domenica 20 agosto 2017

Barcellona - "Terrorista morto non parla..."


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Tutti uccisi - Terrorista morto non parla

Ora, dopo Nizza, Berlino, due volte Parigi, due volte Londra, siamo all’ennesimo veicolo lanciato nel mucchio, a falcidiare una folla qualunque, priva di qualificazioni politiche, culturali, sociali, militari, composta da cittadini comuni, inermi e inoffensivi di 38 paesi, compresi i musulmani. Come in tante altre occasioni, da Charlie Hebdo – operazioni guardata e protetta da mezzi della polizia, vedi video – in poi, il conducente se la svigna, ma lascia sul cruscotto un documento che consente a chi interessa di indovinare non il, ma un esecutore da offrire a folle e schermi. Che, con ogni probabilità, non è quello che guidava, ma quello che dovrà essere catturato o, meglio, ucciso.
E subito sgorga imperiosa la domanda, bloccata in gola a tutti dal tappo mediatico made in regime: ma com’è che questi fanatici islamici se la prendono sempre con chi non si sogna di torcergli un capello, anzi, perlopiù ne favorisce, con l’accoglienza senza se e senza ma, l’invasione a casa sua? E com’è che non riescono neanche una volta a fare cianchetta, o tirare una pietra, o tagliare i freni dell’auto, a uno che di torti massicci ai musulmani è inequivocabilmente responsabile? Non dico arrivare a Obama o Blair, ma a un deputato della maggioranza bellicista, un carceriere a riposo di Guantanamo, un AD la cui multinazionale depreda la Nigeria, un caporale nei campi di pomodoro pugliesi, un velinaro di Stampubblica, o del “manifesto” che scriva sotto dettatura Cia… Se quelli in villa e i loro guardiani se la ridono, sapranno perché.

Tutte canaglie schedate, tutti radicalizzati che se ne fottono

Dopo queste, come in un rosario, si snocciolano altre domande che ad alcuni di noi, pochi, il tappo del concorso mediatico in associazione a delinquere non lo ha ricacciato in gola. Com’è che, con monotona regolarità (segno evidente di carenza di immaginazione negli organi preposti), i presunti attentatori sono tutti schedati, seguiti da tempo nel loro andirivieni tra mondo islamico ed Europa, spesso carcerati, facili dunque al ricatto, tutti detti “radicalizzati”, ma tutti assolutamente indifferenti a fede e pratiche religiose, anzi fortemente e viziosamente laici in quelle di vita, specie notturne. Pronti ad immolarsi nel segno del Corano, di cui non conoscono una sura. Tutti di cui ai giornali, nel giro di minuti, vengono comunicati nomi, cognomi, età, residenza, famigliari, viaggi, gusti, taglio dei capelli, caccole nel naso.
E, avanti, ci volete spiegare come tutti costoro, pur schedati e tenuti d’occhio, pedinati, perquisiti, fermati, ascoltati a distanza, al momento del botto risultano sfuggiti sistematicamente a qualsiasi consapevolezza e controllo? Mentre noi no, di noi, tramite telecamere più frequenti delle zanzare, aggeggi telematici e informatici che di ogni istante della nostra vita, di ogni comunicazione, di ogni spostamento, danno contezza a un qualche software centrale, di noi che, appena formuliamo un pensierino cattivo in rete, ci salta addosso la Boldrini e ci disintegra con i suoi strali anti-odio, di noi si sa tutto, prima, durante e dopo?
Un thriller che neanche Hitchcock. Talmente ingarbugliato che alla fine rinunci di trarne qualche filo o senso logico. E questo è lo scopo. A 200 km da Barcellona, Alcanar, la notte prima delle Ramblas, salta per aria una casetta e si trovano bombole e resti carbonizzati di due sconosciuti. Sconosciuti, ma opportunamente “sospetti”. Come fa a non esserci un legame tra una bombola esplosa a 200 km di distanza e un furgone che falcia passeggiatori a Barcellona?! Hai visto mai che volevano caricare bombole di gas su un camion e farlo esplodere nelle Ramblas. E’ che poi è andata storta e, nel giro del mattino successivo, hanno noleggiato un furgone, trovato l’autista, elaborato il piano B e predisposto un giro miracoloso che avrebbe evitato di incocciare nei mezzi blindati e nelle pattuglie che guardavano le Ramblas. Obiettivo perennemente affollato di possibili vittime, quindi obiettivo del tutto alieno agli interessi dei terroristi. Che, come si sa e come ho ricordato sopra, prediligono colpire in alto, i bonzi che li bombardano…

Tutto fila liscio, tranne la sicurezza dei cittadini

Passa il furgone, fa il suo bravo macello e il conducente riesce a darsi alla fuga. Tra migliaia di persone e decine di poliziotti tutt’intorno. Vabbè. In compenso, il passaporto del personaggio da incriminare ce l’abbiamo, trovato sul cruscotto. Vabbè. Visto quanto di interessante era successo a 200 km a sud di Barcellona, vediamo un po’ cosa succede a 100 km a nord, Ripoll. Senza il minimo dubbio, la cellula islamista stava qua. Così ne arrestiamo un po’, altri li dichiariamo in fuga e la stampa avrà l’osso da rosicchiare e i congiunti delle vittime di che confortarsi.. I media inondano foliazione e i schermi di valanghe di sciropposa e stereotipata retorica sulla Barcellona che non ha paura, che in centomila urla “No tengo miedo”, o come si dice in catalano. I poveretti lo fanno invece proprio per esorcizzare una paura che gli viene rovesciata addosso a grandine. Con il re, Rajoy e i secessionisti catalani che si ritrovano uniti e circonfusi nell’unica bandiera nazionale. Una roba quasi più micidiale degli exploit della Guardia Civil.

