Le coincidenze esistono, per carità, e non tutto ha per forza alle spalle un disegno maligno e segreto. Però non si può fare a meno di notare il cambio di registro nelle parole di Mute Egede, Naalakkersuisut siulittaasuat (Capo del Governo) della Groenlandia: il 23 dicembre 2024, all'indomani della "proposta" di Trump di prendere il controllo dell'isola, aveva detto molto decisamente che la Groenlandia non è in vendita, ma il 3 gennaio 2025 è tornato a parlare di indipendenza dalla Danimarca, che è certamente un suo vecchio pallino (stando agli ultimi sondaggi più del 60% dei groenlandesi sarebbe favorevole) ma è una coincidenza sospetta.
Questo non significa necessariamente che stia contrattando segretamente con Trump o che abbia ricevuto una di quelle offerte "che non si possono rifiutare", e potrebbe semplicemente star provando a mettere altra pressione sul governo danese, magari sperando in un aumento dei sussidi statali che sono al momento la prima voce dell'economia isolana.
Le parole di Trump, ad ogni modo (anche quelle su Panama e sul Canada) non vanno liquidate come una boutade (oddio, magari quelle sul Canada sì, speriamo almeno).
La Groenlandia è sempre stata un asset strategico importante per gli USA, che durante la guerra fredda vi avevano stabilito una cinquantina di basi, tra aeroporti e stazioni radar e meteo, ridotte ora alla sola base di Pituffik (precedentemente nota, con poca fantasia, come Thule) gestita dalla Space Force statunitense e che ospita un importante radar di primo allarme per missili ICBM. Ora che la Russia non fa mistero di voler sviluppare la "rotta artica" per le sue navi da trasporto, aumentare la presenza militare in Groenlandia è una necessità per gli Stati Uniti, che nell'Artico sono debolucci e hanno una Zona Economica Esclusiva piuttosto piccola e insaccata tra Russia e Canada (il Canada, già...).
Francesco Dall'Aglio
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