giovedì 8 ottobre 2020

Due geopolitiche a confronto

 

L’1% dell’umanità controlla il 45% della ricchezza mondiale. E sta col Partito Democratico.

Mentre, arrampicandosi sul Coronavirus, i nostrani pandemici della pandittatura, si baloccano smantellando una dopo l’altra le poche cose buone fatte dai 5 Stelle, ancora non pervertiti da Grillo, Di Maio e poltronari vari (Quota 100, decreti sicurezza, reddito di cittadinanza, norma anticorruzione, stop alla prescrizione e ai vitalizi, decreto dignità...), vediamo qual’è la geopolitica in cui questi vendipatria fanno da nanetti di giardino. Andiamo negli USA, il paese dove il 75% della ricchezza nazionale sta in mano all’un percento miliardario. Su questo, chiunque vinca alle presidenziali, non cambierà niente.

 Due geopolitiche a confronto

Globalismo liberal


Quale geopolitica dietro allo scontro tra globalisti-imperialisti - neocon obamian-clintoniani con Biden-Harris, insomma il Deep State che fa capo alla Cupola - e i nazional-isolazionisti, detti anche populisti, di Donald Trump? A prima vista, il colto e l’inclita osservano, da un lato, una forte aggressività dei globalist unlateralistii nei confronti della Russia antiglobalista di Putin. Gli strumenti impiegati, anch’essi mondialisti, accanto a guerre e sanzioni: la tratta dei migranti, il tecnoprogresso garrotista di Big Pharma e Silicon Valley e, sotto un profluvio di banalità buoniste, dalla palude di fango con il suo covo di vipere, la Chiesa, da sempre universalista e totalitaria). Il fronte opposto favorisce il multilateralismo, almeno nelle intenzioni consentite dai rivali (si veda la fine fatta da “mediatori” come Kennedy e Nixon), e la sua ostilità si dirige contro la Cina del globalismo uguale e contrario. Globalismo pure totalitario nel controllo sociale, ma, diversamente da quello amerikano neocon, pacifico e capital-sviluppista.

 Globalimperialistit e nazionalpopulisti

Va ancora sottolineato che il partito globalista è quello dei colpi di Stato e delle rivoluzioni colorate (Honduras, Paraguay, Ucraina, Georgia e altre fallite), delle guerre ovunque e infinite (iniziate dai Bush, moltiplicate da Clinton-Obama, ricevute in eredità e limitate, soprattutto nelle intenzioni, da Trump). Mentre il fronte nazional-populista prova a ridurre l’unilateralismo e la proiezione esterna, tra passi avanti e arretramenti, sotto ricatto perenne dii militari, intelligence e neocon. Al primo va attribuita un’attenzione assolutamente prevalente all’impegno militare a 360 gradi, a danno dell’assetto infrastrutturale interno, con conseguente spreco di trilioni, depressione economica e occupazionale. Al secondo, un modesto impegno per la riduzione della presenza militare in vari scenari e della tensione con Mosca e un forte impegno per la produzione e l’occupazione domestica, con conseguenti successi economici.

Fulvio Grimaldi - https://fulviogrimaldi.blogspot.com/



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