinano intorno a domande su cosa esattamente credessero riguardo a Gesù e su come combaciavano questa convinzione con il mantenimento della Torah. Secondo Ireneo (circa 180), gli Ebioniti abbracciarono la bassa cristologia di Cerinto e Carpocrate, ma insistettero che il mondo fosse stato creato da YHWH. Inoltre, hanno usato solo il Vangelo di Matteo e hanno respinto Paolo come un apostata dalla legge (contro le eresie 1: 26: 2).
Le fonti del secondo secolo e successive identificano alcuni gruppi di Nazoreani che negano categoricamente la divinità di Cristo e la nascita verginale. Ma sarebbe un errore sorseggiare l'intero movimento con tali credenze. Altri furono concessi dai seguaci di Cristo Gentile per essere in gran parte ortodossi. Origene, per esempio, era a conoscenza di un gruppo che accettava che Gesù fosse nato da una vergine ( contro Celso ).
Almeno tre Vangeli apocrifi sono associati a credenti ebrei in Gesù. Nessuno di essi è ancora esistente, sebbene le indicazioni degli scritti dei padri della chiesa rendano possibili alcune speculazioni sui loro vari contenuti. Il vangelo dei nazoreani apparentemente era strettamente ispirato a quello di Matteo e non era apertamente eretico per gli ultimi standard cristiani. Il Vangelo degli Ebioniti , tuttavia, viene castigato dai primi padri della Chiesa per le libertà che prende con Matteo. Inoltre, gruppi Ebionite o Nazoreani sono associati alVangelo degli Ebrei , che sembra avere una storia di sviluppo completamente separata.
Sulla base del suo studio sui materiali extrabiblici, Tabor elenca quattro caratteristiche distintive del "precoce nazareno / cristianesimo ebionita":
  • Gesù come il profeta come Mosè o vero maestro (anche se distinto da YHWH).
  • Il vegetarianismo come sintomo notevole del loro interesse generale per la rivelazione pre-sinaitica. Secondo Epifanio, il vangelo ebionita rifletteva il rifiuto di mangiare carne (Haer.: 30: 14: 4; 30: 22: 4). Possono anche aver derivato il loro vegetarianismo dalla raffigurazione di Peter come vegetariano nelle pellegrinazioni pseudo-clementine (Haer.: 30: 15: 1-3).Questo passaggio ha anche Pietro sottoposto a battesimi quotidiani (secondo lo schema degli Esseni / Qumraniani?)
  • Dedizione a seguire l'intera Torah (in termini di halachah "giogo facile" diGesù ).
  • Rifiuto delle "dottrine e tradizioni" degli uomini, che credevano fossero state aggiunte alla pura Tora di Mosè, comprese le alterazioni degli scritti della Scrittura (Ger 8: 8).
Scott classifica le prove rabbiniche sulle credenze del Minim e di Natzrim come "vaghe, incerte e deludenti". Esamina le prove e arriva alle seguenti generalità sui ritratti rabbinici delle credenze di Natzri :
  • Si dice che credano in molte potenze celesti e affermò che "c'era un essere creato che assisteva nel lavoro della creazione". Ciò potrebbe dare credito alla tesi di Ireneo secondo cui le credenze ebionite erano paragonabili a quelle di Cerinto .
  • Sono rappresentati come una specie di ebrei spurie, che rivendicano invano l'amicizia con il vero ebraismo e rifiutano a causa della loro connessione con il cristianesimo. Erano nel giudaismo, ma non di esso.
  • Frequentavano le sinagoghe, dove il sospetto di loro trovava espressione nei congegni liturgici per la loro individuazione, e nell'osservazione di varie frasi e gesti che si pensava tradissero la loro eresia.
  • Nella loro teologia ... partirono dal rigido monoteismo del giudaismo e sostenevano la dottrina della relazione tra Dio e Cristo che [secondo Herford] è esposta nella Lettera agli Ebrei.
  • Alcune fonti rabbiniche suggeriscono che alcuni Nazareni erano negligenti nell'osservanza del Sabbath.
Una connessione tra alcune comunità nazoriane e speculazioni gnostiche, mentre controintuitiva, può infatti essere attestata nel Nuovo Testamento stesso. Nella lettura di Ellist delle Epistole Pastorali, gli oppositori di Paolo in 1-2 Timoteo e Tito erano proprio un ibrido ebreo-gnostico. Asserisce che questi oppositori rappresentano solo una forma più sviluppata di insegnamento "giudaizzante" che ha afflitto il ministero di Paolo fin dall'inizio. Paolo infatti li chiama "la festa della circoncisione" in Tito 1:10. Questa fazione
combinato una richiesta di adesione gentile alle regole del Mosaico e un ritualismo ascetico con uno zelo per le visioni degli angeli e, almeno nella diaspora, con tendenze gnosticizzanti per promuovere un'esperienza di (divina) saggezza e conoscenza divina e per svalutare la materia e risurrezione fisica e redenzione (cfr 1 Cor 15:12 con 2 Tim 2:18). A volte il loro decantato ascetismo produceva un'arroganza innescata da una sottile licenziosità sessuale (cfr Gal 4: 9; 5: 13-21; Col 2:18, 23 con 1 Tim 4: 3; 2 Tim 3: 6-7; Tit 1:10, 15).Mentre Paolo sosteneva che nell'era messianica le leggi etiche OT rimasero valide ma le leggi rituali erano passate (Col 2,17, cfr Gal 4,9-10) e non erano più vincolanti (Rm 10: 4; 13: 8- 10; Gal 3: 24-25), i suoi avversari sostenevano che le leggi rituali rimanevano vincolanti e tuttavia viziavano i comandi etici con la loro condotta.
