martedì 17 dicembre 2013

Alienazione da parte del governo letta delle quote Bankitalia.. "possono essere vendute agli stranieri"



Governo letta e alienazione totale della Banca d'Italia – Scrive Casimiro Corsi: "Tra le righe del decreto-legge 30 novembre 2013, n. 133 per le privatizzazioni, tra i tanti rimandi legislativi che ne rendono difficile l'interpretazione  si vuole abrogare il comma 10 dell'articolo 19, della legge 28 dicembre 2005, n. 262, che disciplina la possibilità per lo Stato Italiano di ritornare proprietario della Banca d'Italia..."

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"Sono Lucio Di Gaetano, nella vita mi sono sempre occupato di banche, per cinque anni ho lavorato in Banca di Italia, per altri sette ho lavorato nel settore privato e ora faccio il consulente di azienda.
Sono qui per parlarvi della fregatura che il governo Letta, di nascosto, mentre si dichiarava la decadenza di Berlusconi ha fatto a danno di tutti gli italiani, attraverso il decreto sulla rivalutazione delle quote della banca di Italia, per avere 900 milioni di Euro senza sforare il tre per cento del deficit. Ne regaleremo 450 all’anno agli azionisti della Banca di Italia, che come sapete sono privati. 

Ma facciamo un passo indietro, perché la banca di Italia nella governance ha azionisti privati? Perché c’è questa situazione da mondo di Oz dove un istituto di diritto pubblico è partecipato da banche private che sono detenute da fondazioni controllate dai partiti?
La Banca di Italia nasce nel 1893 ed è completamente detenuta da azionisti privati, all’epoca si usava così. Nel '26 il governo fascista la pubblicizza e espropria i suoi azionisti. Successivamente le quote del capitale della Banca di Italia vengono cedute alle banche, nel frattempo pubblicizzate a causa della crisi degli anni '30. Nel '93, a seguito della crisi finanziaria il governo Amato concepisce un mostro giuridico, la privatizzazione delle banche italiane mediante la'attribuzione delle loro quote di controllo alle fondazioni nominate dai partiti.
Il grosso del capitale viene quotato in borsa e di conseguenza oggi ci troviamo nell’azionariato della Banca di Italia, banche che agiscono con logiche di soggetti privati.
Per fortuna il mostro in passato è stato in qualche modo limitato, perché? Perché la ripartizione degli utili prodotti dalla Banca di Italia è sempre stata riservata in minima parte ai suoi azionisti privati, non più dello 0,5 per cento delle riserve, che ammontano più o meno a 22 miliardi di Euro. Per cui anni buoni e anni cattivi non hanno consentito agli azionisti di prendere più di 50 - 70 milioni di Euro all’anno dal capitale della Banca di Italia, che non si è mosso dalla cifra originaria di 156 mila Euro con cui era stato valorizzato.
Nel 2005 il governo Berlusconi fa per miracolo una legge giusta e stabilisce che le quote nel capitale della Banca di Italia, detenute da soggetti non pubblici debbano passare entro tre anni allo Stato.

Sono passati otto anni e quella legge è rimasta inattuata.
Il 27 novembre notte tempo, mentre il Parlamento dichiara la decadenza di Berlusconi e tutti i cittadini sono distratti, Saccomanni fa una clamorosa marcia indietro, con un decreto legge stabilisce che la Banca di Italia non sarà più destinata a diventare un istituto di diritto pubblico detenuto dallo Stato, ma una public company, ovvero una società a azionariato diffuso con azionisti tutti privati.
Inoltre, il capitale della Banca di Italia passerà dagli attuali 156 mila Euro a 7,5 miliardi di Euro, con un forte vantaggio patrimoniale per tutti partecipanti, che saranno obbligati a pagare una imposta, per di più agevolata, del 12%, e avranno, poi, tutto il tempo per eseguire l’obbligo di vendita della quota eccedente il 5% eventualmente detenuta, con una fortissima plusvalenza.
E torniamo alla fregatura di cui parlavamo all’inizio, la cosa più importante è che fino a oggi la Banca di Italia non poteva distribuire un utile superiore al 10% dell’attuale capitale sociale, di 156 mila Euro, più una quota delle riserve, che per prassi non superava mai lo 0,5 per cento all’anno.
Nel progetto del governo Letta questo limite viene alzato al 6% del nuovo capitale sociale di 7,5 miliardi di Euro, vale a dire ben 450 milioni di utili distribuibili all’anno

Non è cosa di poco conto, perché se i grandi banchieri possono brindare a champagne i cittadini non hanno proprio nulla da festeggiare! Quei 450 milioni, se non fossero dati ai banchieri privati andrebbero dritti nelle casse dello Stato. Come è stato fino a oggi.
Ma non finisce qui, anzi la fine è peggio dell’inizio, perché un’altra incredibile novità di questo magnifico progetto è che le quote della Banca di Italia che dovevano passare allo Stato potranno essere vendute e potranno essere vendute a soggetti stranieri purché comunitari.
Insomma, viviamo già oggi in un Paese che conta poco nel sistema europeo delle banche centrali, immaginate quanto potrà contare se la sua banca centrale sarà di proprietà degli stranieri! 

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