sabato 18 febbraio 2012

Care vecchie abitudini in Terra Santa.. derivate dal Talmud e dal Vangelo



A Gerusalemme, appena fuori da Bab al-Khalil (Porta di Giaffa), c’era, ma una volta, un piccolo quartiere chiamato Mamilla, distrutto appena qualche anno fa dalla speculazione edilizia israeliana. Un po’ più lontano, si trovava l’antico cimitero di Mamilla, dove venivano sepolti i nobili arabi, e la Piscina di Mamilla, una cisterna scavata dal procuratore romano Ponzio Pilato.

Durante i lavori di distruzione, gli operai hanno trovato una grotta sepolcrale contenente centinaia di teschi e di scheletri. La grotta era decorata da una croce con la scritta «Dio solo conosce i nomi». Una importante rivista che si interessa di archeologia biblica1, edita da un ebreo americano di nome Herschel Shanks, pubblicò un lungo articolo dell’archeologo israeliano Ronny Reich su questa scoperta. Il fatto era accaduto nell’anno 614 d.C., la peggiore annata nella storia della Palestina prima del ventesimo secolo.

Nella Historical Geography of the Holy Land uno studioso scozzese, George Adam Smith, scrisse: «Ancora oggi, si può vedere la terribile devastazione del 614 in quella terra, è qualcosa che non si è mai potuto sanare». Ma cosa era successo di così tanto terribile? Nel 614, la Palestina apparteneva allo Stato che aveva preso il posto di quello romano, l’impero bizantino. Si trattava di una terra prospera, in prevalenza cristiana, con un’agricoltura ben sviluppata, sistemi d’irrigazione organizzati e terrazzamenti costruiti con cura.

Il deserto della Giudea era stato vivificato da un’ottantina di monasteri, in cui si raccoglievano manoscritti preziosi e si pregava. C’era una piccola e facoltosa comunità ebraica che viveva soprattutto a Tiberiade, sulle sponde del Lago di Galilea. I rabbini (cioè, gli scribi e i farisei del Nuovo Testamento) avevano appena completato la loro versione del Talmûd, che fissava in un codice la loro fede, il giudaismo rabbinico; ma per la propria istruzione, essi prestavano ancora ascolto alla più importante comunità ebraica di Babilonia, città allora in mano ai persiani.

Nel 614, gli ebrei della Palestina, in alleanza con i loro correligionari babilonesi, aiutarono i persiani a conquistare la Terra santa. In seguito alla vittoria persiana, gli ebrei compirono un massiccio olocausto dei goyim cristiani della Palestina. Incendiarono chiese e monasteri, assassinarono monaci e preti, diedero fuoco ai libri. La basilica dei Pani e dei Pesci a Tabgha, la Chiesa dell’Ascensione sul Monte degli Ulivi, Santo Stefano di fronte alla Porta di Damasco e l’Hagia Sion su Monte Sion furono solo i più famosi tra gli edifici distrutti. In realtà, pochissime chiese sopravvissero all’assalto. La Grande Laura di San Saba, nascosta nel profondo solco di Wâdi an-Nâr (Burrone del Fuoco) si salvò grazie al proprio isolamento e alle ripide rocce attorno.

La Chiesa della Natività fu a stento risparmiata: quando gli ebrei ne ordinarono la distruzione, i persiani si rifiutarono perché vedevano nel mosaico che ritraeva i magi, sopra l’architrave, un ritratto dei re persiani. Questa devastazione non fu il delitto peggiore. Quando Gerusalemme si arrese ai persiani, migliaia di cristiani del posto divennero prigionieri di guerra e furono raccolti nella zona della Piscina di Mamilla. L’archeologo israeliano Ronny Reich scrive minimizzando spudoratamente: «Furono probabilmente venduti al miglior offerente. Secondo alcune fonti, i prigionieri cristiani radunati alla Piscina di Mamilla furono comprati da ebrei e poi uccisi sul posto».

Ma un testimone oculare, Strategio San Saba, offre una descrizione decisamente più vivida: «Gli ebrei riscattarono i cristiani dalle mani dei soldati persiani, pagando un alto prezzo, e li massacrarono con grande gioia alla Piscina di Mamilla, che si riempì di sangue». In poche parole, gli ebrei fecero strage di 60.000 cristiani palestinesi solo a Gerusalemme. La popolazione del mondo era allora di circa cinquanta milioni di persone, un centesimo della popolazione attuale.