Nelle Pastorali i giudaizzanti gnosticanti erano conosciuti come "la circoncisione" (Ct 1:10) e continuavano a rivendicare di essere "maestri della Legge" (1 Tim 1: 7), anche se apparentemente non più sottolineati, come nei Galati , il dovere della circoncisione. Essi proibivano il matrimonio, promuovevano le leggi del cibo e sostenevano di impartire una "conoscenza" spirituale (gnosi) la cui fonte era, nelle parole di un oracolo ad essi applicato, spiriti demoniaci (1 Tim 4: 1-3; 6:20). Rappresentarono sul palcoscenico una continua contro-missione, che appare in Ignazio (Magn 8:11, Trall. 9, ca. 110) come una sorta di "Ebraismo attraversato con lo Gnosticismo" (Lightfoot) che negava non solo a Cristo la resurrezione, ma anche la sua incarnazione fisica e la sua morte, e che più tardi nel secondo secolo si svilupparono o si fusero nelle eresie gnostiche in piena regola. Mentre alcuni degli oppositori provenivano dalla missione "la circoncisione del partito", altri erano insegnanti nelle congregazioni paoline e disertori di una teologia paolina, compresi ex soci o colleghi (1 Tim 1: 3-5; 2 Tim 1: 15-16; Tit 1: 10-11). (E. Earle Ellis, "Lettere pastorali", Dizionario di Paul and His Letters , edito da Gerald F. Hawthorne e altri [InterVarsity, 1993] 662-63)
In breve, i nazoreani erano tutt'altro che un movimento monolitico e dottrinalmente unificato. Questa diversità dottrinale è affermata nel Nuovo Testamento e illustrata da una varietà di dichiarazioni nei primi padri della chiesa. Giustino Martire in particolare discute due rami o fazioni tra i Nazoreani nel suo Dialogo con Trypho 47.
Secondo Giustino, una di queste fazioni mantenne fedelmente la Torà, ma non ha richiesto che i credenti Gentili in Gesù facessero lo stesso. L'altro ha reso la Torah un obbligo universale. Giustino era disposto ad abbracciare i membri del primo gruppo come fratelli in Cristo, anche se non riuscì a vedere il punto nel loro continuare a mantenere la Torah:
Ma se alcuni, attraverso la debolezza, desiderano osservare le istituzioni che sono state date da Mosè, da cui si aspettano delle virtù, ma che crediamo siano state nominate in ragione della durezza del cuore della gente, insieme con la loro speranza in questo Cristo e [desidera eseguire] gli atti eterni e naturali di rettitudine e pietà, tuttavia scelga di vivere con i cristiani e i fedeli, come ho detto prima, non inducendoli né a essere circoncisi come se stessi, né a osservare il Sabbath, o per osservare altre cerimonie del genere, allora ritengo che dovremmo unirci a tali e associarci a loro in tutte le cose come parenti e fratelli . (enfasi aggiunta)
Il secondo gruppo Giustino ripudiava, anche se non si sarebbe proclamato categoricamente per negare la loro salvezza:
Ma se, Trifone, alcuni della tua razza, che dicono di credere in questo Cristo, costringono quei Gentili che credono in questo Cristo a vivere in tutti gli aspetti secondo la legge data da Mosè, o scelgono di non associarsi così intimamente con loro, io allo stesso modo non li approvo. Ma io credo che anche coloro che sono stati persuasi da loro ad osservare la dispensa legale insieme alla loro confessione di Dio in Cristo, saranno probabilmente salvati.
Naturalmente, chi ha familiarità con il Nuovo Testamento vedrà qui la stessa distinzione tra più atteggiamenti "moderati" e "linea dura" verso i Gentili e l'osservanza della Torah che si trova nello stesso Nuovo Testamento, dove le voci più accomodanti nella comunità erano spesso sfidato da persone designate da Luca "quelle della circoncisione" (At 11: 1; 15: 1).
In questa luce, la tesi di Tabor secondo cui "Come i primi gruppi hanno visto Paolo non è chiaro" non è del tutto corretto. È meglio dire che c'erano almeno due prospettive contrastanti su Paolo. I "moderati" erano favorevoli (o almeno tolleranti) verso il ministero di Paolo mentre i "duri guardiani" erano rabbiosamente anti-paolini e Paolo era felice di ricambiare il loro affetto nella sua lettera ai Galati!
Infine, va ricordato che i termini in questione coprono un'apparente diversità di gruppi a partire dalla metà del II secolo in poi. Alcuni di questi gruppi erano eretici definitivi i cui insegnamenti erano paragonati da Ireneo (fine del II secolo) a quelli di Cerinto e Carpocrate . Un legame con Cerinto è possibile per alcuni aspetti della fede nazorea, ma Carpocrate era un ardente antinomiano che insisteva nel dire che i fedeli non erano più vincolati dalla legge mosaica.Questo palese equivoco di Ireneo ci ricorda che siamo largamente dipendenti per le nostre informazioni sui Nazoreani sui cristiani Gentili e sugli ebrei tradizionali, e che i membri di entrambi i gruppi (1) disprezzano i Nazoreani in generale, (2) potrebbero non aver capito o apprezzato la diversità tra di loro e (3) non sono certamente da accettare come reporter imparziali.