Carosello catalano


Non è finita. Torniamo a sud di Barcellona, a 115 km, poche ore dopo la mattanza delle Ramblas. Cambrils, esterni notte. Al posto di blocco per prendere il conducente delle Ramblas (17 anni, no 22, boh, chissà, alla faccia del passaporto ritrovato), transita un’Audi A3. Dopo pochi metri, inspiegabilmente, cappotta e così la ritroviamo nelle foto. Succede una baraonda, al termine della quale i cinque passeggeri della vettura restano stecchiti per terra. Tutti fulminati, ci raccontano, da un unico poliziotto. Clint Eastwood era un bamba al confronto. Gli altri del posto di blocco, si stavano accendendo sigarette. E i cinque del macchinone sportivo erano altrettanti imbranati persi, ansiosi di fare la figura dell’orso nel tirassegno. Quella delle esecuzioni extragiudiziali di massa pare una specialità della polizia spagnola. 11 marzo 2004: strage terroristica alla stazione Atocha di Madrid, 191 morti, 1.858 feriti. I colpevoli, tali definiti dalla polizia, stanno tutti rinchiusi in una casa. Li prendono per fame, per gas asfissianti, per granate acustiche? No, fanno saltare per aria l’intero edificio. Nessun superstite. Nessun pentito. Però, stesso annuncio di oggi: “Totalmente smantellata cellula islamica”.  

Fulvio Grimaldi 

Continua su: www.fulviogrimaldicontroblog.info:

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Integrazione: 



Nessuno doveva sopravvivere


Era disarmato, aveva le mani alzate, urlava no. Non  opponeva resistenza. L’uccisione non sembrava affatto necessaria.  Ma evidentemente questi terroristi devono sempre morire. La  loro sopravivenza non è contemplata.  ” (Alba Giusi)


Il video è stato pubblicato da El Pais e mostra l’uccisione del  “quinto terrorista” a Cambrils.

Altri amici mi mandano questo: i vu’cumprà che di solito occupano lo spazio pedonale alla Rambla, quel giorno erano scomparsi prima.



4 commenti:

  1. Scrive Maurizio Blondet a integrazione dell'articolo:

    “Peccato che siano stati tutti ammazzati: sarebbe interessante sapere per quale stortura mentale degli islamisti si erano rivestiti di cinture esplosive innocue. O qualcuno gliele aveva fornite facendo loro credere che erano vere? Anche i tre terroristi dell’attentato al ponte di Londra il giugno scorso indossavano cinture esplosive finte, fatte da bottigliette d’acqua ricoperte di nastro opaco argenteo. Peccato che i tre, Khuram Butt, Rachid Redouane and Youssef Zaghba, siano morti anche loro...”

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  2. Scrive Marco Palombo a commento dell'articolo:
    “La lista di presunti terroristi uccisi al momento della cattura e' lunghissima. E non sembrano militanti irriducibili di ferro, usciti da una selezione naturale tra i militanti più convinti e capaci, ma sono spesso giovani confusi che uccidono in nome della religione e nello stesso tempo frequentano discoteche e fanno uso di droghe. Cose normali ma non per integralisti religiosi. Sicuramente alcuni di loro potevano essere catturati vivi e avrebbero potuto essere molto utili a combattere il terrorismo. Qualcosa non è chiaro nel fenomeno...”

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  3. Integrazione di F.G.:

    "Non credo che siano giovani confusi che uccidono nel nome della religione. Non credo a una parola del ridicolo pasticcio allestito dalle due contrapposte polizie, spagnola e catalana. Credo che questi “jihadisti” più o meno adolescenti, non c’entrino una mazza e siano solo dei capri espiatori a copertura del solito attentato di regime. Avete visto anche una sola foto dei vari ammazzamenti? in un mondo e tempo dove telecamere e macchine fotografiche sono ovunque h24? E i “falsi positivi” colombiani non ricordano le “cinture esplosive” appioppate agli uccisi?”

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  4. Commento di Jure Ellero:

    "Magari li hanno ammazzati semplicemente perché non erano loro i 'terroristi'. Mi pare più semplice e serio, piuttosto di inventarsi kafkiane e psicanalitiche teorie di 'impazzimento colletivo'.
    E questo qua, da solo tra i campi non era catturabile da un esercito intero di cacciatori superattrezzati? E dopo 4 giorni girava ancora con 'il suo furgone' a 50 Km da Barcellona e coi documenti in tasca? E scoperto in mezzo alla vigna da una vecchietta, LUI scappa, mica lei, per lasciarla andare a chiamare gli sbirri, senza nemmeno tirarle un cazzotto in testa? Ma fatemi il piacere!
    Il problema non è l'impazzimento di massa, ma l'epidemia di cretinismo superfrattale."

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