mercoledì 11 ottobre 2017

La solidarietà mal indirizzata diventa "reato"... mentre il web viene censurato


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Milan. Roba da siuri...


E' stato fatto notare che alla "Carta di Milano - La solidarietà non è reato" * manca l'adesione di Saviano (cioè ci sono i maccheroni ma manca il cacio). Si sarà distratto. Gli altri ci sono tutti, a partire dalle ONG finanziate da Soros, cioè dalla mente di quel progetto congiunto di rapina demografica degli Stati africani e mediorientali e di sostituzione di popolazione in Europa che pretende di nascondersi dietro al grande manifesto "Solidarietà e accoglienza".

Che è come il sostegno ai negrieri, ai proprietari terrieri del Sud degli USA, e agli industriali britannici che controllavano e sfruttavano il commercio triangolare atlantico dei secoli scorsi, dietro la facciata (magari a volte generosa e onesta, spesso ingenua) della solidarietà e accoglienza per gli schiavi neri. 

Ma le cose vanno così in fretta che campagne come queste sono già spiazzate. 

Ormai la crisi è a uno stato tale di accelerazione che questi appelli, la propaganda imperiale e tutte le altre cose che ci irritano (giustamente) hanno l'effetto del morso di una pulce.

Potremmo anche qui lamentare, come è stato fatto a proposito di una cosa simile, ovvero della manifestazione-flop anti Assad  la settimana scorsa a Roma, che comunque loro vanno in piazza e noi no. In linea generale è vero. Io però temo che in questo momento noi riusciremmo a mobilitare lo stesso scarso numero di persone. 

Questa difficoltà si inquadra in un problema più ampio. In questa congiuntura storica, sono gli Stati a prendere la scena e l'iniziativa, non il "popolo" (tranne quelli che sono direttamente aggrediti dall'Impero, ma comunque sotto la direzione di uno Stato). Questa situazione non mi fa impazzire dalla gioia sia perché, banalmente, è un segnale dell'aumento dei conflitti, sia perché per me è il "sociale" (chiamiamolo così) che deve prendere l'iniziativa e la scena (perché, come diceva Piero Jiahier, il popolo "non fa guerre, ma semmai rivoluzioni"). 

Eppure dobbiamo capire seriamente se oggi ciò sia possibile o no. 

In realtà io non credo a un protagonismo spontaneo del sociale, senza una forza politica organizzatrice. E' stata un'utopia che ha conquistato molto a lungo quasi tutte le forze di sinistra, deluse dalla parabola dei loro partiti e partitini di riferimento e delusi dalla parabola storica del socialismo. Ma non funziona, perché non ha mai funzionato nemmeno in situazioni più favorevoli. Questa utopia ha fatto ad esempio prendere abbagli colossali sulle "primavere arabe" anche a persone perbene che poi hanno dovuto ricredersi (e chi ancora non si è ricreduto, o proprio non ci arriva, o ci fa).

Ripeto, io non pongo su nessun piedistallo il potente di turno, nemmeno quello più saggio, perché penso che senza iniziative dal basso, senza il controllo democratico costante e l'esercizio pieno delle istanze democratiche, ogni potere da "buono" si tramuta in "cattivo" senza che sia possibile contrastarlo. Perché il potere è destinato a corrompersi.

Ma oggi la scena è presa dagli sconvolgimenti tellurici geopolitici, che hanno come protagonisti gli Stati. Non è una novità e bisogna tenere presente che in alcuni momenti storici il protagonismo sociale ha preceduto e influenzato gli sconvolgimenti geopolitici mentre in altri è avvenuto il contrario.

Per nostra cultura politica di provenienza noi siamo giustamente sospettosi di chi invece esalta il "potere saggio" e specialmente il "potente saggio" che compie mirabolanti imprese, perché questa esaltazione ha sempre un sapore autoritario-nazionalista. Questo atteggiamento sospettoso fa parte di una legittima e necessaria ecologia politica. Ma dare importanza ai sommovimenti geostrategici non vuol dire rinunciare ad essa.

Invece con la cultura politica che ci ha informato facciamo fatica a capire, ad esempio, il significato e l'obiettivo dell'intervento della Turchia ad Idlib. Chi di noi, istintivamente, non ha pensato a una mossa furba e carogna del "sultano" Erdoğan  per occupare una porzione della Siria, col beneplacito della Russia? Ma è proprio così? Io mi porrei il dubbio.

Se escludiamo, come io escludo, che il russo Putin si fidi ingenuamente del turco Erdoğan (cosa impossibile per qualsiasi russo, come ripeto da mesi e mesi), cosa vuol dire questo intervento militare proprio dopo gli accordi di Astana? 

Facciamo fatica a riconoscere che sappiamo poco. 

Sappiamo che la Turchia comprerà dei sistemi di difesa antiaerea S-400 dalla Russia (il top attualmente disponibile). Sappiamo che il principe regnante in pectore saudita è appena andato a Mosca (prima volta nella Storia!). E sappiamo che Netanyhau ci va ogni due per tre. Sappiamo cioè che attorno a Putin si sta svolgendo un balletto di questue e di accordi che fa girare la testa all'Occidente, che lo rintrona e, letteralmente, lo de-trona. 

Ma non sappiamo cosa effettivamente si dicono, non abbiamo idea della profondità e dell'estensione degli accordi che vengono annunciati al pubblico. Io ad esempio sono convinto che gli accordi sugli S-400 (che sono uno schiaffo della Turchia alla Nato) siano la punta visibile di un iceberg che non scorgiamo e nemmeno ci sforziamo di immaginare. 
Con la conseguenza che la guerra consolare che  adesso è scoppiata tra Turchia e USA ci coglie un po' di sorpresa (e perché, poi, visto che solo pochi mesi fa gli USA hanno cercato di far fuori Erdogan?).