Alcuni giorni dopo, l’esercito persiano comprese le dimensioni del massacro e fermò gli ebrei. Questo olocausto dei palestinesi cristiani nel 614 è ben documentato, e lo si trova descritto in opere meno recenti, ad esempio nei tre volumi della (censuratissima) Storia delle Crociate di Steven Runciman2. È stato invece censurato nelle guide e nei libri di storia moderni. Peccato, perché senza la conoscenza di questo antefatto, non si riesce a capire il senso del trattato stipulato nel 638 tra gli abitanti di Gerusalemme e il khalifah ‘Omar ibn al-Khattab. Ne Al-‘Ohda al-‘Omaryah (“Patto di ‘Omar”), come viene denominato questo accordo di resa, il Patriarca Sofronio chiese e ottenne dal secondo khalifah (o califfo) dei musulmani l’impegno a proteggere il popolo di Gerusalemme dalla ferocia dei figli di Israele, gli ebrei.

Peccato poi che, quando i crociati in seguito conquistarono Gerusalemme, i cristiani non abbiano affatto trattato i musulmani allo stesso modo in cui i musulmani avevano trattato i cristiani — vale a dire proteggendoli: «I crociati entrarono nella città rincorrendo e uccidendo i Saraceni e gli altri pagani fino al tempio di Salomone e a quello del Signore. Poi corsero per tutta la città impadronendosi dell’oro e dell’argento, dei cavalli e dei muli e delle case piene di ogni ricchezza [...]

Al mattino Tancredi fece gridare che tutti andassero al tempio a uccidere i Saraceni, e, come vi andarono, ognuno ne uccise molti col proprio arco. Altri salirono invece da un altro lato sul tetto del tempio, ove si erano rifugiati in gran numero pagani d’ambo i sessi, e decapitarono tanto i maschi che le femmine con le loro spade nude» (questo terrificante olocausto di musulmani ci è stato tramandato dall’autore cristiano Petrus Tudebodus nella sua Historia de Hierosolomitano itinere).


Historicus


1 Cfr. Biblical Archaeology Review, 1996, v. 22, n° 2.


2 Cfr. S. Runciman, Storia delle crociate, Torino 1993.


3 Ecco la traduzione di quel trattato: «In nome di Allah il compassionevole il misericordioso. Questo è ciò che ha dato il servo di Dio, ‘Omar il comandante dei credenti, come garanzia di salvaguardia dei cittadini d’Aelia (Capitolina – Gerusalemme) per la loro sicurezza. E concessa loro la sicurezza, la garanzia e la preservazione delle loro vite, dei loro beni, delle loro chiese, delle loro croci, di chi è infermo e di chi è in salute, di tutte le comunità e confessioni religiose. Le loro chiese non verranno né abitate né demolite (dai musulmani). Né da esse sarà prelevato alcunché, come pure intangibili saranno i terreni sui quali sono edificate, le loro croci e nessuna loro proprietà sarà confiscata. Nessuno di loro potrà essere costretto a convertirsi (all’Islam) e nessuno sarà leso o perseguitato per la sua fede. Nessuno dei giudei può coabitare con loro ad Aelia (è questa la richiesta esplicita di Sifronio, il Patriarca Romano di Gerusalemme). I cittadini d’Aelia sono tenuti a pagare l’imposta come i cittadini di tutte le altre città. Tutti i romani (bizantini) e i ladri devono abbandonare la città. A chi di loro abbandona la città saranno salvaguardati la sua vita ed i suoi beni finché non raggiungerà un rifugio sicuro. Chi rimane in città è al sicuro, ed è chiamato agli stessi doveri dei cittadini d’Aelia per il pagamento dell’imposta. Tra la gente d’Aelia chi desidera abbandonare la città con i romani portando con sé i suoi beni lasciando le proprie chiese e croci, sarà protetto finché non raggiungerà un luogo sicuro. Chi (dei forestieri) fu nella città d’Aelia prima della battaglia, e desidera restarvi può rimanere aderendo agli stessi doveri d’imposta dei cittadini d’Aelia. Chi lo desidera può accompagnare i romani chi desidera può ritornare ai suoi famigliari. Nulla può essere preso da loro finché terminano il loro raccolto. Su ciò che è riportato e contenuto in questo scritto si applicano le condizioni del Patto davanti ad Allâh e al Suo Profeta, la responsabilità di tutti i Califfi ben guidati, e la responsabilità di tutti i credenti, finché i cittadini d’Aelia ottemperano al pagamento della gjiziah loro ascritta».