Alberto Ordet

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venerdì 27 luglio 2018

Unione Europea versus USA - Sfida Juncker/Trump... all'ultimo dazio... (al ketchup)

Ante scriptum: "L'incontro di mercoledì scorso a Washington tra Jean-Claude Juncker e Donald Trump sul problema dei dazi è somigliato parecchio a quello del mese scorso tra il nordcoreano Kim Jong-un e il Presidente americano - con una differenza significativa: gli europei, non disponendo di una credibile minaccia atomica nei confronti degli Usa, hanno dovuto ripiegare sul ketchup…" (J.H.)

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L’Unione Europea, forse allarmata per la propria temerarietà davanti al tentativo di sfilare $5miliardi dalle tasche della Google, si è mossa finora con dei timidi passi felpati nella “guerra dei dazi” con il Presidente americano Donald Trump. Gli Usa vogliono alzare i dazi sull’acciaio e l’alluminio? Sono metalli grigi, noiosi e pesanti; forse di una qualche importanza industriale, ma dov’è il simbolismo, dov’e il tocco lieve così caratteristico della tradizione europea? 

Restituiremo il colpo dove gli fa più male: nei jeans, nelle moto della Harley Davidson e sul bourbon whiskey! Così impareranno che non si scherza con Bruxelles. 