Se ci rendiamo conto di ciò ci rendiamo anche conto che qualcosa nei bilanci strategici imperniati sul Medio Oriente si è rotto e che la nostra lettura istintiva di avvenimenti come quelli di Idlib probabilmente non coglie nel segno. 

Se Trump veramente non ricertifica l'accordo con l'Iran, non è nemmeno impensabile una frattura tra gli USA e l'Europa che potrebbe, come effetto, permettere di ricomporre quella tra Europa e Russia, che tanto è stata voluta dagli USA e tanto penalizza l'economia europea e il suo sviluppo nei prossimi trent'anni

Perché il punto è proprio che ogni potenza di un certo peso (o che vuole avere un peso) si sta domandando: "Oggi c'è il caos sistemico e io cosa farò nei prossimi trent'anni? Come mi devo muovere?". Con risposte che si possono definire solo poco a poco, dopo prove e dopo errori.

Lo ha capito la Turchia che il vento soffia dall'Est, non credo che non lo abbia capito l'Europa, che sarà pure succube degli USA ma è un'altra cosa rispetto agli USA ed è trattata dagli USA come un'altra cosa rispetto a sé.

Mi dispiace per alcuni miei amici e mie amiche ferventi sostenitori e sostenitrici dell'indipendenza catalana, ma fermo restando la denuncia del vergognoso comportamento poliziesco di Madrid, io sono convinto che la crisi catalana sia stata spinta a questi livelli da poteri esterni alla Catalogna stessa.  Sembra quasi la prova del nove del futuro caos da iniettare in un'Europa che si sospetta che possa prossimamente dimostrarsi riottosa agli ordini di Washington.  Indipendentemente dal fatto che adesso sia occupata da governi amici e vassalli. Anche Mubarak era vassallo e amico di Washington eppure gli USA hanno cercato di mettere al suo posto il fratello musulmano Morsi per anticipare possibili -  prevedibili - scivolamenti verso Est. 

Perché anche gli strateghi USA sanno ciò che ogni seria analisi della crisi mostra senza tema di smentita, ovvero che tutti i fattori egemonici si sono riposizionati tra Russia e Cina, cioè ad Oriente, creando un formidabile campo magnetico di attrazione. 

Agli USA rimane una forza militare superiore, che cercano malamente di utilizzare in micro conflitti (ancorché sanguinosi), una moneta nazionale/internazionale che è ancora difficile da sostituire pienamente e una presa culturale ancora forte. Ma tutte e tre potrebbero essere pericolosamente indebolite dalla sottrazione degli altri fattori (economici, finanziari, monetari, demografici e, aggiungo alla lista, la chiarezza strategica, che negli imperi in declino viene a mancare a velocità esponenziale).

Tornando alla nostra debolezza, noi non abbiamo né un progetto organizzativo né uno pre-organizzativo. Non abbiamo ancora capito come collegare in modo politicamente fungibile gli effetti sociali della crisi sistemica a quelli geopolitici.Uno solo dei due aspetti non basta. 

Guardate Eurostop, che sui temi economico-sociali dice cose condivisibili e poi su quelli internazionali prende (come minimo) "cantonate", in diretta contraddizione con le stesse soluzioni che propone, cadendo in una sorta di effettivo economicismo anche se a volte travestito da "politica".

E' un punto cruciale su cui da molto tempo sto riflettendo senza, tuttavia, trovare il bandolo della matassa. Magari se ci riflettiamo insieme possono saltare fuori idee.

Nel frattempo la censura, fino a pochi giorni fa solo paventata, inizia ad operare seriamente. Negli USA tutto ciò che si oppone ai neo-liberal-cons viene ormai rubricato nel Russiagate, cioè come frutto dell'intrusione del "nemico". Persino le canzoni "rap"! 

In Europa si inizia a fare lo stesso, anche senza la scusa del Russiagate. Canali web di controinformazione ormai vengono boicottati o chiusi con accuse ridicole e a volte persino senza nessuna scusa. Chiusi e basta!

A questo dobbiamo resistere. 

Contro questo assalto alla libertà di espressione dobbiamo cercare di creare un fronte con quelli che una volta si chiamavano "sinceri democratici"  (anche con alcuni di quelli che firmano petizioni che a noi non piacciono, come quella della Carta di Milano). 

La controinformazione è l'unico terreno su cui adesso siamo in grado di fare qualcosa. Perché, come stiamo vedendo, in mancanza di organizzazione anche esperienze di valore sul territorio, come il No Triv, posso uscire per la tangente. 

Come si è visto, è uscita per la tangente persino una cosa elementare su cui tutti - penso - siamo d'accordo, cioè la richiesta che gli immigrati siano trattati con dignità umana, una richiesta che si è tramutata in un sostegno ipocrita o idiota non agli schiavi ma ai negrieri. Un sostegno organizzato dai negrieri stessi, dai loro organi di propaganda e da chi si fa suggestionare da questa propaganda.

Piotr

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Commento di F.G. alla Carta di Milano: "Ahimè! Vedo il nome, tra i firmatari,  del mio ex compagno di LC ed amico, lo scrittore Erri De Luca, convertitosi al Sionismo e alle guerre "umanitarie" in Jugoslavia e altrove. Vedo l'ex sindacalista della "sinistra" CGIL Agostinelli con cui collaborai anni fa, che cita l'enciclica papale. Vedo la grande virago "pacifista" Antonia Sani, i soliti Zanotelli, Gad Lerner e Noury di Amnesty, oltre a rappresentanti di MSF."

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