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Articolo connesso:

Historical Oppression


FRIDAY, 17 FEBRUARY 2012 21:49

The Jews no longer claim that Communism was not a Jewish movement; rather, they claim that it was historical oppression that drove the Jews toward Communism. But many peoples have experienced historical oppression without turning to Communism. The Poles were oppressed by the Czars but did not become world wide Marxist revolutionaries as a consequence. The Arabs were oppressed by the Ottoman Turks for centuries but never thought of becoming Communists. The Irish turned to a brief period of radicalism because of their oppression under the English but never became totalitarian mass murderers like the Jewish commissars. Therfore, why did oppression lead to the Jewish Bolshevik blood bath?


Before considering this question it might be appropriate to ask why the Jews consider oppression to be a valid excuse for their own violence but not for violence exercised against them. The Arabs of Palestine were violently expelled from their country by Jewish invaders. Since then they have been subjected to unremitting violence by bulldozer and uniformed goons. Do Jews therefore reason that Arab suicide bombers and Islamic terrorists are justified in their violence because of Jewish oppression? Many Spaniards and Poles were robbed blind by Jewish tax collectors profting from commission during the Middle Ages. Were the common people therefore justified in pogromizing Jews and cutting their throats? Logical consistency would say yes. Jewish Communists murdered millions in Russia before the German invasion. Were the Germans therefore justified in killing thousands of pro-Communist Jews in retaliation? Again, logical consistency would seem to apply.


Historical oppression, then, is a double edged sword. Leaving aside the obvious point that Jews do not want to be cut by their own blade, the historical oppression argument fails on many levels. Jews have a long, documented historical record of revenge and bloodletting long before the Czar "oppressed" them (and, indeed, most of the Czarist oppression consisted of trying to protect an ignorant, illiterate peasant population from Jewish financial gouging). In Roman times, the Jewish revolts against imperial rule led to incredible atrocities against the Greek and Roman civilian populations in present day Libya and Egypt. Dio Cassius and other historians have recorded the slaughter of tens of thousands by rebellious Jews who literally disembowled their victims and then wore their intestines as girdles to commemorate their savagery. When the Persian King Cyrus reonquered Jerusalen in the seventh century A.D., he turned over the Christians of the city as a sacrifice to the Jews. The Jews then proceeded to murder 90,000 people by the most barbaric methods. The actual details of what the Jews did are recorded by the Jewish historian Elliot Horowitz in his recent book, "Reckless Rites". Among other things Horowitz relates how the Jews perpetrated massive nutilations, including hacking off male genitals and female breasts, as well as gouging out eyes, cutting off ears and noses, while torturing their unfortunate victims to death. All the facts are given from the primary sources as Horowitz describes how subsequent Jewish apologetic historians, like Cecil Roth, covered up the facts.


Clearly, these horrible acts of Jewish hatred and revenge stemmed from a tradition long pre-dating the evil Czar. The hatred arose from the Jewish Talmudic scriptures whose concealed but undeniable operating principle is that only the Jew is a human being whereas the non-Jew is but an amimal in human form, fit only to be tortured, murdered and enslaved by the Jewish master race. That Jewish tradition has existed from earliest times to the present day. The tradition was particularly strong in Czarist Russia, where the vast majority of Jews were living in medieval superstition even into the late nineteenth century. These barbaric concepts and practices were compounded by the fact that the Russian Jews were the descendants of the old Khazar empire, a barbaric state of Turks and Slavs who converted to Judaism in the Dark Ages. Thus, the real cause of Jewish Communism's blood bath is now revealed. The Jews of Czarist Russia were restricted and oppressed, as were many ethnicities in the pre-World War Russia. But the excuse of Czarist oppression never got to the real, root causes of Jewish barbarism. To discover these causes requiresdeep research into the most deeply held secrets of the Jewish people.


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(http://www.therebel.org/opinion/history/1111052-historical-oppression)

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