Gli americani però non si sono oltremodo impressionati. La Levis ha già una certa difficoltà a vendere i suoi famosi pantaloni negli States. Dopo sessant’anni la moda del denim comincia finalmente a passare e gli operatori riducono da soli la produzione. La Harley-Davidson invece produrrà di più, ma nelle sue fabbriche europee, all’interno dell’area doganale Ue. Bisognava dunque picchiare più duro. Secondo i quotidiani, l’Unione Europea era arrivata perfino a meditare l’imposizione di un nuovo dazio (del 10%) sull’importazione del ketchup americano… 

Era un’indiscrezione di quelle che si fanno trapelare prima di un vertice per impressione la controparte. E forse la minaccia “atomica” al ketchup ha funzionato, perché nell’incontro che si è svolto mercoledì a Washington tra Jean-Claude Juncker e Donald Trump, il lussemburghese avrebbe praticamente costretto l’americano a ribadire, quasi parola per parola, la posizione che aveva già pubblicamente assunto. 

Trump ha detto: “Ci siamo accordati oggi… di lavorare insieme (con la Ue) per favorire la totale abolizione dei dazi, delle barriere non daziarie agli scambi e dei sussidi per tutti i beni industriali nonautomotive”. Juncker, lì accanto, non ha fatto una piega, neanche un plissé. Il ketchup è un condimento possente, molto usato per insaporire gli hamburger, oltre che nel cinema per simulare il sangue che sgorga dalle ferite finte. È forte la sua associazione alla cucina popolare Usa, anche se non è propriamente americano. Sarebbe nato invece nel sudest asiatico, in origine come una sorta di salsa di pesce—di interiora di pesce—lasciato marcire. La genialità americana è consistita nel togliere le interiora per metterci i pomodori, una mossa di fondamentale civiltà. Si è avuta in questi mesi la curiosa impressione che il dossier daziario Ue fosse gestito più da un ufficio stampa che da una cancelleria. Levis, Harley-Davidson, il ketchup delle patatine fritte e il bourbon: sono dei simboli che vanno benissimo per fare i pezzi sui giornali, ma in termini macroeconomici sono del tutto insignificanti. Juncker forse potrà tornare ora per dire ai tedeschi che ha salvato i conti delle loro case automobilistiche, ma non ha la forza di portare l’Ue a mantenere gli impegni presi. L’Unione è fortemente protezionista e campa politicamente di sussidi massicci. Sarebbe la fine… 

Trump non è una persona gradevole, ma è improbabile che un rodato palazzinaro newyorchese si faccia infinocchiare da un commercialista del Lussemburgo che vuole intavolare una trattativa senza fine— Brexit dixit. Poi, negli Usa, non sono solo gli amici di Trump a pensare che sia giunto il momento di rivedere insieme i conti con gli alleati europei—e non sarà un po’ di "sangue finto" a fermarli...

James Hansen

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giovedì 26 luglio 2018

8 uomini sulla cassa del morto... - Alias: la cultura dell’1%


Se una minoranza vuole dominare deve agire per vie occulte, tramando, cospirando, pretendendo, ingannando. I suoi peggiori nemici saranno quelli che denunciano il complotto”. (Aldous Huxley)

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Otto uomini, ci dicono, possiedono la ricchezza di metà dell’umanità.  L’1% è più ricco di tutti gli altri. E’ questa la struttura economica. Per “Alias”, inserto culturale del “manifesto”, l’1% che sa e il 99% plebeo che vagola nell’ignoranza sono la struttura culturale. Significativi parallelismi. Vagamente feudali.
Già, struttura, sovrastruttura, si confonde un po’ tutto. Magari si intersecano, si integrano, non è più chiaro come una volta. Prendete “Alias”, in cui esponenti della tribù scrivono di esponenti della tribù, rinnovando vittimismi e autoassoluzioni a distrazione di massa da quanto si va mondializzando. Perlopiù è una foliazione di una supponenza arzigogolata e astrusa, alla ricerca tra nicchie dell’iperspecialistico e oceani dell’ovvio, tutto inteso a imporre allo smarrito lettore di media conoscenza e intelligenza che lì, sopra di lui, c’è ben altro, ma inaccessibile, sublime, non da te. Tu sei al di là del varco, la larghezza dello jato tra te e la conoscenza resta insuperabile. A noi Spinoza nell’interpretazione dello sciamano tibetano, a te la fiera del fumetto.
E questo, dal punto di vista della classe, mi pare proprio una struttura del “manifesto”. Ma sono sovrastruttura o struttura le sontuose marchette all’industria del videogioco, con grande frequenza e appassionata libidine sciorinate da Federico Ercole? Parlare di turgido barocco è inadeguato, di efflorescente rococò minimalista non basterebbe nemmeno arrivare al primatista dell’iperbole eulogica, Gianbattista Marino (Napoli 1569-1615), quello dell’”Adone” , per le spirali di commossa celebrazione in cui avviluppa qualsiasi prodotto, fosse il più nero, sanguinario, brutale, spaventoso, devastante, apocalittico, violento, quelli che comunque vinci quanto più elimini umani, mostri, insomma nemici (Il 90% di quelli di cui scrive). Insomma arabi, siriani, afghani, gente scura...
Fulvio Grimaldi
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La grande maggioranza dell’umanità si accontenta delle apparenze, come se fossero realtà, ed è spesso influenzata più dalle cose che sembrano che da quelle che sono”. (Nicolò Machiavelli)

