domenica 29 dicembre 2019

Petrolio, gas e mare della Fratellanza Ottomana: "La Libia? A noi!..."

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Venendo alla Libia e al grandissimo casino che abbiamo contribuito a scatenare in quel paese, fino a ieri prospero, unito, giusto e felice, viene in questi giorni infausti anche da pensare a Luigino Di Maio ministro degli Esteri. Tipo Stenterello che si veste da Metternich. Dopo aver già dato prova di scarso senso delle proporzioni assommando in sé, in successione o contemporaneamente, gli incarichi di mezza dozzina di accademici, o tecnici del CNR, o politici a 24 carati, ora si occupa di quel pantagruelico pasto per avvoltoi che è la Libia. Resta il dato che, in ogni caso, Di Maio, pur rinnegando le premesse di politica estera dell’ottimo M5S d’antan, resta un mezzo visir tra i buffoni di corte che lo hanno preceduto su quello scranno.

Ci avessero mandato qualcuno che di mondo ne ha visto, come un Alessandro Di Battista, o di giusto e ingiusto capisse, come un Bonafede, o sapesse scrivere sulla lavagna i buoni e i cattivi, come un Fioramonti, o, ancora meglio, che sapesse di traffici mafiosi come un Morra… Ma spedire da quelle parti, o da qualunque parte, Luigi Di Maio, è come mandare il Pinocchio di legno a spegnere gli incendi della California (e mi viene in mente il burattino perché ho visto la bella trasposizione cinematografica di uno dei massimi capolavori della letteratura mondiale).


Sapete cosa si dovrebbe chiedere a un Di Maio ministro degli esteri, o a un Giuseppe Conte premier? Di fare l’Erdogan. Ve li immaginate? Eppure, ragionando in termini coloniali, a me ostici, ne avremmo avuto le migliori ragioni perché siamo i dirimpettai, le zampe sulla Libia le abbiamo messe noi, prima o meglio dei turchi, con i romani, con Giolitti e, infine, con Berlusconi che la bombardò e aiutò il premio Nobel per la Pace Obama e l’onesto Sarkozy, eletto grazie ai fondi libici, a raderla al suolo. Ora se ne occupano il Talleyrand di Pomigliano e il Coniglio Mannaro pugliese, fan di Padre Pio.

Dall’Italia alla Libia sono 355 km. Dalla Turchia 741, ma dopo le nuove Zone di Esclusione Economica (ZEE) proclamate dal sultano neo-ottomano e dal governatore di un Hotel di Tripoli, Serraj, Turchia e Libia sono praticamente appiccicate via mare e quanto a giacimenti di gas e petrolio, non ce n’è più per nessuno. Né per Creta, né per Cipro, né per Libano-Palestina, né per l’Egitto. Figuriamoci per l’Italia, che già ha ricevuto le bacchettate di Erdogan sulle mani, anzi, sulle navi, quando l’ENI s’è azzardata a pescare dalle parti di Cipro! Mentre il famigerato, ennesimo, gasdotto di merda con cui, dopo il TAP, assalire e devastare l’Italia, l’Eastmed Israele-Cipro-Creta-Grecia-Puglia, per la maggiore gioia dei motori e delle caldaie nordeuropee, viene messo in quarantena dalle cacciatorpediniere di Erdogan...


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