mercoledì 25 luglio 2018

La strategia della disinformazione programmata...





L’obiettivo della disinformazione mainstream  è quello di giungere alla "fabbrica del consenso”,  così definita da Noam Chomsky, ossia un sistema di propaganda estremamente efficace per il controllo e la manipolazione dell’opinione pubblica.

1. La strategia della distrazione: distogliere l’attenzione del pubblico dai problemi importanti e dai cambiamenti decisi dal “potere” con un flusso continuo di informazioni, spesso insignificanti.

2. Creare il problema e poi offrire la soluzione: si crea un problema, una “situazione” che produrrà una determinata reazione nel pubblico, in modo che sia questa la ragione delle misure che si desidera far accettare.

3. La strategia della gradualità: per far accettare una misura inaccettabile, basta applicarla gradualmente, col contagocce, per un po’ di anni consecutivi.

4. La strategia del differire: un altro modo per far accettare una decisione impopolare è quella di presentarla come “dolorosa e necessaria”, guadagnando in quel momento il consenso della gente per una sua applicazione futura.

5. Rivolgersi alla gente adulta come a dei bambini: la maggior parte della pubblicità diretta al grande pubblico usa discorsi, argomenti, personaggi e una intonazione particolarmente infantile, spesso con voce flebile, come se lo spettatore fosse un bambino di pochi anni o un deficiente.

6. Usare l’aspetto emozionale molto più della riflessione: sfruttare l’emotività per provocare un corto circuito dell’analisi razionale e del senso critico.

7. Mantenere la gente nell’ignoranza e nella mediocrità: far si che la gente sia incapace di comprendere le tecniche ed i metodi usati per il suo controllo e il suo asservimento.

8. Stimolare il pubblico ad essere favorevole alla mediocrità: spingere il pubblico a ritenere che sia di moda essere stupidi, volgari e ignoranti.

9. Rafforzare il senso di colpa: far credere all’individuo di essere esclusivamente lui il responsabile delle proprie disgrazie per insufficiente intelligenza, capacità o sforzo. In poche parole, indurre alla non-azione.

10. Conoscere la gente meglio di quanto essa si conosca: con le raccolte dati e pareri dei propri social e con finte petizioni il sistema è riuscito a conoscere l’individuo comune molto meglio di quanto egli conosca se stesso. Con la conseguenza di avere un più ampio controllo ed un maggior potere sulla gente, superiore a quello che la gente esercita su se stessa.

Sembra quasi di vedere all’opera Winston Smith, il personaggio principale di 1984 di George Orwell, l’impiegato del Ministero della Verità, che aveva il compito di censurare libri e giornali non in linea con la politica ufficiale, di alterare la storia e di ridurre le possibilità espressive della lingua. 

La speranza è che si riesca ad evitare la fine di Smith, costretto a sottomettersi al Grande Fratello, il vertice del potere finanziario, i cui slogan più ricorrenti hanno un suono familiare: “la pace è guerra”, “la libertà è schiavitù”, “l’ignoranza è forza”, " la democrazia è potere ai partiti della grande finanza".

Testo inviato da Fernando Rossi


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